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La storia del rum, rhum o ron, di Pier Luigi Nanni

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La storia del rum, rhum o ron

di Pier Luigi Nanni

L’inglese rum, il francese rhum o lo spagnolo ron, è un’acquavite dalla storia affascinante, picaresca e perché no …controversa! L’etimologia del termine rum pare, derivi da rumbullion - tumulto, trambusto, oppure più semplicemente da saccharum - definizione botanica della canna da zucchero. La coltivazione della canna da zucchero - saccharum officinarum - trae le sue origini dalla Papua Nuova Guinea, e portata in Asia Minore da Alessandro il Grande ma scoperta dall’ammiraglio Nearco nel 328 a.C. durante la spedizione in India.

Da allora, iniziò un’intrigante ed articolato percorso che la portò presto a raggiungere l’Europa cristiana. Ciò avvenne, in modo particolare, grazie alle innumerevoli conquiste dell’esercito mussulmano ed a quello dei meno fortunati crociati. La pianta ha una vita arborea media di 5-8 anni con ciclo vegetativo di dodici mesi, raggiungendo l’altezza di 2-2,5 mt. La si raccoglie nel periodo compreso tra gennaio e giugno, dipendentemente dalla posizione geografica, in quanto distribuita in tutta l’area tropicale e subtropicale. Si diffuse anche in tutto il bacino del Mediterraneo ed in Sicilia trovò un habitat perfetto da essere coltivata fino al XV° sec.

Nel secolo successivo, il XVI°, la canna da zucchero fu portata nelle isole delle Canarie e di Madeira grazie alle coltivazioni impiantate dai spagnoli e portoghesi. Dal 1515 infatti, molti europei, in particolare britannici, olandesi e gli spagnoli stessi a seguito della scoperta delle Americhe da parte di Colombo - 1492 -, cominciarono ad impostare tale coltivazione.

Di seguito iniziarono a realizzare opifici per la fabbricazione dello zucchero attraverso la trasformazione della canna stessa. La loro presenza si rivelò determinante soprattutto nei Caraibi dove, intorno alla metà del XVII° sec. cominciò a diffondersi il consumo di un distillato ottenuto dalla fermentazione della melassa chiamato “rumbullion”. Si ritiene, appunto, che il rum derivi da tale termine dialettale britannico indicante un “gran tumulto”, in quanto risale al periodo attorno al 1655 in cui la famosa Royal Navy adottò, tramite l’ammiraglio Penn, la consuetudine di distribuire agli equipaggi delle navi al suo comando, una razione giornaliera di rumbullion suscitando puntualmente un gran tumulto sul ponte di coperta. Nel 1731 furono addirittura formalizzate le quantità pro capite: “two pints for day”, due pinte al giorno per ogni marinaio.

Sulle reali navi, la distribuzione del rum avveniva due volte al giorno secondo un rigido e tipico cerimoniale assolutamente britannico: nel corso della mattinata, tra le 6 e le 12 e nel pomeriggio tra le 14 e le 16. I marinai di ogni turno di lavoro si radunavano al segnale convenuto, un fischio, e dopo aver proceduto alla preparazione della miscela rum/acqua, si passava alla distribuzione sotto l’occhio vigile ed attento del capitano in seconda.

Rimedio salvavita e per buona sorte dei naviganti, autorizzata dalle autorità competenti e distribuita con squisita regolarità, il rum era un “fedele compagno” durante tutta la vita del marinaio dell’epoca. Un drastico cambiamento di tale dose si ebbe nel 1740 ad opera dell’ammiraglio Vernon che fece ridurre la quantità di rum alla metà ed aggiungendo acqua: nasce così il GROG, drink che prende il nome dal sottile cappotto che l’ammiraglio stesso normalmente indossava.
La canna da zucchero fu messa a dimora per la prima volta sull’isola di Hispaniola, l’odierna Haiti nella Repubblica Domenicana, diffondendosi poi rapidamente nelle altre isole limitrofe e sulla terraferma arrivando fino al Sudamerica, dovuto alla colonizzazione spagnola e portoghese.

