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Tra Saba e Savor, dolcezze romagnole

di Filippo Ronco

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Il colore bruno intenso, sapore delicatamente dolce, profumo invitante ed estrema versatilità: tutto ciò ed altro ancora, è la saba. La SABA, o sapa come è comunemente chiamata nel dialetto romagnolo, ha antichissime origini che risalgono addirittura al I° sec. d.C. quando Plinio il Giovane, in uno dei numerosi viaggi alla scoperta delle gustosità che si producevano nell’impero, racconta che il delizioso sugo vinoso era stato servito come assoluta raffinatezza gastronomica anche all’imperatore Augusto, ospite di un nobile locale della Gallia Cisalpina, il territorio sito oltre la sponda sinistra del Rubicone, cioè l’attuale Romagna. Occorre però che trascorrano altri diciotto secoli prima che la sua consacrazione a prodotto tipicamente romagnolo diventi tale.

Si deve a Pellegrino Artusi che nell’opera gastronomica “La scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene” edita nella seconda metà del 1800, la inserisce nel capitolo dedicato agli sciroppi: ne esalta le rare e le gustose inconfondibili peculiarità e per l’estrema ecletticità in tavola. I preliminari della saba sono lunghi ed alquanto laboriosi: proprio per tali difficoltà, la tradizione della preparazione casalinga si è notevolmente affievolita a tal punto che diventando preziosa per la rarità, è stata fatta la formale richiesta per l’ottenimento della IGP - Indicazione Geografica Protetta - SABA DELL’EMILIA ROMAGNA - Secondo il testo presentato e proposto per la preparazione, devono essere utilizzate solo uve provenienti da vigneti coltivati esclusivamente in regione ed impiegati per la produzione dei vini IGT - DOC - DOCG.

La condizione indispensabile e necessaria per ottenere un’ottima saba, è che il mosto ottenuto sia da uve a bacca bianche o nere, non abbia iniziato il processo di fermentazione: le uve appena ammostate, o almeno entro 24 ore, devono essere poste in un paiolo di rame, unite a mezza dozzina di noci ancora integre, cioè col guscio, il cui unico scopo, in quanto sempre in movimento, è di impedire al mosto stesso di attaccarsi al fondo. Durante il processo di bollitura a fuoco lento della durata di 6-10 ore, il tutto essere schiumato con un cucchiaio di legno: deve avvenire una riduzione di oltre i 2/3 rispetto al volume iniziale.

La saba dovrà essere sottoposta ad una maturazione di almeno 6 mesi in contenitori preferibilmente di legno, scolmi con l’apertura superiore appena coperta con una pezzuola di stoffa: tale principio di conservazione ricorda quello applicato all’aceto balsamico, che anche esso, per diventare tale, necessita di un mosto ottenuto per ebollizione e successivamente introdotto nella botte madre per innescare il processo di acetificazione. A maturazione avvenuta, esclusivamente naturale, è un prezioso nettare per accompagnare bolliti, verdure lesse e grigliate, tortelli alle erbette e per la preparazione dei ‘sabadoni’, tipici dolci romagnoli, oppure col celeberrimo ‘formaggio di fossa’, la cui produzione può essere fatta esclusivamente nelle ‘fosse” di tufo di Savignano sul Rubicone: inoltre, eccellente ingrediente per crostate di frutta, mostarde e confetture, tra cui il delizioso ‘savor’ che andremo a conoscere più dettagliatamente.

Passando al dolcissimo e soave SAVOR, il cui procedimento iniziale di preparazione è il medesimo, cioè da mosto bollito, è una composta di frutta dal gradevole sapore leggermente agro ed impiegato in quel della “solatia Romagna” per farcire i tortelli, appunto, di Romagna. Ogni famiglia, in passato aveva ma anche oggigiorno, ha la personale ricetta custodita gelosamente in quanto tramandata da generazioni in generazioni, da ‘zdoura’ a figlia. Oltre all’indispensabile mosto, si fa bollire bucce di angurie e di melone tagliate a sottili strisce e precedentemente essiccate al sole, carote, polpa di zucca, bucce di agrumi, arance candite, l’immancabile frutta secca quale, noci, nocciole, pinoli e mandorle, nonché frutta fresca come mele, pere volpine, mele cotogne, albicocche, pesche e fichi essiccati: quanto di maggior assortimento di frutta, non vi è nessuna altra preparazione che ne possa reggere il confronto!

Nella preparazione, il composto, che necessita di tanto tempo ed altrettanta pazienza, va lasciato bollire per 5-6 ore, rimescolando delicatamente e quasi di continuo, poiché oltre a far si che non attacchi sul fondo, tutti gli ingredienti siano perfettamente cotti rimanendo intatti. A cottura ultimata, si lascia riposare per una notte prima di riporre il savor così ottenuto in vasi di vetro a chiusura ermetica, lasciandolo “riposare” per almeno un mese prima di essere gustato a colazione, a merenda con sottili fette di pane abbrustolito o con la tradizionale piadina, oppure, nelle sempre eccellenti preparazioni di dolci casalinghi, tra cui crostate e tortelli ripieni. L’abbinamento classico con tale dolcezza, è l’albana di Romagna dolce, sia tranquillo che spumante oppure con le rare peculiarità della DOCG passito.

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Laureato alla Facoltà di Giurisprudenza di Genova nel 2003, ho fatto pratica legale in uno studio per circa 2 anni ma non ho mai provato a dare...

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