Stavo leggendo questo post di Fabio Ingrosso sulla crisi dell'editoria tradizionale e il piccolo commento che stavo lasciando è sfociato in alcune riflessioni più ampie che mi sembrava valesse la pena condividere anche qui su Back Office. Non so se siamo davvero alla vigilia della fine dell'editoria cartacea, almeno di quella parte di editoria tradizionale legata all'informazione di nicchia ma i segnali provenienti da più parti del mondo non sono per nulla incoraggianti in questo senso e ci sono alcune considerazioni che vorrei fare.
La prima è che ho notato che spesso chi viene dall'editoria tradizionale tende a mutuare alcuni, diciamo così, sistemi di sopravvivenza, dal cartaceo all'online. Mi riferisco in particolare agli articoli promo pubblicitari o alle recensioni a pagamento che in nulla differiscono dai pubbli-redazionali se non che spesso non sono nemmeno chiaramente identificati come tali.
Queste pratiche così tanto in voga su alcuni giornali cartacei di settore, sono pressoché sconosciute agli editori digitali "puri", almeno a quelli che sono nati e cresciuti online tra la fine degli anni '90 e l'inizio del nuovo millennio e che hanno ben chiari i vantaggi ma anche i limiti e le regole - scritte e non scritte - dell'informazione "condivisa" dove tutti possono commentare. La differenza di approccio mi pare evidente oltre che sostanziale.
Occorrerà allora verificare se per gli editori tradizionali e magari meno preparati sull'online sarà sufficiente il solo spostamento dal cartaceo al web o si renderà piuttosto necessario un periodo di apprendimento del sistema, dei valori e delle regole che contraddistinguono questo luogo, così diverso per certi versi rispetto al loro schema mentale tipico. Scrivevo a tal proposito in un post di qualche tempo fa che internet azzera le rendite di posizione, ed è inflessibile e molto democratico in questo, davvero, non fa eccezioni. A tal proposito, non basterà spostare un marchio noto su internet per guadagnare visibilità, reputazione e traffico. Occorrerà meritarsela, il che è sempre un tantino più faticoso.
Quel che è certo è che anche per l'editoria online - nuova o della prima ora, non fa differenza - almeno per coloro che aspirano a fare informazione ad un certo livello, è indispensabile individuare un concreto modello di business. Gli scenari possibili secondo me sono questi:
1) Il consolidamento del modello pubblicitario
Al travaso degli inserzionisti dall'offline all'online dovrebbe far seguito il travaso degli investimenti, certo. Almeno, è logico pensarlo. Essendo però questi investimenti comunque non illimitati e quindi inadeguati a sostenere qualsiasi attività editoriale, anche la più piccola - ricordiamoci che il web è anche un contenitore potenzialmente infinito di micro e macro editori - si verificherà probabilmente una selezione naturale di ciò che meriterà e di ciò che no, indipendentemente dalle vecchie metriche ma più probabilmente sulla base di nuovi e più rilevanti dati, quali la reputazione, la rilevanza, la qualità e la selezione delle fonti, il livello di accuratezza dell'informazione, la frequenza di aggiornamento, ecc.
2) Il consolidamento e l'introduzione di nuovi modelli ibridi
Si troveranno nuovi e diversi modelli di business, magari mutuati dai primi esperimenti con le microvendite di musica digitale applicate all'informazione o altri più consoni all'editoria digitale. E' possibile che si tratti di modelli ibridi basati in parte sulla pubblicità e in parte sulla vendita dei contenuti, potrebbe trattarsi di nuove forme di abbonamento o altri sistemi che via via emergeranno sicuramente nei prossimi anni.
3) Modello a pagamento
Potrebbe però accadere ciò che fino a ieri è stato sempre prospettato come impossibile e cioè, internet a pagamento o almeno, una parte di esso, condotta in modo professionale. Non è così improbabile se ci pensate. Questo cambio radicale di impostazione potrebbe infatti essere agevolato da due fattori a mio avviso determinanti:
a) il primo è il bisogno concreto da parte della massa di continuare a poter usufruire di fonti d'informazione attendibili, aggiornate e possibilmente indipendenti che non potranno che decadere e perdere di valore ed attendibilità senza alcun tipo di sostegno economico per finanziarne lo sviluppo. In buona sostanza, anche per via del fattore "tempo" (c'è paradossalmente sempre meno tempo per fare cose), la disponibilità di alcuni "punti di riferimento" secondo me sarà sempre più essenziale e tali editori per essere appunto "riferimento", necessiteranno di un modello economico sostenibile.
b) Il secondo è rappresentato dal fatto che i tempi sono probabilmente oggi molto più maturi per una trasformazione di questo tipo e ciò anche grazie ad un sempre più capillare e penetrante utilizzo della rete da parte delle masse.
Proprio le masse - quelle di ieri, ma anche quelle di domani, i c.d. nativi digitali - saranno infatti molto più disposte a pagare online piuttosto che chi ha vissuto la nascita e l'esplosione della rete da pioniere. I cinquantenni di oggi o i neonati di domani - ammesso che il modello a pagamento abbia nel frattempo raggiunto una certa diffusione - troveranno molto più normale usufruire di qualcosa a pagamento: i primi perchè lo hanno sempre fatto, offline, per tutta la vita e non troverebbero certo strano doverlo fare anche online, i secondi perché appunto nasceranno con un modello nuovo già implementato e diffuso al quale non potranno far altro che adeguarsi.
Paradossalmente, quelli che avranno più difficoltà ad integrarsi a questo eventuale passaggio potrebbero essere proprio coloro che hanno vissuto tutto il processo, dalla nascita della rete ad oggi. Siamo infatti quelli che hanno usufruito di quel meraviglioso quanto accidentato periodo pioneristico e di esplorazione dove il gratis ha sempre rappresentato non solo la condicio sine qua non dell'operare in rete ma anche e soprattutto la merce base di scambio per l'attenzione del navigatore.
A me pare che, timidamente, le cose stiano lentamente cambiando e che questo cambiamento possa poggiare oggi su basi molto più solide rispetto a quelle che facevano da cornice alla bolla di inizio millennio. Non avendo la palla di vetro, resto anch'io a guardare l'evoluzione delle cose, sempre curioso, qui dal Back Office, di quel che avviene lì fuori.
Laureato alla Facoltà di Giurisprudenza di Genova nel 2003, ho fatto pratica legale in uno studio per circa 2 anni ma non ho mai provato a dare...
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Inserito da Fabio Ingrosso
il 12 dicembre 2009 alle 15:31