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La bottiglia, dalle origini ai giorni nostri, di Pier Luigi Nanni

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La bottiglia, dalle origini ai giorni nostri

di Pier Luigi Nanni

L’origine della bottiglia, in vetro per essere precisi, si può far risalire al 1500 a. C., mentre se la prima testimonianza dell’arte del vetro è una perla vitrea risalente 35 sec. a. C., i più remoti reperti di recipienti di vetro cavo, cioè gli antenati della odierna bottiglia, dei quali sia possibile stabilirne l’età con certezza, provengono dalle tombe dei faraoni, nelle particolari e piccole forme di balsamari, vasetti e calici. Questi delicatissimi contenitori destinati all’uso esclusivo del faraone durante il fantastico viaggio nel regno delle ombre, venivano costruiti con la tecnica “su nucleo friabile”: laborioso e complesso processo che consisteva nell’avvolgimento di filamenti di vetro fuso attorno ad un sacchetto ripieno di sabbia o argilla bagnata. La produzione maggiore era dovuta ai balsamari per, appunto, unguenti e cosmetici.

Tali sistemi di lavorazione del vetro si prolungarono fino al I° sec. a. C., quando a Tiro e Sidone si verificò un fatto di grande importanza, una vera rivoluzione nella lavorazione del vetro. Un vetraio ebbe la brillante idea di utilizzare un tubo di vetro ed introdurne l’estremità in un crogiolo, prelevare una certa quantità di vetro fuso e successivamente soffiare all’interno del tubo stesso: la bolla di vetro che si formò in questo modo, segnò la nascita del “vetro soffiato”, ancora oggi utilizzato nella stessa maniera. La soffiatura a canna, cioè a mano libera che in stampi, permise al vetro, prima utilizzato solamente per oggetti di lusso, di diventare materia prima adatta alla produzione di oggetti di largo consumo: si cominciò a produrre così bottiglie, brocche, fiaschette e vasi di ogni forma e colore per innumerevoli utilizzi.
Con l’uso della soffiatura a canna, la riduzione dei tempi produttivi e la facilità di fabbricazione, il vetro, in breve tempo, occupò una personale ed importante locazione tra l’oggettistica di metallo e quella di argilla in uso in quei lontani tempi.
La Siria, già dal II° secolo a.C. in quanto protetta e soggetta all’impero espansionistico dell’aquila di Roma, rappresentava il principale centro vetraio del mondo conosciuto, esportando ovunque sia i raffinati che gli oggetti necessari all’uso di tutti i giorni. La Roma imperiale approfittò di tali tecniche produttive diffondendole non solo nei territori italici, ma anche in tutte le province soggette alle sue leggi.

Grande fu la produzione di bottiglie, come testimoniano Marziale e Petronio, inoltre, la conferma si ha da Pompei, distrutta nel 79 d. C., di bottiglie di vetro utilizzate per la mescita e conservazione del vino, recuperate perfettamente intatte.
Al museo Speyer in Germania, è conservata un’anfora di vetro del II° sec. d. C. piena di vino rappreso. Il vino, addolcito con miele, non ha potuto evaporate grazie allo strato di olio posto sul collo come isolante. A contatto con l’aria, l’olio si è indurito a tal punto da diventare una vera e propria resina, evitando così l’evaporizzazione del vino. Fino al V° sec. la produzione maggiore era dedicata a bottiglie per l’olio, i medicinali, profumi ma soprattutto per il vino.

Le bottiglie sono forgiate maggiormente in due sole forme: a sezione rettangolare o quadrata, cioè le tradizionali bottiglie da viaggio col tipico manico largo e piatto attaccato ad angolo retto da un solo lato, oppure a sezione cilindrica con uno o due manici piegati come nelle precedenti tipologie, ma più stretti.
La storia del vetro rimane piuttosto oscura e “magica!” dal VII° al IX° sec. in quanto resta incompleta la conoscenza del vetro cavo.

Con la fine dello splendore del vetro romano dovuto alla caduta dell’impero d’occidente, 664 d. C., che si è spento definitivamente con l’inizio con l’inizio del Medio Evo, l’arte vetraria si sviluppa in Grecia ed in Turchia, specialmente a Costantinopoli, dove anche per il vetro cavo si nota una produzione originale senza però nessuna sostanziale modifica alla tecnica finora in opera. Intanto in Italia si imponeva sempre più la potenza economica e marinara di Venezia.

