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Nome in codice, accisa, di Filippo Ronco

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Back office

Nome in codice, accisa

di Filippo Ronco

Siamo nel 2012 e mentre si parla di recessione, spread e cali in borsa, c'è chi attende, trepidante, di scoprire se le liberalizzazioni che il governo Monti si accinge a varare sovvertiranno l'ordine delle cose o si limiteranno, più verosimilmente, ad una spolveratina di dubbia efficacia. In questo quadro, i migliori talenti imprenditoriali nazionali ed internazionali, coloro che nonostante il momento difficile con coraggio cercano comunque di muoversi e di farlo sempre all'interno delle regole, coloro che si dedicano con volenterosa passione al proprio lavoro cercando di andare oltre i propri limiti, vedono nell'estero uno sbocco fondamentale al quale è oggi effettivamente impossibile rinunciare.

La Comunità Europea, la libera circolazione delle merci e la moneta unica, da un lato spingono positivamente in tal senso ma dall'altro, a fare da impenetrabile barriera protettiva per le lobby dei grandi distributori e importatori, decine e decine di paletti, lacci e lacciuoli impediscono concretamente una corretta circolazione delle merci tra aziende e persone (cosa che paradossalmente non avviene per i servizi).

Parliamo di e-commerce e di vendita diretta. Parliamo di internet e di disintermediazione. Finché restiamo a casa nostra tutto bene ma quando proviamo a voler vendere all'estero iniziano i problemi di cui il principale è costituito dalle accise dai codici accisa e dai relativi domicili fiscali necessari per comprare e vendere vino anche laddove, paradossalmente le accise siano pari a zero la carta, le pratiche, le gabelle, devono essere comunque applicate.

  • Se hai un'azienda vinicola e vuoi vendere all'estero ad un professionista munito di partita iva puoi farlo ma sia tu che lui dovete avere un codice accisa (fornito dall'agenzia delle dogane).
     
  • Se hai un'azienda vinicola e vuoi vendere all'estero a un privato non puoi farlo perché un privato non può avere un codice accisa.
     
  • Se sei un privato che con la tua auto vieni a prenderti qui da noi la merce e te la porti a casa rispettando certi limiti, invece va tutto bene.

Se non rispetti le regole, rischi il penale per contrabbando!
Cose da era dei pirati (e non mi riferisco a quelli informatici).


Io mi chiedo in quali anni siano state scritte queste norme (mi pare il 1992?), mi chiedo come possano queste norme convivere oggi con un mondo che ha conosciuto la rete e le infinite possibilità di disintermediazione ed avere la pretesa di essere considerate minimamente attuali e quali strumenti il Governo pensa di mettere in atto per poter mettere la politica e la macchina burocratica in grado di stare al passo con un'evoluzione che procede a ritmi completamente diversi.

Mi chiedo infine quando i governi degli stati membri ed il Consiglio dell'Unione Europea si renderanno conto che la rete è il presente e sarà sempre più il futuro e che se non prevedono urgentemente misure atte a sbloccare tutti questi vincoli, comporteranno un danno di misure incalcolabili per tutte le aziende che pur potendo vendere, pur in presenza di domanda, rinunciano.

Accade ogni giorno: moltissime aziende, siti e-commerce ed altri rivenditori, richisti di inviare prodotti di qualità all'estero sui quali - intendiamoci - pagherebbero comunque le tasse procurando un beneficio per l'economia del paese, preferiscono il più delle volte declinare per via della difficoltà oggettiva di compiere queste ormai semplici e consuete attività.

E' assurdo!

Oggi si va da Milano a Parigi con una manciata di euro in aereo, si può ordinare un bancale di vino seduti sul divano tramite un ipad pagando con paypal o carta di credito, che senso ha limitare tutto questo se non solo quello di preservare privilegi e lobby che dovranno comunque, presto o tardi, confrontarsi con il nuovo che avanza? Tanto, come ci insegna ebay, i privati e le aziende si organizzano comunque in un modo o nell'altro. E' mai possibile che non rispettare le regole debba diventare l'unico modo possibile di fare le cose e di progredire?

Mi auguro che facciate girare questo post il più possibile.
E' necessario.

