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Vademecum di Cucina

Le caratteristiche degli alimenti

di Pier Luigi Nanni

La storia e l’evoluzione della tavola ci ha portati dall’assaggiare semplici cibi per la sola sopravvivenza o pregiati manicaretti, ora entreremo nello specifico, e precisamente in quelle peculiarità che gli alimenti stessi possiedono. Per molti estimatori, la buona cucina si può paragonare a un’arte come la pittura, la musica o la letteratura. Basta un poco di fantasia che un menù diventa una composizione musicale, una raccolta di sonetti o un’esposizione di quadri. Tutte queste dissertazioni gastronomiche che tendono a esaltare al massimo livello di perfezione un aspetto della quotidianità comune a tutti, ossia il desinare, si basano sulle sensazioni che ognuno di noi percepisce quando siede a una tavola e comincia a degustare e assaporare una vivanda. Tali sensazioni, più sono piacevoli, maggiore sarà il giudizio professionale positivo espresso a favore dello chef. Per tale motivo, lo scopo principale di un cuoco professionista o non, è proprio quello di suscitare emozioni e suggestioni gradevoli attraverso la personale creatività culinaria.

Se il commensale proverà un senso di gradimento e piacere dopo aver assaggiato un piatto, significa che maggior parte del compito prefisso è stato svolto con successo. Per cui, se è fondamentale per chi lavora ai fornelli conoscere le basi della valutazione organolettica di ogni ingrediente e la tecnica necessaria per utilizzarla correttamente, è altresì importante abbinare il vino giusto, appunto in base di ciò, valorizzandone così le sensazioni e tipicità intrinseche di ambedue. Si definiscono CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE di un alimento quelle peculiarità che normalmente possono essere percepite attraverso gli organi di senso. I cinque sensi naturali di cui l’essere umano è dotato [vista, olfatto, gusto, tatto, udito], partecipano in modo diverso l’uno rispetto all’altro nel giudizio di accettabilità che si esprime sul cibo.

Di fronte al cibo, il nostro organismo attiva attraverso i suddetti organi di senso, una serie alquanto approfonditi di controlli, onde verificarne la “bontà”: per prima cosa, istintivamente giudichiamo l’aspetto esteriore [forma e colore], raffrontandolo col modello psicologico e acquisito di “cibo sicuro e gradito”.
Nel toccare il cibo per portarlo alla bocca, arrivano poi altri segnali sulla consistenza e ciò è dovuto anche all’olfatto che permette di accorgerci di aromi e sfumature anomale ancor prima di addentare il boccone, oppure riconoscere la bontà della preparazione che ci accingiamo a mangiare, e persino l’udito, apparentemente meno coinvolto nell’approccio degli alimenti, spesso ha la sua importanza. La sensazione VISIVA si identifica nell’aspetto, presentando la sanità dell’alimento nel suo insieme preparativo; la presentazione, cioè la sistemazione coreografica degli ingredienti elaborati per la composizione finale nel piatto.
l piatto non deve presentare “ditate, gocce e sbavature”, soprattutto sul bordo, in quanto sarà lasciato perfettamente vuoto, libero e non ricoperto da fronzoli decorativi e allegorici: solo così il piatto che si porgerà ai nostri commensali si presenterà di classe e raffinato.

GLI ALIMENTI
Tutti gli alimenti che quotidianamente, o meno, si mangiano, sono distinti in due nette tipologie di gustosità, quelle naturali e le indotte. Per sapori naturali s’intendono la tipicità, franchezza e peculiarità intrinseche dell’alimento in esame, mentre i sapori indotti sono tali quelli ottenuti modificando o, semplicemente, aggiungendo determinati prodotti o altre sostanze onde poterle maggiormente evidenziare. In altre parole, l’analisi gustativa è la verifica delle sensazioni organolettiche, in quanto si valutano soggettivamente qualità e quantità relative ai diversi livelli di percepibilità personale dell’alimento stesso. Per percepibilità s’intende la sensazione di gustosità perdurante all’interno della cavità orale: appena accennata o addirittura non distinguibile, ad appena identificabile e riconoscibile, e via via crescendo sempre più, fino a quando il cibo è spiccatamente ravvisabile anche nelle preparazioni più semplici.

