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Back office

Adesso ti spiego

di Filippo Ronco

MappaArticolo georeferenziato

Ho ascoltato con attenzione tutti gli interventi del convegno "Vino in Bocca", appena conclusosi all'Istituto Enologico di San Michele all'Adige, organizzato dall'Assoenologi Trentina con il forte e prezioso stimolo di Mario Pojer, caro amico e talentuoso avventuriero tra enologia e mondi inesplorati, quelli fatti della fantasia e della candida sorpresa di fronte al disvelarsi delle cose, tipiche dell'innocente e sempre umile curiosità dei bambini. Tra i vari interventi che mi hanno preceduto, interazioni del pubblico più e meno calorose, ciò che più mi ha colpito è stato l'intervento di Angelo Peretti, uno dei relatori della giornata.

L'incipit è stato di questo tenore:

"...un discorso è apodittico quando non ammette mediazioni: o bianco o nero, o di qua o di là. Il che corrisponde, quasi sempre, alla maniera di porsi di chi bazzica il mondo dei blog: la mediazione non va di moda, sul web..."

Del tipo, "adesso ti spiego".
Non male per chi per sua stessa ammissione, è giunto ad apprezzare e sfruttare ciò che la rete mette a disposizione in termini di libertà ed opportunità solo da qualche anno. E lo dico con il massimo rispetto per un bravo giornalista quale è Angelo Peretti. Bravo giornalista, appunto.

L'intervento di Angelo si è articolato in una disamina economico-strategica sul tipo di approccio che il vignaiolo dovrebbe avere verso i mercati, sulla necessità della loro segmentazione, sulla ricerca degli appropriati target, spingendosi quindi fino al concetto implicito secondo il quale occorrerebbe creare un prodotto non perchè lo si ama, si ha una visione, ci si crede, si è animati dalla passione per farlo ma perchè si sono individuati uno o più mercati di riferimento che potrebbero trovarlo coerente con i propri bisogni. Sorprendente, poi, la chiosa finale sulla probabile inadeguatezza del web a trattare l'argomento vino.

Se l'intento di tale intervento - qui troverete concisamente i contenuti - è stato quello di lanciare una provocazione, di creare una versione caricaturale di una certa visione della rete che l'autore ha in testa, può anche starci. Non mi convince ma può anche starci, in fondo la caricatura col fine di provocare una reazione è sempre stimolante per il dibattito.

Il dubbio, però è che si andasse oltre la caricatura sottendendo convinzioni profonde, concrete e condivise da una parte ancora molto ampia di persone, esponendo ad una platea che era lì per conoscere altro, almeno negli intenti. Del resto, partecipare ad un convegno su comunicazione, vino e rete per dire che no, il vino probabilmente non è "oggetto" (sic!) adatto alla rete stessa è stato quanto meno eccentrico.

Ecco, qui dal piccolo Back Office, mi piacerebbe riprendere il discorso insieme ad Angelo e ai molti che hanno partecipato al convegno perchè sono cose a cui tengo e a cui ho dedicato molti anni, dinamiche che conosco almeno un po' e non vorrei che alla fine i produttori intervenuti al dibattito ne uscissero con le ossa rotte, come di quelli che hanno le idee ancora più confuse di prima. Si perchè il vino in rete ha costituito e creato, per suo tramite, molto anche al di fuori di essa, in quel posto chiamato vita offline, dove tutti ci troviamo quando spegniamo il computer.

Parlare oggi di segmentazione dei mercati secondo me è anacronistico oltreché fuorviante: se è vero il postulato, non è detto che lo sia la formula. Mi spiego. La presentazione di Angelo mi è parsa un po' arroccata su posizioni poco aperte alla concreta rivoluzione economica e degli equilibri che stiamo vivendo. Dal Cluetrain Manifesto ad oggi. Mi rendo conto che questi cambiamenti non siano percepibili da tutti nello stesso modo, chi è più dentro, chi è più fuori.

Però oggi i mercati stanno veramente cambiando. E' proprio cambiato il modo di relazionarsi con questi mercati, ne sono testimone diretto, giorno dopo giorno. E' vero, alcune strategie e regole funzionano ancora in modalità push cioè spingi, proponi a chi non ti ha chiesto - per intenderci - ma è dimostrato che i metodi per raggiungere questi mercati non funzionano più. Anzi, in alcuni casi si rivelano ormai del tutto controproducenti.

