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To Facebook or not to Facebook?, di Filippo Ronco

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To Facebook or not to Facebook?

di Filippo Ronco

Alcuni giorni fa, David Rowan, direttore dell'edizione britannica di Wired, ha indicato i motivi alla base della sua decisione di non avere un account su Facebook. Il discorso è particolarmente incentrato sull'aspetto privacy però apre anche ad una serie di riflessioni più ampie che ben si intrecciano con le posizioni di Rupert Murdoch, convinto sostenitore dei contenuti a pagamento su Internet. In particolare mi piace ricordare questa frase di Rowan così come riassunta da questo articolo de Il Post:

"Un giorno leggerete quelle 5.830 parole (si riferisce alle policy di Facebook nei confronti di dati e contenuti in esso pubblicati) e vi accorgerete che Facebook detiene il diritto di fare più o meno ciò che vuole con i vostri dati, compreso venderli a chiunque paghi abbastanza. Sì, dice Rowan, Facebook è gratis, ma con mezzo miliardo di utenti che lo usano è ora di chiedersi quanto stia facendo bene o male alla società".


Non amo particolarmente Facebook e se fosse possibile farei a meno di investire ulteriore tempo anche su questa piattaforma, però avendo diverse attività che si sviluppano quasi esclusivamente in rete e sapendo che per molti che si avvicinano solo oggi alla rete questo sito rappresenta paradossalmente la rete stessa, sarebbe sciocco non prenderlo in considerazione. Se non altro porsi il dubbio.

E' così che ho cercato di superare ogni barriera psicologica personale ed ogni avversione aprendo una pagina dedicata per TigullioVino, per Vinix, per VinoClic, per TerroirVino e curando, con l'aiuto di qualche automatismo, anche un profilo personale piuttosto guarnito. Ed è per lo stesso motivo che ora sui nostri siti trovate anche il bottone di accesso allo spazio dedicato su Facebook. In fin dei conti, il ragionamento è il seguente: se molti lettori preferiscono leggerci su Facebook, che male c'è ad accontentarli? Nessuno, anche se qualche dubbio resta.


Il problema di Facebook non è la privacy


La privacy, così come largamente intesa non esiste più da un pezzo, ricordi: "La rete parla di te anche se non vuoi". Se non vuoi stare su facebook, puoi naturalmente decidere di non starci ma non escluderesti comunque la possibilità di essere citato, fotografato e pubblicato da parte di altri. E' proprio la società dell'informazione e della condivisione che funziona così, bella o brutta che sia.

Il problema vero di Facebook, quello con il quale secondo me dovrebbe iniziare a confrontarsi in modo consapevole ed autocritico anche il suo management è un altro e cioè che sta letteralmente fagocitando il web ad una velocità impressionante. Non è un'interazione - almeno apparentemente - più di superficie con i nostri contenuti come può essere quella di Google che si limita a richiamarli e ad organizzarli su richiesta. Qui si parla anche di produzione di contenuti, di persone, di vite che si intrecciano ad altre.

E' un circolo vizioso per il quale chi sta online sente la necessità di buttarsi dentro per non perdere quell'enorme fetta di audience che non naviga più il la rete - dico la rete così come largamente intesa da chi l'ha scoperta durante gli anni '90 - ma si limita a interagire con la timeline.

Stare su Facebook è un bene? E' un male?
Lo scopriremo. In linea di massima sono sempre stato favorevole alla completa condivisione. Le strade però possono essere differenti. Vinix per esempio è stato integralmente sottoposto a licenza creative commons, tanto che tutto quello che pubblichi lì sopra è poi liberamente utilizzabile da chiunque nel rispetto delle prescrizioni della licenza (citazione dell'autore e della fonte).