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16 Commenti

Inserito da Alessandro Carlassare

il 07 gennaio 2012 alle 17:56
#1
Barriera protettiva a tutela delle lobby? Filippo, forse non conosci a fondo l'argomento che stai affrontando: vorrei dirti che il tuo pensiero è condivisibile, ma purtroppo non è affatto come la metti tu... anzi, per la prima volta da quando ti leggo, rischi di fare una spiacevole disinformazione.
Sgombriamo il campo, nessun laccio a tutela di presunte lobby: per TUTTI gli importatori le Accise sono solo una rottura di scatole, con costi folli e multe inaudite nel caso di errata contabilità, anche quando, come in Italia, l'accisa sui vini e pari a zero. (e parliamo sottovoce: se si accorgono che molti stati europei le applicano.....).
Purtroppo le Accise sono tasse, lo sappiamo tutti quando andiamo a fare benzina o quando comperiamo una bottiglia di superalcolici (dove la tassa Italiana è di euro 8,0001 al litri anidro) che il produttore riconosce allo Stato al momento di porre in commercio il proprio prodotto o quello importato da uno Stato estero.
E non essendo armonizzate tra Stato e Stato l'unica soluzione possibile è il commercio tra depositi fiscali: come l'IVA che non si paga nel paese di origine del prodotto ma in quello di vendita.
Altrimenti, da casa mia e sul mio divano, altro che ordinare un bancale di vino: comprerei una cisterna di benzina il Slovenia per rivenderla a 35 centesimi in meno al litro qui in Italia (e la differenza tra noi e loro è data solo dalle accise).
Ciao

Inserito da Filippo Ronco

il 07 gennaio 2012 alle 19:47
#2
Alessandro, non sto dicendo che gli importatori, i distributori e la filiera in genere non paghino le accise o le trovino una cosa piacevole, ho detto che la normativa che regola tali proventi fiscali (laddove non si tratti addirittura di mera carta) ha tutto fuorché una connessione con la libera circolazione delle merci che dovrebbe stare alla base del mercato comune europeo.

Non so se risulta chiaro dal mio scritto ma quello a cui cerco di fare affannosamente riferimento è la possibilità, oggi più concreta che mai, che la vendita diretta si concretizzi sempre di più tra produttori e privati e l'ostacolo palese (che sia a difesa delle lobby o meno poco importa in effetti e poco sposta il problema) è rappresentato proprio da questa normativa così miope e stringente.

Se di lobby da tutelare non si tratta - e ripeto, non è questo secondo me il vero punto - di certo non si agevola questo processo di disintermediazione che così tanto traffico nuovo di merci potrebbe portare.

Questo vuol dire che ci rimetterà qualcuno degli anelli della filiera? Non so dirti, finché non ci proviamo non lo sapremo mai, di sicuro ci rimettono tutti i privati che potrebbero comprare diretto ma non possono e tutti quei produttori che potrebbero vendere diretto ma non possono.

Questa è la cosa assurda e lo è tanto più considerando la situazione di emergenza economica in cui ci troviamo.


Ciao e grazie per il tuo contributo.


Fil

Inserito da Alessio Barbazza

il 08 gennaio 2012 alle 18:13
#3
Buongiorno a tutti,
mi sono appena registrato ma se posso vorrei dire qualcosa sul tema della disintermediazione nel mercato del vino.

E' vero che è il mercato più protetto che conosca, ad eccezione di quello dei superalcolici (per cui serve pure la fascetta di stato...)

Mi occupo di "import logistics"(per capire cosa è andate su www.magazzinibrianza.it) e molti miei clienti mi chiedevano come fare per spedire vino all'estero.

Così abbiamo fondato una piattaforma di vendita on line (www.winexplicit.com) che serve proprio per DISINTERMEDIARE, cioè per vendere vino in Europa (sia a soggetti con partita iva sia a privati).

Attraverso winexplicit la cantina può vendere emettendo una semplice fattura di vendita. Winexplicit gestisce l'emissione del DAA (il documento di accompagnamento accisa oggi diventato telematico) e il pagamento in Europa(o comunque la regolarizzazione se l'aliquota nel paese di destinazione è nulla).

Inutile dire che i primi clienti (dopo le cantine) sono i ristoranti italiani all'estero, che hanno trovato finalmente il modo per acquistare dal territorio di origine senza incorrere in complicazioni con l'accisa.

