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Viaggi enogastronomici

Tipicità compie 20 anni: Macerata e la Bisiacaria (Terza Parte)

di Luigi Bellucci

MappaArticolo georeferenziato

Macerata, Pinacoteca e quelli di Cingoli

La giornata è intensa e fitta di appuntamenti così lasciamo Fermo e ci spostiamo a Macerata. Passiamo Monte Urano, Monte Granaro e Sant’Elpidio a mare, dove il mare si vede solo dalla cima della collina, a una decina di chilometri di distanza. È bello venirci la seconda domenica di agosto, quando c’è una gara in costume detta la contesa del secchio. Proseguiamo ancora e dietro una bella siepe verde si vedono i tetti della villa di Diego Della Valle. Ancora paesini e poi l’outlet di Tod’s e di Prada e di altre griffes famose. Oltrepassiamo il fiume tra Fermo e Macerata, si vedono trampolieri e animali di riserva verso la SS77, fino a Corridonia. Finalmente si sale verso Macerata, antica città di cultura, con una famosa Università, dove insegna anche l’amico Angelo Serri, titolare di Scienza del Turismo.
Mentre costeggiamo in pullman le mura cinquecentesche e tocchiamo lo Sferisterio, ammiriamo i Monti Sibillini e, in lontananza, dalla parte opposta, si vede la cima di Recanati e il Monte Conero.

Il primo incontro è a Palazzo Bonaccorsi, con il vice Sindaco Irene Manzi e l’Assessore al Turismo. Nel cortile del Palazzo della Pinacoteca mi colpisce il pavimento dell’atrio, realizzato in cubetti di legno di quercia, di uno, due decimetri di lato, colorati di grigio, a simulare un granito o un’altra pietra. Si dice abbiano usato il legno per attutire il rumore del passaggio delle carrozze, i cui cerchioni di ferro sarebbero stati troppo rumorosi sulla pietra.

Vedi anche Tipicità compie 20 anni: Porto San Giorgio e Ancona (Prima Parte) 

Vedi anche Tipicità compie 20 anni: il Via e Fermo (Seconda Parte)

Vedi anche Tipicità compie 20 anni: Un po’ di Marche e la rassegna dello stoccafisso (Quarta Parte)

Saliamo al primo piano, dalla cui loggia, realizzata tra fine 1600 e inizio 1700, c’è una bellissima vista sui colli a nord. Attraversiamo varie sale e saloni con mobili e addobbi d’epoca, uno più bello dell’altro, fino alla sala dell’Eneide, ricca di grandi tele e con un soffitto completamente decorato con episodi mitologici che ricordano le nozze di Bacco e Arianna, in cui si celebra la prolificità, cui Bartolomeo Bonaccorsi, il padrone di casa, era dedito, avendo avuto, si dice, diciotto figli.

Sono quasi le due quando ci spostiamo al piano terreno della Pinacoteca, nelle stanze dove l’Istituto Alberghiero di Cingoli con le sue maestranze, fatte da professori e allievi, offre un buffet di prodotti tipici, illustrati da Luca Facchini, docente.

Assaggeremo pizze al formaggio, l’inimitabile e inarrivabile ciauscolo IGP, in procinto di avere la nomina a DOP a filiera corta, la lonza (o coppa), la fava e il pecorino fresco, la porchetta, il prosciutto marchigiano di Cingoli, tagliato “a violino”, i salumi di Visso, il quarto anteriore, il girello, il maiale di Marca, il Girello cotto a 52 gradi per nove ore, i fagioli solfini di Appianano, il cece quercia, il carciofo di Montelupone, i Vincisgrassi “con poca besciamella” e ragù alla napoletana, fatto con la carne a pezzi e non macinata, e le rigaglie di pollo e la pasta sottile in sette – otto strati, e poi ancora il pecorino, tre dolci diversi, la serpe di Cingoli con frutta secca, Sapa e Rum, la mela rosa dei Sibillini, la ciambella di Pasqua bollita e poi seccata, e ancora biscotti da latte.

I vini sono Verdicchio di Matelica, Vernaccia di Serrapetrona, Rosso Piceno, e anche Sapa.

