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Viaggi enogastronomici

Sirena d'Oro N. 8 - I dolci di Cafiero e le cinquine (Terza Parte)

di Luigi Bellucci

MappaArticolo georeferenziato

Antonio Cafiero

Con alcune borse piene dei limoni che il capitano ci ha voluto far raccogliere torniamo pian piano sulla strada statale dove il bus ci sta aspettando.
Risaliamo verso il centro di Sorrento e scendiamo in piazza per prendere Corso Italia fino al numero 142. Un ingresso modesto vi immette in un locale lungo e stretto con un grosso banco da gelati sulla sinistra e una cassa sulla destra, come ce ne possono essere migliaia in Italia. Ma questa non è una gelateria come le altre. Basta annusare l’aria entrando e vi sentite immersi in profumi di freschezza e di prodotti eccellenti e poi se vi guardate attorno vedete sulle pareti centinaia di fotografie di personaggi più o meno famosi. E se non avete premura scendete i pochi scalini che vi portano nella saletta di sotto, più intima, con una decina di tavolini e sedie comode dove potete trascorrere una mezz’oretta ad assaggiare le delizie che Antonio prepara di sopra nel suo laboratorio. Anche qui si sprecano le foto attaccate alle bacheche sulle pareti.

Vedi anche: Sirena d’Oro N. 8 – Selezione Finale Oli DOP (Prima Parte)

Vedi anche: Sirena d’Oro N. 8 – Ancora fruttati e Regina Giovanna (Seconda Parte)

Vedi anche: Sirena d’Oro N. 8 – Il DOP e la Ferrari (Quarta Parte)

Per noi un ampio vassoio di calde sfogliatelle sorrentine, diverse dalle classiche, ci spiega Antonio, perché nell’impasto si aggiunge alla ricotta una profumata crema all’arancio o al limone. Le ha fatte da poco e ce le propone accompagnate da un bicchierino di caffé alla nocciola, un’altra delle sue specialità. Divertente il bicchierino che alla fine ti puoi mordicchiare perché è fatto da una cialda di wafer croccante rivestita da un leggero strato di cioccolata al latte, deliziosa.
Terminato l’aperitivo si risale in bus per tornare all’Hilton per il pranzo.
Oggi gnocchi alla sorrentina, con pomodoro fresco, poi salsicce alla griglia con patate al forno e verdure cotte leggermente amarognole e infine sfogliatelle guarnite con un ciuffo di panna e mezza fragola.
Alla fine del pranzo Mario legge un pezzo dei suoi che aveva scritto qualche anno fa quando aveva frequentato il “civifruce”, una scuola per assaggiatori molto importante per la sua formazione di base. Intensi e simpatici i ritratti che emergono dalle righe e delineano personaggi che quasi ti sembra di averli davanti, con le loro caratteristiche individuali e tradizionali socio-geografiche.
Per restare in tema di assaggiatori continua Gaetano leggendo un bellissimo pezzo di Piero Chiara che ci trasporta a fianco del Brovelli, sul Lago, a sentire gli odori “caldi” che scendono dalla Svizzera e dalle sue valli, quello del pane, e poi le vacche, il tabacco, per finire con l’odore della donna che gli fa dire “Ti sento, Giuditta”.
Nel pomeriggio mi godo finalmente lo spettacolo del Golfo con la punta del Vesuvio che stavolta emerge e sprofonda alternativamente dal mare di nubi bianco che sale e scende all’orizzonte sopra le case della città di Napoli e dei centri ai suoi fianchi.
La cena alla sera prevede un buon risotto alla zucca, poi una frittura di calamari con insalata mista e profiteroles al cioccolato. Il vino è quello di Mario, un uvaggio di Sangiovese, poco Canaiolo, pochissimo Merlot e un quinto circa di un mix di vitigni autoctoni del territorio sopra Sarzana. Il vino ha un bellissimo colore rubino pieno, al naso si avverte una buona complessità con una nota fruttata matura di tonalità tra il vegetale e lo speziato. In bocca presenta una grande freschezza per acidità e un bel corpo, sostenuto da un elevato tenore alcolico e una lunga persistenza finale della nota fruttata che ricorda i frutti di bosco e la prugna matura.
Dopo la cena ancora una investitura nel club della cravatta con la cerimonia in onore del Presidente, rientrato proprio stasera dall’Abruzzo.

