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Viaggi enogastronomici

Lison Pramaggiore: Liston e Cason (Seconda Parte)

di Luigi Bellucci

MappaArticolo georeferenziato

Sabato 19 Aprile 2008.

Portogruaro con Mariangela

Il giro inizia proprio vicino all’albergo. Partiamo dal ponte dei Mulini per la visita di Portogruaro. Le pale dei due mulini girano spinte dalle acque del fiume Lèmene, un fiume di risorgiva che sbocca proprio vicino a Portogruaro, che nasce come porto fluviale.
L’origine del nome non è chiara, poiché potrebbe derivare sia dalle gru, uccelli che frequentano questi territori e compaiono anche nello stemma della città, sia da “groua”, anticamente terreno paludoso.

Vedi anche: Lison Pramaggiore: sorprese ed emozioni (Prima Parte)

Vedi anche: Lison Pramaggiore: Alla scoperta di Venezia (Terza Parte)

La città conserva la sua impronta veneziana. Sul ponte di pietra sul Lèmene una targa ricorda Julius Valerius, o Giulio Valier, che nel 1500 fece costruire il ponte in pietra. In precedenza il ponte era stato costruito sempre in legno.
I due mulini risalgono al XII secolo e sono stati di proprietà del Vescovo di Concordia, che dipendeva dal patriarca di Aquileia. Lì vicino c’è l’oratorio della Pescheria. Anticamente Portogruaro è stato incrocio di commerci di sale, spezie, prodotti della terra e del mare.
Più avanti si gode della bella facciata orientaleggiante del Municipio, che nella parte alta, al centro, conserva ancora la campanella, che oggi suona solo in occasione delle riunioni del Consiglio Comunale. All’interno del Municipio, a piano terra si può visitare la Sala dell’Arengo mentre al primo piano, proprio nella Sala del Consiglio, all’entrata, sul lato sinistro, c’è un’antica lapide che riporta le tariffe dei traghetti nel 1748. evidentemente a quei tempi, nonostante esistesse già da secoli la carta stampata, certi prezzi potevano essere scolpiti nella pietra in quanto dovevano avere una stabilità lunga negli anni.
Di fronte al Municipio la strada principale di Portogruaro, il Viale della Mercanzia, il luogo ideale per una passeggiata sul “liston” così si chiamava la parte lastricata delle strade veneziane. Il Campanile pendente è tutto puntellato perché deve essere consolidato. Da vari punti della via trasudano secoli di storia, nei portali del 1200, nei palazzi più ricchi del 1400. da entrambi i lati della strada si può camminare sotto una fila di portici, bassi, con negozi popolari ma anche eleganti con insegne in ferro battuto nero che risalta sullo sfondo del muro bianco, come “Al Bàcaro”.
Passiamo da Porta Banni o Porta San Giovanni per arrivare al Fondaco del Sale, sul fiume. Si rientra poi nelle mura per Via del Rastrello. Il selciato in pietra grigia friulana e i ciottoli di fiume ai lati ricordano l’antica Via Annia dei Romani. Il nome della via è dato da una grata in ferro che ancora oggi sta da una parte del ponte e serviva a fermare le imbarcazioni che volevano entrare in Portogruaro in modo che potessero pagare il dazio.
In fondo a Via del Rastrello si arriva alla Torre di Santa Agnese, per visitare il Museo della Città, che conserva tanti reperti storici come la mappa della città del 1400 – 1550, la pergamena più antica trovata nella zona e i libri delle Commissioni del Doge per il Podestà. Salendo nella torre all’interno si incontrano due sale con altri reperti e documenti eterogenei, molti dei quali provengono dai resti del museo archeologico concordiese, o della città di Concordia. Due manoscritti ricordano i capitoli del traghetto e il libro dei barcaioli, che non è altro che un elenco dei proprietari di barche.
Sono curiose le pàtere per la raccolta del sangue degli animali sacrificati utilizzate anche come strumenti apotropaici per la facciata delle case. Nell’ultima sala più in alto ancora foto, manifesti, busti, documenti storici e tante altre cose interessanti.
Si torna indietro per Via Cavour, l’antica Strada dei Siori, con i Palazzi Gemelli, bell’esempio di stile gotico rinascimentale del 1400, con un ampio portico sulla strada e un giardino nella parte posteriore o interna, a costeggiare il Lèmene.
Più avanti ancora un edificio importante, l’ex Seminario, oggi sede dell’Università e dell’Istituto Vescovile e un altro bel palazzo del 1500, sede della Questura.
Attraverso una viuzza laterale arriviamo al percorso archeologico sul Lèmene, con il bel giavellotto (questa volta moderno) in acciaio e vetro, che riflette il verde dell’acqua.
Infine attraversiamo il Parco della Pace e i suoi bei prati verdi per salire sul bus nel parcheggio e partire per la visita di Concordia e la Via Annia.