Il punto è che chi svolge un lavoro editoriale, chi ha una struttura da tenere in piedi, chi deve pagare giornalisti o editori per la produzione di contenuti di qualità ha anche da perderci. E' vero che da un lato Facebook è in grado di restituire un traffico importante verso le proprie pagine, le statistiche lo mettono sempre più in evidenza arrivando ad affiancarlo a Google nella serie dei maggiori referer. Ma fino a quando? Non si rischia che un domani Facebook diventi veramente la parte più consistente della rete e tutto quel meraviglioso caleidoscopio di siti, blog, social network e mondi diversi, fagocitati al suo interno, perdano ogni controllo o influenza sulla propria audience?

Forse l'errore sta nel considerare Facebook un sito antagonista anziché una moltitudine di persone e basta. Vedendolo così la prospettiva cambierebbe non poco. Il timore più grande deriva dallo sconfinato amore per la rete e corrisponde alla paura che si vada verso qualcosa con meno identità individuali.

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21 Commenti

Inserito da Rinaldo Marcaccio

il 22 settembre 2010 alle 17:08
#1
In chiusura post trovo la chiave di lettura. Face è la piazza. Quindi luogo d’incontro di domanda ed offerta: d’informazione, condivisione, critica, prodotti, presa di coscienza, gioco, ecc..
A disposizione di chi voglia attingere.
Le problematiche legate alla privacy, credo siano sovrastate dalla pulsione alla partecipazione e condivisione, presente nella parte di utenza che identifica proprio in ciò, la ratio della sua presenza nel socialnetwork. Facendo passare in secondo piano anche eventuali speculazioni economiche su contenuti.
Credo che si possa riuscire ad intercettare, attraverso i contenuti, le fasce d’utenza interessate e quelle latenti ma in attesa di un input.

Inserito da Pamela Guerra

il 23 settembre 2010 alle 08:56
#2
Buongiorno,
Sorvolo a piè pari il discorso sulla privacy perché, per la stessa natura del web, qualunque contenuto, una volta riversato in rete, non è più controllabile. Io posso anche decidere di non fare chek-in in un luogo, ma nessuno vieta ad altri di farlo magari caricando una foto dove ci sono anch'io.

Come utente, non ho mai apprezzato FaceBook; è un enorme spazio dove migliaia di persone, più o meno relazionate tra loro, si ritrovano. Un'enorme Babele chiassosa frequentata da persone chiassose che, anziché farsi notare per valore, ci provano urlando, intasando bacheche e caselle mail di 'fuffa'. Questo chiasso crea quel rumore di fondo che copre le voci e i contenuti interessanti, e per giunta infastidisce chi passa di lì. Sì perché non puoi pensare di fare una bella conversazione, interessante e significativa in una discoteca; e allora prendi e ti sposti altrove, in luoghi più appartati e più consoni (il traffico di cui parla Filippo).
Non è neanche una comunità perché nelle comunità le persone ci si ritrovano per affinità di interessi, non importa quali siano; su FaceBook non c'è un interesse comune che lega le persone.
FaceBook è però un potente mezzo di comunicazione 'di massa': scrivi qualcosa, sparando nel mucchio e sicuramente ( fosse solo grazie alla statistica) qualcuno lo becchi: e così si ritorna al modello dei 'vecchi' media. Brutalmente, vado su FaceBook per trovare più persone possibili per fargli fare un qualcosa ( quel qualcosa che voglio io): andare su un altro sito, acquistare un prodotto, affittargli un appartamento. Dal momento che la sera le persone non stanno più sul divano a guardarsi la Tv ( sorbendosi la pubblicità) ma stanno su FaceBook, la reclame non serve più: faccio sapere che esisto, ed esistono i miei prodotti, attraverso quel canale. Ovvero FB, da spazio, si trasforma in strumento.
Quindi, in termini di business, FaceBook è sicuramente uno spazio da frequentare e uno strumento da utilizzare; dotarsi di una buona strategia e avere ben chiari gli obiettivi, permette di sfruttarne al meglio le potenzialità.