L’insieme degli ingredienti e della qualità, creano non solo una limitata o ampia complessità gustativa, ma soprattutto una diversificata consistenza, e si definisce struttura della portata. Delicatamente tale, cioè poco strutturata, è la portata preparata con limitato utilizzo di ingredienti o dai sapori contenuti, per cui nella totalità delle sensazioni gustative risulta scarsamente rilevante, determinata anche da cotture che non arricchiscono tali preparazioni: è preferibile che anche il vino da accompagnare sia leggero e non aggressivo. Quando nel piatto si nota un rilevante insieme di sensazioni gustative, ciò è dovuto agli ingredienti, dal tipo di lavorazione e/o la particolare cottura, ampia e notevole complessità che caratterizzano sapori decisi e diversi tra loro. L’insieme della varietà, complessità e ricchezza degli ingredienti per la preparazione, ne fanno una portata importante, per cui anche il vino in abbinamento necessita di buon corpo e ricchezza di caratteristiche.

Se a un piatto strutturato si abbinasse un vino semplice, giovane e debole di corpo, si avrebbe una netta disarmonia, in quanto il piatto stesso ne sarebbe il dominante. Altresì vero il contrario, con un vino di corpo ed evoluto abbinato ad una portata delicata e leggera, ne attenuerebbe le caratteristiche fino a farle scomparire: nel primo caso, si “mangerebbe” il vino, mentre in quest’ultimo, si “berrebbe” la portata. Gli ingredienti che si utilizzano in cucina per la preparazione di una qualsivoglia portata, come già accennato, hanno una propria gustosità che può essere naturale e tipica, oppure “esaltata” da altri componenti aggiunti, però sempre e solo rigorosamente naturali. La naturalezza di una sostanza alimentare è da sempre nell’ambito gastronomico evidenziato con l’appellativo tendenza che precede la caratteristica stessa; “tendenza dolce”: sensazione delicata e gradevole, ma riconoscibile, dovuta alla tipicità naturale di vari alimenti quali conchigliacei, frutti di mare, piselli, fagioli, patate, riso e la pasta di grano in genere. Sentore di morbidezza che si percepisce piacevolmente, per cui il vino proposto deve possedere note di acidità ed eventualmente sapidità ed effervescenza. Tale tendenza è rilevata nel cavo orale come una gradevole rotondità, per cui al vino si richiede una sensazione di durezza che determini salivazione o addirittura una leggera pungenza che contrasti la vellutata morbidezza.

Se si vuole applicare la teoria dell’abbinamento di concordanza, cioè simili, vini secchi ma non troppo e leggermente morbidi, anche vivaci e frizzanti senza eccesso, poiché in caso contrario si avrebbe un rafforzamento sgradevole della dolcezza naturale e la portata risulterebbe generalmente disarmonica. Altri alimenti con tale tendenza la cui caratteristica è nettamente riscontrabile, sono acidità, soprattutto agrumi e aceto, e amarognola, oltre che tipico di alcuni cibi, è dovuta anche a particolari preparazioni come grigliate e cotture prolungate con l’aggiunta eccessiva di erbe officinali e spezie, mentre per carciofo, radicchio, cicoria e il fegato, risulta essere una tipicità. Ambedue sono nette sensazioni di durezza, cioè note di aggressività, per cui il vino dovrà essere morbido per smorzare tale eccesso. Se il vino presentasse le medesime peculiarità del cibo, si avrebbe un rafforzamento di tutte le sensazioni naturali da rendere l’abbinamento poco armonico e sgradevole. Dopo quelle naturali, ora prendiamo in esame le caratteristiche degli ingredienti a cui, solitamente, si aggiungono vari composti.

La sapidità è dovuta all’aggiunta di sali minerali: sale marino ottenuto per evaporizzazione o il salgemma estratto dalle miniere. Alle note di durezza e aggressività è bene sposare vini morbidi, rotondi e soprattutto tranquilli, in quanto l’effervescenza causata dall’anidride carbonica, che è naturalmente sapida e altrettanto aggressiva, aumenterebbe la sensazione già presente e riscontrabile.
Se malauguratamente tale sapidità fosse nettamente dominante ed eccessiva, è preferibile bere dell’acqua fresca e l’ideale sarebbe la frizzante, poiché le micro esplosioni che si hanno quando viene a contatto col calore del cavo orale, rimuovono l’accesso di salinità. La sensazione di dolcezza dipende esclusivamente dall’aggiunta di sostanze dolcificanti quali naturali, se zuccheri vegetali, mentre di sintesi, cioè artificiali se ottenuti chimicamente. Con le portate dolci occorre seguire il principio della concordanza del sapore, cioè similari, poiché non si possono abbinare vini che pur essendo particolarmente morbidi o dotati di un discreto residuo zuccherino, non sono adeguati al grado di dolcezza delle preparazione: non permettono di cogliere la dolcezza a un livello di percepibilità, in quanto le caratteristiche acide e amarognole emergono in modo tale da rendere l’abbinamento disarmonico e negativo.

