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A Gavi per una verticale a La Scolca

di Luigi Bellucci

MappaArticolo georeferenziato

Una giornata radiosa, per dirla con Paolo Massobrio, nella frazione Rovereto i Gavi, nella tenuta La Scolca di Giorgio e Luisa Soldati, con un buffet eccellente di Gian Luigi Giachino della Cascina Martini di Corteranzo a una degustazione verticale di grandi spumanti e vini bianchi.


Martedì 22 Maggio 2007
L'accoglienza alla Scolca.

Si parte con Virgilio Pronzati, il maestro, alle dieci da Genova. Tempo bello e strada libera sulla A7 fino a Ronco Scrivia. Poi il primo intoppo improvviso causa lavori nella galleria. La sosta per fortuna è breve. Usciamo a Serravalle e prendiamo verso Gavi, lo attraversiamo e poi la strada della frazione Rovereto. La Scolca spunta davanti a noi in mezzo al bosco che la circonda, vista dalla collina vicina.

Al cancello una voce gentile ci apre e ci fa parcheggiare sul piazzale. Gli altri ospiti sono già dentro e stanno visitando le cantine in compagnia della figlia di Giorgio e Luisa, Chiara Soldati.
Ci fermiamo sulla terrazza che offre una vista impareggiabile su mezza provincia, vigneti, boschi, campi in lontananza, antichi castelli e torri di avvistamento. È un piacere ammirare con calma il paesaggio mentre la fontana al centro della terrazza zampilla e rinfresca con spruzzi abbondanti.
Si parla di vino, di Cortese di Gavi ovviamente, e delle tecniche di lavorazione della Scolca.

Si parla di controlli alla produzione, delle visite fiscali che vengono per certificare la correttezza della produzione e della lavorazione. La Signora Luisa è molto determinata a mantenere e migliorare la qualità dei suoi vini e accetta con piacere queste visite che si concludono sempre con una relazione positiva.
Quando arriva il gruppo degli ospiti che ha concluso la visita si inizia con il buffet in terrazza, ai tavoli rotondi sotto gli ombrelloni quadrati.

Il cuoco è Gian Luigi Giachino della Cascina Martini di Corteranzo, frazione di Murisengo. Per antipasti una serie di assaggino deliziosi: quiche alle erbette spontanee di campo, acciughe salate con un ciuffo di burro fresco, rotolo di galletto cotto al vapore su tortino di risi integrali e olio al coriandolo, girello di vitello da latte marinato al sale in salsa tonnata alla maniera antica e altre cosine deliziose e sfiziose. Poi una crema di piselli alla menta ed erba di San Pietro, con Seirass piemontese a chiudere gli antipasti.

Eccellente il primo, gli agnolotti alle tre carni al fondo di vitello, veramente delicati e saporiti. Altrettanto ben fatto il piatto forte, che contempla un muscolo di fassone bollito con salsa verde. Il clou è però lo zabaione finale, fantastico, ancora caldo, freschissimo, preparato al momento con spumante La Scolca millesimato 2000 e arricchito con Nocciolini di Chivasso, biscottini minuscoli che ricordano nella forma gli amaretti secchi ma hanno il sapore delicato della nocciola fresca.
Un servizio perfetto ci ha consentito di accompagnare i piatti deliziosi ai vini giusti della Scolca, serviti sempre freschissimi ai tavoli. Abbiamo iniziato con Gavi di Gavi, poi un Rosato con 95% di Cortese e 5% di Pinot nero, fresco e piacevolissimo, un rosso di Pinot Nero con la carne e il Rosato personale della Signora Luisa con lo zabaione, fatto con le uve rosse di un piccolo vigneto centenario di cui non si conosce l'origine precisa, dal gusto di rosa e di mandorla amara.