Una cosa che mi sconforta è che in tanti confondono la rete con FaceBook: Fb è solo una parte (grande ma non la totalità) della rete.
Scimmiotta quello che è il vero senso della rete: condivisione, economia del dono, relazioni e tanto altro.

Pamela

Inserito da Luca Risso

il 23 settembre 2010 alle 11:46
#3
@éam
IMHO sbagli, la tua comunità è fatta dalle persone che scegli. Se scegli persone omogenee (ad es. mondo vino) non c'è problema. Così come su Linkedin la (mia) comunità riguarda la professione.
Sono gli incroci che effettivamente non funzionano, come postare su FB o Linkedin i post nati su twitter, non ha senso alcuno.
Luk

Inserito da Filippo Ronco

il 23 settembre 2010 alle 12:05
#4
Che ci siano comunità anche su Facebook sono d'accordo. Però sulla questione dei tweet su linkedin meno. A meno di considerare linkedin un luogo estremamente formale all'interno del quale è possibile solo parlare di lavoro in modo altrettanto formale, credo che i nostri tweet raccontino noi stessi, nel bene e nel male e possano essere comunque un veicolo interessante di conoscenza della persona, alternativo alle solite procedure, magari utile in alcuni casi.

Fil.

Inserito da Luca Risso

il 23 settembre 2010 alle 12:12
#5
Non è quello. Un post scritto per TW è diverso per filosofia, modalità di scrittura ecc, e si capisce. messo su FB o LI ci sa come i cavoli a merenda.

Luk

Inserito da Filippo Ronco

il 23 settembre 2010 alle 12:20
#6
Ma su twitter non si scrivono post. Solo piccole frasi. Non è equivalente come utilizzo alla status bar di facebook? Non ne vedo la differenza.

Fil.

Inserito da Luca Risso

il 23 settembre 2010 alle 13:44
#7
No, almeno secondo me.
Luk

Inserito da Maria Grazia Melegari

il 23 settembre 2010 alle 15:40
#8
Quoto interamente quanto scritto da Pamela. Non ho mai voluto entrare om Facebook perchè è una piazza eccessivamente aperta per i miei gusti. Troppi contenuti sparati a caso. Certo, come dice Luca si può filtrare, ma trovo più producente per il mio tipo di approccio il breve Tweet. Ho già il blog da seguire e già occupo molto tempo tra PC e I phone. Facebook non ci sta nella mia mentalità e nel mio tempo.
Inotre quoto Filippo su TW vome veicolo di conoscenza che è leggero, immediato, più adatto a creare una rete di persone che condividono i tuoi interessi.

Inserito da Filippo Ronco

il 23 settembre 2010 alle 16:02
#9
Luca, mi spieghi la differenza tra la status bar di facebook e un tweet, mi interessa.
Fil.

Inserito da Luca Risso

il 23 settembre 2010 alle 16:28
#10
@Filippo

Io a twitter non riesco a stare dietro. Non vivo davanti al monitor e collegandomi a spot non riesco proprio (limite mio) a seguire il filo di una tweet-discussione. Non ho nemmeno uno smartphone che mi sembra di gran lunga il modo migliore per seguire e twittare. Mi infastidisce di brutto poi la frasetta del tipo "Guarda che bello+tinyurl", la reputo non troppo diversa dallo spam. In FB se metti un link vedi anche un pochino di cosa si tratta, hai qualche immagine, insomma ti fai una idea senza che qualcuno ti butti lì una frase-senza-senso+tinyurl.

Ma la vera sostanziale differenza è che qualunque cosa metti su FB è commentabile, e come tu mi insegni mi sembra molto importante e dirimente. E' una cosa un po' diversa da un RT, che poi mi mancano le parole e devo fare i salti mortali con i prkè tvtb.
Infine io ho una vecchia formazione usenet e per me il crosspost è sempre da evitare, anche se c'è il tool apposito.

