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Caffè, storia e leggenda, di Pier Luigi Nanni

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Caffè, storia e leggenda

di Pier Luigi Nanni

Il termine caffè è di origine araba e deriva probabilmente da “Kaffa”, regione dell’Etiopia dove fu trovato un arbusto spontaneo di “COFFEA”. A tale nazione si deve la più diffusa, anche la maggiormente accreditata, tra le tante leggende collegate alla scoperta del caffè. Narra di pastori dell’Abissinia, regione centrale dell’Etiopia che, notando come le loro capre divenivano irrequiete dopo aver brucato le bacche di un particolare cespuglio, portarono questi strani frutti a dei monaci mussulmani del monastero di Chehodet. I prelati, dopo vari esperimenti, iniziarono ad abbrustolire tali semi per farne delle tisane coadiuvanti per le notti da trascorrere in preghiera. Tale bevanda venne immediatamente accettata nel mondo arabo come gradevole alternativa al vino ed agli alcolici in genere. Altre interpretazioni sull’origine etimologico, ne attribuiscono la derivazione da ”quahweh”, termine poetico con cui si indica il vino e, per similitudine, una bevanda dal colore molto scuro. Si rileva dagli scritti del medico e filosofo persiano Ar-Razi o Rhazes, che il caffè fosse già conosciuto nel mondo arabo fin dal 575 d.C.

Nairone, racconta che Maometto, gravemente malato, pregò a lungo per guarire, e così Allah gli inviò l’Arcangelo Gabriele con una bevanda nera e dal sapore molto forte che lo guarì e ridandogli forza e vigore da “…poter disarcionare quaranta cavalieri e soddisfare altrettante vergini in un solo giorno”. Un’altra leggenda, notevolmente accreditata, racconta che il monaco Alì Bin Omer, asceta yemenita, preparò un decotto con bacche di caffè che si rivelò ricco di proprietà medicinali, col quale curò fedeli in pellegrinaggio verso la Mecca, affetti da malattie della pelle: da allora venne venerato come “santo protettore” dei coltivatori di caffè, dei tenutari delle case di caffè e dei bevitori. In Italia, il caffè compare per la prima volta nel X° sec. a Salerno e considerato dalla celebre scuola medica come una bevanda dalle proprietà medicinali e digestive: con la decadenza di tale istituzione, ne scomparve l’uso per diversi secoli. I primi cenni scientificamente validi, risalgono alle descrizioni di Prospero Alpini, nel personale trattato “De plantis aegypti”. La diffusione in Europa della nera bevanda, avviene all’inizio del 1600 da Venezia, allora fulcro mondiale del commercio. Il commerciante Pietro della Valle -1615-, durante la permanenza a Costantinopoli, in una lettera comunicò ad amici l’intenzione di importare a Venezia il caffè: pochi anni dopo, 1645, venne aperta alle Procuratie Vecchie la prima “Bottega del Caffè”.

Anche nelle farmacie si inizia la vendita dei piccoli quantitativi di tale prodotto giunti con le navi; di seguito, furono aperte altre duecento botteghe tra cui, nel 1720, lo storico “Caffè Florian” da parte di Floriano Francesconi. A Vienna, il caffè giunge nel 1683 al seguito dell’invasione turca, i quali, una volta sconfitti, lasciarono cinquecento sacchi di caffè nell’accampamento velocemente abbandonato: Kolschitzky, polacco ed eroe, per onorificenza ricevette come premio tutti quei sacchi. Il nostro eroe che conosceva il modo turco per bere il caffè, si ingegnò per filtrarne i residui e lo addolcì col miele ed inoltre, si fece preparare dal fornaio Wendler dei dolci a forma di mezzaluna - kipfel - ed altri tondi dalla fornaia Krapf: ecco inventati i celeberrimi “krapfen”!!! In America è stato introdotto nel 1718. In Italia le prime torrefazioni compaiono alla fine del 1800.
Fino ad allora, il caffè veniva acquistato crudo e torrefatto spartanamente all’interno delle proprie mura domestiche. Da allora i torrefattori hanno tolto progressivamente questa incombenza nell’ambito familiare, ideando con professionalità miscele per avere un prodotto finale, cioè nella tazzina, sempre qualitativamente costante e calmierato nel prezzo al consumo.