Durante il pranzo una piacevole conversazione sull'etimologia della parola "raviolo", sulla storia di Alessandria e sulla vera conclusione della Battaglia di Marengo, e poi sull'origine del termine Mandrogno, a ricordare il bellissimo libro di Pierluigi ed Ettore Erizzo "Il regalo del Mandrogno".
Alla fine del pranzo, durante il caffè, arriva Giorgio, stanchissimo per avere guidato da stamane. Viene da Cannes, dove ha visitato dei clienti e ci racconta del camion che verso Albenga stava per mandarlo fuori strada, ma per fortuna è rimasto solo un po' di spavento. Poi ci racconta anche del clima di Cannes nei giorni del festival del cinema e dei buoni successi dei suoi vini anche in terra di Francia, grazie anche al loro agronomo, di Bordeaux, conosciuto in occasione di una visita alla Scolca di una delegazione francese interessata agli impianti di vinificazione progettati e realizzati sulla base di idee dello stesso Giorgio.


Il Castello di San Cristoforo


È prevista dopo il pranzo una visita al castello di San Cristoforo, qui vicino, uno degli undici comuni del Gavi, tra Gavi e Capriata d'Orba. Saliamo su un piccolo pullman che ci accompagna sul posto. Ci aspetta l'assessore e poco dopo arriva anche il Sindaco. Con loro visitiamo l'edificio che ha la parte più antica del decimo secolo, la Torre del Gazzolo, e la parte più ampia del 1200, le mura, i bastioni e i fossati. Nel 1399 viene assegnato dall'imperatore alla famiglia Spìnola. Si passa sotto un arco con la scritta "Ostium non Hostiu", corrosa dal tempo. Dietro l'arco una volta si ergeva un ponte levatoio sopra un fossato di qualche metro. Oggi è un passaggio in pietra, con due lastre di vetro ai lati che permettono una visione del fondale asciutto del fossato antico.

Oltre l'arco e l'antico fossato si apre il cortile del palazzo, con un pozzo di pietra al centro, un antico servizio igienico a sinistra, nascosto da una porta di legno, e uno scalone sulla destra che porta al piano superiore.
Le stanze sono disadorne di mobili, ma conservano parecchi affreschi consumati dal tempo ma ancora ben visibili, qualche camino in pietra lavorata, qualche tendaggio e arazzo del sei - settecento, due o tre grandi specchiere a parete con cornice dorata. Visitiamo la stanza dove si dice abbia dormito Napoleone al tempo della battaglia di Marengo, qualche uscita segreta che porge su una ripida scala per la fuga in caso di bisogno, nascosta da finte porte o finte pareti di legno. All'interno una seconda scala porta ai piani superiori con le cucine e i sottotetti, il camminamento attorno ai merli con le botole per rovesciare olio o pece bollenti sui nemici nei tentativi di assalto al castello, o le feritoie sulle merlature per la difesa con i fucili o i cannoncini. La vista dalla cornice merlata è anch'essa impagabile sulle vigne e i boschi e i paesi e i castelli.
Una scala ripida porta dall'ultimo piano su alla torre, attualmente inagibile.

Si torna fuori per visitare velocemente le vecchie cantine, nell'edificio a sinistra del castello. Quest'ala è stata completamente restaurata e si prevede l'apertura di una moderna enoteca. Si scende in un primo salone dove campeggia un vecchio torchio in legno simile a quelli mastodontici che abbiamo visto il mese scorso in Borgogna. Questo è più corto e più piccolo di quelli, ma dà sempre un senso di maestoso e imponente. Di qui si scende ancora, sulla sinistra, nelle vere antiche cantine. Le volte a mattone con gli archi a vela, il pavimento di cotto e il fresco naturale di questi locali li rendono perfetti per la conservazione e la degustazione del vino.

Negli stessi locali, più vicini all'ingresso del castello, un salone attrezzato dal Comune per i matrimoni civili dei cittadini, che possono sposarsi in un'atmosfera medioevale unica e altre stanze adibite a biblioteca o sala riunioni. Sul lato destro del castello, oltre il cortile, altri locali che ricordano le antiche scuderie, devono ancora essere ripristinati e anche su questi si lavorerà per utilizzarli in modo adeguato.


