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Viaggi enogastronomici

La Bastarda rossa dell’Amiata: cibi, vini, oli, natura e altro. (Seconda Parte)

di Luigi Bellucci

MappaArticolo georeferenziato

Dove nasce la Bastarda Rossa

Alle sette di sera, lasciato Seggiano, torniamo ad Arcidosso per vedere dove nasce la Bastarda Rossa, medaglia d’oro a Strasburgo. Con Claudio, il chimico, e Gennaro, il commerciale, visitiamo la sala della cottura con lieviti ad alta fermentazione in tini a temperatura controllata. La prima fase avviene a 65 gradi e qui inizia lo spezzettamento della catena dell’amido grazie agli enzimi dell’orzo. Per estrarre la parte amara si aggiunge il luppolo, poi si raffredda la bollitura per iniziare la fermentazione. Nel giro di 15 giorni la birra è pronta, a meno non si debba fare un ulteriore affinamento. Dipende dal tipo di birra che si vuole ottenere.

Per adesso si fanno 28 tipi di birra, parte con il marchio Birra Amiata e parte con il marchio Birra del Buttero. I prezzi nel loro spaccio vanno dai 6 agli 8 Euro. Nel 2010 hanno prodotto circa mille ettolitri e per il 2011 si pensa sia pressoché raddoppiata.

La cucina di Carlo

Stasera finalmente riusciamo a provare la cucina del nostro avventuriero Carlo, di cui vi ho parlato all’inizio.

Vedi anche La Bastarda rossa dell’Amiata: Arcidosso e Seggiano. (Prima Parte)

Siamo a tavola in una quindicina. Tavolata lunga, preparazione da trattoria elegante, bei bicchieri, tovaglie bianche, arredi raffinati e curati probabilmente da Pascale, che controlla la sala con occhio attento e vigile. Spicca sul camino un bel piatto di ceramica, ben illuminato al centro da un faretto che quasi nascondendosi, sta sulla parete di fronte.

L’abbinamento del cibo di stasera sarà parte con la birra di Gennaro e Claudio, parte con i vini importanti di Donatella Martellini dell’azienda De Triachi.

Arrivano gli antipasti di crostini, che abbiniamo alla birra Blanche Amiata (o Weiss alla tedesca), preparata con orzo, frumento e farro locale. Si tratta della Aldobrandesca, schiumosa, con un piacevolissimo sentore di linalolo che la ingentilisce e si rivela eccellente e ben equilibrata.

A seguire le deliziose penne ai carciofi e pancetta e qui si comincia a vedere la classe di Carlo e il suo attaccamento alla tradizione e alla terra su cui lavora e vive.

Stavolta si abbina la Montecucco rosso IGT 2008 dell’azienda De Triachi di Donatella Martellini. Un bell’uvaggio di Sangiovese (70%), Cabernet Sauvignon (25%) e Merlot (5%) con affinamento in tonneaux. I vigneti sono a 500 metri s.l.m. nella zona est di Seggiano, con un’estensione di poco meno di 4 ettari per un totale di 15.000 bottiglie.

Il piatto successivo è l’acqua cotta, con formaggio e olio extravergine da Olivastra seggianese dell’azienda Il Colombaio, un olio di nuovo eccellente come quelli finora assaggiati nel territorio.

Il secondo vino è il Montecucco Sangiovese DOC 2007, con un 10% di Merlot. Un bel vino elegante e complesso, di un colore rubino pieno e luminoso, con i suoi 14 gradi, dal lotto L01/2011. Lo abbiniamo alla polenta al tegamaccio con ragù di maiale. Una polenta praticamente liquida, da mangiare a cucchiaio, che va giù liscia liscia come un brodino, insaporita dal ragù di maiale non troppo pesante, come nello stile di Carlo.

Arriva il terzo vino, il Morganti IGT Toscana rosso 2008 di 14 gradi dal lotto L01/2011, un uvaggio di Cabernet Sauvignon (60%) e Merlot (40%). Lo accompagniamo alla Tagliata con rucola e sformato di patate, ma sta molto bene anche con il successivo piatto che Carlo ci ha proposto, i bocconcini di capocollo di maiale di cinta in stracotto, una delizia.

Con i dolci ritorniamo alle birre, ma stavolta quelle speciali, particolari.

Intanto per dolce Carlo ci presenta la Sacher, la nuvoletta di ricotta e i cantucci, in sequenza. Alle birre sta Claudio e inizia con la birra al cinabro, di 11 gradi, scura, invecchiata quindici mesi in bottiglia. Poi una seconda birra scura, ma di 4 gradi, ai malti tostati, deliziosa. Con i cantucci la birra al miele invecchiata in caratelli di vin santo, chiara e poi ancora, per i palati più preparati, la birra torbata, ancora chiara, dal sapore di torba, tipico dei whisky scozzesi al malto e doppio malto.

Una cena veramente particolare e che non si può che nascondere in qualche antro della nostra memoria per tirarne fuori i momenti più piacevoli qua e là, ogni tanto, quando “amor ci spira”.

