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Prosciutto di Parma

di Filippo Ronco

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Prosciugato. Questa è l’origine della parola prosciutto. Per avere un prosciutto di qualità, infatti, le coscie di maiale devono prosciugarsi, il più lentamente possibile, all’aria di queste vallate del parmense. E’ tutto un complesso di cose di cui i parmigiani sono molto orgogliosi. E’ una specie di istinto ecologico naturale che ha consentito di conservare tradizioni nate nel rispetto della natura.

In questi luoghi.
Strabone lo scriveva cento anni prima di Cristo. Scriveva che lassù, nella Gallia Citeriore, c’era “una pianura sparsa di colline fruttifere” dove si allevavano maiali in modo diverso, dove si sapeva conservare la carne a lungo, dove i boschi avevano “tanta ghianda che dei porci pasciuti colà alimentasi Roma”: Roma pretendeva quei maiali per alimentare i suoi eserciti: centinaia di migliaia di soldati sparsi in tutto il mondo. La consapevolezza dei contadini, la capacità di allevare il maiale e di conservare e stagionare le sue carni è cresciuta lentamente in secoli di tentativi e osservazioni, di segreti custoditi e tramandati fino ainostri giorni.

La cultura contadina
Da tempo, per interminabili generazioni i maiali hanno continuato a vivere vicino alle case dei contadini. L’“animale” (lo chiamano ancora così, in campagna, come se fosse l’unico animale sulla terra) mangiava la melica, la crusca e le ghiande. In cambio garantiva carne per un anno intero. E ogni anno, tra dicembre e gennaio, si ripeteva la festa allegra e cruenta dell’uccisione e della trasformazione del tesoro di famiglia. Il “masén” spuntava al mattino dalla nebbia con la sporta carica di ferri per iniziare il suo lavoro. Nel giro di una giornata il maiale veniva lavato, squartato, diviso in pezzi, trattato e lavorato: salami, cotechini, strutto, ciccioli e poi pancette, spalle, coppe, preti. E due prosciutti.

I confini geografici
Non troppo a nord, verso il Po, dove l’umidità avvolge tutto. Il territorio dove nasce il prosciutto di Parma è delimitato a est e a ovest da due fiumi: Enza e Stirone, a sud dall’Appennino. Questi, oltre ad essere confini geografici, sono anche confini di culture gastronomiche diverse. Se il più famoso prosciutto del mondo può nascere solo qui, i motivi sono mille. Perché qui, dalla vicina pianura, arrivano maiali bellissimi e grossi, che in nessun altro posto sono mai stati nutriti con gli scarti della lavorazione del formaggio. Perché l’aria di mare, qui, supera la barriera degli Appennini più facilmente. Per un po’ d’avarizia: nell’utilizzo del sale. Perché si è conservata fino ad oggi l’abitudine alla lentezza quasi maniacale, nell’attesa della stagionatura.

Le mani esperte
L
e coscie di maiale stagionato così, protette soltanto dal sale, con uno dei metodi di conservazione più antichi e più usati in tutto il mondo. Il sale ha garantito l’igiene e la conservazione degli alimenti per secoli, e oggi, paradossalmente, garantisce anche la dolcezza del più raffinato dei prosciutti. Poco sale in quantità equilibrata e ben distribuita. Con l’esperienza si sono definite le percentuali più giuste, ma solo l’occhio di un vero esperto può stabilire la dose ideale per ogni prosciutto, le piccole variazioni che adattano la regola al singolo caso. Per questo, ancora oggi, la salagione dei prosciutti di Parma è rifinita a mano, con un gesto antico che assomiglia a quello della semina.

La cura e l’attenzione
Mani sicure dosano la sugna (lardo di maiale e pepe) per spalmare la parte della coscia non coperta dalla cotenna, per proteggerla, per non far seccare la carne. Nasi fini annusano i prosciutti con l’osso di cavallo che riporta fedelmente ogni sfumatura olfattiva. Tecnici esperti controllano con analisi chimiche i parametri e l’igiene. Nei prosciuttifici del Parma le tecniche tradizionali non sono mai state abbandonate, oggi però sono accompagnate da una quantità di controlli e analisi scientifiche.

L' aria e il tempo
Arrivati a questo punto basta attendere e sorvegliare, per mesi e mesi, il suo progressivo affinamento. Il processo di stagionatura deve essere lentissimo, graduale, perfettamente controllato in un ambiente con caratteristiche di umidità e temperatura definite da anni di esperienza. E il risultato è un piccolo grande miracolo completamente naturale. La coscia si trasforma e cambia il suo sapore, sviluppa profumi e gusti straordinari. La metamorfosi sottile e delicata muta la semplice carne di maiale in un prodotto dalle caratteristiche uniche e complesse, un piacere da scoprire con lentezza e attenzione.

Il colore e il profumo
Come pochi altri capolavori gastronomici, il crudo di Parma non ha bisogno di condimenti, accostamenti ricercati o ricette complesse. Basta la fragranza del pane bianco o nient’altro che una fetta sottilissima per riscoprire ogni volta il piacere di uno spuntino raffinato che, per quanto veloce, non sarà mai fast, mai frettoloso, mai qualunque. Chi sceglie il prosciutto di Parma ha deciso di trattarsi bene, di godersi il piacere del suo colore rosato e invitante, del profumo sottile e persistente. Il prosciutto di Parma è forse l’antipasto più diffuso nei pranzi raffinati, è un secondo veloce per chi non vuole mangiare in modo distratto, è una pausa leggera di grande soddisfazione anche per i buongustai. Paradossalmente è proprio l’antica tradizione di Parma a regalare alla gastronomia di oggi un alleato moderno, rapido e insostituibile. Togliere il grasso del prosciutto di Parma è un vero peccato perché oltre al gusto e al profumo, ha un contenuto di colesterolo davvero basso e una percentuale di acido oleico alta. Una garanzia.

Solo o in mille piatti, sempre leggero
Solo un alimento dotato di tanta personalità può essere nello stesso tempo straordinario da solo e straordinariamente duttile nella cucina di tutti i giorni o nelle ricette dei grandi cuochi. Per capire tutte le possibilità di utilizzo del prosciutto bisogna assaggiarlo con attenzione e rispettarne l’elegante essenzialità. Allora, il crudo di Parma suggerisce tocchi di classe unici in piatti sorprendenti. Nulla gli è proibito, nemmeno gli accostamenti con la frutta, come nelle straordinarie portate di prosciutto e melone, godimento d’estate. L’importante è trattare le fette di crudo con sobrietà, non cuocerle, non coprirle con gusti forti o con il piccante. Così lo splendido frutto di una lunghissima tradizione si rinnova ogni volta, sorprende e regala a chi ha il buon gusto di sceglierlo, emozioni uniche e piatti piacevolissimi in ogni momento della giornata.

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Laureato alla Facoltà di Giurisprudenza di Genova nel 2003, ho fatto pratica legale in uno studio per circa 2 anni ma non ho mai provato a dare...

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