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Viaggi enogastronomici

Sirena d'Oro N. 8 - Ancora fruttati e Regina Giovanna (Seconda Parte)

di Luigi Bellucci

MappaArticolo georeferenziato

Martedì 23 Febbraio 2010

L'assaggio degli oli DOP a fruttato leggero …  

Stamattina c’è la selezione degli oli a fruttato leggero. Si comincia alle nove con il primo dei quindici campioni per ciascun componente il panel. Una breve sosta a metà assaggio e poi si prosegue. Nell’assaggio sei concentrato sul campione. Ti sistemi i prossimi due – tre campioni nella vaschetta termica che li porta in temperatura giusta per la degustazione. Intanto prendi una scheda vuota e scrivi in alto a sinistra il numero del campione che stai per assaggiare. Prendi il primo bicchiere e te lo passi sulla mano sinistra posta a conchiglia e con la destra gli fai fare due o tre giri sul palmo, lo fai ogni volta in modo automatico, anche se il campione è in temperatura. Poi togli il coperchio al bicchiere e avvicini l’olio al naso. Qui decidi se il campione è valido oppure se ti sembra di avvertire qualche difetto. A volte certe cultivar danno delle sensazioni lievemente anomale e allora devi decidere se vengono dalla cultivar o dal territorio o dalla manipolazione del prodotto nella trafila dalla raccolta alla spremitura.

Vedi anche: Sirena d’Oro N. 8 – Selezione Finale Oli DOP (Prima Parte)

Vedi anche: Sirena d’Oro N. 8 – I dolci di Cafiero e le cinquine (Terza Parte)

Vedi anche: Sirena d’Oro N. 8 – Il DOP e la Ferrari (Quarta Parte)

All’assaggiatore esperto bastano pochi secondi per scandagliare nella memoria alla ricerca del proprio archivio storico. Quando hai concluso la tua valutazione (nel dubbio in genere prevale la prima impressione) richiudi il bicchiere e lo posi sul tavolo, poi prendi la penna e segni sul foglio il punteggio dell’armonia olfattiva – 23 su 25, poi quello delle altre sensazioni gradevoli – 4 su 5. Il totale di 27 lo scrivi a destra, nella colonna del totale corrispondente alle righe delle sensazioni olfattive. Quando il campione non ti convince perché lo trovi disarmonico devi indicare se è piatto, vuoto, senza personalità, oppure se prevale in modo esagerato la sensazione di foglia e di verde sulle altre sensazioni aromatiche e quindi non darai più un 23 ma magari un 12 più 2 di altre sensazioni gradevoli, per un totale ad esempio di 14 punti “olfattivi”.
Per decidere tra armonia a disarmonia basta paragonare le sensazioni che emanano dall’olio agli strumenti che formano un’orchestra. Quando nessuno strumento (sensazione) prevale sugli altri e tutti suonano lo stesso pezzo e l’orecchio (il naso / la bocca) avverte un suono (odore / gusto) gradevole, ampio, continuo e quasi tutti gli strumenti riesci ad avvertirli anche distintamente allora hai trovato l’armonia. Quando invece senti solo gli ottoni o i violini sono stonati o qualche musicista si sta addormentando allora non c’è più armonia.
Torniamo però all’assaggio dell’olio con le due fasi successive, gustativa retro nasale e sintesi.
Riprendi in mano il bicchiere, lo accarezzi una seconda volta, ritogli il coperchio e lo avvicini stavolta alle labbra per valutare le sensazioni gustative e retronasali. Inclini il bicchiere davanti alle labbra e ne fai scendere in bocca tanto quanto ne starebbe in un cucchiaino da caffé. Lo tieni al centro della lingua e aspiri dell’aria a labbra appena socchiuse, due o tre volte, rapidamente. Hai fatto quello che tecnicamente si chiama lo “strippaggio” e le goccioline di olio si sono sparse in bocca, sul palato, sulla lingua e all’interno delle guance. Richiudi il bicchiere, lo posi e inizi a valutare l’armonia in bocca – 34 su 37. Poi dai un voto da 0 a 3 alla gradevolezza della sensazione amara, un altro voto da 0 a 3 alla gradevolezza della sensazione piccante, uno da 0 a 5 alle altre sensazioni gradevoli e infine un voto da 0 a 2 alla fluidità e scorrevolezza dell’olio. Riporti il totale – 46 su 50 – a destra, nella colonna del totale corrispondente alle righe delle sensazioni olfattive. Se invece ti sembra che il campione sia disarmonico ne valuti il tipo di disarmonia, per mancanza di personalità o per sensazioni troppo accentuate di qualche descrittore rispetto ad altri, segni i singoli punteggi – 23 su 37 per disarmonia di foglia e verde, 2 di amaro, 2 di piccante, 3 di altre sensazioni gradevoli e 2 di fluidità. Il totale di 32 punti gustativi andrà nella colonna di destra corrispondente.
Infine valuti l’olio nella sua globalità, sintetizzando le sensazioni olfattive e gustative in due punteggi, uno all’armonia, da 0 a 10 e uno alla persistenza, da 0 a 10. Scrivo 9 nella prima casella e ancora 9 nella seconda e il totale di 18 lo riporto nella casella del totale, a destra.
In caso di qualche problema do un 6 all’armonia e un 7 alla persistenza con un totale di 13.
Alla fine riporto il totale dei tre punteggi sulla destra in fondo alla pagina: 27 più 46 più 18 fa 91, dunque un olio che potrebbe arrivare a premio. Nel secondo caso 23 più 32 più 13 fa 68 per un olio che è DOP ma avrà poche probabilità di essere tra i vincitori.
Uso il condizionale perché ogni punteggio dato da un componente il panel va sommato ai punteggi dati da tutti gli altri e poi si fa la media. Risulteranno vincitori e saranno premiati solo quegli oli che la maggior parte dei panelisti avrà valutato positivamente.
Ogni scheda si completa con il nome dell’assaggiatore, la data e la firma e poi si consegna al capo panel che procede all’elaborazione di tutti i dati raccolti.
Finisco gli oli a fruttato leggero che è quasi mezzogiorno.

