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Fuck off allo scambio merce, di Filippo Ronco

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Fuck off allo scambio merce

di Filippo Ronco

Sarebbe andato bene anche un più polite: "Scambio merce ? No grazie" o "Non propormi lo scambio merce" ma mi occorreva un titolo adatto per poterci "mandare" qualcuno alla bisogna, voi capite.

Istantaneo e cristallino, mentre rispondevo ad un amico della Redazione di TigullioVino sorpreso di aver ricevuto una richiesta di scambio merce per la promozione di un evento, si è materializzato questo post. Che tipo di sistema è quello in base al quale una fiera o altro tipo di potenziale inserzionista di un editore (on o offline, non importa), ti offre uno scambio merce, pubblicità contro spazi angusti? Chi ci guadagna tra i due ? Davvero c'è chi crede che lo scambio merce possa rappresentare una strategia conveniente nel lungo periodo ?

Pensate ad una grande fiera, giusto per concentrarci su qualcosa di concreto. Al 99% (lasciamo il beneficio del dubbio), gli editori presenti sono lì grazie ad uno scambio merce: tu mi fai pubblicità gratis (per mesi) sulla rivista, in cambio io ti do uno spazio per un tempo limitato, in un loculo sfigato: una galleria del vento, spesso di fianco ai cessi, tra carte buttate a terra e hot dog puzzolenti. Ma anche fosse uno scambio decente, "alla pari" come può aver senso un sistema del genere ?

L'editore che regala lo spazio pubblicitario in cambio merce, perde l'introito primario con cui sostenere la propria attività a fronte di un vantaggio esiguo - quando è fortunato - e di breve durata, giocandosi per di più la possibilità di venderlo alla successiva occasione.

Il problema è serio perché il sistema è diffusissimo tra gli editori, specie tra gli editori tradizionali (offline) e distrugge il lavoro di chi opera in questo settore seriamente, un intero comparto. Finché posso ottenere una cosa gratis, non sarò certo così fesso da pagarla e se chi me la offre a pagamento mi dà un servizio migliore, pazienza, vorrà dire che mi accontenterò di un servizio peggiore. Lo capite, non funziona.

Vogliamo dare alla rivista uno spazio centrale a due piani in un padiglione di rilievo, magari a sua scelta o in posizione di massima visibilità ? Macché, lo "scambio" viene quasi sempre deciso a priori dal soggetto forte e spesso l'editore si fa tentare attirato dal vantaggio immediato (sperare di vendere qualche abbonamento, fare qualche contatto nel migliore dei casi).

Io nella vita tra le altre cose vendo pubblicità online per cui, è logico, l'andazzo mi disturba. Mi disturba perché mi faccio un mazzo così per  far percepire il reale valore di un servizio fatto come si deve, mi disturba perché mentre molte riviste cartacee regalano online per vendere offline (già questo è paradossale che diamine! Fate il contrario al limite!), io mi sbatto limitando la pubblicità al display puro, evitando le commistioni con i contenuti, cercando inserzionisti dignitosi e creando soddisfazione - almeno lotto perchè ciò avvenga - per gli editori che si appoggiano alla mia attività.

Eppure assisto di continuo, quasi impotente, allo sgretolamento costante di questi sforzi da parte di chi non sa guardare più in là del proprio naso. Hanno già chiuso e chiuderanno molte riviste, questo è certo. Perderanno la vecchia visibilità le fiere, forse. A quel punto probabilmente si potrà lavorare in modo più serio.

Nel frattempo, dal back office, un caloroso fuck off allo scambio merce.