Il fermentato della canna da zucchero iniziò ad essere distillato grazie ai progressi di Pére Labat, parroco domenicano di origine francese, della cittadina di Macouba che nel 1694 cita per la prima volta l’acquavite, allora chiamata GUILDIVE o TAFIA. A quell’epoca, la casa situata presso il fiume Roche, che era la personale abitazione e sede dello zuccherificio rimase di proprietà della curia fino al 1709, quando l’intero opificio venne ceduto ad un colono francese, il quale oltre ad ampliare e perfezionare la produzione di distillati, gli diede il nome della famiglia col quale ancora attualmente è famoso in tutto il mondo.

Le coltivazioni della canna da zucchero erano portate avanti soprattutto dagli indigeni locali che venivano sottomessi e schiavizzati dai coloni europei. In breve, i nativi furono sterminati dalle malattie europee e la manodopera mancante fu rimpiazzata dagli schiavi africani che sostavano nelle isole caraibiche prima di finire nei campi di cotone e tabacco della vicina America.

L’aguardiente di canna da zucchero, appena fatta la sua comparsa sul mercato ai primi del 1600, in quanto sottoprodotto dell’industria dello zucchero, trova nei lavoratori e negli schiavi delle piantagioni e degli zuccherifici, i suoi primi clienti. Inizialmente lo si mescolava con succo di limone dovuto alla scarsa qualità iniziale: infatti, costringeva a consumarlo unito con altri ingredienti.

Si cominciò allora a tagliare tale distillato con tea, zucchero, limone e cannella: ingredienti che godevano dell’approvazione britannica e che insieme diedero il rum tipico della Gujana, il rum demerara. Lo stile britannico del rum nasce appunto qui, il primo stato destinato alla produzione di rum di alta qualità, in quanto può avvalersi di una particolare canna da zucchero, la demerara, che cresce sulle sponde del fiume omonimo. Per ottenere il miglior distillato, gli inglesi si avvalgono dell’alambicco pot still e della tecnica del blending, mezzi e metodi ancora impiegati dalle undici distillerie presenti nel’ex colonia britannica sudamericana. A tale riguardo della produzione, sono necessarie alcune spiegazioni.

Ogni paese colonizzatore, con le personali e native tradizioni del luogo di origine, ha influenzato la produzione di rum. Se la Gujana e gli altri stati anglofoni dei Caraibi usano l’alambicco pot still ed il metodo blending, le ex colonie spagnole si differenziano per il tradizionale metodo solera e per l’aggiunta di mezcla, miscela di caramello e spezie, da farsi prima dell’imbottigliamento che ha la funzione di rendere il ron, come lo chiamano gli spagnoli, dalle sfumature molto scure, morbido e beverino.

A fare la differenza nello stile francese rispetto a quelli spagnoli ed inglese, è esclusivamente nell’utilizzo della materia prima. Nei territori della Martinica, Guadalupe, Marie Galante e Gujana Francese, territori francesi d’oltremare, si usa il succo di canna fermentato e non melassa come avviene per i rum e ron. Da tale materia prima infatti, si ottengono prodotti più corposi e maggiormente consoni ad essere centellinati che non utilizzati nella miscelazione.

L’aguardiente di canna di zucchero, non appena fatta la sua comparsa sul mercato, siamo verso la metà del XVII° sec., era venuta a costituire parte integrante della vita quotidiana dei contrabbandieri. Il rum era l’immancabile ed indispensabile protagonista di tutte le vittorie, le razzie, le conquiste di vascelli mercantili e le orge che ne seguono. I più famosi pirati della storia marinara, Sir Francis Drake, Capitan Kidd, Sir Henry Morgan e Sir John Hawkins, “nobilitati” dall’Inghilterra di allora, erano soliti rifornirsi di rum fresco nelle piccole e riparate calette delle isole di Barbados, Trinidad e Tobago: si ritiene che proprio in questa ultima isola, Tobago, nel XVIII° sec. si distillasse il puncheon rum, il più forte, il più violento dei rum che fosse distribuito sotto la nera bandiera della pirateria, dal titolo alcolometrico minimo di ben 75%!