La degustazione verticale

Torniamo col pullman all'Azienda. Sotto il porticato sono stati attrezzati una mezza dozzina di tavoli rotondi per la degustazione verticale di bianchi e spumanti, cinque in tutto. Oltre a noi una ventina di nuovi ospiti, tra cui Paolo Massobrio che conduce da par suo la degustazione. Prendiamo posto e si comincia con un breve dibattito tra Paolo e la famiglia Soldati, Giorgio, Chiara e poi anche Luisa. Giorgio racconta come egli concepisce un bianco di qualità e come riesce a conservarlo integro nel tempo. La prima parte la fa il terreno, prevalentemente marnoso, ben irrigato e umido a un metro di profondità anche nei periodi più secchi e siccitosi. Non si fa inerbimento e le vigne sono spesso circondate da boschi che consentono un mix ambientale perfetto tra parassiti e predatori, a tutto vantaggio della salute delle vigne. In vite Giorgio predilige una potature lunga, con grande sviluppo fogliare, coadiuvato in questo dall'agronomo francese che suggerisce i giusti rapporti tra ampiezza del fogliame e caratteristiche dei grappoli e della loro maturazione ottimale. Dalle gemme in vigna per ogni pianta si potrebbero sviluppare una ventina di grappoli, ma si fa una selezione durante la crescita in modo da lasciarne maturare perfettamente solo sei o sette grappoli per pianta. Gli altri vengono tagliati.

Dopo la raccolta l'uva viene portata in cantina e raffreddata con ghiaccio secco in modo da portarla ad una temperatura di 26 - 28 gradi, da cui si ricava un mosto la cui temperatura scende ancora attorno ai 18 - 22 gradi. In cantina si fa una vinificazione per caduta su un trascinatore a rulli di gomma morbida che consente di ricavare già il 50% di mosto fiore. Due tappeti di trascinamento per vinificazione separata consentono di gestire uve provenienti da vigneti diversi senza mescolarle tra loro. Dopo il trascinamento l'uva viene sottoposta alla pressatura. Si fa una prima pressatura che dà il 45% del mosto fiore e una seconda da cui si ricava l'ultimo 5%. Il prodotto principe diventerà il tipo Etichetta nera, poi viene la Scolca e infine il tipo Etichetta Bianca. La conservazione si fa in recipienti di acciaio inossidabile a tre piani con affinamento sui lieviti fino all'imbottigliamento.

Paolo ricorda il suo primo incontro con questi vini, quando nel 1984 ha iniziato a scrivere. Era ancora uno studente e aveva letto le meraviglie del Gavi La Scolca Etichetta Nera. Girà con la sua 500 tutta Milano alla ricerca di una bottiglia ma trovò solo, in una enoteca del centro, una Etichetta Bianca. Voleva offrirlo a Don Giussani, che apprezzò moltissimo il pensiero, da buon conoscitore e ne fu orgoglioso e soddisfatto. Ed ecco il momento della degustazione. Chiara racconta l'annata che stiamo per assaggiare, il 2006, mentre i ragazzi riempiono i bicchieri passando tra i tavoli. È un'annata perfetta per la temperatura in vigna, le stagioni e gli sbalzi climatici tra il giorno e la notte. La vendemmia è stata fatta a metà settembre con un'uva in maturazione ottimale.

Il primo vino è dunque il Gavi dei Gavi DOCG 2006 Etichetta nera
Il colore è un giallo paglierino brillante e luminoso. Al naso le note floreali si alternano ai sentori di agrumi e a note minerali in un equilibrio perfetto. I sentori sono franchi e persistenti. In bocca ha un'acidità ottimale che gli conferisce freschezza. Sapidità e corpo lo rendono gradevole ed equilibrato. Al retrogusto prevalgono la mandorla amara e gli agrumi.

Il secondo vino è il Gavi dei Gavi DOCG "D'Antan" 1995 Etichetta nera
Il colore è un giallo paglierino vivo e dorato. Al naso emergono sentori di crosta di pane con note vegetali e di mandorla matura. In seconda battuta si percepiscono note minerali e sentori di menta. In bocca ha ancora una discreta acidità con buona freschezza. Apprezzabile il corpo per una evidente armonia finale, finezza ed eleganza. Al retrogusto prevalgono le note floreali.