IL CAFFE’ NELLA BOTANICA

La coffea, è un piccolo albero, da tre a dieci metri d’altezza, ma nelle piantagioni viene mantenuto attorno ai 2-2,5 m. onde agevolare le operazioni di raccolta; appartiene alla famiglia delle ‘rubiacee’ che si coltiva sia a livello del mare che a notevoli altitudini, in un’ampia area tropicale compresa tra il 35° parallelo lat. nord ed il 35° parallelo lat. sud. Le qualità migliori e maggiormente pregiate si coltivano oltre i 300 m. s.l.m. I bianchi fiori, piccoli e profumati, sono riuniti in grappoli all’ascella delle foglie. In una stagione si hanno diverse fioriture: nelle zone di pianura, assai piovose, i fiori ed i frutti sono presenti tutto l’anno. Il frutto, chiamato comunemente ciliegia, è una drupa che dal colore verde, in quanto acerba, che diventa rossa col passare di sei-sette mesi, contenente due semi circondati dalla polpa e protetti da una membrana pergamenacea - pergamino.

I semi, di forma piano-convessa, presentano un solco sulla faccia piana ed hanno endosperma corneo, contenenti idrati di carbonio, sostanze grasse, acidi, composti minerali ed aromatici ed un alcaloide: la caffeina. La pianta diventa produttiva verso i sei anni di età raggiungendo la maggiore produttività a 12-14 anni fino ad un limite massimo di circa trenta anni; i frutti, che maturano circa dopo dieci mesi la fioritura, devono essere raccolti solo se ben maturi, onde poter avere caffè con ottime qualità. La coffea ha molti parassiti sia animali [larve di lepidotteri, afidi, cocciniglie] che vegetali [agenti antracnosi, ruggine, cercosporosi] che attaccano e danneggiano le foglie, i frutti, i semi, spesso compromettendo l’intero raccolto.

LE PRINCIPALI SPECIE PRODUTTIVE


- COFFEA ARABICA LINNE’ - E’ la più antica specie di caffè nota. L’arabica si coltiva in altopiani montani o sui fianchi del vulcani, tra gli 800-1550 m. s.l.m., ed a volte anche fino a quasi 2000 m. La pianta contiene 44 cromosomi - autogama - che si riproduce con unione di ‘due‘gameti’ provenienti dallo stesso individuo ermafrodito: autogamia, si riferisce la pianta il cui fiore viene impollinato col polline del fiore stesso. Raggiunge mediamente i 4-5 m. di altezza avente seme di forma allungata misurante 8-12 mm. Fiorisce dopo ogni stagione delle piogge. I frutti maturano dopo circa nove mesi ed in un anno la pianta produce meno di 5 kg. che daranno appena 1 kg. di chicchi! Tale specie è presente nell’America centrale e meridionale ed in alcuni paesi africani quali, l’Etiopia, Kenia, Zimbabwe e in Oceania è localizzata esclusivamente su alture. L’aroma profumato, il gusto delicato e a volte fruttato e/o acidulo, fanno la gioia degli estimatori. L’arabica rappresenta circa il 70% della produzione mondiale: sensibilissimo alle malattie, a parassiti ed alle gelate, per cui essendo difficile coltivarla, è più costosa. Il contenuto ci caffeina è molto esiguo, 0,7-1,5%. Tra le numerose varietà di caffè arabica, il TYPICA ed il BOURBON sono i più famosi ed hanno dato vita ad altri ceppi quali, TICO, KENT, MOKA, MUNDO NUEVO, MARELLA, ed BLUE MONTAIN che si coltiva fino a 2500 m. s.l.m.