Molto presto questo “ricco” distillato sostenne anche un importante ruolo nella tratta degli schiavi e negli scambi commerciali tripolari che si sarebbero stabiliti successivamente durante la seconda del 1600. Le navi partivano per un porto europeo o nordamericano cariche di diversi generi di scambio, oltre al prezioso rum. Nelle enclaves commerciali della costa africana, ed in particolare sulle isole di Madagascar e Reunion, si procedeva sistematicamente all’indegno e disumano scambio di mercanzie tra schiavi e viveri.

Gli schiavi venivano caricati sulle veloci navi negriere per essere poi venduti nelle Indie Occidentali o scambiati nuovamente con partite di zucchero, dando origine ad una montagna di guadagni che tornavano al porto di partenza chiudendo così il sinistro triangolo di morte dello sfruttamento dell’essere umano.


L'evoluzione del gusto

Il rum, che in origine era aspro, duro e dal gusto alquanto sgarbato, poco alla volta si trasformò in uno spirito nobile, gradevole ed accattivante, conquistando così i favori di attenti palati di molti europei e degli stessi coloni bianchi insediatisi nelle Americhe. L’Inghilterra importava ingenti quantità di rum dalle sue colonie per poi ridistribuirle. In Francia, verso la fine del 1700, superate le residue resistenze protezioniste, il rum guadagnò popolarità, così pure sull’isola di Santo Domingo. In breve tempo si posizionò in testa a tutti i produttori di zucchero, esportando non solamente in Francia ma anche nel territorio nordamericano, soprattutto canadese, ed in altri paese europei.

Tra la fine del ‘700 e l’inizio del secolo successivo, furono altri paesi che conquistarono la leadership del mercato in questione: Cuba, Martinica e Guadalupe. Durante il XIX° sec. le Antille affermano la loro supremazia nel mercato internazionale del rum, ma all’interno del mondo caraibico il secolo sarebbe terminato con un drastico capovolgimento totale delle gerarchie. I distillati delle Indie Occidentali avrebbero continuato ad essere quelli più quotati, soprattutto i venezuelani e della Gujana, ma il consumo, fino allora elevato e notevole in Inghilterra e negli Stati Uniti, si sarebbe interrotto massicciamente causando la conseguente netta riduzione della produzione soprattutto nelle Barbados. Inoltre, Haiti sarebbe scomparsa quasi totalmente dalla scena produttiva se non per un minimo consumo prettamente locale.

Martinica e Guadalupe invece, particolarmente stimolate dalla crescente domanda francese, avrebbero dato un forte impulso alla produzione di rhum di elevata e notevole qualità, appunto per l’esportazione. Anche nelle ex colonie spagnole del continente sudamericano, dal Messico all’Argentina, il rum era diventato una bevanda molto importante per il consumo locale. Cuba e Puerto Rico avrebbero compiuto notevoli progressi dovuti all’innalzamento della qualità dei loro distillati. Il successo e trionfo del rum cubano, e più tardi di quello peruviano, è dovuto in parte alla scoperta di una diversa tipologia di rum.

Già dalla metà dell’800 i maestri roneri cubani lavoravano all’elaborazione di un’aguardiente diversa da quella conosciuta e tradizionale fino a quel momento, che si presentava troppo forte ed inadeguata ai mutati gusti dell’epoca.
All’inizio del secolo scorso, si verificò un deciso decremento della produzione e del conseguente calo nel consumo di rum che sarebbe ripreso solo con lo scoppio della prima guerra mondiale, col conseguente forte consumo di alcol tra i soldati. Appena conclusosi tale conflitto, il 17 gennaio 1920 venne emanata negli Stati Uniti la legge proibizionista che, secondo alcuni storici, si risolse nel peggior periodo “alcolico” della storia nordamericana.


Tipologie di Rum

Per definizione, s’intende “RUM il prodotto specifico derivante dalla fermentazione alcolica e dalla distillazione della canna da zucchero, delle sue melasse o sciroppi, che provengono dalla fabbricazione del succo di canna”.
Nei dieci mesi che precedono la sua raccolta, la canna produce l’intrinseco zucchero con l’aiuto del sole e dell’acqua, cioè andando verso ad una quasi completa maturazione. I campesinos, muniti di macete, tagliano le canne alla base ed eliminano successivamente sia la cima che le infiorescenze.
A questo punto, le canne così preparate, devono raggiungere il mulino di tranciatura in un tempo non superiore alle trentasei ore dal momento dell’incisione e dare così inizio a due differenti e determinanti processi di produzione del rum che danno origine, a sua volta, a due prodotti ben distinti sia per qualità che per tipologia.