Perché?
Il futuro a mio modo di vedere (un po' di dubbi, non vorrei sembrare eccessivamente apodittico) è fatto di mercati che si muovono autonomanete e in modalità "pull" - cioè tira, sei tu che mi cerchi e mi chiedi, sei tu che ti segmenti da solo su di me perchè io ti interesso - per trovare le cose/persone/servizi di loro interesse senza filtri o intermediari a patto che da una parte e dall'altra vi sia qualcuno disposto a incontrarsi e ad ascoltarsi. E' quell'inversione dell'imbuto di cui ho parlato anche nel mio piccolo e basico intervento.

Sono profondamente convinto di questo. Credo davvero che non sia sufficiente stilare progetti, ragionare di schemi e modelli per risolvere ogni problema. Penso che le aziende del futuro che sopravviveranno ed avranno il meritato successo saranno quelle che già sono - o saranno state in grado di diventare - straordinarie per qualche ragione. Da qui quel "meritare l'attenzione" su cui ho tanto insistito.

La mia è forse una visione eccessivamente idealistica ma già adesso abbiamo molte dimostrazioni pratiche di quanto vado dicendo. Un mondo migliore è dove ci porta la rete. Una razionalizzazione completa degli equilibri, un ridimensionamento totale delle logiche di potere, un azzeramento delle rendite di posizione, un gel smacchiatore per le menzogne, una straordinaria opportunità per tutti si ma drammaticamente democratica, in grado di far fuori ciò che non conta, ciò che è mediocre.

Il futuro più roseo è dei sognatori passionari, del saper fare, del genio, del buono e del meglio. Perchè lo meritano.


Per dare un po' di concretezza al tutto, prego i produttori (ma anche i comunicatori), di leggersi i commenti a questo post su Vinix:
http://www.vinix.it/myDocDetail.php?ID=4690


Letto 10028 voltePermalink[20] commenti

20 Commenti

Inserito da Stefano Caffarri

il 23 novembre 2010 alle 08:01
#1
Non sono d'accordo sul fatto che internet significhi bianco o nero: in quello che scrivo ricerco ossessivamente le sfumature, e in quello che leggo abomino le prese di posizione basate sulle certezze
Non sono sono d'accordo sul fatto che il vino sia "incompatibile" con internet: è solo nuovo, e il nuovo spaventa sempre
Non sono d'accordo infine sul fatto che parlare di internet oggi sia parlare di blog, anche se è la cosa più facile da introiettare per i newcomers. Anzi, direi che il blog come è stato vissuto fino ad ora è alla fine della sua parabola. Ma avremo modo di pallarne.

Inserito da Filippo Ronco

il 23 novembre 2010 alle 09:39
#2
Insomma, siamo d'accordo :-)
Fil.

Inserito da Luca Risso

il 23 novembre 2010 alle 10:21
#3
@Fil
Però, ragà, attenzione anche a un certo elitarismo (della rete in questo caso) che qua e là anche nelle tue tesi traspare. Non si fa tutto solo per passione. Solo chi ha le spalle ben coperte o è pazzo può permetterselo. Esiste anche la pagnotta e il business del vino può essere un modo onesto come un altro per guadagnarsela. Quindi benvengano ANCHE segmentazioni, product placement, posizionamento, sani piani industriali e quant'altro.
Luk

Inserito da Armin Kobler

il 23 novembre 2010 alle 10:27
#4
"direi che il blog come è stato vissuto fino ad ora è alla fine della sua parabola."
stefano, spiega per favore un po' questa prognosi (per me) preoccupante.

Inserito da Filippo Ronco

il 23 novembre 2010 alle 10:42
#5
@Luca
Farò attenzione perché se ad ammonirmi è un caro amico quale sei tu, le parole vanno pesate con grande attenzione. Proprio ieri su skype hai parlato di sogni con me. Si vede che mi hai ispirato :-) E' vero non si fa tutto solo per passione. Non è vero che solo chi ha le spalle ben coperte o è pazzo può permetterselo. C'è chi decide di provare lo stesso e vivere borderline tra abisso e fortuna. Si parlava di comunicazione però qui, non di scelte di vita.

Fil.