Il terzo vino è il Brut Soldati La Scolca 2004 VSQ Cortese di Gavi
Il colore è un giallo paglierino dorato e brillante. Il perlage è fine, continuo e persistente. Al naso emergono sentori delicati di mela verde e di fragola, con note di mandorla amara di buona intensità e persistenza. Sul finale si avvertono erbe aromatiche e vaniglia. In bocca è vivace e si avverte la finezza del perlate, ha una buona acidità e un discreto corpo che ne fanno un vino elegante e armonico. Stimola una buona salivazione che invita a ribere e lascia un retrogusto piacevolissimo di mandorla.

Il quarto vino è il Brut Soldati millesimato VSQPRD 2000
Il colore è un giallo paglierino vivo e brillante, con riflessi dorati. Il perlage è fine e persistente. Al naso emergono sentori di crema pasticcera, vaniglia e zuccheri di ampia persistenza ed esuberanza. Sul finale si avverte la crosta di pane. In bocca è fresco per la buona acidità e mostra una discreta struttura che ne fanno un vino armonico ed equilibrato. Al retrogusto resta la vaniglia.

Il quinto vino è il Brut Soldati millesimato "D'Antan" VSQPRD Gavi 1995
Il colore è un giallo paglierino dorato, vivo e brillante. Il perlage è fine e abbastanza persistente. Al naso offre delicatissimi sentori di vaniglia e note minerali, estremamente fini ed eleganti. In bocca esplode la classe e la complessità di un vino ancora fresco nonostante l'età, e si avverte una piacevole morbidezza. La piacevolezza della beva e i sentori minerali accompagnati dal gusto di crosta di pane che rimangono al retrogusto ne fanno un campione di eleganza e finezza.
Quest'ultimo vino è proposto in bottiglie molto particolari, che, racconta Giorgio, ha voluto di quella forma e con quell'etichetta tutta speciale dopo avere visto in Francia le antiche bottiglie del Dom Perignon soffiate una per una e fabbricate a mano da antichi artigiani francesi.


In sintesi

Per ultimo, su stimolo di Paolo, si alza Virgilio Pronzati per proporre una sintesi finale della degustazione appena conclusa. Il vitigno Cortese è un ceppo di grande vigore e prosperoso. L'azienda La Scolca di Giorgio Soldati lo sa trattare nella giusta quantità con una adeguata selezione nella vigna. Ciò gli consente di ottenere ampi riconoscimenti, non ultimo quello che otterrà il prossimo 4 giugno a Rapallo in occasione del Meeting di Tigulliovino.it. Un ultimo applauso lo propone Paolo ricordando che oggi, 22 maggio, festeggiamo con questi vini la ricorrenza di Santa Rita da Cascia.

Da parte mia quello che mi ha stupito piacevolmente, come sintesi della degustazione, è la perfezione del colore di questi vini. L'ho notato osservando il vino rimasto nei cinque bicchieri allineati di fronte a me dopo l'ultimo assaggio. Indipendentemente dal fatto che si tratti di vini fermi o di spumanti, di vini del 2006 o del 1995, il colore è sempre lo stesso, un giallo paglierino dorato, vivo e brillante. Non si vede un filo di ossidazione in quelli vecchi e i giovani hanno il colore del sole che è dato solo da una giusta maturazione delle uve, senza raccolte anticipate che ne spegnerebbero la brillantezza.

Un'ultima considerazione prima del commiato la fa la Signora Luisa che racconta come talvolta debba ribaltare la cattiva fama del Gavi in alcuni mercati, dovuta quasi sempre a esperienze negative da parte di acquirenti che hanno incontrato prodotti non all'altezza di quelli che abbiamo assaggiato oggi. Questo fatto, lamenta la Signora, è estremamente negativo perché difficile da ribaltare in tempi ridotti. Occorrono anni per convincere della bontà di un prodotto e della sua longevità, mentre basta pochissimo per declassare un territorio, vedi la storia del Barbera al metanolo degli anni '70.

Lasciamo Virgilio per altri impegni ad Alessandria e rientriamo prima del tramonto attraverso le stradine secondarie dell'Alto Monferrato verso Ovada, per imboccare qui la A26 fino a Voltri e Genova.

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