Sarebbe andato bene anche un più polite: "Scambio merce ? No grazie" o "Non propormi lo scambio merce" ma mi occorreva un titolo adatto per poterci "mandare" qualcuno alla bisogna, voi capite.
Istantaneo e cristallino, mentre rispondevo ad un amico della Redazione di TigullioVino sorpreso di aver ricevuto una richiesta di scambio merce per la promozione di un evento, si è materializzato questo post. Che tipo di sistema è quello in base al quale una fiera o altro tipo di potenziale inserzionista di un editore (on o offline, non importa), ti offre uno scambio merce, pubblicità contro spazi angusti? Chi ci guadagna tra i due ? Davvero c'è chi crede che lo scambio merce possa rappresentare una strategia conveniente nel lungo periodo ?
Pensate ad una grande fiera, giusto per concentrarci su qualcosa di concreto. Al 99% (lasciamo il beneficio del dubbio), gli editori presenti sono lì grazie ad uno scambio merce: tu mi fai pubblicità gratis (per mesi) sulla rivista, in cambio io ti do uno spazio per un tempo limitato, in un loculo sfigato: una galleria del vento, spesso di fianco ai cessi, tra carte buttate a terra e hot dog puzzolenti. Ma anche fosse uno scambio decente, "alla pari" come può aver senso un sistema del genere ?
L'editore che regala lo spazio pubblicitario in cambio merce, perde l'introito primario con cui sostenere la propria attività a fronte di un vantaggio esiguo - quando è fortunato - e di breve durata, giocandosi per di più la possibilità di venderlo alla successiva occasione.
Il problema è serio perché il sistema è diffusissimo tra gli editori, specie tra gli editori tradizionali (offline) e distrugge il lavoro di chi opera in questo settore seriamente, un intero comparto. Finché posso ottenere una cosa gratis, non sarò certo così fesso da pagarla e se chi me la offre a pagamento mi dà un servizio migliore, pazienza, vorrà dire che mi accontenterò di un servizio peggiore. Lo capite, non funziona.
Vogliamo dare alla rivista uno spazio centrale a due piani in un padiglione di rilievo, magari a sua scelta o in posizione di massima visibilità ? Macché, lo "scambio" viene quasi sempre deciso a priori dal soggetto forte e spesso l'editore si fa tentare attirato dal vantaggio immediato (sperare di vendere qualche abbonamento, fare qualche contatto nel migliore dei casi).
Io nella vita tra le altre cose vendo pubblicità online per cui, è logico, l'andazzo mi disturba. Mi disturba perché mi faccio un mazzo così per far percepire il reale valore di un servizio fatto come si deve, mi disturba perché mentre molte riviste cartacee regalano online per vendere offline (già questo è paradossale che diamine! Fate il contrario al limite!), io mi sbatto limitando la pubblicità al display puro, evitando le commistioni con i contenuti, cercando inserzionisti dignitosi e creando soddisfazione - almeno lotto perchè ciò avvenga - per gli editori che si appoggiano alla mia attività.
Eppure assisto di continuo, quasi impotente, allo sgretolamento costante di questi sforzi da parte di chi non sa guardare più in là del proprio naso. Hanno già chiuso e chiuderanno molte riviste, questo è certo. Perderanno la vecchia visibilità le fiere, forse. A quel punto probabilmente si potrà lavorare in modo più serio.
Nel frattempo, dal back office, un caloroso fuck off allo scambio merce.
Laureato alla Facoltà di Giurisprudenza di Genova nel 2003, ho fatto pratica legale in uno studio per circa 2 anni ma non ho mai provato a dare...
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Inserito da Pamela Guerra
il 23 settembre 2009 alle 09:32questa volta non sono d'accordo con te.
Credo che il cambio-merci non sia un'attività così 'brutta' come emerge dal tuo post; vista così, l'editore relegato in un angolo infimo a fronte di mesi di pubblicità o redazionali, è proprio una brutta immagine.
Ci sono anche casi in cui l'editore, in cambio di un trafiletto di 1/20 di pagina, ha in cambio uno spazio eguale a quello degli altri espositori, similmente visibile e ugualmente valido.
Il cambio merci, deve essere visto come un investimento reciproco: l'editore, che rinuncia ad un incasso per farsi promozione, esattamente come l'organizzazione di evento fa la sua rinuncia: uno spazio 'scambiato' è pur sempre un mancato introito.
Ci sono manifestazioni che hanno bisogno di limitare le spese e gli investimenti perché sono in fase di start up o comunque in fase di consolidamento, momento in cui il rischio di impresa è in generale a carico dell'organizzazione, e di soldi cash ce ne sono pochi.
Tu vendi anche pubblicità on line, io invece cerco anche di massimizzare i ritorni degli investimenti in comunicazione; il cambio merci è una modalità di pagamento come un'altra.
La base fondamentale deve essere il reciproco scambio e il reciproco rispetto: io ti do in misura uguale a quello che mi dai tu. Se tu, editore, in questo momento non hai bisogno di investire in un evento promozionale, non sussistono le basi per lo scambio senza transazione di denaro; si passa allo step successivo: io ho bisogno di una certa cosa, tu me la puoi vendere.
Non avere transazione di moneta sonante non deve assolutamente significare la svalutazione di un prodotto/servizio.
Ci sono anche editori che non accettano, per scelta, questo tipo di scambio; ma ci sono anche editori che si fanno pagare mesi di pubblicità, in parte in cash in parte in prodotti che poi andranno a rivendere. Come in tutte le cose, ci sono sempre gli estremi ma anche i giusti compromessi.
E' anche vero però, che lo scambio-merci ricopre una parte assai piccola delle quote destinate alla comunicazione: tante altre attività le devi fare a fronte di soldi cash, a volte troppi per il ritorno che possono dare.