Luk

Inserito da Filippo Ronco

il 23 settembre 2010 alle 16:39
#11
Ecco così è più chiaro.
Quindi, tu la differenza la vedi dopo la pubblicazione, nelle possibilità ulteriori. Bè, per questo ci sarebbe FriendFeed che non è niente male tecnicamente ma è molto poco frequentato quindi non vale la pena investirci tempo.

Per me la ragione di preferenza verso twitter è proprio la medesima che tu ravvisi in facebook e cioè la semplicità di utilizzo. Intendiamoci, per alcune cose Facebook è fantastico ma come tutte le cose grandi, diventa molto difficile e dispersivo starci dietro. Quel limite dei 140 caratteri di twitter (che poi è ampiamente bypassabile) è secondo me la sua più grande forza. Non ho mai abbreviato con stile sms ma mi sono sempre sforzato per trovare la miglior sintesi. Va precisato che ho radicalmente cambiato il mio parere su twitter dopo aver installato tweetdeck. Senza lo trovo anche io impossibile da seguire ma con è semplicemente perfetto (per me).

In ogni caso, più che una disamina delle varie piattaforme, qui mi piaceva soffermarmi su Facebook e sul senso che un sito di queste dimensioni, con un'utenza di queste proporzioni riveste nel concetto generale di rete. E' ancora definibile banalmente come sito o social network, ha ancora una sua identità? Voglio dire è Facebook? Oppure ormai le storie e le vite che lo animano travalicano completamente questa definizione restrittiva?


Fil.


Fil.

Inserito da Luca Risso

il 23 settembre 2010 alle 16:57
#12
Scusa Filippo, ma è così importante? Fosse anche una rappresentazione un po' cool dell'intera rete?
Tu dici "E' vero che da un lato Facebook è in grado di restituire un traffico importante verso le proprie pagine, le statistiche lo mettono sempre più in evidenza arrivando ad affiancarlo a Google nella serie dei maggiori referer" bene, fino a che è così usiamolo. Hai paura di una grandefratellizzazione di Zuckemberg? Non credo ci sia questo rischio. Tutto passa e va, alla fine.
Luk

Inserito da Pamela Guerra

il 23 settembre 2010 alle 22:08
#13
Ciao,

rileggendo i vostri commenti, mi è tornata in mente l'insiemistica...
FaceBook è un sottoinsieme della rete, e come tale ne ha alcune caratteristiche ma non tutte; analogamente Twitter, o gli altri SN.
Se FaceBook dovesse mai allargarsi e diventare grande tanto quanto la rete, non sarebbe mai, per definizione, uguale all'originale: avrebbe comunque caratteristiche diverse.
Se Google fosse riuscita (o riuscisse) a sviluppare tutte le apps che aveva in testa (wave, buzz, etc) non avrebbe niente di diverso da quello che è FB oggi, ma sarebbe un sistema molto più grande e quasi onnicomprensivo.
Capire come sta evolvendo FB (ma anche la rete) diventa utile sia in termini sociali che in termini di business; un conto è rivolgersi ai facebookiani perché loro rappresentano uno spaccato (grande) di società 2.0 che vive prevalentemente lì; un altro conto è rivolgersi ad una nicchia (il FB dei vecchi tempi, sempre per estremizzare).
Come professionista diventa importante capire questa cosa; come utente, lo è fino ad un certo punto.

Andando un po' fuori tema, sono d'accordo con te che Twitter è abbastanza dispersivo se non lo segui sistematicamente; non si può, a distanza anche solo di qualche mezz'ora, riprendere il filo di un discorso. FF per me è il top, per l'ordine garantito alle conversazioni; purtroppo è stato acquistato da FB ( per inglobare la tecnologia della piattaforma, si dice) e da allora non è stato più sviluppato. Twitter deve il suo grande successo allo sviluppo delle apps a lui dedicate che hanno permesso una gestione più organica di contatti e contenuti.