- COFFEA CANEPHORA PIERRE o ROBUSTA - Specie molto diversa dalla precedente: di aspetto più robusto e resistente sia alla alte temperature che alle tipiche malattie. Attualmente è coltivata in tutta l’area tropicale dell’Asia sud-orientale e dal Brasile, dove la pianta cresce fino a 700 m. d’altezza, ma la produzione maggiore si ha nell’Africa occidentale e centrale. Tutte le varietà di canephora hanno ventidue cromosomi e sono - alogame -, cioè si riproducono con l’unione di - due gameti - provenienti da individui diversi: alogamia si definisce la pianta il cui fiore ‘femmina’ viene impollinato con polline proveniente da un fiore avente sesso diverso. La pianta può raggiungere 10-12 m. d’altezza ed ha i semi di forma tondeggianti misuranti 5-8 mm.
Il contenuto di caffeina è notevolmente maggiore rispetto all’arabica, dal 2,5 al 4% ed anche oltre: dalla robusta si ottiene un caffè più corposo, potente, tonificante ma meno profumato per cui, essendo meno apprezzata, rappresenta circa il 30% della produzione mondiale anche se il prezzo è decisamente inferiore.
Commercialmente, la robusta è utilizzata quasi esclusivamente nelle preparazioni delle miscele, in cui il carattere forte è molto apprezzato. Le varietà di caffè robusta più pregiate ed utilizzate, sono GIAVAIEAC, NANA ed il KOUILLON del Madagascar, CONILLON dal Brasile.

- COFFEA LIBERICA - Originaria delle foreste della Liberia e Costa d’Avorio, è coltivata solo nelle pianure tropicali e sub-tropicali dell’Africa e sud America, Malesia e Filippine; pianta longeva e con crescita rapida, straordinaria resistenza e notevoli dimensioni. I chicchi sono appiattiti, molto irregolari dalla colorazione che vira dal giallo al bruno, inoltre, sono poco trattati sul mercato. La pianta è utilizzata soprattutto per innesti onde ottenere nuove varietà.

PRINCIPALI PAESI PRODUTTORI

Il Brasile occupa una indiscussa posizione di leader da oltre un secolo, avente quasi 2000000 di ha. coltivati a caffè, prevalentemente ubicati nelle regioni di Minas Gerais e di San Paulo. Già dai primi anni del XX° sec., l’insorgere di varie crisi economiche dovute alla sovrapproduzione ha portato, necessariamente, alla distruzione delle eccedenze, ma ancora attualmente il Brasile è il principale produttore di caffè con circa 1600000 t. Si tratta dell’indicatore di tendenza dei prezzi al mercato mondiale: è sufficiente una catastrofe climatica come una gelata, che avviene ogni 15-20 anni, perché i costi mondiali del caffè salgano bruscamente. Odiernamente, dalle piantagioni brasiliane si hanno l’85% della produzione di arabica che rappresenta circa un terzo del mondiale. I due terzi dei varie tipologie di caffè sono destinati all’esportazione. Gli altri paesi dell’America centrale e del sud in cui si produce l’arabica, sono la Colombia, secondo produttore mondiale con 800000 t., Costarica ed Honduras i quali forniscono al mercato mondiale i caffè più famosi e pregiati.

La coltivazione del caffè è presente in Giamaica e sulle pendici del vulcano Saint John’s Peak cresce il mitico BLUE MOUNTAIN. L’Africa con Etiopia, Kenia e Zimbabwe occupano posizioni di rilievo tra i produttori di arabica; inoltre, anche la Costa d’Avorio, Uganda e Cameroun producono buon caffè a poco prezzo, e che di sovente è fondamentale per l’equilibrio economico di tali stati: ad esempio, il caffè rappresenta più del 90% della bilancia commerciale dell’Uganda. L’Asia si è dedicata quasi interamente alla coltivazione della tipologia robusta, ad eccezione dell’India, nella zona del Karnataka, sita nell’area sud-occidente del paese, in cui si producono sia l’arabica che il robusta. Troviamo caffè notevoli anche nelle isole del Pacifico, Hawaii e Papua nella Nuova Guinea, mentre l’Indonesia rappresenta il primo produttore con circa il 20% della domanda mondiale. Il Vietnam, dedicatosi solo recentemente alla coltivazione del caffè, nel 2000 ha prodotto quasi 900000 t. di un ottimo e regolare prodotto, sia per qualità e per tipologie, rispetto a quello prodotto dai suoi stati confinanti.