… e intenso

Decido di fare due passi in paese.
Percorro silenzioso la strada verso il centro osservando la gente per le strade, i negozi aperti, il vociare dei ragazzi che stanno uscendo da scuola. Mi “piace assai” questo accento sorrentino o campano che riempie l’aria, porta allegria, euforia quasi.
Scendo per il vicolo che porta perpendicolare in direzione del mare e mi trovo a due passi dalla chiesa francescana. Prima entro nel chiostro. È coperto di muschio verde, forse per l’eccessiva umidità di questi giorni e per il sole ancora troppo basso, d’inverno, che lambisce appena la base delle colonne che sostengono il portico laterale che dà a nord.
Sul lato nord della chiesa un ampio spiazzo con poche panchine tra il verde consente di godere la vista dell’ampio golfo con il Vesuvio di fronte. Affacciandosi alla ringhiera si vede lo stradino a tornanti che permette di scendere fino alla spiaggia sabbiosa, una trentina di metri sotto. Alcuni ragazzi saltano scalzi tra la sabbia e l’acqua. Sembrano, da quassù, marionette in un teatrino comandate da fili invisibili attaccati in alto, al cielo.
Questo passeggiare in centro, col sole, sul mare e per i vicoli tra le case più antiche mi ha fatto tornare un po’ di appetito e risalgo verso l’Hilton in cima alla collina.
Oggi a pranzo sono ottimi i ravioli alla caprese, ripieni di ricotta e conditi con tanto pomodoro fresco e una spruzzata di parmigiano reggiano, per chi lo desidera.
A seguire le scaloppine al pepe rosa con radicchio trevigiano cotto al forno e patate al pomodoro. In accompagnamento vino bianco con i ravioli e vino rosso con le scaloppine.
Per dessert una superlativa millefoglie di lampone su letto di crema di lamponi e un lieve fiocchetto di panna fresca per decorazione.
Una breve sosta fino alle quattro e poi via con gli oli a fruttato intenso. Sono solo tredici campioni ma con molte soddisfazioni per l’assaggio. Personalità, struttura, varietà e talvolta grande eleganza li caratterizzano. Come si dice, si chiude in bellezza.

Pane, Amore e … Regina Giovanna

Con Gaetano, Michele e Giulio scendo prima di cena tra i negozietti del centro storico per fare degli acquisti “a sorpresa” per una simpatica cerimonia di iniziazione prevista per il dopo cena in onore di Marino, Massimo e Pippo, che domani devono partire e lasciare il gruppo. Troviamo quello che ci serve e risaliamo.
A cena un buon minestrone all’italiana, con il bianco del cavolfiore, il verde degli zucchini (scuro) e dei piselli (chiaro), il rosso delle carote tagliate a julienne a pezzi grossi, completato con un buon olio dell’uliveto della Regina Giovanna.
Bianco di pesce in guazzetto a seguire, con verdure cotte e patate. Una squisita torta caprese su crema densa di nocciole completa il pasto, accompagnato dal vino bianco.
La cerimonia per il dopo cena prevede l’affiliazione di Marino, Massimo e Pippo nel club della “cravatta”. Dopo la richiesta dell’accettazione di far parte del club, la frase di rito “Con Olio buono e cravatta ‘e Surriento l’assaggiatore parte contento” e infine l’investitura vera e propria con la preparazione del nodo direttamente al collo dell’investito.
Come previsto nel programma del Capitano alle ventuno e trenta si scende tutti in sala Tritone per la proiezione del film “Pane, Amore e …” dove Sofia Loren, Vittorio De Sica, Tina Pica, Mario Carotenuto e un giovanissimo Antonio Cifariello fanno sganasciare dalle risate muovendosi per le vie di Sorrento e sulla Marina Grande, tra il mare e il Bagno della Regina Giovanna, tra le ville antiche e le chiesine sulla collina. Vuole essere un’anteprima della visita prevista per domani direttamente alla scogliera e all’uliveto / agrumeto del Capitano.