Le preparazioni dolciarie condizionano l’abbinamento in modo tale che la percettibilità della dolcezza influisce con la struttura, le sostanze grasse, i frutti freschi o secchi e le spezie, per cui risultano determinanti. Proseguiamo con le altre sensazioni gustative che il palato può percepire. La grassezza è determinata dai grassi solidi che tendono a formare una patinosità nel cavo orale, inoltre, si evidenzia la sensazione tattile di collosità sulla mucosa, soprattutto sulla lingua.
Insaccati cotti e crudi, formaggi erborinati, cioè rifermentati, lardo, pancetta e similari, burro e margarina, sono alcuni degli ingredienti che danno rilevante manifestazione di tale sensazione, però, oltre ai prodotti in genere del suino, se sono cotti, il grasso naturale contenuto nelle fibre, si scioglie e al palato risultano untuosità. Gli alimenti così caratterizzati, presentano morbidezza con tendenza al dolce, per cui sono preferiti i vini ricchi di acidità ed eventualmente sapidi ed effervescenti. Questi ultimi fattori enologici causano salivazione e tendono a emulsionare parzialmente i grassi, procurando una diluizione degli stessi, considerando che i grassi non si solubilizzano in acqua.

Anche l’effervescenza, CO2,con la pungenza, sgrassa la cavità orale e determina un rafforzamento delle sensazioni acidità-sapidità del vino in funzione della pungenza stessa e della delicata percezione amara. Se la portata necessita di un rosso molto maturo, poiché non vi è effervescenza e la freschezza è appena percepibile, il vino avrà buona sapidità e rilevante aggressività così da equilibrare la morbidezza del cibo. E’ importante considerare che effervescenza/acidità hanno un’azione sinergica, in quanto la CO2 accentua la freschezza del vino, mentre acidità-sapidità possono sia mascherare che presentare un operato comune a seconda delle tipicità della portata. La sopraccitata untuosità è la netta ed evidente sensazione tattile di scivolosità nel cavo orale, determinata da oli e dai grassi che con la cottura diventano untuosità: burro, margarina e derivati, lardo, insaccati cotti. Occorrono vini aventi una buona tannicità e una rilevante ruvidità: tendono a ridurre la salivazione nell’intero cavo orale e sulla lingua, per cui si contrappongono a tale caratteristica del cibo. Nello specifico caso di pesci conditi con olio d’oliva extravergine, per contrapporsi a tale sensazione, il vino è preferibile che sia, oltre che bianco e secco, di buona alcolicità.

Con le prossime sensazioni gustative, si conclude l’analisi delle caratteristiche degli ingredienti che si possono utilizzare per la preparazione delle portate. La succulenza è la sensazione tattile che si avverte a seguito della presenza di liquidi o succhi, nel cavo orale. Questa presenza di liquidi si manifesta in due situazioni ben distinte: intrinseca, presenza naturale nella struttura dell’alimento in esame che si libera durante la masticazione e dipende dal grado di cottura; indotta, è tale quella provocata dall’aggiunta di liquidi durante la cottura e che si evidenzia con la sola masticazione.
Si necessita di vini in grado di asciugare e disidratare il liquido presente, cioè oltre a un’ottima tannicità, è l’alcol etilico che esercita questa funzione unito ad altri alcoli anch’essi con proprietà disidratanti. Nel caso che il cibo presenti una succulenza percettibile, non è indispensabile un alto tenore alcolico, ma una discreta tannicità che asciugherà sufficientemente tali liquidi.
La speziatura, oltre che a livello gustativo, è percepita anche olfattivamente, in quanto per la maggior parte è ottenuta da spezie essiccate e aggiunte durante la preparazione: da delicate a pungenti e piccanti, risultano amare se sottoposte a prolungata cottura. Mentre aromatico, che è percepito sia a livello olfattivo che gustativo, è dovuto all’aggiunta di erbe officinali, quasi sempre fresche, per esaltarne la fragranza. In ambedue le situazioni, il vino è preferibile che sia altrettanto profumato ma senza prevalere sull’aroma del cibo e viceversa: i profumi che si liberano sia dal piatto che dal bicchiere devono valorizzarsi reciprocamente. Considerazione importante nel rapporto cibo-vino, è che sia la portata che il vino richiedono un’appropriata persistenza aromatica, onde evitare che appena deglutito un boccone e un sorso di vino, non rimanga nel palato solo la sensazione di uno o dell’altro, ma essere percepiti proporzionalmente.

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