TIPOLOGIE DI CAFFE’ VERDE SUL MERCATO

R O B U S T A:
- INDONESIA - sumatra, balì, celebes, timor, giava.
- BRASILE - conillon.
- COSTA D’AVORIO - arabusta.
- UGANDA - CAMEROUN - MADAGASCAR - GABON - ANGOLA - ZAIRE -

A R A B I C A:
- BRASILE - minas, bahia, paranà.
- pernambuco: gusto molto fine e particolare.
- bourbon: gusto profumato, leggermente neutro, non molto corposo, leggera acidità.
- santos: il più delicato e pregiato.
Si producono circa 25000000 di sacchi.
- JAMAICA - blue mountain: leggera acidità ed aromi floreali e fruttati unici!
- COSTARICA - volcanos, santiago.
- GUATEMALA - semi hard beans, fancy h.b., strictly h.b., good washed, extra g.w.,prime w., extra p.w., maragogipe.
- SALVADOR - central standard, high grown, strictly h.g.
- MESSICO - veracruz, oaxaca, maragogipe.
- COLOMBIA - cordigliera centrale, medelin, manizales, tolima, libano.
Si producono 14000000 di sacchi.
- HONDURAS - Si producono 1450000 sacchi.
- ALTRI - Kenia, Tanzania, Cameroun, Etiopia.

I CAFFE’ PREGIATI
Se la maggioranza dei consumatori di caffè si ‘accontenta’ di miscele, a volte sottili e spesso ordinarie, tra i numerosi tipi censiti nel mondo ne esistono di veramente eccezionali che meritano di essere consumati in assoluta ‘purezza’.

- Il BLUE MOUNTAIN, giamaicano del distretto di Wallenford Estate, di qualità arabica è stato importato dalla Martinica nel 1725 da un inglese, sir Nicholas Lawes, grande estimatore e conoscitore di caffè. Le piante sono localizzate principalmente nella parte orientale dell’isola ad un’altezza media 2000 m. di altitudine, all’ombra degli alberi di avocado e di grandiosi banani. Terreno prettamente vulcanico e favorevole alla coltura delle grandi piante, le cui particolari condizioni spiegano le qualità di questo caffè avente chicchi leggermente bluastri, sapore finemente acidulo e cioccolatoso, aromi fruttati e di buon corpo, inoltre, retrolfattivamente permane un’ottima eccellenza qualitativa. Tali rari chicchi sono conservati in fusti di legno da 70 kg.: imballaggio unico che sostituiscono i classici sacchi di juta. Poiché la domanda supera l’offerta in quanto se ne producono solo 170 t. l’anno, i prezzi raggiungono cifre da capogiro, per niente dissuasive per i giapponesi che ogni anno acquistano quasi l’80% della produzione totale.

- Anche il BENIFLEUR della Guadalupa, che deriva dalle stesse piantine importate da Gabriel de Clieu nel 1721: per oltre mezzo secolo era completamente sparito dalla produzione, mentre oggigiorno ha un meraviglioso futuro.

- Per quanto riguarda il KONA delle Hawaii, qualità arabica, costa la metà del rivale giamaicano ed alcuni estimatori lo considerano superiore per il sapore leggermente acidulo, pepato e per l’aroma soave.

Anche il CAPTAIN COOK, sempre arabica, con aroma delizioso e piena fragranza, sensazioni di vaniglia con profumi dal cioccolato al caramello; tendenzialmente dolce con gusti lievi e spiccata acidità dal retrogusto delicato, gradevole e rilevante percezione di freschezza palatale.

- In Guatemala si trova il SAN CRISTOBAL, ANTIGUA PASTORES dal profumo di caramello con predominanza di mandorla che al palato ricalca le piacevoli sensazioni olfattive; corpo pieno ed elevata acidità ma bilanciata, percezioni di retrogusto fini ed ottima rotondità. Anche il COBAN, acidulo e molto corposo. Ambedue sono arabica.