Se serve qualche info sull'accisa sono a disposizione

Un saluto
Alessio

Inserito da Filippo Ronco

il 08 gennaio 2012 alle 19:18
#4
Ciao Alessio, avevo già avuto modo di vedere il vostro servizio su Vinix e mi sembra molto interessante. Resta il fatto che non credo lo farete gratis amore dei ma per denaro. Il problema non è tanto come aggirare l'ostacolo ma l'ostacolo stesso che non ha ragione d'essere in un libero mercato. Noi su vinix stiamo lavorando ad una soluzione di disintermediazione che inizialmente funzionerà sul mercato italiano ma che non ha senso che non possa partire fin da subito con il mercato europeo nel momento in cui il motivo è solo questo dell'impossibilità - almeno sulla carta - di vendere diretto al privato (o anche al professionista) senza tutte queste gabelle.

Mi interesserebbe approfondire con te come fa ebay.
Se realmente è come dicono e cioè che se ne lavano completamente le mani (ma allora non mi spiegherei come possano passarla liscia in ogni stato in cui operano) oppure se effettivamente hanno trovato una soluzione o, ancora se non esista forse una zona grigia non così ben definita entro la quale questo genere di operazioni tra aziende e privati possono comunque funzionare senza pericolo di incorrere effettivamente in sanzioni (laddove lo scampato pericolo potrebbe anche essere la semplice impossibilità da parte dello stato di applicare poi fattivamente la regola che ha scritto).


Ciao, Fil.

Inserito da Bernardo Camboni

il 09 gennaio 2012 alle 21:51
#5
Alessio mi ha preceduto nel post che avevo iniziato a scrivere ieri e poi stoppato. Mi permetto cmq di inserirmi in queste discussioni dalle mie usuali di acidità, travasi, etc….
Poiché spendo una buona fetta del mio tempo fra uffici doganali, posso dire che l'esempio portato da Alessandro all'import di benzina non è un caso così irreale, quanto meno nelle ipotesi (sogni) possibili. Filippo porta pazienza ma c'è un po di confusione in merito ai soggetti IVA all'estero (fuori comunità è aria fritta), ai domicili fiscali (nella realtà depositi fiscali accise). così come senza nulla togliere all'oppressione fiscale per certi versi esasperata, ma in diverse circostanze è una mera definiamola difesa.
Difesa rivolta a salvaguardare alcuni ns beni, o in taluni casi a facilitare dove siamo deboli. forse qui entra quello che Filippo definisce "le lobby", io preferirei vederla come una interpretazione più che una realtà di fatto. questo è rivolto in modo particolare alle tasse ad valorem (dazi), diverse dalle accise, anche se quando riguardano merci importate sono anch'esse riscosse al momento dell’operazione doganale.
E' bene precisare che le accise sono dovute sia ai prodotti comunitari sia a quelli importati da Paesi terzi, ma non si applicano alle merci in uscita. ecco perchè chi vende deve in un certo senso tutelare lo stato che non stia truffando facendo si che la chiusura della transazione debba essere rintracciabile, altrimenti ripetiamo l'esempio proposto da Alessandro.
Credo che nessuno di noi ha mai sposato in assoluto la tesi di un passato ministro che "pagare le tasse è bello", ma la liberalizzazione qualche paletto lo necessita.
E questo non solo per "ragioni di cassa" ma anche e soprattutto per porre un certo ordine. pensiamo al fatto per es che le aliquote IVA applicate nei vari stati membri sono differenti. Stesso dicasi per le accise dove ogni stato membro sul proprio territorio le applica secondo propri criteri.
La libera circolazione significa che le merci originarie o prodotte nell'UE possono viaggiare tra gli stati membri senza vincoli doganali. questo avviene per moltissimi prodotti, ma presenta restrizioni con prodotti soggetti ad accise.
per questo motivo sono stati creati gli Intrastat, il DAA... unico neo che solo l'intestatario del deposito fiscale accise può operare. Non solo, ma per venire incontro ad aziende e privati (vedi l’opera di Alessio), ma non solo, vi sono quello che possiamo definire in linguaggio semplice “intermediari doganali”. D’altronde in un sistema doganale oramai quasi al 100% informatizzato sarebbe antieconomico, specie per chi esegue operazioni una tantum, stare al passo con il sistema in termini di know/how.
Immagino che tutto questo non piaccia a Filippo, daltronde il suo pensiero è chiaro (..Il problema non è tanto come aggirare l'ostacolo ma l'ostacolo stesso che non ha ragione d'essere in un libero mercato ..).
Pensa all’alcool puro (noi sardi ne facciamo un grande uso x mirto, limoncello home made!!!) che ha sugli scafali un prezzo di 10/11 euro/L. Se pensiamo che se fosse spogliato di tutte le tasse in generis avrebbe un valore 8/9 volte inferiore, forse nel segmento vino c’è da ritenersi fortunati. Purtroppo le ragioni di cassa prevalgono….
Quanto a ebay, a parte le fregature che spesso si incorre specie con transazioni all'estero, forse non si ha idea di quanto di illegale spesso ci sia. Io ho acquistato 2 beni del valore di 500eu che mi sono stati spediti come campione merci (a mia insaputa)valore 10 euro. è chiaro che sia lo speditore per il suo paese ed io ricevitore per il mio, siamo dei contrabbandieri. dico questo perchè ebay è un tipico mix fra escamotage e puro commercio.
In parole semplici diciamo che non vi è una zona grigia o trucchi alla Silvan. Mi permetto di usare un termine un pò volgare: culo associato a rischio, anche perché specie per l’import sono cavoli di chi riceve…