Giovedì, 8 dicembre 2011

L’Amiata e la natura

Un’altra bella colazione dopo una notte tranquilla e silenziosa alla Locanda del prete e poi via al centro di Arcidosso per una seconda puntata alla Pasticceria Bagnoli per caffè e paste e poi via con Lorenzo Fazzi per la campagna sotto l’Amiata, a ponente di Arcidosso.

Cominciamo dal castagneto, tremila ettari di bosco pulito e curato, con 29 tipologie di castagne, di cui tre hanno ottenuto il riconoscimento IGP per il loro interesse culinario e di consumo. L’Associazione Strada della Castagna dell’Amiata conta circa 400 iscritti, di cui 180 sono anche coinvolti nella certificazione di parte o tutto il loro raccolto. Alla produzione quest’anno è stata pagata 1,60 Euro. Il marrone riesce a strappare quasi il doppio. Per l’economicità del raccolto è opportuno cercare di ridurre la filiera, dal produttore al consumatore, possibilmente. Con la certificazione IGP si è già fatto un salto importante in quanto si riesce a raggiungere direttamente la GDO, che rimane l’unico intermediario tra produttore e consumatore finale, con ricarichi molto più contenuti. Intanto che Lorenzo racconta le problematiche della raccolta delle castagne ammiro la bellezza dei castagni spogli delle loro foglie e elevati al cielo, con i tronchi segati e potati, che sembrano tanti Don Chisciotte stregati improvvisamente da un mago invisibile, sembra davvero di essere dentro una favola.

L’associazione si occupa della valorizzazione e della tutela del territorio e della sua promozione in ambito nazionale e anche internazionale. L’operazione birra di castagna è nata da una cooperazione internazionale con Portogallo e Francia e ha dato ampia visibilità al comparto della castagna su tutti i media, compresa la televisione.

Sul Monte Amiata esistono sette percorsi con sentieri sempre puliti per le visite a la raccolta della castagna e con diversi essiccatoi antichi, a fuoco.

Attorno a noi i raggi del sole risvegliano riflessi dorati sulle foglie d’autunno non ancora cadute che stanno ancora sui rami in attesa di un soffio di vento più forte che le stacchi e le faccia svolazzare un po’ per l’aria.

Intanto stiamo viaggiando verso il parco Faunistico. Lorenzo ci racconta la storia di Davide Lazzaretti, il Profeta dell’Amiata, ucciso dai carabinieri nel corso di una processione dal Monte Labbro ad Arcidosso. Un personaggio davvero particolare, da alcuni ritenuto un esaltato, da altri, come San Giovanni Bosco, ospitato e tenuto in amicizia. Arriviamo tra castagni, abeti, boschi di felci bruciate dal freddo e dal sole, fino alla struttura che ospita la direzione del Centro faunistico, con begli esemplari ricostruiti di Nibbio, Nottola di Leister, Orecchione meridionale (un pipistrello) o Grigio, Ferro di cavallo maggiore (altro pipistrello).

Sulla strada del ritorno, nella vallata di fronte alla nostra, gruppi di daini e camosci che escono dal bosco verso il prato libero.

La Poderina e l’Olivastra

Poco dopo mezzogiorno l’ultima visita a un produttore di vino e di olio molto interessante nel territorio di Montegiovi, la famiglia Borselli. Tutta l’azienda La Poderina Toscana e il ristorante l’Olivastra che sta al centro, sono gestiti dal punto di vista energetico, da energia rinnovabile fornita sia da un impianto a pannelli fotovoltaici ormai biennale, sia da un impianto a biomassa utilizzando gli scarti della lavorazione delle olive. Tutto il vigneto nuovo viene sviluppato ad alberello, mentre quello esistente, di tre ettari e mezzo, è in parte a cordone speronato, in parte già ad alberello. Il rosso è tutto Sangiovese in purezza. Il bianco è un uvaggio di Trebbiano, Malvasia e Moscato. La fermentazione avviene in tini di castagno dell’Amiata.

Con Davide visitiamo sia la cantina, sia il frantoio che è la parte più interessante dell’azienda. In collaborazione con l’Università di Pisa si sta lavorando a un progetto chiamato “Armonia del Gusto”. Si è costruito un frantoio sperimentale con un prototipo di gramole sotto gas controllato, un mix di azoto e ossigeno, ma in percentuale diversa da quella propria dell’aria, diciamo più azoto e meno ossigeno, con il controllo anche della temperatura.

L’uliveto conta circa 4000 piante che producono dai 100 ai 140 quintali di olio. La resa elevata è dovuta alle caratteristiche dell’olivastra seggianese.

L’azienda produce tre linee d’olio, una linea base Gocce di Montegiovi, da olive leccino, frantoio e olivastra, una seconda linea Argento da olive frantoio, leccino, correggiolo e olivastra e infine Etichetta Oro, la monocultivar olivastra.