- In Messico si coltivano il CUSTEPEC, ALTURA, CHIAPAS TATACHULA, MARAGOGIPE, i cui giganteschi chicchi danno i migliori risultati se coltivati sulle pendici che dominano l’oceano Pacifico.

- In Costarica, paradiso degli estimatori del buon caffè, si ha il TOURNON, che si coltiva su terreni vulcanici, denso e profumatissimo, coniuga corpo ed aroma, anche il TARAZU ed il BELLAVISTA.

- In Salvador, il PACSA e l’ibrido PACAMARA.

- Nel Nicaragua, il PATAGALPA e il JINOTEGA.

- In Colombia, in delicato SUPREMO, soave e leggermente acidulo.

- Brasile, dove spesso la qualità lascia a desiderare, PERGAMINO SUL DE MINAS, ottimo con aroma fine dai netti sentori di cacao, morbida densità ed elegante.

- Il RIO VERDE EDEN, ottimo aroma e pieno, che si può associare al pane tostato ed al cacao amaro, gradevole e morbido, acidità percettibile e lieve, gradevole con ottima struttura e completezza, retrolfatto lungo e piacevolmente duraturo: tipo arabica.

- Venezuela, TACHIRA, MERIDA, MARACAIBO, di ottimo livello qualitativo.

- In Portorico, ALTO GRANDE, arabica, buon aroma dal bouquet ampio di fiori freschi, cacao e tabacco, è prodotto particolare, ha gusto dolce e di elevata qualità. Di corpo leggero ma gradevole con acidità fine e prolungata, inoltre, equilibrato e retrolfattivamente si percepiscono sensazioni uniche per complessità e finezza.

- Nella Repubblica Domenicana, il BARAHONA AA, arabica, si coltiva nella regione omonima e raccolto esclusivamente a mano; aroma fruttato con sentori di agrumi, gusto molto equilibrato e notevole retrogusto.

- Nelle Galapagos, SAN CRISTOBAL, arabica e di origine biologica; aroma particolare di dolce associato a fiori campestri con sentore di cacao e fine acidità, retrogusto dalla caratteristica persistenza e gradevolezza.

- Nell’isola di St.Elena, NAPOLEON VALLEY, arabica, bouquet superbo e fragrante che tende al floreale e fruttato, agrumi, caramello e gelsomino; sapore marcato e ricco ma molto equilibrato, dal retrogusto piacevole.

- In India, MYSORE, MALABAR; PARCHMENT AB si producono nelle piantagioni sud orientali di Nilgiris, aroma intenso con sentori di nocciola e leggera aromaticità, corposo ed un alto contenuto di caffeina.

- Anche il AAA KAAPI ROYAL, colore molto scuro e corposo, quasi denso, dal sapore gradevole e mai aggressivo con sentori di essenze di legni pregiati e spezie che lasciano un leggero retrogusto di cioccolato amaro e la corposità della sua infusione, tipica dei caffè indiani, che nell’insieme sono positivi. Questi caffè sono di robusta.

- Il PLANTATION A, qualità arabica, con piantagioni site nella Valley Nuggest nella zona di Mysore; aroma fruttato con sentori di mandorla e densità cioccolatosa e ricchezza di sensazioni amabilmente aromatiche: perfetto con pasticceria finissima.

- Indonesia, il celebre KALOSSI.

- Nella Nuova Guinea, si ha il forte e fruttato SIGRI.

- Nell’isola di Giava, PIANTAGIONI GOVERNATIVE, robusta, aroma caratteristico, forte e persistente, lievi sentori di legno, erbacei e sottilmente speziati, deciso e robusto, corposo e ricco.Si considera un prodotto neutro in quanto, pur coinvolgendo l’intero cavo orale, permane morbido.

- Il JAVA LARGE BEAN, robusta, aroma intenso con sentori di cioccolato amaro.

- Nello Yemen, MOKHA MATARI, arabica, con aroma delicato dal tipico sentore selvatico-vinoso, lievemente cioccolatoso; retrolfattivamente delicato con nota positiva di amaro.