Concordia Sagittaria e la Via Annia

Proprio nel centro di Concordia vi sono degli scavi archeologici molto interessanti, che hanno riportato alla luce un tratto dell’antica Via Annia, la strada fatta costruire dal Pretore Tito Annio Rufo nel 131 a.C. per proseguire la Via Popilia, che univa Rimini con Adria sulla costa adriatica nella direzione nord – sud, e collegare Adria ad Aquileia. Proprio nella città di Concordia la Via Annia incrociava la più antica Via Postumia, che è del 148 a.C. e collegava le principali città dell’Italia settentrionale in direzione est – ovest.
Il nome della città nella sua prima parte ricorda l’alleanza tra i Romani e i Veneti che abitavano queste terre, mentre nella seconda parte ricorda che qui esisteva una florida attività di costruzione di frecce (sagittae) in quanto utilizzavano le miniere di ferro del Norico per le punte.
La città odierna è costruita sopra alla città romana e questa, a sua volta poggiava sopra il più antico villaggio veneto.
Nella zona archeologica, vicina alla confluenza del Lèmene con il Règhene, c’è la Chiesa dedicata a Santo Stefano protomartire. A destra della chiesa sono stati portati all’aperto una trentina di metri dell’antica Via Annia, che lascia stupiti per la solidità della sua struttura ma soprattutto per la larghezza, che qui arriva a nove metri e visti dall’alto sembrano ancora più larghi. Di fronte, dall’altro lato della strada, una nicchia d’angolo con una bella immagine della Mater Divinae Gratiae. A sinistra della Chiesa i resti di una basilica paleocristiana, un piccolo tempio a croce latina del quarto secolo e il Battistero, dell’anno mille. Alle spalle del battistero sta il palazzo del Municipio, che consente di accedere direttamente al fiume Lèmene che scorre lì davanti, tramite una larga scala di marmo i cui ultimi gradini finiscono proprio dentro l’acqua del fiume.
Al piano terreno del Municipio si visita il Museo Archeologico. Al piano superiore sono esposte anfore romane e resti dei tubi di piombo che i Romani utilizzavano per l’acquedotto della città.
All’interno del Battistero, dalla struttura a croce greca, abbiamo modo di ammirare gli affreschi e i decori originali, ancora perfettamente conservati.
Alla fine scendiamo al livello dell’antica strada romana, all’interno della zona archeologica per sperimentare di persona la camminata sui lastroni della Via Annia. Attualmente esiste un progetto di recupero e di valorizzazione della strada, con il contributo di diversi enti territoriali della regione.
Sulla strada del ritorno passiamo a fianco del ponte romano che attraversava la Via Annia, di cui percorriamo il vecchio tracciato che oggi fa parte della strada dei vini DOC Lison Pramaggiore.