Inserito da Filippo Ronco

il 10 gennaio 2012 alle 01:17
#6
Ciao bernardo e grazie per il tuo prezioso commmento.
Riassumento in modo quasi brutale, possiamo dire che il problema dello stato è quello di tassare, di non perdere tasse e iva sui prodotti che circolano verso altri stati? Allora, se possiamo dire questo a me va benissimo. Mi basterebbe semplicemente che se da domani mattina devo vendere a un privato all'estero, costi quel che costi, io possa farlo senza intralci burocratici, devo pagarci sopra più iva, va bene! Devo pagarci sopra più tasse? Va bene! Ma diamine, rendetemelo tecnicamente possibile.

Torno all'esempio dell'e-commerce o del semplice acquisto diretto dal privato per esempio francese all'azienda per esempio italiana. Nel momento in cui al momento della vendita io applico - per esempio - un costo superiore comprensivo di tasse per l'export - lo stato cosa ci rimette?

Non ci rimette di più se io per problemi tecnico-burocratici rinuncio alla vendita, guadagnando di meno, dichiarando di meno e, in definitiva, pagando meno tasse?

Scusa se ho semplificato in modo incredibile ma per capirci.


Fil

Inserito da Filippo Ronco

il 10 gennaio 2012 alle 01:22
#7
Per chiarire, il problema della tracciabilità secondo me lo risolvi molto agilmente trattenendo le tasse all'origine (cioè sul venditore). Io guarda, sarei anche per la tracciabilità totale dei conti correnti, del prelievo coatto dal conto corrente delle tasse dovute, tutto basta non avere legacci di carta, fogli, gabelle, menate che non possono in alcun modo andare al passo con la velocità della rete.


Ciao, Fil.

Inserito da Bernardo Camboni

il 10 gennaio 2012 alle 14:00
#8

Il “tecnicamente possibile” come tu lo definisce esiste già, probabilmente anzi sicuramente troppo macchinoso. Mi rendo conto che per un’azienda medio piccola accollarsi gli oneri ed i mezzi per essere un soggetto abilitato (la rappresentatività fiscale in materie di accise non è permessa) potrebbe venire in salita e magari rinuncia come tu stesso affermi alla negoziazione. Questo sia che il cliente sia altra azienda o privato (se non ricordo male credo che fra aziende/privato vi siano delle soglie che invece non si hanno fra aziende/aziende). Purtroppo non c’è uniformità far gli stati membri in merito alle aliquote, come dicevo nel post precedente ogni stato applica o non applica accisa su determinati prodotti. Ecco la garanzia a cui per es tu stesso accenni:
io che spedisco in un paese XXX dove viene applicata l’accisa la devo garantire in partenza, poi certamente verrà restituito una volta che l’operazione è conclusa.
la velocità della rete, forse esagero, ma è vicina alla parificazione o quasi, perché doganalmente tutte (o quasi) le operazioni avvengono in rete. Ma è storicamente provato che il commercio ha sempre avuto due velocità, specie se facciamo riferimento a quello legale e quello non. La necessità aguzza l’ingegno, i motoscafi dei contrabbandieri di sigarette erano più veloci dei mezzi della GdF ….. Con questo non voglio spronare alla illegalità, ma è una semplice constatazione di fatto. La macchina burocratica dello stato ha da sempre avuto effetti devastanti su vari fronti.
Tu parli di “..legacci di carta, fogli, tabelle….”, credimi all’inizio della mia attuale professione (ca 25 anni fa) una determinata operazione richiedeva 5 fogli A4. Oggi per la stessa operazione siamo nell’ordine di 15/25 fogli A4. E’ vero che non battiamo più a macchina, abbiamo i file memorizzati e quant’altro si voglia, ma il mare di carta è triplicato.