Come Luca, anch'io credo che FaceBook e Twitter abbiamo funzioni diverse e il crosspost sia attività da usare con moderazione ( questione di pubblici diversi!); trovo Twitter più adatto al 'lancio' di contenuti ( status, contenuto, link) che inducano ad approfondire altrove ( FB, blog, SN, etc).

Pamela

Inserito da Filippo Ronco

il 24 settembre 2010 alle 00:52
#14
@Luca

Visto che io parlo ma poi tento comunque di applicarmi, intanto mi pare di aver capito che scrivere nella status di facebook anziché nelle note è meglio dal punto di vista tecnico perché vai a finire nella timeline in modo integrale e non spezzato (sempre che tu non abbia inserito poemi). Questo significa che, almeno dal mio profilo personale, toglierò i feed e segnalerò attraverso la status solo le cose di reale interesse ottenendo 2 risultati:

a) non spreco il lavoro fatto altrove
b) aumento la possibilità di relazioni e contatti finendo in timeline con pensieri completi e non con rimandi


@Pam

Per me twitter è qualcosa che ha molto a che fare con la relazione diretta. Per dire, l'altro giorno ho scambiato due tweet con il co-fondatore di foursquare. Probabilmente su facebook non mi avrebbe preso in considerazione. Ma è una mia idea. Proprio per questa attitudine di twitter però, credo che non sia solo segnalazioni ma anche attraverso la partecipazione a conversazioni, sia pur frammentate, commenti, battute, dia uno spaccato di te al resto del mondo e consenta di conoscerti. Consente di farlo proprio perché è fulmineo e consente un approccio forzatamente veloce. Ecco, mentre scrivo mi verrebbe da dire che twitter è uno strumento che da il meglio di sé non nell'istantaneità, nel momento, ma sul lungo periodo quando la mole enorme di microframmenti inizia a comporre un mosaico di te abbastanza completo.


Fil.

Inserito da Luca Risso

il 24 settembre 2010 alle 07:10
#15
Boh, nono lo nego.

Io il 90% delle volte che leggo un tweet non capisco proprio cosa voglia dire l'autore o a cosa si riferisca, se non cerco macchinosamente i 2-3 tweet precedenti (che magari retwittano altri tweet) o non apro il link, che magari è un link a ff, e allora lascio perdere, non mi interessa più

Luk

Inserito da Luca Risso

il 24 settembre 2010 alle 09:34
#16
Ecco un tipico esempio di "non sense" su FB, letto ora:

" ‎#dolcetto #harvest2010 #wine #nizzamonferrato #vineyards http://yfrog.com/2mkioyj"

Da Moro di Nizza.

Secondo me è pure controproducente.

Luk

Inserito da Filippo Ronco

il 24 settembre 2010 alle 11:29
#17
Allora, siccome siamo qui tutti per imparare, proviamo a capire che cosa vuol dire questo tweet di Gianluca Morino, produttore di vini a Nizza Monferrato. Ci accorgeremo come questo apparente geroglifico, una volta entrati un minimo nel network, contiene diverse informazioni e provoca, una volta pubblicato, una serie di effetti:

#dolcetto #harvest2010 #wine #nizzamonferrato #vineyards http://yfrog.com/2mkioyj

Le prime parole che vediamo precedute dal simbolo "#" altro non sono che tag, etichette o, per usare un termine più tecnico legato a twitter, hashtag, appunto dal simbolo con il quale tradizionalmente su twitter si fanno precedere i tag. I tag, lo sappiamo, sono parole con le quali si cerca di definire il senso di un contenuto, eventualmente integrandolo ed espandendolo rispetto al significato base.