Inserito da Luca Risso

il 23 novembre 2010 alle 11:25
#6
la comunicazione mi pare debba essere bidirezionale. Se tu scrivi "sei tu che mi cerchi e mi chiedi, sei tu che ti segmenti da solo su di me perchè io ti interesso" mi sembra un po' troppo "invertire la freccia", quasi un atteggiamento altezzoso.
Luk

Inserito da Luca Risso

il 23 novembre 2010 alle 11:26
#7
"C'è chi decide di provare lo stesso e vivere borderline tra abisso e fortuna."
Appunto, un pazzo :-)
Luk

Inserito da Filippo Ronco

il 23 novembre 2010 alle 11:30
#8
@Luca
Ho volutamente estremizzato ma dimentichi un pezzo della frase: "a patto che da una parte e dall'altra vi sia qualcuno disposto a incontrarsi e ad ascoltarsi". E' naturale che la comunicazione tra due soggetti è per forza bidirezionale. Cambia però la direzione dell'impulso.

P.s. : io sono un po' pazzo, si. Ma ne conosco altri.


Fil.

Inserito da Stefano Caffarri

il 23 novembre 2010 alle 19:31
#9
Per Armin.
La Rete è il luogo in cui - più di ogni altro - le cose iniziano a morire non appena diventano di pubblico dominio. Il blog è nato come file di testo cronologico, ha attraversato una rapida evoluzione fino ad oggi, momento catartico in cui il bloghetto visto come luogo di escrezione delle proprie interiorità è rimasto un ghetto dopolavoristico. Il blog fine a se stesso non ha più senso per il semplice fatto che è superato da prodotti più interessanti, più varii, più professionali. Blog a più mani, verticalizzati, tematici, credibili.
Altra cosa è il blog "aziendale", cioè il prodotto di una persona che lo utilizza come finestra dalla quale "donarsi" al popolo, come integrazione del resto dell'integrazione aziendale. Il tuo, o quello del direttore di un giornale.
Ecco.
Il blog della studentessa lasciata dal fidanzato che scrive rime immortali per i suoi 11 lettori, mimmo fifi lulu pila mati foffo e giuli non ha più ragione di esistere, di morte naturale.

Sei più tranquillo ora? del tuo blog il mondo ha bisogno, ma lo chiameremo "flog" - firmlog.

:)

Inserito da Angelo Peretti

il 24 novembre 2010 alle 01:03
#10
@Filippo
Ho letto con interesse il tuo post, e penso che ci ritornerò su. Credo tu abbia colto bene l'intonazione in qualche maniera provocatoria del mio intervento "in stile apodittico". Tuttavia, mi attribuisci due affermazioni che non mi appartengono, e dunque permettimi due puntualizzazioni.
La prima, la più banale, riguarda quella che sarebbe la mia recente scoperta delle potenzialità della rete. Certo, non sono un veterano come te, ma opero sulla rete da circa dieci anni e il mio primo sito "stand alone" dedicato al vino e al cibo risale all'inizio del 2004: si chiamava www.ighiottoni.it, poi sostituito dall'attuale www.internetgourmet.it. Risale sempre al 2004 la mia prima newsletter settimanale. Credo sia incontestabile che all'inizio del 2004 moltissimi degli attuali wineblog o winemegazine ancora non esistevano, per cui penso di poter dire che una qualche esperienza l'ho maturata. Ci ho invece messo un bel po' a convincermi a passare alla forma del blog (l'ho ricordato all'incontro di San Michele), e l'ho fatto "solo" tre anni fa, e dunque in questo sono (relativamente) un neofita.
Ma l'affermazione che proprio non appartiene alla mia maniera di pensare - e soprattutto di pensare il vino - è un'altra: quella in cui, di fatto rovesciando il mio ragionamento, mi attribuisci l'ipotesi che si possa "costruire" un vino in quanto si percepisce la possibilità di aggredire con questo uno o più segmenti di mercato. Ho sostenuto a San Michele - e lo sostengo da sempre - esattamente la tesi contraria: e cioè che occorre fare vini dalla precisa identità (e questa la dà solo il terroir, inteso come mix di fattori umani e naturali), e che una volta raggiunto questo obiettivo ci si deve porre alla ricerca di quel segmento che sia meglio in grado di recepire tale specifica identità, rivolgendosi comunicazionalmente in forma quasi univoca a tale segmento. C'è - mi pare - una bella differenza. Come fra il bianco e il nero, giusto per restare in tema.
Sul resto - e cioè sul fatto che il web sia o meno lo strumento per promuovere il vino - magari tornerò con un mio post su InternetGourmet, prima o poi.

