Con grano e mais, il riso è il cereale base dell’alimentazione umana e in Italia viene coltivato soprattutto in Lombardia e Piemonte. Lo si trova nei primi libri italiani di cucina, con un sapore rigorosamente dolce: Maestro Martino da Como lo propone in torta bianca, mentre Bartolomeo Scappi, detto il Platina, lo condisce con mandorle pestate, latte, zucchero e spezie. Oggi è offerto sotto molte specie, alcune delle quali, purtroppo, frutto di speciali trattamenti che ne modificano la morfologia, la resistenza alla cottura e la conservazione. Il valore nutritivo è ottimo e in commercio è ripartito in quattro distinte classi, ognuna caratterizzata dall’aspetto del chicco e dal proprio comportamento durante la cottura:
- comune, con granelli piccoli, tondi e tenero, consigliato in brodo e i per i dolci in genere;
- semifino, a grana di media lunghezza, tondeggiante, per brodo, dolci ma anche portate asciutte; vialone nano.
- fine, chicchi lunghi e affusolati, perfetto per primi piatti e risotti in genere; vialone.
- superfino, molto lungo e grosso, indispensabile per cotture al dente; arborio.
La scelta di un tipo di riso rispetto a un altro, procede dall’apprezzamento gastronomico di chicchi che si agglutinano in misura variabile e assorbono i condimenti o, viceversa, si mantengono resistenti alla masticazione e interi alla vista. Sulla base di criteri estetici e di gusto, si sono sempre maggiormente diffusi prodotti trattati definiti “parboiled”, cioè a lunga conservazione, in quanto permettono una maggiore elasticità di cottura, trattengono l’aroma e non si sformano al contatto prolungato con l’acqua. Ragioni di opportunità domestica hanno stimolato la confezione dei precotti, cottura sei minuti, con o senza condimento incorporato. Una menzione a parte, merita il “riso selvatico”, wild rice, di origine nord-americana, per rarità, costo e aroma, il quale ultimamente alcuni chef molto attenti alle varie tipologie di riso, lo hanno riscoperto.
La diffusione crescente dei modelli esotici e del riso come contorno o sostitutivo del pane, ha promosso le varietà thailandesi e indiane a grana lunga e sottile, a cottura rapida, di gusto leggero e profumato. Contrariamente all’abitudine, diffusa soprattutto in Asia, di renderlo commestibile mediante la cottura al vapore, salvandone tutto il valore nutritivo, nella cucina italiana il riso, preceduto o meno da un soffritto, viene cotto per immersione nell’acqua o con l’aggiunta di brodo. Nella pentola a pressione si può egualmente conseguire un eccellente risultato.
Il riso è un ingrediente indicato per i primi, minestre e risotti, per i contorni di carni e pesci, per le insalate, per le farce di pomodori e peperoni e gli immancabili dessert quali frittelle, torte e budini. Si conserva bene e risulta provvidenziale per l’utilizzo degli avanzi.
La personale duttilità, nei risotti, lo rende idoneo a tutte le stagioni e all’accostamento a innumerevoli ortaggi come asparago, carciofo, fiore di zucca, limone, peperone, pisello, pomodoro, spinacio e tanti altri ancora. E’ un classico con seppie, gamberetti e qualsiasi sugo a base di pesce, in quanto il riso s’insapora di mare. Nelle minestre, le verdure possono essere scelte e mescolate con spirito libero, previa attenzione all’aroma del brodo, vegetale o di carne. L’intrinseca plasticità consiglia il riso nella cucina decorativa per timballi, bombe, ciambelle, rotoli e sformati; conserva così un poco della sua candida anima pasticcera che, nelle mani di Maestro Martino, si profumava d’acqua di rose …
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