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Finger Food: il senso del tatto, di Pier Luigi Nanni

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Finger Food: il senso del tatto

di Pier Luigi Nanni

È un fatto ormai acquisito che, sempre maggiormente, vi è la tendenza a portare in tavola ai commensali piccole portate in modo tale che si possano mangiare senza l’ausilio delle posate: i FINGER FOOD. Si utilizzano, almeno si dovrebbero, le mani, per portare alla bocca le composizioni culinarie presenti nel piatto, per cui sono quei cibi in piccole porzioni singole mangiate, appunto, senza l’uso delle posate che ci permettono di evidenziare l’importanza del senso del ‘tatto’ per la percezione delle emozioni e del gusto.

In passato, si è sempre ritenuto e pensato che il tatto fosse il senso più intimo dell’uomo. Attualmente, molti scienziati lo ritengono addirittura fondamentale, poiché l’unico in grado di percepire gli stimoli meccanici. Ma cosa è veramente il tatto e quale è il suo organo? Far coincidere questo senso all’atto del toccare con le mani sarebbe limitativo, perché è attraverso l’epidermide del corpo che possiamo percepire caldo, freddo, liscio, ruvido, asciutto, bagnato, etc.

Il tatto è il primo senso che si sviluppa nell’essere umano.
La maggior parte del genere umano, per ragioni pratiche, mangia con l’aiuto delle mani stesse. L’uso del coltello e del cucchiaio risalgono alla nascita della civiltà stessa, mentre quello della forchetta ci porta al medioevo. La cultura di limitare il più possibile il contatto diretto tra mani e cibo, venne codificata nel XVI° sec. con le prime nozioni del galateo. Monsignor Della Casa, nel 1550 dette alle stampe il primo e fondamentale pro-memoria di come un ‘signore’ si dovrebbe comportare non solo a tavola, ma in ogni momento di vita.

Toccare un alimento ci ricollega al nostro primario bisogno di sopravvivenza e mangiare con l’aiuto delle mani, è un modo per cogliere l’anima dei cibi.
Cominciando dalle prime forme di gallette, biscotti o dolcetti, i finger foods hanno rappresentato nella storia una sublime forma dell’arte della comunicazione.

Durante i famosi banchetti e convivi dell’epoca imperiale romana, si mangiava sdraiati sul ‘triclinum’ poggiandosi al gomito sinistro e piluccando il cibo servendosi della mano destra o al massimo, con l’utilizzo di una specie di spillone. Posizione che oggi troveremmo sicuramente scomoda, ma che presentava un duplice vantaggio: permetteva di ingerire una quantità maggiore di cibo e consentiva ai convitati sazi oltre misura, di assopirsi tra una portata e l’altra!
Tale particolare postura rendeva virtualmente impossibile il ricorso alle posate, in quanto richiedono l’uso di entrambe le mani: i cibi arrivavano già tagliati in piccoli pezzi in vassoi portati da schiavi o servitù, detti ‘scissores’ e solo i cucchiai - ligulae o cochlearia - trovano una certa frequenza d’uso, in quanto impiegati per raccogliere salse e farinate.

Ancora oggi i finger food violano apertamente molte regole ‘di casa’ dove il consumo del cibo rappresenta un fatto privato. Quando si va al ristorante o al bar, accompagnati da amici o parenti, si partecipa ad un evento collettivo. Si è insieme ad altri e contemporaneamente soli, e ciò crea un’atmosfera di complicità tra gli avventori che sovente si scambiano due parole o una battuta, perché la situazione induce un senso di confidenza non comune.

La preparazione di un finger food non deve però essere considerato un gesto banale e seriale. Come le portate presentate nei banchetti imperiali, anche quelli elaborati per una cena o un convivio non ufficiale, devono possedere tre fondamentali caratteristiche:

- bontà
- salubrità
- bellezza

La prima nasce dall’eccellenza dei prodotti di base. La seconda, dall’attenzione alle preparazioni che, contrariamente a quelle antico romane, devono essere leggere e digeribili. La terza è generata da strumenti di facile uso, belli da vedere e da impugnare.


Nota: Un grande [!] chef, unanimamente riconosciuto profeta del finger food, pluristellato e nominato in innumerevoli guide gastronomiche, afferma che “…la scoperta di un nuovo finger food giova all’umanità più che la scoperta di una nuova stella!”. Come sempre, ognuno è libero di pensare ed operare secondo il proprio metro di personalità!


[Foto credit: http://www.cucinacatering.net.au]

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1 Commenti

Inserito da Luigi Bellucci

il 25 maggio 2009 alle 01:13
#1
Pier Luigi complimenti per l'articolo! Personalmente il F.F. mi lascia sempre l'occhio appagato, la bocca così così, lo stomaco "incasinato", specialmente se si mangia in piedi e se ti trovi pezzetti di pesce, di formaggio, qualche pezzo di pasta o di carne, un paio di dessert, magari uno gelato che ti blocca la digestione se lo butti giù per ultimo. Sono d'accordissimo per il punto esclamativo all'aggettivo dello chef/profeta ... gli auguro di fare una fine migliore. Preferisco la semplicità del cibo romagnolo, che so ... una bella fetta di castrato con pomodori gratinati di contorno ... e poi finger food, per assonanza, mi sa tanto di finto food :-)

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