Rhum agricolo - Il rum agricolo è prodotto direttamente dalla distilleria senza passare dalla fabbricazione di zucchero, ma solamente attraverso la fermentazione e la distillazione del succo di canna. Le canne vengono fatte passare nei mulini dove si estrae e successivamente raccolto, il succo ad alta concentrazione zuccherina di circa il 15%, di colore giallo verdastro e facilmente fermentabile dal nome di vesou. Successivamente depurato, decantato, filtrato e versato nei tini di fermentazione delle distillerie che producono questa tipologia di rum. La fermentazione è un processo spontaneo che può durare dalle 36 alle 48 ore, per cui, non avendo subito alcuna alterazione delle sostanze aromatiche, il rum agricolo mantiene un sapore e profumi molto fini e delicati. Per produrre l’acquavite si procede alla distillazione continua oppure ad una doppia distillazione discontinua, ottenendo così un’acquavite agricola dal titolo alcolometrico tra 55 e 58%.

Due sono le qualità che si producono con tale sistema:

Rum chiaro - detto light o white o grappe blance ed il rum scuro - detto anejo o vieux o dorato. Il rum bianco è incolore e dal titolo alcolometrico compreso tra 50 e 55%; può invecchiare minimamente in acciaio ed essere subito imbottigliato, oppure per dodici mesi in botti di quercia e filtrato con procedimento decolorante. Dal gusto naturale e delicato, è ottimo per bevande ghiacciate a base di succhi di frutta o come aperitivo. Il rum scuro è ottenuto dall’invecchiamento del tipo bianco in fusti di quercia per un minimo di tre anni.

Rum di melassa - La distillazione avviene direttamente negli opifici di zucchero ottenuto attraverso la trasformazione in alcol degli zuccheri derivanti dalla melassa fermentata: stoccata in serbatoi di acciaio di grandi capacità, è diluita con acqua distillata prima del processo di fermentazione della durata da 25 a 40 ore, in tini di acciaio o di legno, dalla capacità da 500 a 900 hl. Terminato questo processo, si passa alla distillazione ottenendo così un rum incolore dal titolo alcolometrico di circa 75%. Per ottenere un titolo alcolometrico più contenuto e quindi compatibile con quanto espresso dalla specifica legge sulla distillazione, il rum è diluito varie volte con acqua distillata.

Varie sono le tipologie e relative qualità che contraddistinguono i rum di melassa.

Bianco - Incolore e particolarmente adatto per i long drink e dal titolo alcolometrico di circa 40% in quanto delicato e molto profumato.

Aged - Prodotto invecchiato in fusti di quercia dalla capacità minima di 650 l. per almeno tre anni. Il colore tendente all’ambrato scuro, è assolutamente naturale, in quanto l’acquisizione sia delle sfumature, degli aromi e del particolare gusto, è dovuto proprio ai sentori rilasciati dall’essenza legnosa.

Rum doppio aroma
- Invecchiamento in botti di quercia da 8 a 15 anni, acquisendo così, oltre al colore ambrato molto scuro, sentori ed aromi tendenzialmente speziati.

Rum grande aroma - Invecchiamento minimo di 10 anni sempre in botti di quercia: marcato ed evidente colore bronzeo dai peculiari e prolungati sentori di spezie dolci.

Single barrel - Anche esso invecchiato esclusivamente in fusti di legno di quercia, presenta un colore ambrato molto intenso, cupo, con riflessi dorati, marcati aromi di spezie, fumè e di caffè tostato.

Vi è un particolare rum prodotto unicamente in Nepal, nello stato con capitale Kathmandù, dal personale nome distintivo di Khukri: ambrato molto scuro dalle rilevanti note speziate e dal gusto decisamente “duro”.