Davide sta lavorando all’organizzazione di un pranzo didattico che sarà tenuto prima di Natale al ristorante dedicato all’olio. Ci saranno assaggi di sette oli da sette regioni diverse, tra cui anche Titone e Liprandi, tra i più famosi e pregiati. Il pranzo sarà accompagnato da un pianoforte che abbinerà una musica diversa ad ogni olio e da un pittore che si esprimerà in sette composizioni diverse, una per ogni olio. Ogni olio sarà abbinato al suo piatto più espressivo. Non si parlerà di fruttato leggero, medio o intenso, ma invece di Delicato, Profumato e Saporito, proprio per trovare un modo non consueto di esprimere le personalità dei vari oli. Questo progetto avanza in parallelo con l’associazione 3E (Ethics, Excellenxe, Economics) di Claudio Peri con l’obiettivo di definire una nuova categoria di oli, che,  a livello internazionale, saranno definiti “Superpremium olive oil” che sarà accompagnata da un’analisi del processo di lavorazione e dell’olio finale che se ne ricava.

Prima di lasciarci un assaggio di stuzzichini con il loro bianco Intregona da uve da agricoltura biologica e l’immancabile olio nella versione Etichetta Oro da monocultivar Seggianese, che giudico eccellente per il fruttato pulito, armonico, intenso e persistente, per il sentore di cardo e carciofo e la nota di mandorla finale nel retrogusto. Assai equilibrato anche nelle note amara e piccante decisamente eleganti e piacevolissime.

Lasciamo Davide e la sua cordiale ospitalità per tornare ad Arcidosso dove ci aspetta il saluto di commiato del Sindaco e del Birrificio Amiata.

Chiaroscuro

Siamo a pranzo da Nico e i suoi amici, all’interno di un pub giovane e allegro che sta proprio all’imbocco di Arcidosso, sulla destra subito prima della leggera salita che porta al centro, a 300 metri.

L’occhio, dovunque si posi, trova immagini gradevoli, curiositò, spunti di riflessione, ricordi d’antan per chi ha la mia età e ha vissuto da protagonista il ’68. nella sala interna dove ci fermiamo per il pranzo c’è addirittura un bel 5 per 5 con il quadrato magico palindromo leggibile da destra a sinistra e viceversa, ma anche dall’alto in basso e viceversa. Le parole sono queste

S  A  T  O  R

A  R  E  P  O

T  E  N  E  T

O  P  E  R  A

R  O  T  A  S

E si sono ritrovate in almeno una decina di luoghi della latinità, sparse in tutta Europa, molte nelle chiese, ma anche nelle case di Pompei, prima della colata del Vesuvio del 79 d.C. Per il significato, il più accreditato è quello del seminatore (sator) che del carro (arepo, unica parola di origine non latina, bensì celtica) tiene (tenet) con maestria, abilmente (opera) le ruote (rotas).

Al nostro tavolo il più giovane è Matteo, biondo, sereno, bellissimo. Ha solo sei mesi, ancora non parla, ma si esprime benissimo con lo sguardo e con i sorrisi, se sai tirarglieli fuori. Riproduce fedelmente papà Gennaro e anche zio Claudio.

Iniziamo il pranzo con i classici cinque crostini con fegato, peperone, carciofo, olive e salsa verde e una bella fetta di crudo di cinta. Li accompagniamo con la deliziosa Aldobrandesca dallo straordinario sentore di linalolo.

A seguire i cannucciotti (un tipo di pasta corta a foro largo)con crema di crescenza, pancetta, parmigiano e rucola, abbinati alla Birra Crocus, dal profumo delicato di zafferano, proprio quello raccolto qui vicino, alle pendici dell’Amiata.

Ed ecco arrivare le caratteristiche tagliatelle al ragù di carne, perfette e deliziose. Subito dopo l’arista di maiale con funghi di contorno, che non riusciamo ad apprezzare pienamente perché ormai lo stomaco è arrivato al top e non si fa più caso alla cura e alla qualità dei piatti.

Gennaro ci propone altre due birre, del tipo “one shot”, che vengono prodotte come esperimento a mille litri per volta e, se ritengono positiva la prova, entrano nel catalogo delle birre a tutti gli effetti. La prima è la Orange Hops, una piacevole rossa con note agrumate e l’altra una Pumpkin Fair, alla zucca.

Chiudiamo con un delizioso tiramisù alla birra e castagne, che va giù liscio e piacevole, seguito dal buon caffè preparato da Nico.

Torniamo con gli altri verso le auto parcheggiate nella piazza del paese e lo scambio dei saluti ci vede concludere questa ennesima bella esperienza di territori di eccellenza dove trovi persone che mai ti saresti aspettato di trovare, generose, competenti e che procedono a testa bassa nelle fatiche di tutti i giorni cercando di lavorare in qualità e onestamente per accontentare chi crede in loro.

La strada verso la Liguria è lunga, ma per fortuna il traffico è abbastanza tranquillo e in circa quattro ore sono a destinazione.

Foto Credit: Gabriella Repetto

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Sono nato in una torre malatestiana del 1350 sulle primissime colline del Montefeltro romagnolo, massi rotolati fino all'Adriatico...

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