Letto 13473 voltePermalink[10] commenti

10 Commenti

Inserito da Pamela Guerra

il 23 settembre 2009 alle 09:32
#1
Ciao Fil,
questa volta non sono d'accordo con te.
Credo che il cambio-merci non sia un'attività così 'brutta' come emerge dal tuo post; vista così, l'editore relegato in un angolo infimo a fronte di mesi di pubblicità o redazionali, è proprio una brutta immagine.
Ci sono anche casi in cui l'editore, in cambio di un trafiletto di 1/20 di pagina, ha in cambio uno spazio eguale a quello degli altri espositori, similmente visibile e ugualmente valido.
Il cambio merci, deve essere visto come un investimento reciproco: l'editore, che rinuncia ad un incasso per farsi promozione, esattamente come l'organizzazione di evento fa la sua rinuncia: uno spazio 'scambiato' è pur sempre un mancato introito.
Ci sono manifestazioni che hanno bisogno di limitare le spese e gli investimenti perché sono in fase di start up o comunque in fase di consolidamento, momento in cui il rischio di impresa è in generale a carico dell'organizzazione, e di soldi cash ce ne sono pochi.
Tu vendi anche pubblicità on line, io invece cerco anche di massimizzare i ritorni degli investimenti in comunicazione; il cambio merci è una modalità di pagamento come un'altra.
La base fondamentale deve essere il reciproco scambio e il reciproco rispetto: io ti do in misura uguale a quello che mi dai tu. Se tu, editore, in questo momento non hai bisogno di investire in un evento promozionale, non sussistono le basi per lo scambio senza transazione di denaro; si passa allo step successivo: io ho bisogno di una certa cosa, tu me la puoi vendere.
Non avere transazione di moneta sonante non deve assolutamente significare la svalutazione di un prodotto/servizio.
Ci sono anche editori che non accettano, per scelta, questo tipo di scambio; ma ci sono anche editori che si fanno pagare mesi di pubblicità, in parte in cash in parte in prodotti che poi andranno a rivendere. Come in tutte le cose, ci sono sempre gli estremi ma anche i giusti compromessi.
E' anche vero però, che lo scambio-merci ricopre una parte assai piccola delle quote destinate alla comunicazione: tante altre attività le devi fare a fronte di soldi cash, a volte troppi per il ritorno che possono dare.

Inserito da Filippo Ronco

il 23 settembre 2009 alle 09:43
#2
Cara Pam, le tue osservazioni sono esattamente l'altro modo di vedere la cosa, totalmente rispettabile e magari condivisibile da alcuni, dipende appunto dai punti di vista. Io sono tra gli editori e i venditori che non accettano questo tipo di compromesso e credo di farlo nell'interesse dell'intero comparto che per anni è stato svenduto, regalato, scambiato, tutto purché non venduto e valorizzato. Ma attenzione, il discorso (per me, è chiaro) vale anche al contrario, specie se la manifestazione è in fase di start up come dici tu. Pesa di più uno spazio regalato che un giornale in meno che parla di te, imho.

Ciao e grazie per il tuo commento.


Fil.

Inserito da Paolo Carlo Ghislandi

il 24 settembre 2009 alle 13:51
#3
Ciao Fil,

Io credo che ciascuno abbia le sue valide motivazioni per essere più, meno, totalmente o per niente d'accordo con lo scambio merce.

Personalmente dal mio punto di vista dipende sempre e solo dagli attori in gioco perchè senza lo scambio merce alcune realtà come la mia certe cose non se le sarebbe potute permettere.

Anche io ricevo proposte indecenti e le rifiuto, ma con i partner giusti e nelle giuste occasioni allora accetto perchè la reciproca convenienza è palese.

Non posso addentrarmi nelle tue scelte perchè non conosco il tuo settore così bene, tuttavia la tua presa di posizione mi fa pensare ( per deduzione logica ) che non sia un settore ben frequentato, dato che uno scambio merce sarebbe addirittura lesivo.

Al di là delle cose serie, a me piace sottolineare che adoro lo scambio merce soprattutto quando a fine fiera ci si scambiano bottiglie fra produttori.

Ti garantisco che non ho mai voluto sapere il prezzo di ciò che scambiavo e non mi interessa sapere se economicamente ci ho guadagnato o perso, ritengo che ciò che ci si guadagna vada ricercato oltre al valore economico.

Ciao
Paolo

Inserito da Filippo Ronco

il 24 settembre 2009 alle 14:11
#4
Quello è baratto e piace anche a me moltissimo. Qui stiamo parlando di una cosa diversa, dell'affossamento del core business di un settore per via di pratiche scellerate.