In questo caso specifico abbiamo queste parole: "dolcetto", "harvest2010", "wine", "nizzamonferrato" (i tag si scrivono sempre senza spazi), "vineyards" e poi un link. Partiamo dal link. Sempre avendo una certa dimestichezza con twitter, si sa che spesso i link vengono automaticamente abbreviati attraverso appositi servizi di "url shortening", alcuni di questi servizi di abbreviazione dei link si occupano esclusivamente di accorciare un link (es. tynyurl, bitly, ecc.) altri di questi servizi, sono associati a piattaforme che sono sorte al fianco di twitter, per esempio collezionando ed archiviando video o foto pubblicate su twitter. Tra i più noti, proprio yfrog (che è la parola che vediamo precedere l'url abbreviato contennuto nel tweet dell'esempio), twitpic, pixli, ecc..

Va da se quindi che dando un occhio veloce al tweet con un minimo di esperienza sul network, mi accorgo che si tratta di una fotografia. Il contenuto della stessa me lo spiegano i tag, pardon, gli hashtag: si tratta di una foto relativa al mondo del vino, in particolare a vigneti di dolcetto a nizza monferrato. Mi interessa? Non mi interessa? Il tweet è breve, ti consente di deciderlo in poche frazioni di secondo, potrai aprirlo oppure andare oltre.

Ma torniamo ai tag.
Questo tweet è didattico perché ci consente di vedere cosa succede utilizzando i tag su twitter. L'effetto immediato e diretto è relativo alla qualificazione del contenuto a cui rimanda il link, cioè una foto. Però c'è di più. Se per esempio uso un client come tweetdeck, che mi consente di creare colonne specifiche per ogni tipo di ricerca di interesse particolare, potrò per esempio avere una colonna destinata a segnalarmi tutti i tweet che parlando di dolcetto, taggati quindi con #dolcetto.

Questo significa che tutti coloro che stanno seguendo quella particolare parola, sia tramite colonna apposita su tweedeck, sia tramite riceerche specifiche su twitter, riceveranno anche questa foto. Interessa, non interessa... decideranno le persone, direttamente. Quel che è certo è che l'effetto ulteriore, per qualcuno che abbia trovato interessante il tweet, potrebbe essere quello di vedere chi lo ha pubblicato guardandone il profilo (con tweetdeck o su twitter direttamente) e scoprire che si tratta di un produttore di nizzamonferrato che si chiama Gianluca Morino e che conduce un'azienda che si chiama Cascina Garitina.

Da qui, potrebbe poi partire anche una relazione tra le due persone. E chissà cos'altro. Tutto da questi 140 caratteri di "non sense". :-) Per questo amo twitter.


Fil.

Inserito da Luca Risso

il 24 settembre 2010 alle 11:41
#18
Fiiiiiillll!!!
E' apparso su Facebook con il crosspost. Chi non è un Twitter adepto e lo legge su FB non ci capisce niente e magari ti manda anche a quel paese!!
Luk

Inserito da Luca Risso

il 24 settembre 2010 alle 11:43
#19
Quello che intendevo dire è che quelo post che va venissimo su twitter, se lo vuoi mettere su Facebook devi tradurlo; non è ovvio?
Luk

Inserito da Filippo Ronco

il 24 settembre 2010 alle 11:51
#20
Scusami, pensavo lo dessi come non sense su twitter. Si secondo me importare i tweet su facebook non ha alcun senso, tanto che io non lo faccio.

Fil.

Inserito da Pamela Guerra

il 24 settembre 2010 alle 12:12
#21
Ciao,
tweet esemplificativo, appunto, del fatto che ogni ogni strumento ha il suo manuale di istruzioni/funzioni e che il crosspost non è sempre una scelta giusta.

@Fil, concentrandomi solo sul contenuto e il suo 'destinatario' avevo tralasciato l'importantissima funzione di Twitter di fare network: le persone non sono più distanti, ed è quindi enormemente più facile mettersi in contatto e conoscersi.

Pamela

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Laureato alla Facoltà di Giurisprudenza di Genova nel 2003, ho fatto pratica legale in uno studio per circa 2 anni ma non ho mai provato a dare...

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