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Prodigio da fermentazione spontanea

di Filippo Ronco

MappaArticolo georeferenziato

Non sono un tecnico, mi piace il vino e l'assaggio, coltivo l'ambizione di arrivare nel tempo ad avere una certa esperienza ma non ho le competenze tecniche di chi ha studiato anni la chimica e le fermentazioni, un enologo per dire, che mi consentano di addentrarmi sulle motivazioni che stanno alla base di quel che segue.

Nel corso degli anni si è spesso affrontato da più parti il tema delle fermentazioni spontanee, quelle cioè ottenute senza l'inoculazione di lieviti selezionati nella massa ed ottenute con i soliti lieviti già presenti sull'uva e/o nell'ambiente di vinificazione liviti indigeni per alcuni (anche se per i professionisti non è una terminologia considerata del tutto attendibile) e in particolare si è cercato di capire, tradurre, interpretare, decifrare, l'effetto che l'una o l'altra scelta comporta poi alla prova del bicchiere.

Ho nel mio personale archivio neuronale molti assaggi di vini ottenuti da fermentazioni spontanee e quasi sempre si tratta di vini che come caratteristica hanno una facilità di beva disarmante, sentori primari ben definiti, legame stretto con il terroir ed un equilibrio esaltante già in giovane età. Non mi era ancora capitato però di provare un vino che avesse una storia di vinificazione di un certo tipo, al momento del passaggio, nella sua fase di transizione cioè da un metodo all'altro, quando da una certa annata si decide di passare dall'inoculo tradizionale alla fermentazione spontanea.

E' successo a Faedo, all'ultimo Vinix Live! complice un grande vino, il Marzemino Poiema della Vallagarina di Eugenio e Tamara Rosi. Chi conosce il Poiema "di sempre" sa che non è un Marzem(ino) ma un Marzem(one), un vino di trama tannica imponente, decisamente spigoloso e a tratti perfino scorbutico a pochi mesi dall'imbottigliamento, un vino in grado di smussare le sue asperità per lasciar spazio ad una beva fantastica solo dopo diversi anni di affinamento in bottiglia così come per esempio mi ha dimostrato Tamara facendomi assaggiare il superbo 2000 vinificato con inoculazione dei lieviti.

Capite bene la sorpresa, assaggiando i primi due esperimenti di fermentazione spontanea (il 2006, se non vado errato, ed il 2007), sempre importanti ma entrambi di beva estremamente gioviale e gradevole, equilibrati, piacevolissimi già da subito. Due vini diametralmente opposti all'archetipo di Poiema che avevo fissato nella mente. Cioè si è persa la parte meno armoniosa e si è guadagnato completamente in piacevolezza di beva.

Non voglio trarre nessuna conclusione perchè, come accennato, anche il 2000 da fermentazione con lieviti inoculati era formidabile. Ma il nuovo Poiema è un prodigio di piacevolezza ed eleganza. Quello su cui si discuteva con Tamara e con Eugenio Rosi è se questi vini ottenuti da fermentazione spontanea, essendo così piacevoli e pronti fin da subito, abbiano poi una durata inferiore dal momento che anche la massa tannica sembra già molto più amalgamata ma entrambi (e a giudicare dalla complessità direi anch'io) sono convinti che no, la tenuta potrebbe essere anche più lunga.

Solo qualche riga non partigiana dunque, per riflettere. Riflettere sul fatto che il buono può stare sia da una parte che dall'altra della barricata ma anche sul fatto che evidentemente laggiù, tra quella massa di atomi in fermento, le scelte dell'uomo contano e portano sempre a strade e risultati diversi.

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Laureato alla Facoltà di Giurisprudenza di Genova nel 2003, ho fatto pratica legale in uno studio per circa 2 anni ma non ho mai provato a dare...

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