L’Azienda Mazzolada

Arriviamo in una bella giornata di sole in quest’azienda che prende il nome dalla frazione di Portogruaro in cui si trovano l’azienda stessa e i suoi vigneti. Sull’aia a fianco della strada ci aspettano l’ingegner Genovese, il Direttore Fucinato e l’enologo Daniele Bozza.
L’azienda si estende per oltre 120 ettari, di cui 90 vitati con vitigni autoctoni come Lison, Lison classico, Refosco e altri internazionali come Merlot, Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Pinot. Poi hanno, in quantità ridotta, altri vitigni come Malbech, Raboso, Lanzellotta, Traminer, Verduzzo, ecc.
L’agronomo Renzo ci descrive le terre che sono prevalentemente argillose e vengono trattate con concimazione organica all’1 – 1,5%. L’età media dei vigneti è di 12 – 15 anni, con una densità di circa 4500 piante per ettaro..
Si fa una potatura corta su impianti di tipo Casarsa o sperone. Sono in fase di sperimentazione impianti con archetto a Guyot per verificare il miglioramento della qualità. Quando occorre si fa un’irrigazione di soccorso.
La produzione media è di 110 quintali per ettaro e quella totale si aggira attorno agli 11.000 ettolitri per circa 1.300.000 bottiglie, che per il 40% coprono il mercato internazionale e il resto è assorbito dal mercato nazionale.
Intanto visitiamo il reparto vinificazione delle uve bianche, con presse a polmone, refrigerazione del mosto a 10 – 12 gradi e fermentazione a 16 – 18 gradi per circa 10 – 15 giorni. Dopo la fermentazione il vino si tiene ancora a 10 gradi per una decina di giorni e infine si procede alla decantazione a al travaso. Infine si passa alla conservazione in deposito dove si tiene in agitazione una volta alla settimana fino al momento dell’imbottigliamento, senza ulteriori travasi.
Per le uve rosse si fa la pigiatura e poi si passano a fermentare nei cilindri vinificatori a temperatura controllata per estrarne il colore e i tannini, per un periodo dai 7 ai 20 giorni, a seconda del vitigno e delle caratteristiche delle uve raccolte. Terminata la fermentazione si fa un passaggio nelle presse a polmone e il liquido ritorna infine nei serbatoi per il successivo imbottigliamento.
Durante la visita ci accompagna il giovane addetto stampa dell’Azienda, Enrico Zanini.
Prosegue la visita nel reparto imbottigliamento, confezionamento e poi alla barricaia, con fusti in rovere francese (Allier) e ungherese per i rossi come Refosco, Cabernet e Merlot, e con fusti in legno di acacia, che sembra particolarmente adatto per l’invecchiamento dei vini bianchi come Pinot, Lison, Verduzzo, Chardonnay. Il periodo medio di permanenza in barrique è di 12 – 18 mesi, fino al terzo passaggio.

Il pranzo nel “Cason” di valle

Al termine della visita attraversiamo il prato e ci dirigiamo verso il lago artificiale che sta alle spalle dell’azienda, dove emerge una struttura strana che ricorda vagamente, nella forma del tetto a cono, un trullo pugliese. Si tratta di un cason, le antiche dimore di pescatori, abbastanza comuni nell’Europa centrale di un tempo, che ormai solo gli ungheresi sanno costruire perché da loro è ancora un’abitazione vera mentre qui si utilizzano solo come memoria storica da parte di chi era affezionato per esserci magari vissuto o cresciuto da piccolo.
La sensazione da fuori è che lo spazio all’interno sia ben poca cosa, in realtà entrandovi ti rendi conto sia dell’ampiezza, con tavoli apparecchiati per almeno una sessantina di persone e tavoli con le pietanze in esposizione, sia del clima particolarmente confortevole in quanto il tetto alto di fitta paglia fa da ottimo isolante termico e protegge perfettamente in caso di pioggia, che scivola via lungo la volta esterna a cono.
Iniziamo il buffet con un aperitivo Brut dell’azienda Mazzolada, che ha appena vinto la medaglia d’oro al recentissimo Vinitaly 2008. Ha un colore giallo paglierino luminoso con perlage fine e continuo. Al naso è gradevole e persistente, in bocca elegante e sapido con un piacevole retrogusto di agrume.
Ci sediamo ai tavoli messi a spina di pesce per un assaggio di pasta e fagioli e salame nostrano abbinati al loro Cabernet Franc DOC 2007. La “Pasta e fasioi”, come la chiamano qui, è servita “co – e tiracche”, che sarebbe il nome popolare delle bretelle, cui assomigliano le strette lasagne fatte a mano che stanno nel piatto con i fagioli. Il cuoco che l’ha preparata è quello del ristorante “Al Barco” di San Stino di Livenza.
A seguire insalata di neretti, altra deliziosa specialità del territorio, trota salata ai formaggi e uova farcite, accompagnate dal Lison Classico DOC 2007, eccellente.
Con il Merlot DOC 2004 Vigna del Frassino passiamo invece alla Lingua salmistrata, Porchetta sale e pepe, Formaggi del territorio, per un abbinamento azzeccatissimo.
Infine il dessert, una semplice ma fantastica crostata di mele, accompagnata da un Verduzzo Passito in tralcio Coppa d’Oro.
Dobbiamo velocemente lasciare questi luoghi così confortevoli perché ci aspetta un pomeriggio pieno nella città più magica del mondo e siamo già tremendamente in ritardo, ma dobbiamo tornare ad approfondire questi vini e questa bella realtà vitivinicola.

Foto Credit: Gabriella Repetto

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