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Pecorino Toscano

di Pier Luigi Nanni

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 Col riconoscimento attribuito dall’Unione Europea con REG CE 1263 del 01/07/1996 e GUCE L 163 del 02/07/1996, si definisce il PECORINO TOSCANO DOP, Denominazione d’Origine Protetta, come prodotto agroalimentare le cui caratteristiche qualitative dipendono, essenzialmente o esclusivamente, dal territorio in cui sono prodotti. Attualmente, il Consorzio Tutela Pecorino Toscano, fondato nel febbraio del 1985, con sede a Grosseto, in Via G. Mameli 17, è l’ente di protezione e salvaguardia di tale prodotto, controlla ben 245 allevatori, 17 caseifici, uno stagionatore e un confezionatore e garantisce che solo il prodotto che rispetta il disciplinare di produzione sia chiamato, riconosciuto e venduto come PECORINO TOSCANO DOP, tramandandone la tradizione e rafforzandone l’identità a livello nazionale e internazionale.

Il pecorino toscano è realizzato secondo i fondamenti del disciplinare di produzione che garantisce al prodotto tutti i requisiti richiesti per ottenere il marchio della CE della DOP: significa che solo il formaggio prodotto, stagionato, confezionato e distribuito secondo le norme contenute nel Disciplinare di Produzione del Pecorino Toscano DOP può essere definito tale, garantendo al consumatore l’eccellenza e unicità del prodotto stesso. La DOP “Pecorino Toscano” è riservata a un formaggio a pasta tenera o semidura, prodotto esclusivamente con latte intero di pecora proveniente dall’intera regione Toscana; dai comuni di Allegrona e Castiglion del Lago, in Umbria e Acquapendente, Onario, San Lorenzo, Grotte di Castro, Gradoli, Talentano, Farnese, Ischia di Castro, Montefalcone, Bolsena e Capodimonte nel Lazio.

La storia …
Il pecorino toscano affonda le proprie radici nella notte dei tempi e nella tradizionale cultura della pastorizia, attività prevalente degli etruschi prima, e poi sotto l’aquila imperiale romana. Di questo “cacio”, come era consuetudine chiamarlo alle origini e ancora oggi tale denominazione è tutt’ora in uso, soprattutto nel campagne, se ne trovano tracce nel noto trattato di agronomia scritto da Plinio il Vecchio nel I° sec dC, “Naturalis Historia”. Si riporta che da una città di origine etrusca, Luni, l’odierna Lunigiana, si portava a Roma un pregiato formaggio chiamato “lunense”, che Plinio menziona per la particolare bontà e grandi dimensioni delle forme. Nel XV° sec si trova traccia del pecorino toscano meglio noto come “cacio marzolino”, in riferimento al periodo di produzione che iniziava a marzo e si protraeva per l’intera primavera. Secondo fonti storiche, il cacio marzolino era molto gradito nei banchetti nobiliari a tal punto da essere degustato da illustri personaggi quali Lorenzo il Magnifico.

Il Platina, cioè l’umanista Bartolomeo Sacchi e siamo nel ‘400, in uno dei suoi numerosi trattati si legge che il “marzolino d’Etruria”, al pari del “parmigiano”, veniva celebrato come il miglior formaggio d’Italia. Già a metà del XIX° sec questo formaggio si doveva ottenere secondo specifiche modalità produttive. Il sapore unico e inconfondibile del pecorino toscano dop, è dovuto dal latte esclusivamente di pecora e prodotto da greggi allevate nel territorio delimitato dalla denominazione d’origine protetta. Le pecore appartengono a razze diverse quali l’autoctona massese o importate successivamente, comisana e sarda, pascolate in maniera estensiva in terreni ricchi di erbe e di essenze che conferiscono al formaggio un sapore unico e inimitabile di cui sono unanimemente riconoscibili. La qualità degli alimenti con cui la pecora si nutre influenza direttamente la qualità stessa del latte che produce e dei prodotti che a sua volta ne derivano.

Le pecore allevate in Toscana, oltre a beneficiare dell’innegabile possibilità di pascolare all’aperto, sono nutrite con elevate percentuali di foraggio verde, ricco di tocoferoli e caroteni che conferiscono al latte una elevata presenza di vitamina A ed E. A differenza di altri formaggi italiani ricavati da latte di pecora, quello toscano ha un sapore più gradevole e armonico, e se posto a confronto con formaggi prodotti con latte vaccino o misto, ha un gusto più deciso ma senza eccedere molto caratteristico e nettamente diverso da tanti ‘caci’ e caciotte senza personalità.
Il pecorino toscano DOP è un formaggio a pasta tenera o semidura prodotto con solo latte intero di pecora.
Vi sono due tipologie di pecorino: quello fresco e quello stagionato. Il primo ha la pasta bianca leggermente paglierina con crosta gialla a diverse sfumature dal giallo al paglierino. Quello stagionato invece, la crosta si presenta dal giallo intenso e a seconda del trattamento con pomodoro, cenere oppure olio, al rossastro e addirittura nera; la pasta è giallo paglierino dal sapore fragrante, intenso ma mai piccante. La forma è cilindrica a facce piane con scalzo tendente al convesso, il cui diametro varia da 15 a 22 cm, l’altezza dello scalzo da 7 a 11 cm mentre il peso è compreso tra 750 g a 3,5 kg. La marchiatura viene apposta sullo scalzo con inchiostro sul tipo tenero e a caldo direttamente sul formaggio per il tipo a pasta semidura. Sulle porzioni preconfezionate, la marchiatura si effettua sulla confezione, purchè avvenga nella zona di origine, mentre se avviene fuori della zona di origine, il marchio è presente solo sulla forma.

Il pecorino toscano DOP è prodotto con l’ausilio di moderne tecnologie che riproducono procedimenti tramandati nei secoli. Il latte, proveniente da greggi allevate nella tipica zona d’origine, viene coagulato con caglio di vitello a una temperatura compresa tra 33 e 38 °C, a cui possono essere aggiunti fermenti lattici autoctoni provenienti esclusivamente dalla ceppoteca conservata dal Consorzio di Tutela. Con la rottura della cagliata, i grumi devono raggiungere le dimensioni massime di circa un centimetro, per quello a pasta tenera, e di pochi millimetri per quello a pasta semidura. La cagliata, dopo la rottura, viene riposta in apposite forme per favorirne la sineresi, cioè lo sgrondo del siero: per facilitare questo processo, può essere eseguita una lieve pressatura a mano. Le forme sono riposte in particolari locali chiamati ‘camere calde’ o ‘ cassoni riscaldati’, dove il caldo e l’umidità decrescente aiutano lo spurgo. La salatura è effettuata in salamoia oppure a secco, spargendo sale sulla superficie delle forme. Terminata questa prima parte della lavorazione, le forme vengono poste a stagionare con tempi definiti quali minimo 20 giorni per la tipologia a pasta tenera, e 4 mesi per quello a pasta semidura. E’ immesso in commercio tutto l’anno e commercializzato in forme intere, a tranci, porzionato e preconfezionato.

Si conserva bene in luoghi freschi e asciutti ed è preferibile non riporlo in frigorifero, dove andrebbe sistemato nello scomparto meno freddo, avvolto in un panno di cotone leggermente inumidito. Si può gustarlo come formaggio da tavola o grattugiato, in funzione del grado di stagionatura: ottimo sulla ribollita, sui primi piatti gustosi e per insaporire portate a base di carne; inoltre, sia fresco che semiduro, si sposa ottimamente con ortaggi freschi di stagione e con frutta, confetture e miele.

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