Nel 1204 i crociati conquistarono Costantinopoli ed immediatamente il governo veneziano ne approfittò per chiamare nella città i più abili maestri vetrai greci e turchi, assicurando così a Venezia l’opera ed arte di quei artisti artigiani. Questi vetrai vennero conosciuti col nome di “phiolieri”, in quanto soffiavano fiale, cioè bottiglie, les fiales de vin, come riporta Martino da Canale, un noto cronista dell’epoca. Ecco allora nascere le “bucae”, bottiglie da vino e da olio, le quali dovevano recare sul collo un cerchio azzurro ed essere marcate col bollo della Repubblica di Venezia. Le misure di vetro e le bottiglie venivano acquistate dalla Serenissima in regime di totale monopolio e successivamente rivendute sui mercati dei commerci veneziani, con ottimi introiti per le casse di Venezia. Senza licenza dei “Giustizieri” nessuno poteva vendere liberamente le bottiglie di vetro, specie ad altri comuni al di fuori di quelli di Venezia.

Importante, durante il periodo della Repubblica di Venezia, fu la produzione di “inghistere”: recipienti che per più secoli, con numerose varianti, saranno sempre utilizzati per designare le bottiglie di vetro dalla pancia tonda e dal collo lungo, per vino e acqua.

Altro centro molto importante dell’arte vetraria italiana di tale periodo, è Altare, nel savonese, la cui produzione e formati sono molto diversi da quelli veneziani, si distinguevano nettamente per eleganza e classe. Ma la storia vetraria di Altare, pur avendo dato insigni maestri vetrari, è di breve durata a causa di alterne e negative vicende economiche e politiche.

Mentre in Italia, al di fuori del territorio sotto la Serenissima, il vetro cavo non è ancora considerato importante per l’economia, in Europa questa produzione si sviluppa notevolmente. I paesi di maggior produzione e di miglior tecnica nel vetro cavo sono Francia, Belgio e Germania, le cui bottiglie mantengono la tradizionale forma a corpo sferico con fondo rientrante e collo lungo.

La produzione è prevalentemente di lusso, con bottiglie in pezzi unici e che talvolta vengono posizionate su montature in oro o argento, impreziosendole maggiormente. Con l’inizio del ‘500 si evidenzia un graduale ma netto miglioramento nella produzione della bottiglia. Le bottiglie così prodotte, non sono adatte ad un’eventuale trasporto, in quanto di spessore minimo, per cui risultano fragilissime e delicatissime. Stessa difficoltà riguarda la conservazione per un lungo periodo per bevande, soprattutto del vino. Ma è in questo periodo che si inizia ad utilizzare la bottiglia per il servizio a tavola.

La bottiglia, poco a poco, lascia la forma sferica per allungare e stringere il collo, ma i più importanti sviluppi della tecnica produttiva vetraria sorgono intorno alla metà del ‘600.

In concomitanza a tali nuove tecniche, in Inghilterra “nasce” il cristallo al piombo ed in Boemia il cristallo potassico. Nasce soprattutto la vera bottiglia atta alla conservazione ed al trasporto delle varie bevande e, per l’appunto in Inghilterra, nasce la vera “bottiglia da vino”.

Sir Kenelm Digby la realizzò nel 1652 ma purtroppo… non si preoccupò di brevettarla! Pare invece che sia stata brevettata nel 1661 da John Colnett al quale va il merito di questo memorabile avvenimento, fissando così la data storica per la bottiglia da vino. Tale bottiglia aveva la composizione in vetro, forte e pesante, mentre la struttura era a forma di palla con una base leggermente rientrante dando così stabilità. Attorno al collo, qualche cm. sotto l’imboccatura, era posizionato un anello di rinforzo del collo stesso a cui veniva legata la cordicella che bloccava il tappo.

Nei successivi 30-40 anni, la bottiglia “allungò” il corpo mentre il collo diveniva sempre più corto per migliorarne la stabilità. Le bottiglie di allora erano preparate con vetro fuso a carbone di legno e rimanevano sempre molto, troppo fragili. Nel 1615 Re Giacomo I° proibì l’uso della legna e relativo carbone, nelle vetrerie, in quanto le foreste inglesi venivano sistematicamente distrutte a causa dell’eccessivo utilizzo del legname, imponendo così l’utilizzo del carbone minerale, dando il via, indirettamente, allo sfruttamento minerario industriale. Le bottiglie preparate con fusione della silice a temperature molto più elevate, acquistarono quella robustezza e resistenza necessarie che ne aumentarono sempre più l’utilizzo in innumerevoli modi.