Inserito da Filippo Ronco

il 10 gennaio 2012 alle 14:32
#9
No perdonami, tra azienda e privato NON è tecnicamente possibile. Perché il privato NON può avere un codice accisa per ricevere la merce secondo le regole. E' questo il problema principale ed assurdo.


Fil.

Inserito da Bernardo Camboni

il 10 gennaio 2012 alle 18:14
#10
Scusami se ti contraddico,ma non è proprio così. personalmente non mi occupo nelle mie attività in dogana di vino ed accise/norme relative, ma credo di poter dire che vi è una differenza, più formale che sostanziale, fra il non poter e il non voler. Non è una legge dello stato che vieta al sig bernardo camboni nato il 10.3.61 a carloforte ed ivi residente in... etc..... nella sua qualità di persona fisica (non azienda) ad avere ed ottenere un codice accisa. purtroppo le soglie, le franchigie che la legge impone al sig b.camboni gli sconsigliano (economicamente) di procedere. ti porto un esempio banale: il sig b.camboni per la sua produzione familiare di mirto decide di dotarsi di un codice accisa al fine di importare alcool puro dalla Slovenia perchè ha un costo/L conveniente. La norma stabilisce in 3L la soglia oltre il quale per usi personali non può disporre. è chiaro per 3L il gioco non vale la candela, molto meglio (economicamente) prenderlo al supermercato. I numeri citati sono a caso ma è giusto per capirne il senso.

Inserito da Bernardo Camboni

il 11 gennaio 2012 alle 14:07
#11
Fil

per maggior certezza ho chiesto lumi in dogana avendo conferma di quanto ti ho precedentemente detto. se può essere paragonabile come esempio, è un po come se io decidessi domani di avere la partita iva. è chiaro che comporta registri, scarichi, commercialista....e se lo scopo fosse per fare la spesa a Natale e Pasqua alla metro non avrebbe senso.

Ciao
Bernardo

Inserito da Filippo Ronco

il 11 gennaio 2012 alle 14:14
#12
E secondo te che tutti i privati del mondo (praticamente un mercato illimitato) non possano comprare diretto - ove ve ne abbiano l'occasione - perchè devono avere un codice accisa? Pensi che il mercato se ciò non fosse necessario, ne guadagnerebbe o ne perderebbe? Le aziende aumenterebbero il proprio fatturato all'estero o lo diminuirebbero. Meglio pochi distributori/importatori/esportatori attraverso i quali è necessario passare per vendere molto o meglio avere moltissimi acquirenti piccoli in tutto il mondo?


Fil

Inserito da Bernardo Camboni

il 11 gennaio 2012 alle 14:28
#13
Fil

Io non metto minimamente in dubbio quel che tu dici. Purtroppo ne io ne te abbiamo il potere di cambiare, di ignorare le regole. tu pensi che se la benzina fosse a quota 0.8eu/ltr io non mi farei ogni domenica un giro per le colline, per i paesi, per le sagre ...??? eppure son costretto a limitare, in molti casi rinunciare per via dei costi. son sicuro che dalle mie escursioni ne traerebbero vantaggi tutti (ed io sono una milionesima parte), eppure.....