Lo Sferisterio

Alle tre si va a visitare il Museo della Carrozza poi dopo mezz’ora entriamo allo Sferisterio, il monumento simbolo di questa città. Costruito nel 1820 – 1830, è sorto per il gioco della palla al bracciale, diffusissimo allora in questi territori, più del calcio oggi, come testimoniano analoghe costruzioni sparse in tanti paesi della Romagna, delle Marche, della Toscana, dell’Umbria e oltre. Ma non solo per la palla al bracciale, bensì anche per la cavallerizza, la giostra dei tori, l’atletica, le gare tra ciclisti e podisti, eccetera. Ogni competizione era buona per correre allo sferisterio e passare una o due ore in allegria con gli amici e alla fine andare a festeggiare o a consolarsi nelle osterie che numerose lo circondavano. Per arricchirne le funzioni ci si misero anche Cupido e la sua freccia.

Nel 1921 il Conte Pier Alberto Conti si innamorò di una cantante lirica, Francisca Solari e in suo onore trasformò lo Sferisterio in arena lirica con la rappresentazione dell’Aida, cui parteciparono, in una quindicina di repliche, circa 70.000 spettatori, cifra enorme per quei tempi.

Dopo la Solari anche Beniamino Gigli, altro grandissimo marchigiano, amava esibirsi qui al ritorno nella sua Recanati. Anche oggi si fanno spettacoli canori, di danza e altro.

Le sue dimensioni sono di tutto riguardo. Un muro lungo 88 metri e alto diciotto, come un palazzo di sei piani. All’esterno una targa ricorda che la trasformazione in monumento lirico fu dovuta a cento “consorti” maceratesi che si tassarono per costruirlo e tennero per sé i palchi coperti all’interno, quelli di fronte al muro.

Francesco Micheli, Direttore artistico dello Sferisterio, mi sembra un Marcello Marchesi del teatro, con il suo cappello nero, gli stessi occhiali neri, gli stessi baffi e in più un po’ di barba corta, apparentemente incolta, che fa molto intellettuale.

Tullio Pettinari, presidente della Provincia di Macerata, che con il Comune costituisce l’Associazione Sferisterio, illustra le prossime manifestazioni, in programma dal 20 luglio al 12 agosto. Poiché agricoltura e manifattura sono la struttura portante dell’economia maceratese, vi saranno manifestazioni sui Sapori dell’agroalimentare, i Colori del territorio, i Prodotti tipici, quali elementi trainanti l’economia, il turismo e più in generale l’interesse della gente.

Lasciamo Macerata e le sue bellezze per tornare velocemente in albergo e cambiarci per la cena di gala offerta dagli amici di Gorizia.

La Bisiacaria a tavola, al Minonda

Siamo a cena a Porto San Giorgio, proprio sulla riva del mare. All’esterno l’aria e fin troppo fresca e si sente, lontano dai rumori del locale, lo sciabordio della risacca sul bagnasciuga scuro nella notte illuminata dal chiarore della luna che si riflette come l’argento sull’Adriatico.

Alle nove Angelo Serri introduce la Cena di gala invitando al microfono la gioviale e bella Mara Cernic, vice presidente della Provincia di Gorizia. La Proloco e il Sindaco di Turriaco hanno curato questa cena offerta dal territorio goriziano, una provincia piccola ma molto simile a quella di Fermo, in cui molto si riconosce, sia per le prelibatezze della cucina, sia per i vini e i prodotti del territorio.

In qualità di ospite, Nella Brambatti, Sindaco di Fermo, racconta l’incontro avuto a Gorizia tra le due delegazioni, in rappresentanza di territori ricchi di cultura storica e di bellezze naturali, entrambe affacciate sul nostro mare Adriatico. Si auspicano da entrambe le parti altri incontri tra le rispettive comunità. “Per il momento Grazie e Buon appetito” conclude la professoressa.

Il sottotitolo della cena è “Genti, luoghi e sapori del territorio isontino”.

È una rassegna piacevolissima di vini e cibi di assoluta eccellenza. Si comincia con un benvenuto di Ribolla gialla, poi a tavola il Prosciutto crudo guarnito da radicchio di monte abbinato al DOC Collio bianco. I produttori sono Zuani, Venica, Draga, Marco Felluga, Primosic.

I vini successivi della DOC Friuli Isonzo, vengono da Tenuta Villanova, Ronco del Gelso, Lorenzon, Tenuta di Blasig, Luisa Ruffino, Borgo Conventi.

Segue la fonduta di formaggio Montasio servita nel pane (ta’l pan) con un bel Sauvignon. La pagnotta svuotata ad accogliere il Montasio fuso a fuoco dolce e speziato è una contaminazione di origine slovena.