I crus

Come per i vini, anche i rum hanno i propri crus, in quanto la qualità delle canne da zucchero, come tutti i prodotti della terra, sono determinati da condizioni geologiche, dal clima e dalla posizione geografica e per ultimo, ma non d’importanza, dalle felici intuizioni del “maestro ronero”. I rum della Martinica e Guadalupe hanno un forte aroma ed il loro gusto non è confrontabile ne con quelli della Reunion, in quanto secchi e dal gusto e profumi leggeri, ne con quelli giamaicani dal gusto profondo e robusto.

Il particolare terreno vulcanico presente in Nicaragua che, combinato col caratteristico microclima, permettono di ottenere un rum sobrio ed elegante avente sentori di cacao e tabacco. Il rum australiano, alquanto particolare, possiede “ricordi” di campi di canna da zucchero in fiamme!

La qualità di un rum dipende inoltre, dalla fermentazione e distillazione a cui sono sottoposti, all’attenta arte del produttore ed alla personale maestria nel saper scegliere i crus migliori, effettuare le cuvées e guidare l’invecchiamento: questi semplici apparentemente! - ma determinanti fattori, caratterizzano, nel processo di produzione, la qualità.


Ricette caraibiche

Alcuni dei più gustosi e bevuti longs drinks che dai Caraibi si degustano in tutto il mondo dei buongustai.

Mai Tai - Inventato in California da J. Bergeron nel 1944, capo barman della catena di Rum Bar della Trader Vic’s; mai tai che in tahitiano vuol dire “la fine del mondo”, si prepara direttamente nel tumbler alto colmo di cubetti di ghiaccio con 2/10 di rum bianco, 2/10 di rum scuro, 2/10 di succo di lime, 2/10 di curacao, 1/10 di sciroppo di granatina ed 1/10 di sciroppo di orzata.

Pina Colada - Capostipite delle “coladas”, è stato preparato per la prima volta a Puerto Rico nel 1963 e si è diffuso prima negli Stati Uniti e successivamente nel resto del mondo. Si prepara centrifugando per 15-20 secondi 3/10 di rum bianco, 2/10 di latte di cocco e ghiaccio tritato: servire nel tumbler alto decorando con ciliegina ed ananas.

Rum Manhattan - È la versione latina del famoso drink creato al Manhattan Club di New York nel 1870. Si prepara nel mixing glass mescolando 5 cl. di rum scuro, 2 cl. di Martini Rosso, qualche goccia di angostura: servire in coppa martini decorando con ciliegina al maraschino ed una lunga e sottile buccia di arancia.

Rum Punch - Classica cup dei Caraibi. Bollire 1 l. di acqua con 500 gr. di zucchero: successivamente aggiungere 75 cl. di rum scuro, 40 cl. di succo di lime ed un cucchiaino di angostura. Fare raffreddare in frigo e versare nel tumbler alto con ghiaccio, polvere di noce moscato, una ciliegina e spicchi di arancia e lime.

Tea punch al cetriolo - Decisamente un punch originale per un gustoso party.
Per circa 20 bicchieri, sbucciare un cetriolo e tagliarlo a cubetti e metterlo in un’ampia caraffa. Aggiungere una bottiglia di porto, 10 cl. di rum scuro, un litro di tea freddo, un limone a spicchi. Fare raffreddare in frigo per almeno 2 ore e servire nei tumbler alti con ghiaccio e foglie di menta.

Mojito - In un capace bicchiere mettere 1/10 di zucchero di canna e mezzo lime tagliato a spicchi: pestare fino a sciogliere lo zucchero. Aggiungere alcune foglie di menta fresca e pestarle a sua volta con un tocco leggero. Riempire il bicchiere con ghiaccio tritato o a cubetti, versare 4/10 di rum bianco, 5/10 di soda e mescolare: guarnire con un rametto di menta fresca.

Daiquiri - Prende il nome dalla spiaggia omonima. Si prepara nel mixing glass con 6/10 di rum bianco, 3/10 di succo di lime ed 1/10 di zucchero: mixare tutti gli ingredienti con tanto ghiaccio e versare in una coppa martini ghiacciata o servire on-the-rocks.

Questi ultimi due longs drinks, erano i preferiti del Nobel della letteratura Ernest Hemingway: “My mojito at La Bodeguita, my daiquiri at El Floridita”. I due locali, Bodeguita e El Floridita, sono diventati famosi perché frequentati regolarmente dallo scrittore durante il lungo periodo vissuto a Cuba.