- In Etiopia, SIDANO WASHED, arabica, si coltiva nella regione meridionale di Sidano, aroma delicatissimo, ampio, ricchezza in sensazioni floreali e fruttati, con retrogusto lungo e durevole, unico e prezioso: si degusta rigorosamente da solo.

- Anche il HARRAR LONGBERRY, arabica, presenta l’inconfondibile aroma floreale che tende ad una tipicità vinosa. Al palato si percepiscono le nette sensazioni olfattive, corpo pieno e per nulla acido; gusto morbido con sentori selvatici dal retrogusto senza predominanze ma con buon sentore di caffè.

- In Kenia, TOP QUALITY -AA-, arabica, delizioso aroma che ricorda il pane tostato, dolce, caramellato e dal sentore di agrumi; acidità elevata con impronta citrica che rende il gusto poco equilibrato. Caffè di matrice dolce, ha una buona sciropposità, mentre al retrogusto presenta rotondità e pienezza di sapori duraturi.

L’ IMBARCO - IL VIAGGIO E LO SBARCO….
Sono le fasi meno conosciute ma per questo non meno importanti: rivestono un compito vitale per il prodotto finale in tazzina. Il caffè raccolto viene imballato in sacchi ed a seconda della provenienza, si utilizzano diversi materiali e dimensioni per gli imballi. I più diffusi sono i sacchi di juta - da 60 kg.- ma possono essere anche di sisal, plastica, botti di legnocome per il pregiatissimo BLUE MOUNTAIN. La produzione, così imballata, è caricata in containers nei porti di origine che sono sempre documentati, e stivati in capaci mercantili: il nostro caffè può viaggiare anche per diverse settimane per giungere a destinazione; in Italia sono principalmente Trieste, Genova e Gioia Tauro ed hanno inizio le operazioni di sdoganamento. Molto interessanti sono le scrupolose operazioni di controllo ed analisi operate da istituti specializzati, in quanto devono attestare sia la catalogazione qualitativa che il prodotto giunto sia il medesimo di quello dichiarato in partenza, inoltre, accertare i dovuti requisiti igienico-sanitari. Per un bene alimentare di così grande diffusione ed importanza, tali verifiche assicurano sia l’acquirente che il consumatore finale. Tali controlli sono indispensabili per assicurare trasparenza nella commercializzazione del caffè crudo, in quanto è un’attività che coinvolge diversi passaggi e figure. Nella filiera del commercio, vi è il produttore, l’esportatore che in molti paesi è lo stato, il broker che pone in contatto esportatori ed importatori, l’importatore, in gergo ‘crudista’ e l’acquirente finale, cioè il torrefattore.

I L R A C C O L T O : un vero rito...
Raccogliere il caffè è un vero e proprio rituale che non ammette errori e ne disattenzioni, se si vuole che il prodotto finale sia eccellente come merita. La maggior parte delle bacche maturano contemporaneamente e devono essere tempestivamente raccolte ed immediatamente lavorate, poiché non si possono trasportare e nemmeno conservare; si può eseguire in due metodologie:

- PICKING - Consiste nella raccolta manuale, cioè una bacca per volta dei soli frutti a giusta maturazione, scartando quelli non idonei, acerbi o surmaturi; si eseguono più passaggi e comportano tempi maggiori e costi altrettanto più alti, per cui tale operazione si riserva ai caffè più pregiati.

- STRIPPING - E’ a raccolta indiscriminata di tutte le bacche, siano mature, acerbe, fresche, secche o surmature. Può essere effettuata sia manualmente che meccanicamente, anche se quest’ultima può compromettere la produttività e la qualità stessa dei raccolti degli anni successivi.

Per quanto concerne i caffè più pregiati, quindi quelli raccolti con sistema “picking”, un operaio raccoglie in un giorno circa 80-100 kg. di bacche che corrispondono quasi a 20 kg. di caffè verde: un sacco di caffè costa, mediamente, tre giorni di lavoro. Da ciò si verifica che l’operazione di raccolta incide per il 50% dei costi totali. Oltre che costosa, è anche un’operazione molto delicata e basilare per ottenere la migliore qualità: bastano poche bacche acerbe o surmature per causare gravi difetti all’intero prodotto. Si può applicare anche un’altra metodologia per la raccolta, ma è ancora poco utilizzata: consiste nel passare tra i rami, un pettine con denti molto morbidi e flessibili, per cui riescono a staccare solo le bacche mature, in quanto ormai prossime al distacco naturale.