Inserito da Filippo Ronco

il 24 novembre 2010 alle 01:13
#11
Ciao Angelo,

grazie per essere intervenuto e grazie per le puntualizzazioni anche se in effetti la prima cosa che puntualizzi si riferisce proprio al fatto che sei approdato al blog da relativamente poco. Non ne faccio assolutamente una questione di misure o di tempistiche, ho per altro sottolineato anche a San Michele questo grande misunderstanding che mette i blog al centro della rete e con il quale naturalmente non sono d'accordo. Penso che il blog, alla fine, non sia altro che il nome di un sistema di gestione del contenuto, inutile ricamarci troppo su.

Sulla seconda questione secondo me il punto non è tanto se il prodotto lo creo per un segmento prima o dopo è proprio la ricerca del segmento che metto in discussione perchè è una pratica di tipo push che secondo me verrà con il tempo sostituita o di molto ridimensionata da logiche di tipo pull, cioè con quell'inversione dei ruoli che vedono il consumatore e il compratore, pari livello, nella stessa piazza. Non più l'uno che deve cercare l'altro, entrambi che si trovano l'un l'altro, facendosi conoscere, raccontandosi da una parte, ascoltando dall'altra. Le audience in rete si autosegmentano. Non è che io scrivo di certe cose per avere un certo tipo di lettori, un certo tipo di lettori segue questo o quel sito perchè risponde ai suoi interessi.

Il ragionamento fila in entrambe le direzioni almeno e diventa allora solo un angolo visuale differente.


Ciao, Fil.

Inserito da Angelo Peretti

il 24 novembre 2010 alle 08:18
#12
Ciao Filippo,
capisco perfettamente il tuo punto di vista, che di fatto è il punto di vista della gran parte di chi si occupa di vino sul web, e mi spingo a dire che la ritengo una visione prospettica molto interessante, che però vedo applicabile solo a una categoria di vini e di produttori abbastanza limitata in termini di volumi. Il mondo del vino, tuttavia, è ben più ampio e complicato, e chi (un'azienda, un territorio) produce volumi non può attendere che il mercato si autosegmenti, come dici tu: le cisterne si riempiono ogni anno, ad ogni vendemmia, e bisogna svuotarle, pena la crisi di migliaia e migliaia di famiglie e a volte di interi territori. Aggiungo che il mercato si autosegmenta perché evidentemente i segmenti esistono. Dunque, meglio che io mi scelga il mio, quello potenzialmente più ricettivo per il mio vino, che si chiami Monfortino o Tavernello, e decida di parlare direttamente a quello: questo è il mio ragionamento. Altrimenti, temo si scivoli in una visione romantica del vino e dell'economia, che certamente può dare soddisfazioni a una parte dei produttori e dei wine lovers, ma che temo non sia in grado di dare risposte sistemiche al mondo del vino, il quale ha inseguito sino ad oggi una logica perdente nel medio-lungo: vedo cosa mi chiede "il mercato" e glielo costruisco su misura, senza pensare a costruire e rafforzare una mia identità. Ecco: credo che l'attuale crisi del mondo del vino nasca essenzialmente da qui.
Ciao, Angelo.

Inserito da Filippo Ronco

il 24 novembre 2010 alle 09:29
#13
Angelo, la tua visione mi era ben chiara, del resto me l'hai illustrata pari pari la sera a fine cena. E' su questo che non ci incontriamo, io credo che ci sarebbero alternative possibili. Se per esempio il Trentino avesse avuto lo stesso sviluppo qualitativo e quantitativo dell'Alto Adige, una frammentazione molto alta delle proprietà, meno soggetti enormi e più piccoli eccellenti - questa è la grande fortuna dell'Alto Adige dove ovunque si "picchi", non si sbaglia quasi mai - forse le cose oggi starebbero diversamente, chissà. Penso che si sia sempre a tempo per cambiare, anche a costo di grandi sacrifici ma questo è un altro punto sul quale non siamo d'accordo. Del resto questo è il bello.

Ti ringrazio tanto per il tempo dedicato e soprattutto per il modo, giusto, con il quale hai preso queste mie righe. Avremo modo di vedere insieme che direzione prenderà il vino e la sua comunicazione in futuro.