Delizioso e rinfrescante l’orzottino (risotto di orzo perlato) con silene e asparago bianco (cun s’ciupet e sparasi bianchi). Il vino scelto è il Refosco dal peduncolo rosso, che con questo piatto ho trovato eccessivo; una piccola stonatura (dovuta tuttavia a un refuso nella stesura del menù, per uno scambio tra Refosco e Friulano successivo). Eccellente e ben fatto il brodetto di pesce (Brodet de pes) ben abbinato al Friulano, ma che ho provato con ampia soddisfazione anche con il Refosco precedente.

Infine lo Strudel (Strucolo) con l’ottimo Verduzzo friulano. Lo strucolo è una variante, in Bisiacaria, che si situa tra l’Apfelstrudel austriaco e la Baclava di origine turca. All’interno della sfolgia non solo mele ma anche pere arricchite da una misticanza di sapori con noci, pinoli, biscotti secchi,cacao, cannella, succo di limone e confettura di ciliegie, bagnato infine da una spruzzata di grappa locale.

L’artefice di questo banchetto delizioso è Renzo Spanghero, che con la famiglia gestisce la trattoria Dal Peon a Turriaco (sembra sia la nona generazione) che propone sempre piatti poveri come la trippa o il baccalà, ma ricchi di sapori e di emozioni per la gola.

Sono passate le undici e si sta bene a tavola, tuttavia domani gli impegni proseguono e allora prima Angelo e poi Mara chiudono la cena di Gala raccontando la collaborazione con Tipicità e poi Gorizia, i vini del Collio e le sue pietre, la qualità dei prodotti, sempre alta, sul confine italo sloveno.

Si sta lavorando su un bel progetto di cicloturismo, chiamato Slow-Collio, che invita a riscoprire il territorio “con lentezza”. L’Isonzo taglia in due la provincia di Gorizia, fino al mare e la piana di Monfalcone, il territorio tra il Carso e il mare, dalle foci del Timavo al basso corso dell’Isonzo si chiama Bisiacaria, terra dei Bisiaci, territorio di mare, di pesce, di erbe aromatiche, di vini, profumati e freschi. Sono 1400 anni che Gorizia esiste e il suo bel nome deriva da Gora, Monte, variato nel diminutivo Goriza, piccolo monte.

Qui si parlano lingue e dialetti diversi, sloveno, italiano, friulano, bisiaco. La storia ha lasciato qui segni pesanti, sul Carso, sulle sue montagne, segni di sangue e di eroi e di battaglie e di guerre. Ma anche tanti altri segni più affascinanti, che sarebbe bello andare a scoprire di persona, per viverli in compagnia con gente piacevole e allegra e ospitale.

La parola passa la presidente della Proloco di Turriaco, Flavio Gon, che presenta gli autori della cucina assaggiata stasera e i prodotti che sono stati offerti, dal Montasio al Radicchio di Monte, dall’asparago bianco, al prosciutto crudo dei piccoli produttori di Cormons. Ricordiamo anche la fonduta nel pane, l’orzo perlato al posto del riso, il brodetto, lo strucolo, che ci hanno fatto conoscere un piccolo campione delle tipicità goriziane e delle sue unicità.

La famiglia Spanghero esiste dal 1767 e oggi è arrivata, con Renzo, alla nona generazione e continua a offrire antichi sapori e antiche ricette. Renzo racconta: “Questo mestiere, diceva mia mamma, è un enorme sacrificio. Io tuttavia sono contento e orgoglioso di averlo scelto e continuato e oggi cerco di trasmetterlo con la stessa mia passione ai miei figli”.

Alla fine Mara ringrazia Angelo, Alberto e i loro collaboratori, persone semplici e marchigiani doc, sempre cortesi, disponibili e sorridenti.

Angelo è visibilmente commosso e chiede un applauso anche per gli amici e ospiti norvegesi del Nordland e per quelli italiani che vengono da Mammola, da Trapani, da Verona con il riso violone nano, per i giornalisti italiani e stranieri e per tutti gli altri sostenitori.

Chiude la ventesima edizione di Tipicità la Signora Prefetto di Fermo: “Questi incontri servono a fare conoscere l’Italia, dentro e fuori della penisola, con l’augurio di aprire le porte, nelle prossime edizioni, ad altri nuovi paesi”.

Foto Credit: Gabriella Repetto

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