Mercoledì 24 Febbraio 2010

Pollio Felice e Giovanna D’Angiò

Il cielo è finalmente sereno dalla mattina. Si vede chiaramente la striscia bianca delle case di Napoli dall’altra parte del golfo. Ma è sparito il Vesuvio, coperto completamente da una larga nuvola bianca e grigiastra.
Mentre alcuni fanno una colazione più tardiva quelli che devono partire sono in sala a degustare gli ultimissimi campioni.
Poco prima delle dieci si parte tutti su un piccolo bus da sedici posti verso la costa sud, che finisce a Punta del Capo. Sono pochi chilometri. Dal punto di arrivo si scende a piedi per qualche centinaio di metri abbastanza ripidi ma ancora carrabili per piccolissime auto e motorette, fino a una curva dove inizia un sentiero solo pedonale. Siamo nel punto dove nel film di ieri sera giocavano a palla i seminaristi vestiti di rosso mentre il “De Sica Carotenuto, neo comandante delle guardie Metro-Tulipane” stava a bagno nelle acque dove sbucavano le fogne di Sorrento per non essere visto dal Sindaco che mostrava il Bagno della Regina Giovanna a tre suoi ospiti.
Il posto è incantevole. Ci sono ancora i resti di una villa romana, quella di Pollio Felice, come sembra scriverne il poeta Stazio, del primo secolo dopo Cristo, ai tempi di Tiberio e Augusto, più o meno. Si vedono ancora i muri perimetrali con le pietre e gli intonaci originali e, a picco sul mare, la parte bassa della villa, dove si stava d’estate. Tutta questa parte di costa è esposta a nord perciò d’estate era molto fresca e consentiva lunghi e piacevoli soggiorni estivi senza soffrire troppo il caldo. Con un po’ di attenzione si riesce a scendere dal prato verde, sorto sul piano di copertura delle cantine e cisterne per l’acqua, fino alla scogliera, che degrada lentamente verso il pelo dell’acqua. Un pescatore sulla sua barca osserva dal mare, a una ventina di metri di distanza, il nostro passeggiare su è giù per la scogliera.
Nel medioevo la proprietà passò alla Regina Giovanna d’Angiò, da cui ancora oggi prende nome il bagno e tutta la zona sovrastante.
Un cartello turistico ai bordi del prato racconta che Punta del Capo, dove noi ci troviamo, rappresenta una delle estreme propaggini dei Monti Lattari che degradano verso il mare e poi proseguono fino ai faraglioni di Capri che ne rappresentano l’estremità ultima. Il cartello parla anche di Punta della Campanella, a pochi chilometri di qua, dove esisteva un antico tempio dedicato alle Sirene e dove si trovano gli isolotti de Li Galli, detti anticamente Sirenuse. Ancora qualche foto e poi si risale tutti al piano sopra le villa alta dove c’è una parte dell’uliveto ricavato su una striscia di terra completamente piatta perché appoggiata sui resti di una cinquantina di antiche cisterne romane utilizzate a degrado per il filtraggio delle acque piovane. La vasca più in basso arrivava quasi a livello del mare e di lì partivano le navi con gli otri pieni di acqua fresca da portare a Capri nella villa di Tiberio.
Risaliamo ancora a piedi fino alla limonaia dove alcuni operai stano costruendo un pergolato sorrentino, una struttura alta una decina di metri, a più livelli, usata per far maturare gradualmente i limoni in modo che non fruttifichino spontaneamente nei mesi ancora freddi, ma arrivino a produrre nel mese di aprile. Per costruire il pergolato si usano lunghi pali di castagno opportunamente stagionati. Nella parte alta si fa poi crescere la vite detta “maritata”. Michele intanto ci racconta che in Campania si misura il volume della legna da ardere in “canne”, una canna vale quattro metri cubi in quanto corrisponde a un parallelepipedo di 4x1x1.
È meraviglioso passeggiare tra limoni e ulivi antichi, sentirne gli odori e raccogliere quei bei frutti gialli così profumati e aromatici.

Foto Credit: Gabriella Repetto

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Sono nato in una torre malatestiana del 1350 sulle primissime colline del Montefeltro romagnolo, massi rotolati fino all'Adriatico...

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