Con l’applicazione di tali accorgimenti, si risolsero notevolmente sia le difficoltà dello stoccaggio, della conservazione e relativo trasporto del vino. Tale bottiglia venne chiamata “ENGLISH BOTTLE”, cioè bottiglia inglese e per i grandi vantaggi che presentava, si diffuse rapidamente in tutta Europa. Poiché le bottiglie di allora venivano lavorate singolarmente sempre ed esclusivamente a mano, non era possibile controllarne la capacità, per cui ognuna poteva contenere valori diversificati a tal punto da creare imbarazzo al momento del pagamento del relativo contenuto! Sovente erano personalizzate con un timbro in vetro riportando il monogramma del proprietario, o il marchio del casato, l’annata del contenuto o l’anno di fabbricazione.

A questo punto della storia dell’umanità, siamo nel XVII° sec., viene da chiedersi come mai la bottiglia nacque in Inghilterra? Semplicissimo: gli inglesi a quel tempo erano i padroni indiscussi di mezzo mondo, sia con le potenti flotti che con guarnigioni dislocate ovunque. Proprietari di moltissime cantine a Porto in Portogallo, a Jerez de la Frontera in Spagna, a Marsala ed inoltre, avevano interessi e commerci con Bordeaux in Francia: possedevano territori nei Caraibi con relative distillerie di rum, liquore alquanto gradito dai marinai che navigavano per tutti i mari.

Sono, quindi, gli inglesi gli inventori della prima bottiglia da vino soffiata in stampo di legno. La nuova tecnica produttiva per la bottiglia rivoluzionò la conservazione e la commercializzazione del vino, diffondendosi in tutti i paesi europei. Prima di questa che si può considerare un’invenzione, le bottiglie non venivano mai vendute insieme al contenuto, in quanto adoperate nelle diverse famiglie e continuamente lavate e riutilizzate: da questo momento inizia la commercializzazione del contenuto e del contenitore.

La diffusione avvenne prima dall’Inghilterra stessa alla Francia, dove nella regione Champagne-Ardenne si fondò la prima vetreria e successivamente alla fine del ‘700 in Germania nella zona del Reno ed in Piemonte. In Francia l’arrivo della bottiglia coincise con le prime prove di produzione dello champagne ad opera dell’abate celliere dell’abbazia di Hautevillers, Dom Perignon, disperato per le troppe e frequenti rotture delle sue bottiglie che non “reggevano” la rifermentazione che puntualmente si verificava all’inizio della primavera: rotture e scoppi che talvolta superavano il 95% delle bottiglie presenti nelle cantine.

Solamente anni più tardi, cioè verso i primi decenni del ‘700, si arrivò alla produzione di bottiglie più robuste tali da resistere alla pressione dello champagne. Comunque, anche durante l’evolversi di tale secolo, le rotture per scoppi erano numerose, ma proprio con questo particolare vino si iniziò la vera conservazione del vino per un lungo periodo.

Fu dalla metà del XVIII° sec. che la bottiglia si diffuse moltissimo con, guarda caso, ad un parallelo aumento della produzione del vino sia di buona che di ottima qualità. La forma della bottiglia diminuisce progressivamente nel diametro sviluppandosi in altezza a detrimento del collo, per cui l’impilaggio nelle cantine diventa molto meno complesso. È proprio in questo momento storico della viticoltura, che le maisons francesi, comprese le aziende spumantistiche della Champagne, ma soprattutto in Bordeaux e Bourgogne, adottarono specifici formati di bottiglie che ancora oggi ne identificano le esclusive zone produttive.

Tale sviluppo e differenzazione nella forma della bottiglia ha immancabilmente prodotto un miglioramento qualitativo al fine di ottenere una ripartizione ed uno spessore costanti del vetro, una robusta e sicura chiusura, nonché un colore sempre più costante e definito.

Nel 1775 Schloss Joannesberg, grande intenditore e vignaiolo tedesco, inizia l’imbottigliamento dei delicati vini del Reno: nasce così la tipica bottiglia renana, sia dal colore verde che trasparente ma soprattutto sottile e
molto slanciata.

