Le recenti polemiche relative alle basse dichiarazioni dei redditi dei ristoratori hanno solleticato alcune considerazioni che avrei voluto condividere da molto tempo, ne approfitto in questa assolata giornata di mezza estate. Solitamente il luogo comune in voga è il seguente: il povero lavoratore dipendente, oppresso dal padrone, paga le tasse per il resto del popolo imprenditore e libero professionista che evade il fisco e festeggia ogni sera a tartufo e champagne. Sebbene i luoghi comuni generalmente portino sempre seco un pizzico di verità ed è infatti certamente vero che per la maggior parte, gli evasori fiscali siano rappresentati proprio da liberi professionisti, commercianti e da ogni altra espressione di lavoro autonomo di tipo imprenditoriale, ristoratori inclusi, in realtà la cosa è un tantino più complessa. Il punto è che buttarla su questa o quella categoria è fuorviante oltreché ingiusto dal momento che in ciascuna categoria esistono coloro che violano le regole e coloro che sia pur a fatica le rispettano.
Sono reduce da un appuntamento abbastanza traumatico con il commercialista, talmente traumatico che al termine avevo quasi pensato di mollare tutto per cambiare nuovamente strada. In realtà, almeno per il momento, amo ancora troppo tutto questo e non saranno le pesantissime tasse, i contributi previdenziali, gli acconti su guadagni ipotetici e non ancora percepiti a fermarmi proprio adesso che i pezzi del puzzle stanno cominciando ad incastrarsi l'un l'altro. Sarebbe stupido. Una riflessione però la vorrei fare ed è dedicata a tutti quelli come me che non evadono le tasse anche perché non possono farlo ricevendo qualsiasi introito anche di modestissima entità, esclusivamente attraverso bonifico bancario e quindi tracciato.
Tre generazioni a confronto
I tempi sono cambiati e non è un altro luogo comune è la realtà. Non dura perchè il cambiamento è sempre foriero di nuove opportunità ma sicuramente non facile. Prendiamo per esempio le ultime tre generazioni: mio nonno, mio padre ed io. Rappresentiamo tre momenti che hanno avuto un rapporto con le opportunità del lavoro estremamente diverso.
Mio nonno che ha passato il periodo fascista in età di leva e ne è uscito ancora giovane e in piena forza, si è trovato di fronte un mondo certamente da ricostruire ma anche fertile e ricco di opportunità per chiunque avesse voluto rimboccarsi le maniche - pensate solo al boom economico degli anni '60 - e intraprendere un'avventura imprenditoriale, credendoci fermamente. Lo fece e si costruì un futuro prospero, più che benestante. Potremmo chiamarlo il periodo d'oro.
Mio padre ha vissuto il periodo immediatamente successivo, quello della contestazione studentesca, un periodo sicuramente non semplice ma durante il quale ci si risvegliava dal torpore culturale ed era ancora possibile sognare e intraprendere una carriera come libero professionista oltre che come imprenditore con buone possibilità di successo. Con più fatica era cioè ancora possibile affermarsi al di fuori del lavoro dipendente privato o statale. Questo è il periodo dell'affermazione del lavoro autonomo professionale, della formazione e dell'occupazione dei grandi centri di potere economico e finanziario, della crescita degli ordini professionali e delle "caste". Potremmo chiamarlo il periodo del consolidamento.
La mia generazione, quella maggiorenne negli anni '90 per intenderci, è forse quella che più di ogni altra è rimasta "fregata", mi spiego. Tra opportunità di lavoro in drastico calo, diminuzione del valore - fino a quello di carta straccia - dei titoli di studio più alti, l'avvio del processo di globalizzazione e il livello di concorrenza in questo o quel campo professionale sempre più forte, le possibilità di sfangarla richiedevano tempi estremamente più lunghi, diciamo almeno 8/10 anni dalla laurea per cominciare a sperare di riuscire a vivere decentemente.
Nel contempo si diffondeva quella strana cosa chiamata internet, si superava la bolla dei primi anni del nuovo millennio e si ripartiva timorosi senza alcuna garanzia in quel che avrebbe rappresentato la rete da lì a qualche anno. Questo potremmo chiamarlo il periodo della disgregazione o del pantano.
E nella disgregazione del sistema precostituito e nel pantano è proprio dove si sono trovati tanti ragazzi e ragazze che come me, terminata l'università hanno dovuto intraprendere un periodo di stage o apprendistato nei primi anni del nuovo millennio. Io ho tenuto il piede in due scarpe per due anni circa, facendo pratica per 8 ore in uno studio legale di giorno e dedicandomi per altre 8 ore la notte ad internet, poi ho mollato la via "retta" per quella più incerta, puntando tutto sulla rete.
Inventarsi un lavoro
Chiedo scusa per questa lunga premessa.
Il punto a cui vorrei arrivare è il seguente: esiste oggi una folta schiera di giovani-nonpiùgiovani (28-38 anni diciamo) che hanno scelto - o sono stati costretti, a farlo - di inventarsi un lavoro, un lavoro che prima non c'era. Ancora oggi, quando qualcuno mi chiede che lavoro faccio, fatico a trovare una risposta univoca che soddisfi chi mi ha posto la domanda e al contempo soddisfi anche me ma questa è la situazione, non ci sono grandi alternative. O ti arrangi o ti arrangi dal momento che anche il settore industriale è in crisi e dal momento che la pretesa di un posto fisso rappresenta ormai una velleità del tutto anacronistica.
Alcuni consigli al legislatore
Sommessamente, espongo qui di seguito alcuni accorgimenti che secondo me potrebbero portare un enorme aiuto a coloro che vorrebbero condurre una vita in regola con sé stessi e con il fisco:
Laureato alla Facoltà di Giurisprudenza di Genova nel 2003, ho fatto pratica legale in uno studio per circa 2 anni ma non ho mai provato a dare...
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Inserito da Paolo Carlo Ghislandi
il 21 luglio 2009 alle 15:37Ho trovato questo tuo post particolarmente toccante, forse perchè mi tocca da vicino, forse perchè in fondo tutta la nostra generazione si trova di fronte alla scelta aspra nonchè la grande responsabilità di propendere per l'affermazione e la libertà o l'abnegazione e la sudditanza.
Mai come fino a ieri il mondo mi appareva sempre più "apparente", le persone che incontravo sempre più dei "figuranti",ed il sistema mi mostrava tutte le sue falsità e le sue contraddizioni.
Mai come oggi ringrazio il web che mi ha permesso di dissetarmi dalla dalla sete di informazioni non predigerite, laddove il senso critico sopito da anni di marcia televisione ha ritrovato vigore, laddove è possibile "misurare" l'interlocutore attraverso il segno indelebile che lui stesso consegna ai suoi "digit" nella rete.
Forse non sempre ce ne rendiamo conto, ma noi tutti abbiamo costituito l'alternativa in un periodo nel quale c'erano solo caselle vuote da riempire e questa crisi mondiale che tanto attanaglia i governi ci ha dimostrato che siamo anche i precursori di ciò che inevitabilmente l'evoluzione farà accadere.
Ciao
Paolo