Giovedì 25 Febbraio 2010

La selezione delle cinquine migliori

Le giornate precedenti ci hanno impegnato nella scrematura dei 59 campioni che hanno raggiunto la finale e la selezione dei migliori cinque oli di ogni serie: fruttato leggero, fruttato medio e fruttato intenso. Stamattina tocca mettere in fila i cinque oli di ogni serie e scegliere i migliori dal punto di vista dell’armonia complessiva. Dunque grande concentrazione della giuria e un lento procedere nel riassaggio dei campioni per valutare attentamente le caratteristiche del fruttato olfattivo, di quello gustativo e dell’armonia complessiva finale per attribuire i punteggi finali secondo i quali saranno assegnati i premi dal primo al quinto.
Si inizia come al solito alle nove. La prima serie è quella dei fruttati leggeri, delicati ma ampi. Sono piccole le sfumature tra l’uno e l’altro. Altrettanto per la seconda serie di cinque, dei fruttati medi. Difficile che si sia tutti concordi, ma sembra comune una sensibilità verso gli oli più armonici e il giudizio del panel sarà senz’altro il più sincero e corretto.
Alla fine i cinque a fruttato intenso, uno dei quali mi strappa il voto più alto di queste giornate, un 99 su 100 del tutto meritato per la ricchezza e la complessità aromatica e per l’equilibrio, la pienezza, l’armonia e l’eleganza che offre alla fase gustativa. Davvero un grande olio.
Si finisce poco prima del tocco e decido di fare due passi verso la Marina Grande di Sorrento invece di fermarmi a pranzo in albergo.
Si scende dai vicoli stretti sempre dritto verso il mare fino al Bellevue Sirena, l’hotel più chic e più bello di quelli sulla costa. Poi si prosegue lungo una scalinata a gradini lunghi, una sessantina, e si arriva al mare della Marina Grande, proprio sotto una grande nicchia con la statua della Madonna sempre illuminata da un bordo di lampadine accese, giorno e notte.
Grassi e petulanti gabbiani svolazzano tra le barche a riposo e i moli sul mare dove attraccano d’estate i traghetti da Napoli e da Capri.
Ero sceso con in mente il borgo di Boccadasse. Questa Marina è molto più ampia di quello ma c’è un’accozzaglia di palazzi brutti e sconclusionati, costruiti forse negli anni 60 e 70, tra la spiaggia e lo sbocco della strada che arriva da sopra. Avevo ancora negli occhi l’insegna di Ostricaro Fisico del film con la Loren e De Sica dell’altro ieri sera e mi aspettavo qualcosa di simile, ma mi sembra di essere su un altro pianeta. In fondo alla Marina stanno rifacendo un appartamento al terzo piano. Oltre quello l’ultimo albergo chiuso e una scalinata che risale verso l’alto addossata al monte. Passa un pescatore con due canne in mano e lo seguo, sicuro di arrivare in cima, sulla strada che passa in alto verso il bagno Regina Giovanna. Il pescatore va veloce ma non mi interessa seguire il suo passo. Continuo una rampa dietro l’altra tra sciami di moscerini che salgono dalle foglie umide che stanno marcendo calpestate lungo la scalinata. Qualche fiore, la vista del mare dall’alto, il cinguettio degli uccellini sugli alberi della costa e ancora scalini e ancora ringhiere scrostate. Sono quasi in cima, senza fiatone e ho la sensazione di una scalinata di quattro – cinque piani di un palazzo, ma ecco che all’improvviso mi trovo davanti un cancello di ferro, chiuso. Provo a spingerlo ma non si muove. Il pescatore non c’è più. Evidentemente aveva la chiave e lo ha richiuso. Pazienza.
Non ho altra scelta che ridiscendere fino alla marina. Per distrarmi decido di contare in discesa gli scalini che ho salito. Quando arrivo dove gli operai fanno salire i secchi di sabbia e cemento ho contato duecentoquarantuno scalini. Sono stato proprio temerario ad arrampicarmi per quasi quaranta metri di strapiombo!
Ripercorro al ritorno gli stessi sentieri. Compro un frutto nell’unico negozietto aperto sulla Marina. Sono circa le due e la signora sta pranzando nella stanza a fianco del negozio ma è gentilissima e mi viene a servire. Rivivo la vera ospitalità napoletana e risalgo con la mia busta e l’odore del ragù che esce dalla cucina della fruttivendola.
La salita mi ha messo appetito così entro da Tonino Cafiero e mi delizio con una fetta di torta al bacio e un bel caffé forte e profumato. La torta è talmente concentrata che sembra un torrone di cioccolata ricoperto di nocciole. È strepitosa. Quando esco mi concedo ancora un cono con caffé e nocciola, che pizzico con le labbra e accarezzo con la lingua mentre passeggio lungo Corso Italia verso la piazza e oltre, fino alla stazione della Circumvesuviana.