Inserito da Filippo Ronco

il 11 gennaio 2012 alle 14:56
#14
E' un paragone che non regge.
Da un lato abbiamo un mercato con una domanda esistente che non può funzionare per vincoli burocratico/legali. Dall'altro (esempio della benzina), abbiamo una rinuncia per via dei costi. Sono due cose diverse secondo me.

Il primo problema potrebbe essere agilmente rimosso con una modifica delle leggi che:

a) rendesse possibile per un privato acquistare da un'azienda in europa direttamente senza dover avere un numero accisa (e relative incombenze) eventualmente addossando i maggiori costi all'azienda che vende o ripartendo i costi su entrambi i soggetti.

b) rendesse semplice ed immediato (nel senso di automatizzabile su vasta scala) l'ottenimento di questo codice di cui si fatica a capire il senso (almeno, io fatico) nel caso in cui le accise siano pari a zero se non altro.

Nel caso della benzina mi sembra noto a tutti che il mercato è un cartello (sette sorelle ecc.) e prezzi sono imposti da poteri e lobby quasi incontrastabili (anche se nulla a mio avviso è incontrastabile, basterebbe uno sciopero generale di alcuni giorni dei cittadini sull'uso di mezzi a benzina che vedi come scende il prezzo).

Penso che se nessuno dice o fa niente non succede niente e che se invece qualcuno dice e fa qualcosa magari qualcosa si muove. Di certo non se ne parlo solo io. Volevo sottolineare la discrasia totale tra questo genere di regole e il genere di opportunità che oggi ci sono e che al tempo in cui queste regole sono state scritte non c'erano.

Voglio dire, bisogna mettere mano a queste regole perchè che un'azienda venda diretta a un privato in un altro stato NON HA SENSO che sia configurato come contrabbando. L'unico caso in cui accetterei una regola del genere è che in quel determinato stato l'alcol sia vietato. Allora lì me ne starei perché si tratterebbe di una scelta radicale da parte di uno stato autonomo ma questo è un sistema diverso e gli interessi sottesi alla rimozione di questi ostacoli mi sembra siano tutti leciti, nessuno vuole contrabbandare o fare le cose di nascosto.

Io dico di fare tutto in chiaro, per bene, pagando quello che c'è da pagare ma semplificando. Un e-commerce o un gruppo di aziende che vuol vendere all'estero è impossibilitato a farlo con queste regole verso privati, dove l'impossibilità, certo, non è assoluta ma è oggettiva.


Fil.

Inserito da Federico Miniussi

il 11 gennaio 2012 alle 15:25
#15
Non me ne parlare. Sono al telefono da stamattina con la dogana per capire come fare con un piccolo produttore di vino d'oltreconfine che non è provvisto di codice accisa.
E tanto per essere chiari, dall'altra parte della cornetta non c'è mai nessuno... :(

Inserito da Bernardo Camboni

il 11 gennaio 2012 alle 16:21
#16
Fil

parliamoci chiaro, se avere la benedetta accisa e tutto quello che ruota fosse a costo zero come non so avere il codice fiscale, forse saremo più felici e risolto il problema. dico questo perchè la mia gita fuori porta e l'e-commercio in questione sono vincolati dai costi e dalla buro. ecco cosa accomuna e l'ho portato come esempio.
Il problema è vasto poichè non si tratta di legislatura italiana, ma europea. tu giustamente dici perchè dobbianmo complicarci la vita se fra ITA e FRA (per es) le accise sul vino sono zero, per cui dova stà il nesso. Io ho comprato attrezzatura fotografica in germania con modalità come se l'avessi acquistata al negozio photoshop dietro casa mia. certo se la voglio comprare ad HKong devo pagarci l'IVA e l'eventuale dazio, e questo mi va ancora bene. per una miriade di beni la transazione è semplice, anzi spesso sono i corrieri (dhl, ups....) che provvedono loro stessi all'aspetto doganale per cui tu ordini e ti arriva la merce a casa come se l'avessi acquistata sempre on-line con l'unieuro di Padova.
è evidente che se facciamo una disamina in modo obiettivo e sincero viene da pensare "ma perchè tutto questo?"

Federico, forse è meglio che ci vai di persona.....se puoi ::))

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Laureato alla Facoltà di Giurisprudenza di Genova nel 2003, ho fatto pratica legale in uno studio per circa 2 anni ma non ho mai provato a dare...

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