In Italia la diffusione e l’uso delle bottiglie d’oltrealpe, bordolesi e borgognotte, iniziò verso la fine del ‘700, mentre solo dal 1789-1790 comincia la standardizzazione dei formati con bottiglie di forme tipiche e differenti. Non dimentichiamoci che già alla fine del ‘600 sorge a Poirino, nel torinese, una delle prime vetrerie per la produzione di bottiglie: nasce la “poirinetta”, tipico formato del litro piemontese, usata ancora oggi. Nascono così, successivamente, la “pinta piemontese prenapoleonica”, la “pinta piemontese mormale”, il “litro piemontese normale” che veniva soffiato dagli artigiani della Premiata Vetreria di Acqui ed infine, la “champagnotta”.

Generalmente, queste bottiglie, come riporta il Gibelli nel suo trattato sulla fabbricazione vetreria in toto, risultavano opera di semplici campagnoli, vignaioli, i quali traevano reddito arrotondando il personale magro guadagno di contadini, dalla fabbricazione delle bottiglie. La tradizione agreste di allora riteneva che:

- reddito da vino, reddito meschino;
- che fa bollire per vendere vino non ne ricava manco un quattrino!


Sempre prodotta nelle vetrerie di Altare ed Acqui, ebbe notevole diffusione la cosiddetta “albeisa”, ancora oggi molto utilizzata nelle varie capacità autorizzate.
Durante tale periodo di fine secolo, sia in Italia che in tutta Europa, si cominciò a produrre bicchieri e bottiglie si capacità diverse e con scopi ben definiti: per vini ordinari e di bassa qualità, per pregiati vini, per liquori e per i vari distillati che stanno cominciando a farsi conoscere.

Col nuovo XIX° sec., la produzione del vetro si divide in due grandi momenti:

- vetri di lavorazione artigianale della prima metà
- ed i vetri lavorati con procedimento semiautomatico o quasi industriale, del secondo periodo.

L’avvento dell’industria abbassa notevolmente i costi di produzione con la conseguente riduzione di quella artistica ed artigianale a favore di quella di serie in quanto la lavorazione del vetro subisce trasformazioni definitive. È fondamentale ricordare che il passaggio dal classico metodo manuale artigianale della fabbricazione delle bottiglie al metodo meccanico, fu quasi improvviso e repentino.
Il progresso tecnologico ha portato il valore del contenuto nettamente e marcatamente al di sotto di quello del contenuto: la tecnica progredisce con tale rapidità tramite la meccanizzazione iniziale con macchinari semiautomatici e poi sempre più con la completa ed evoluta automatizzazione.

La cronologia dell’introduzione delle macchine in vetreria la si può evidenziare in tre momenti, nei quali ciascuno caratterizzato dall’introduzione di un nuovo modello sempre maggiormente progredito e complesso.
Dal 1898 al 1906, macchine semiautomatiche; dal 1905 al 1917, macchine automatiche a bacino rotante; dal 1917 in poi, con macchinari completamente automatici alimentati dalla caduta della goccia di vetro.
Volendo evidenziare la misura del cammino che l’industria vetraria relativa alla produzione delle bottiglie, sorretta dal rapido e determinante supporto dato dalle nuove tecniche applicate ai forni fusori ed alle macchine, occorre porre attenzione ai parametri che devono essere oggi tenuti in fondamentale considerazione per produrre bottiglie in grado di soddisfare sempre più e meglio le giuste esigenze dell’industria delle bevande, specialmente quella enologica.

La tecnica interviene in modo rigoroso per tenere controllati vari parametri quali capacità, peso, formato, colore e salvaguardia dell’integrità superficiale: il problema di ottimizzare ognuno di tali riferimenti, è molto complesso e non facilmente analizzabile con le tradizionali metodologie. Oggigiorno, per risolverlo razionalmente, è stato necessario costruire, basandoli su numerose serie di dati sperimentali, di modelli matematici che permettano di prevedere con sorprendente affidabilità l’influenza della geometria della bottiglia, del proprio peso e importante, la ripartizione del vetro sulla resistenza meccanica. Calcoli alquanto complessi e molto approfonditi che richiedono l’indispensabile impiego di aggiornati computers.

Attualmente, l’industria vetraria italiana, sia quella industriale, che artigianale ed artistica, si è confermata all’avanguardia, conquistando un ampio mercato estero.
A conclusione di questo breve viaggio dalle origini ai giorni nostri della storia del vetro, si può affermare che è stato e sarà sempre il materiale indiscusso per il confezionamento e la conservazione delle bevande e dei vini in particolare. Il vetro, attraverso i secoli e l’evoluzione umana con le innumerevoli civiltà del passato, continua a trasmettere il suo immutato ed innato fascino.

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