Fil.

Inserito da Tomaso Armento

il 24 novembre 2010 alle 11:36
#14
Leggo con piacere, io ho iniziato con entusiasmo l'approccio al web, poi ho rallentato, anche se ci sono e cerco di dare il mio contributo, come posso e in modo sincero. Non sono solo un freddo calcolatore, un programmatore di risorse economiche con le gambe, come forse alcuni mi considerano. Amo sia il territorio in cui lavoro che stare con le altre persone e proprio per questo e per la responsabilità che ho verso tutte le persone con cui lavoro e di cui ho la presponsabilità cerco giorno dopo giorno di dare un senso economico a quello che faccio. E lo difendo coi denti.
Proprio in questo fatico a vedere il web oggi come opportunità senza un importante investimento di energie, che mal si concilia con la figura del piccolo, il vero piccolo inteso come "one man band". Quello che o è in cantina o è in vigna o vende perchè non ha il dono dell'obiquità. Credo che sia una grande opportunità di entrare in contatto con persone sia interessate che potenzialmente interessate, ma credo anche che se non ci si dedica con un certo impegno (economico e personale) non porti da nessuna parte.
Fatta questa premessa devo aggiungere una cosa, limitatamente alla realtà Italiana, quanto è grande il mondo web? Ecco, senza voler essere polemico, aiutatemi a capire, perchè in questa realtà di fortissimi interessi economici e di prezzi al ribasso da capogiro faccio davvero fatica a capire e a credere che si possa stare a chiacchierare nella speranza che qualcosa arrivi.

Sono disorientato. Probabilmente sono antipatico :-)
Ciao,
Tom

Inserito da Filippo Ronco

il 24 novembre 2010 alle 13:31
#15
La domanda "quanto è grande il mondo web" è un filo generica.
Dettagliare.

Fil.

Inserito da Tomaso Armento

il 24 novembre 2010 alle 15:45
#16
Intendo quanto è grande sia per il numero di persone che ne fanno parte attivamente sia per quante di quelle persone che ne fanno parte poi vanno effettivamente ad acquistare e influenzano coloro che acquistano. Nel mondo del vino ovviamente.

Tom.

Inserito da Filippo Ronco

il 24 novembre 2010 alle 15:53
#17
E chi lo sa :-)
Posso dirti che potenzialmente è grande tanto quanto sono le persone che si connettono alla rete in questa nicchia che è quella del vino. Di sicuro i pochi che influenzano generano un indotto eccezionale ancora molto difficile da misurare ma importante, sia in termini di conoscenza del brand che di conversioni (più a lungo termine).

Ciao, Fil.

Inserito da Tomaso Armento

il 24 novembre 2010 alle 16:06
#18
Ecco, hai detto una cosa davvero importante "Di sicuro i pochi che influenzano generano un indotto eccezionale" questo non accade solo online, ma anche nel mondo delle vendite del vino.

In fin dei conti il mondo Vino è "Tantissimi produttori, pochissimi validi venditori, moltissimi acquirenti che si rivolgono ai validi venditori".Questo mi sa che accade non solo in Italia.....

Buono o cattivo non so, vedremo!

:-)

Ciao
Tom

Inserito da Filippo Ronco

il 24 novembre 2010 alle 16:09
#19
Ma se cominci a smettere di ragionare tra on e offline e a vedere entrambi i momenti parte di una medesima realtà, vedrai che è tutto più semplice.

Fil.

Inserito da Tomaso Armento

il 24 novembre 2010 alle 16:13
#20
Scusa ma sono d'accordo da tempo con te sulfatto che sono la stessa realtà anzi ora credo che online si amplifichino aspetti che offline ti sfuggono. Pazzesco.

Nella mia frase volevo dire "online" come "comunicazione" e nello specifico "nella sua accezzione online".

Concordo appieno quindi e rinforzo dicendo che il fatto che funzionino cosi le vendite e l'online ne è la riprova. Anche se in quest'ultimo caso i soggetti (che ne parla e viene seguito e chi lo vende) non coincidono.

Ciao
Tom

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Laureato alla Facoltà di Giurisprudenza di Genova nel 2003, ho fatto pratica legale in uno studio per circa 2 anni ma non ho mai provato a dare...

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