La cena al Buco

Rientro in hotel per una doccia rilassante e mi preparo per la cena. Stasera si va tutti in centro in questo ristorante vicino al Teatro Tasso. Scendiamo in gruppo a piedi, una passeggiata di un quarto d’ora, piacevole, per i vicoli del centro storico, tra botteghe ormai chiuse e palazzi barocchi e chiostri alti e maestosi.
Arrivati in Piazza Antonino si entra dal vicolo II rampa Marina Piccola, al numero 5.
Si scendono pochi scalini e si hanno le cucine sulla destra e la sala sulla sinistra. Una grande volta di pietra ampia e lunga fa da soffitto. Ben illuminata mostra verso la parte finale un “buco” di un metro per tre sul lato destro della volta, che ricorda storie macabre di frutti di amori conventuali finiti male e rifiutati definitivamente. Sulla parete di fondo un affresco floreale a tinte ormai sfocate sull’azzurro.
L’ambiente è elegante con molti tavoli rotondi, tovaglie beige, arredo essenziale e sedie comode con un rivestimento di stoffa bianca con rilievi a grosso nido d’ape, tipo bugnato. Decorose le stoviglie tedesche con decoro color salmone.
Si parte con un Franciacorta non meglio specificato che accompagna un’entrèe di crema di piselli con schiuma all’olio extravergine e croccante di pancetta. I sapori sono decisi e molto gradevoli.
Eccellenti i gamberi su un delicato letto di patate e carciofi e decoro di pomodorini. Esaltante la freschezza della materia prima, la delicatezza dei condimenti e il sapore delle verdure fresche e ben cucinate.
Il vino che accompagna la cena è una bottiglia di Colli di Castelfranci s.r.l., un Pendino Fiano di Avellino DOCG 2008, di 13 gradi, dal lotto L38419 con fascetta AAA06636044. La composizione è 100% Fiano di Avellino.
Colore giallo paglierino chiaro, vivo e luminoso, al naso un’estrema pulizia, con note minerali e floreali nette e piacevoli, di lunga persistenza. In bocca ha una discreta acidità, buona struttura e piacevolezza di beva e ben si addice a tutto pasto per la cena che stiamo onorando.
Chiedo di vedere la carta dei vini e resto sorpreso dalla ricchezza di etichette e di nomi e di luoghi di provenienza. Pagine e pagine di vini bianchi e rossi da tutte le regioni italiane, dall’estero, con centinaia di tipologie e ricarichi giusti per ogni bottiglia. Non è frequente trovare tanta abbondanza di proposte di vini. Mi riprometto di prestarle più attenzione la prossima volta.
Intanto Michele e Gaetano si alternano ai tavoli per servire i piatti che escono dalle cucine.
Il cuoco è Tommaso De Turris, vero maestro dell’arte della cucina. Anche il pane viene preparato “in casa”, in quattro tipologie: integrale, al latte e ricotta, con pomodoro e origano, con pancetta e cipolla, il più saporito dei quattro.
Dopo la freschezza dei gamberi Tommaso ci delizia con il cappelletto con ripieno di polipetti e salsa di provolone del Monaco su un letto di scarola alla napoletana e polipo intero a coprire. Un piatto esemplare per la freschezza della materia prima e per la delicatezza dei sapori accostati.
A seguire i fedelini di pasta di Gragnano alle alici e noci profumati con scaglie di scorza di limone di Sorrento.
Da Lia e Gerardo che mi tengono compagnia al tavolo mi concedo un assaggio di tagliolini di pasta fresca agli scampi, con provolone del Monaco e olio al tartufo, semplicemente sublimi.
Proseguiamo con il trancetto di cernia su letto di broccoli leggermente amarognoli e un velo di salsa all’aglio dolce a decoro del piatto, che confermano la squisitezza della materia prima e la bravura di Tommaso in cucina.
Si finisce con un accostamento di caldo e freddo con il dessert, che contempla un tortino caldo di crema al limone e mandorla, affiancato da una pallina di gelato alla cannella su cui stendere una deliziosa salsa di amarene dalla brocchettina bianca ai lati del piatto. Tra di loro un biscottino alle nocciole. Sapori e profumi antichi di cose buone legate ai piaceri dell’infanzia mi accompagnano mentre lentamente porto a termine questo delizioso calvario succulento.
Non andateci di mercoledì perché è il loro giorno di riposo e lo troverete chiuso.
Alla fine della serata una semplice cerimonia di premiazione di tutti i componenti della giuria dell’ottavo premio Sirena d’Oro di Sorrento, con foto di gruppo al centro della sala del ristorante.
Non finisce mai di stupirmi piacevolmente la bravura di Giovanni, di Gaetano ma soprattutto del capitano Luigi, a creare un’atmosfera di amicizia, convivialità e simpatia tra tutti gli assaggiatori. È una specie di “saudade napoletana” che ti entra dentro e ti porti dietro quando te ne devi andare alla fine dei lavori.
Esco con gli altri dal Buco e mi richiama in alto la luna che sta andando verso la sua pienezza, lievemente coperta da un pallido strato di nebbia leggera che rinfresca l’aria della nuova giornata appena cominciata, come direbbe il Gigi televisivo della notte.

Foto Credit: Gabriella Repetto

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Sono nato in una torre malatestiana del 1350 sulle primissime colline del Montefeltro romagnolo, massi rotolati fino all'Adriatico...

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