La lavorazione

Il procedimento di lavorazione, essendo applicabile in due modi, non è uguale presso i vari paesi produttori: a “secco” e quella in “umido”.

- Metodo UMIDO - E’ considerato il modo migliore, in quanto consente di mantenere meglio il profumo ed il sapore del grano. Il caffè lavato in umido, noto come W.I.B. - westindische international beriding -, venne messo a punto nel 1740 a Giava, ed è comunemente detto “lavato o milds” . La ciliegia è passata in un bagno di acqua corrente per rompere la buccia e la polpa ed in questa fase avviene un’ulteriore cernita: i frutti con imperfezioni rimangono a galla e quindi possono essere eliminati Di seguito, si esegue una fase di fermentazione, nella quale il frutto rimane ancora immerso per 1-3 giorni in modo che la pellicola - mucillagin- si stacchi decomponendosi. I chicchi sono lavati in piccoli canali e successivamente essiccati al sole o in essiccatoi: ultima fase, i frutti sono passati in apposite macchine dette decorticatrici, che spezzano il duro pergamino senza danneggiare il chicco verde. Questo metodo necessita di molta acqua ed è più costoso, ma il prodotto che si ricava ha una qualità migliore e col vantaggio di fornire partite più omogenee e costanti.

- Metodo TRATTAMENTO A SECCO - I frutti sono fatti essiccare distendendoli al sole per 2-3 settimane o in essiccatoi, muovendoli continuamente onde evitare eventuali fermentazioni. Quando la polpa è secca, si fanno passare le bacche nella macchina decortatrice, che spezza la buccia ed il pergamino, liberando così i chicchi. Al termine, tramite setacci si separano i chicchi medesimi da buccia e polpa e si dividono per grandezza: il caffè verde così prodotto, si chiama naturale o non lavato. Tale metodo è utilizzato soprattutto in Africa centrale ed in Brasile.

CLASSIFICAZIONE - ASSAGGIO - VALUTAZIONI
Ogni caffè ha una propria identità riconosciuta da vari parametri:
- provenienza - comprende la zona di produzione, il porto d’imbarco, il produttore.
- proporzione dei difetti - su un campione di 300 g. come sono ripartiti i chicchi non maturi, avariati, spezzati e corpi estranei: dal punteggio massimo di “1” - senza difetti -, al minimo di “8” il più comune e scadente.
- grandezza del grano - la misura è espressa in crivelli, generalmente da 13 a 20.
- annata del raccolto - dell’anno in corso, nuovo o vecchio.
- il colore -
- la specie -
- tipologia di lavorazione - naturale o lavato.
- forma del chicco - flat bean: piatto, bourbon: arrotondato e convesso, caracolito: rotondo e piccolo, maragogipe: molto grosso.

Tali dati compongono la carta d’identità del caffè prodotto all’origine e fornisce le caratteristiche di massima affinché un acquirente riesca ad orizzontarsi nella scelta del prodotto prossimo alle personali esigenze. Ma per incorporare un nuovo caffè ed ottenere così un equilibrio perfetto quale è la miscela, è indispensabile sostenere un’ulteriore e definitiva prova al caffè stesso: l’assaggio, che comprende due analisi.
- per infusione - ottenuto con una leggera tostatura, cioè molto chiara e macinato molto grosso, si deposita in acqua bollente per alcuni minuti e la bevanda non dolcificata così ottenuta, si valuta. Sistema molto usato anche se non concede risposte sulla corposità e lascia vaghe le indicazioni organolettiche secondarie.
- per espresso - valutazione tramite i canoni classici del caffè all’italiana.

