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Prodotto globale e prodotto tipico

di Pier Luigi Nanni

MappaArticolo georeferenziato

Nel personale pellegrinare alla ricerca di tipicità enogastronomiche sempre più rare, anche se si sbandiera ai quattro venti che tali peculiarità sono accessibili a tutti, sia per reperibilità che economicamente, la realtà dei fatti invece… è molto diversa! Il quel di Sala Baganza, nell’immediata provincia pedemontana della Ducale nonché Regia Parma, mi sono imbattuto in un piccolo allevatore-produttore di razze suine autoctone che mi ha dato lo spunto per cercare di capire le diversità, e non solo, di questo poliedrico e gustoso quadrupede. Non animali allevati in batteria onde poter ottenere quanto più prodotto possibile, ma esclusivamente razze suine italiane autoctone in allevamenti di proprietà situati nelle regioni di origine. Riscoprire produzioni tipiche significa creare una valida alternativa a quei prodotti sempre più globalizzati che derivano dalle nuove tendenze economiche e che tanto si discostano dalla concezione di originalità che il prodotto stesso può esprimere: la contrapposizione tra prodotto tipico e prodotto globale, è relativa ai numerosi aspetti che possono riguardare sia l’alimento che il settore agricolo interessato a tale tipologia produttiva.

Il prodotto globale può essere ottenuto ovunque, poiché non rappresenta alcun legame col luogo di produzione. Al contrario, il prodotto tipico, ottenuto in territori particolarmente vocati, in cui il microclima è determinante sulle caratteristiche del prodotto stesso, rappresenta un punto di riferimento sia per i produttori stessi che per il consumatore. Tali produzioni sono evidenziate da peculiarità qualitative di eccellenza, molto diverse da prodotto a prodotto che a volte si presentano con gradazioni di qualità evidenti e nettamente specifiche in relazione alle esigenze del consumatore stesso. Inoltre, tali generi di consumo sono ottenuti, generalmente, utilizzando tecniche produttive a basso impatto ambientale al fine di preservare il delicato legame ed eco-sistema esistente tra la tipicità stessa del prodotto ottenuto e la salubrità intrinseca del territorio. Il prodotto globale, contrariamente, poiché deve rispondere ad un’esigenza di mercato e mantenimento dei prezzi di vendita, tendenti ad un’eccessiva convenienza, è ottenuto con maggior forzatura delle tecniche applicate alla catena produttiva e, comunque, ad un più forte e decisivo impatto ambientale.

I prodotti di nicchia, appunto i tipici, con prezzo di acquisto decisamente diverso in quanto sempre maggiore che ne identificano le qualità intrinseche, sicuramente svolgono un ruolo economico di primo piano costituendo, molto spesso, un pregio per i territori: sono gli unici in grado di valorizzare tradizioni, cultura e storicità di quelle comunità che vivono e lavorano in tale determinato contesto zonale. Nello specifico, sono quattro le razze suine italiane autoctone su cui ho focalizzato l’attenzione, in quanto anche se negli anni passati si allevavano e successivamente, a causa di “particolari” scelte produttive, sono arrivate prossime alla soglia dell’estinzione, ebbene, recentemente e per merito di allevatori conservatori di quei valori, sono nuovamente in crescita in quanto ricercate per le preziosità e rarità delle carni:

- Cinta Senese - Casertana - Nero dei Nebrodi - Mora Romagnola - ed ora vediamo di conoscerle meglio.
Cinta Senese - L’interesse per recuperare la purezza della “cinta senese” è dovuto ad un gruppo di allevatori decisi a reintrodurre tale razza autoctona pressochè estinta. La cinta senese ha origini antichissime ma alquanto incerte. L’immagine effigiata nell’affresco del Buon Governo del Lorenzetti nel Palazzo Comunale di Siena - 1338 -, è una delle prime testimonianze della sua esistenza. Introdotto nell’hinterland senese, ebbe subito una buona diffusione per le caratteristiche di robustezza e di facile adattabilità ad essere allevata allo stato brado. Di media taglia con cute nera, ha la caratteristica fascia bianca-rosata, da cui la “cinta”, che ne cinge il torace. Si alimenta soprattutto di tuberi, radici e materiale organico del tappeto erboso.

- Casertana - I pochi soggetti di tale razza oggi allevati, sono classificati e descritti come suini appartenenti al gruppo delle razze “colorate”, in quanto il manto è scuro tendente al violaceo e sono maggiormente diffusi nelle province di Napoli, Caserta, Avellino, Salerno, Potenza, Campobasso ed in Abruzzo. Di media taglia, è la più precoce e produttiva delle razze italiane, in quanto manifesta la spiccata attitudine a produrre carne e grasso.

- Nero dei Nebrodi - Presenta una evidente cute nera e folta presenza di setole nella regione dorso-lombare che assume la forma di criniera. L’allevamento, nel limite del possibile, deve avvenire con pascolo naturale in boschi di castagni, faggete e querce, anche se nei mesi estivi, che sono i più critici per la vita del sottobosco stesso, si alimentano integrando cereali e legumi prettamente locali, fino a quando non avviene la maturazione dei lamponi selvatici e di perastro: da tale momento in poi, si utilizza esclusivamente l’alimentazione naturale e spontanea.

- Mora Romagnola - Razza autoctona esclusivamente della provincia di Ravenna, è in fase critica di rischio di estinzione: dei 22000 esemplari del ’49 a solamente 10 (!) di qualche anno fa, miracolosamente conservati gelosamente da un piccolo allevatore faentino. Di media taglia col pelo marrone scuro tendente al nero, da cui l’identificazione di “mora”, è vigorosa e predisposta all’ingrassamento ed è molto rustica, perciò ideale per l’allevamento all’aperto in quanto anche ottima pascolatrice ed adattabile a terreni difficili.

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