Inserito da Paolo Carlo Ghislandi

il 24 settembre 2009 alle 14:19
#5
@ Fil,
Si, in parte hai proprio ragione ( sul baratto )..

Ti sono solidale nel condannare l'usanza di regalare spazi web in cambio di inserzioni cartacee, ma bisogna anche saper attendere un cambiamento che volente o nolente è incominciato e non risparmierà neanche la conservatrice Italietta.

Allora ciò che tu stai facendo con serietà avrà un valore enorme rispetto ad oggi perchè sarà un mercato dinamicissimo al quale chi usa pratiche scellerate non si sta adeguando nel modo di porsi e quello non lo impari in due minuti.

Sullo scambio merce, rimango dell'idea che vada visto ed analizzato caso per caso.

Ciao
Paolo

Inserito da Filippo Ronco

il 24 settembre 2009 alle 14:22
#6
Certo, anche io nel post ho fatto l'esempio di uno scambio merce "alla pari" che può avere ragion d'essere. Io preferisco (anzi, non posso) regalare spazi in cambio di qualcosa che non siano soldi da redistribuire agli editori ma anche se ne avessi contrattualmente la possibilità, penso che non lo farei, per scelta. Preferisco barattare tutto il resto, anche la macchina, la moto, il vino, quello che vuoi purché non sia il mio lavoro.

Ciao, Fil.

Inserito da Filippo Ronco

il 24 settembre 2009 alle 14:23
#7
"io preferisco (anzi, non posso) regalare" manca un "non".
Ciao, Fil.

Inserito da Paolo Carlo Ghislandi

il 24 settembre 2009 alle 14:24
#8
Ok, questo è molto condivisibile !

Ciao
Paolo

Inserito da Beppe Giuliano

il 02 dicembre 2009 alle 17:38
#9
Caro Filippo, lo ammetto: ho fatto anch'io cambi merce. Ma non mi sento molto chiamato in causa dal tuo fuck off che però prendo come una provocazione utile per affrontare un tema che trovo sia fra le righe del tuo post e che merita attenzione: il rapporto che c'è; meglio, che non c'è; che ci potrebbe essere e che ci sarà fra on e off line, fra informazione cartacea tradizionale e quella innovativa via web. Al momento, diciamolo, siamo separati in casa: chi imbratta carta prova una certa qual repulsione al solo pensiero di giornalisti (talvolta) o apprendisti tali che riempiono
il web delle loro idee togliendo lettori agli strumenti tradizionali; chi sta sul web immagino guardi dall'alto in basso noi scribacchini, convinto che il futuro sia esclusivamente suo. Così facciamo poca strada.

Torno un momento alla ragione del post: l'industria editoriale è un pacchetto che mette assieme più fattori di produzione, alcuni a costi crescenti altri decrescenti, in un quadro di generale contrazione dei ricavi. Carta, stampa, distribuzione, giornalisti, inpgi ecc ecc: prendete i costi del vostro sito, o blog, e moltiplicatelo per mille e forse neppure ci andate vicino...

Se prendiamo i conti economici delle diverse testate, vediamo che la gestione caratteristica soffre e che tutti debbono inventare qualcos'altro:dai viaggi alle consulenze all'editoria conto terzi. Augurare alla carta stampata di chiudere non risolve però il problema: una parte del pubblico, anche evoluto, anche quello che sta sempre su internet, avrà sempre "bisogno di carta" perché alcune informazioni, alcune immagini, sensazioni, vanno toccate con mano.

Non è romanticismo, e nemmeno è l'ultimo barrito dei mammuth davanti all'estinzione. In questo quadro di "lacrime e sangue" partecipare alle fiere è un imperativo: non c'è altro modo per trovare i propri clienti ad un costo/contatto così contenuto. Partecipare è già una spesa: noi non possiamo far vedere il nostro prodotto su un portatile, noi dobbiamo consegnarlo a mano e organizzare un pacchetto di copie per i clienti costa in una fiera qualche migliaio di euro, che si aggiungono a tutto il resto. Con questo mercato pubblicitario, poi, il prezzo non lo fa più l'editore - nemmeno il Cor-Sera o Repubblica, figuriamoci la stampa di settore -: e secondo voi,
vendendo le nostre pagine recuperiamo le spese? Sapete quanto costa uno stand, anche il più piccolo, di una rassegna-must come Vinitaly?