Il fascino del rum

Dal febbraio del 1991 a Barbados, si svolge il “Caribbean week rum taste”.
Iniziata in sordina con soli quattro giudici che degustarono 45 rum, questa specifica manifestazione è diventata negli anni una specie di “olimpiade del rum” con circa cinquanta giudici degustatori internazionali che assaggiano oltre 200 rum provenienti dai vari paesi produttori. I rum in esame sono suddivisi in sei categorie ben distinte per tipologie e caratteristiche: premium, regular, white, spice & flavored, over prof, rum 76%


Cuba Libre tra storia e leggenda

Gli avvenimenti che portarono a questo famoso long drink hanno origine addirittura al 1895 quando, dopo che per ben quattro anni l’isola fu messa a ferro e fuoco dalla guerra d’indipendenza cubana. La vittoria, da parte degli indipendentisti cubani, favoriti dall’intervento degli Stati Uniti, mise termine definitivamente alla lunga avventura coloniale spagnola nell’America latina, durata oltre quattro secoli.

La leggenda, o almeno una, narra che il corpo dei volontari comandati dal Presidente Theodore Roosvelt, i famosi e battaglieri “rough riders”, durante i festeggiamenti per l’avvenuta liberazione, si unirono ai patrioti cubani in un brindisi speciale. Al grido di “por cuba libre”, americani e cubani miscelarono al rum bianco dell’isola, la bevanda simbolo USA, cioè la Coca Cola.

Ancora oggi, questa storia che è la più popolare ed accreditata, presenta una lacuna inerente alla data che non è la sua, almeno ufficialmente, in quanto la coca cola sbarcò a Cuba solo nel 1900, ben due anni dopo la fine della guerra. Che sia arrivata sull’isola al seguito del contingente militare americano o di contrabbando, è un particolare che non è assolutamente dato di sapere, per cui quella ufficiale rimane l’unica accettata.

Inoltre, è risaputo che a miscelare il rum con la coca sia stato un soldato yankee di nome John Doe: da allora, se il long drink è preparato con rum bianco cubano - Bacardi o Havana Club - prende l’esclusivo e storico nome di Cuba Libre appunto, altrimenti è semplicemente rum and coke o più semplicemente Mentirita, la piccola bugia, come viene definita, dagli esuli cubani di Miami, la disprezzata politica isolana.

Quando si tratta di ricorrenze alquanto particolari come appunto è la “nascita” di questo long drink destinato ad essere uno dei più piacevoli e bevuti al mondo, guarda caso vi è una seconda versione. Siamo nel 1900 ed il portaordini dell’esercito cubano Fausto Rodriguez è seduto all’American Bar sulla Neptuno Street con l’amico Russell, ufficiale dell’esercito americano che beve, come solito, un piacevole e gustoso long drink composto da ron blanco e coca cola, servito con mezzo lime spremuto e molto ghiaccio.

Questo cocktail non ha un nome ufficiale, e quella sera i due decidono di chiamarlo “cuba libre” per celebrare quell’importante momento storico appena conclusosi nell’isola caraibica. Nei Caraibi, a Barbados ed in Jamaica, lo servono in una versione leggermente piccante, in quanto aggiungono alcune - numerose! - gocce di salsa bajan: gustosa, ma un vero vulcano di piccantezza! In Venezuela, nel “cuba libre preparado” aggiungono varie gocce di gin ed angostura da renderlo saporito ed aromatico. Nella versione “extra strongh”, con rum ad altissimo titolo alcolometrico, mentre in quella definita “extra morbido”, il “virgin cuba”, è completamente analcolico essendo, appunto, senza rum.

La ricetta del cuba libre - Versare direttamente nel tumbler alto oltre la metà, dei cubetti di ghiaccio, 5 cl. di rum bianco, qualche goccia di succo di lime e di angostura per chi ama sapori e gusti decisi. Completare con 10 cl. di coca, mescolare delicatamente col lungo cucchiaio miscelatore e guarnire con fettina di lime: questa è la versione classica e mondiale riconosciuta da I.B.A. - Associazione Internazionale Barmans.

Salud!

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