Rassegnatevi: gli editori fanno due conti come il panettiere e si prendono il cambio-merce. Questo deprime il mercato pubblicitario? Davvero? Siamo così sicuri che ritrovate tutte queste rassegne come vostri clienti? Io non lo credo. Non c'è guadagno, è vero, ma almeno gli editori tradizionali non ci rimettono. Che oggi è già una conquista, credetemi. Allora, il rapporto carta/web.

La carta non scomparirà. Certamente avrà ancora anni duri e ci sarà una feroce selezione. Non ce lo nascondiamo e , in qualche caso, pure ce lo auguriamo. Ma il punto vero è come valorizzare il patrimonio di contenuti dei giornali in un'alleanza con gli editori sul web per sviluppare il mercato. Che esiste, c'è, e vuole prodotti seri. Un giornale si vede, si tocca, ha una struttura di costi fissi e questo presuppone un'organizzazione, ha una firma di un responsabile. Sul web molte di queste
cose non ci sono, con un deficit di responsabilità verso il lettore che a volte inquieta.

Sono convinto che carta e web, on e off line, assieme possono fare moltissimo: possono persino difendere quel diritto d'autore che è per molti colleghi fonte di onesto reddito e che oggi il web svilisce più di noi editori cartacei. Ci sono dei grandi contenuti in rete, così come sulla carta: la sfida è farli emergere dalla nicchia e imporli all'attenzione della stampa generalista che impatta sul largo pubblico. E dei nuovi media. Mandarsi affan... è d'effetto, ma non ci aiuta a crescere. Meglio provare a ragionare un po' e cercare quello che possiamo fare assieme. Partendo da quello che c'è e che, per merito tuo fra l'altro, è già un'ottima base.

Beppe Giuliano
Direttore ed editore di Euposia, La Rivista del Vino

Inserito da Filippo Ronco

il 02 dicembre 2009 alle 17:46
#10
Caro Beppe, grazie per il tuo commento.
Alcune note. Prima di tutto non credo che web e carta, con riferimento all'oggetto del post, stiano su piani diversi o che gli uni siano responsabili del danno procurato agli altri. Siamo tutti nella stessa identica barca. Se tu regali pubblicità in homepage perché Vinitaly - lo hai scritto tu - ti fa scambio merce con uno spazio (sfigato, questo lo dico io) in fiera, avrai fatto le tue considerazioni e scelte che io rispetto. Quello che ti dico è che facendo così ti precludi la possibilità che possa accadere anche solo in via ipotetica che un domani quello diventi un tuo inserzionista. Sa che ti ha in pugno con lo scambio merce. A te sta bene ? Va bene così.

Che poi questo atteggiamento sia più vivo tra gli editori di carta stampata rispetto a quelli web (e, ci tengo a precisarlo, ricevono le medesime querele e diffide come le vostre con molte meno tutele per altro), secondo me in parte è vero ma è più dovuto ad una situazione contingente, dal momento che da sempre avete avuto costi importanti da fronteggiare, da sempre avete dovuto trovare modi per coprirli (tra questi lo scambio merce).

Online è vero che ci sono meno costi ma ci sono anche meno guadagni. Hai notato come io per vivere e sostenere quello che faccio debba fare 4 lavori diversi ? Che poi abbia deciso di insistere solo con la rete è un mio pallino ma abbiamo tutti le nostre difficoltà.

Come hai giustamente rilevato, la mia era soprattutto una provocazione e come tale ha suscitato un buon dibattito. Come tuo solito hai ben reagito, in modo propositivo, vinix unplugged a terroirvino 2010 potrebbe essere una bella occasione per parlare di questo tema, ti propongo fin d'ora un intervento all'unconference.

Ciao, Fil.

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Laureato alla Facoltà di Giurisprudenza di Genova nel 2003, ho fatto pratica legale in uno studio per circa 2 anni ma non ho mai provato a dare...

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