M I S C E L A Z I O N E
Nessuna varietà di caffè riunisce in sé tutte le caratteristiche di corpo, aroma e gusto necessarie per ottenere un’ottima bevanda, pertanto è indispensabile miscelare più tipi di caffè, di varie qualità e provenienza.
Le miscele di arabica o di arabica e robusta, sono elaborate in seno all’azienda di torrefazione con un lavoro di équipe e di pazienza, poiché lo scopo principale è di ottenere un prodotto che manifesti particolari caratteri e sia costante. mLa caffeologia necessita di grande percezione olfattiva ed eccellenti papille gustative. Ogni tipo di caffè ha caratteristiche proprie, per cui si miscelano armoniosamente le svariate personalità di sapori ed aromi diversificati tra loro: iniziando da una mono origine, relativamente neutra, si otterranno così nel prodotto finale le peculiarità volute.

Il miscelatore provvederà, aggiungendo piccole quantità di caffè di provenienza e tipologia diversa, a sottoporre al giudizio dei degustatori, considerando sempre l’aspetto finanziario relativo al futuro prodotto, ottenendo così il miglior rapporto qualità-prezzo. La discrezione della fabbricazione lo richiede: la composizione definitiva delle miscele realizzate ed ottenute, è chiaramente mantenuta segreta e tramandata addirittura di generazione in generazione. Tuttavia resteranno sempre in vendita delle miscele di robusta-arabica meno saporite dell’arabica pura, in modo tale da venire incontro a tutte le tasche, ricordando però che la miscela di qualità sarà proposta ad un prezzo più elevato. La miscelazione può avvenire prima o dopo la torrefazione: se si miscela prima si ottiene un prodotto più omogeneo per gusto e profumi; miscelando dopo si può regolare meglio la tostatura delle varie partite in base alla dimensione e varietà di caffè.

T O R R E F A Z I O N E - T O S T A T U R A
Il caffè acquistato è immagazzinato ed ulteriormente analizzato per verificarne la rispondenza delle caratteristiche richieste e dare al torrefattore tutte le informazioni necessarie per la successiva, delicata e decisiva fase della cottura. La partita di caffè crudo è stoccata in appositi ambienti aventi ottimale circolazione di aria e minime escursioni termiche, onde evitare il formarsi di muffe ed evitare che un prodotto naturale “vivo” posa alterare le proprie qualità a causa di esposizione a sorgenti di odori, gas ed altre negatività. Particolare importanza riveste il ruolo dell’umidità, ovvero la quantità d’acqua contenuta nei grani: se eccessiva, diventa facile preda di deperimenti e muffe con un conseguente difficile stoccaggio ed altrettanto mantenimento dello standard qualitativo nel tempo; se troppo bassa invece, rende fragile il chicco. Il caffè è pronto per essere torrefatto, cioè a subire un processo di trasformazione completa, delicatissimo e dalle molteplici varianti:

- TORREFATTRICE AD ARIA DIRETTA - Il caffè viene cotto insufflando aria riscaldata e ad elevata pressione in appositi contenitori: procedimento è molto rapido, circa 5-8 minuti, poiché diretto e a ciclo continuo. Adatto per grandi produzioni massificate, cioè grande industria e caffè macinati e per tostature più leggere e meno precise.

- TORREFATTRICE A TAMBURO ROTANTE - Si utilizza aria riscaldata e non vi è contatto diretto tra la fiamma ed il prodotto e richiede tempi più lunghi, circa 15-20 minuti, poiché tra una tostata e l’altra, il cilindro riscaldato deve ripartire con un ciclo nuovo. E’ il tipo più diffuso. All’interno del tamburo i chicchi sono riscaldati da un flusso di aria calda generato da un bruciatore, per cui galleggiano nell’aria; in seguito sono scaricati da un bocchettone di uscita nella tramoggia di raffreddamento, dove le pale muovono i chicchi mentre vengono attraversati da un flusso di aria fredda.

Altra opzione della tostatura, come operazione, è dato dal grado di cottura: dalle più leggere, all’americana, di 170-180 °C soprattutto nel nord Europa e nord America, per ottenere prodotti adatti all’infusione, cioè i cosiddetti “filter coffee”, fino alle tostature più spinte quale è quella per l’espresso all’italiana, di circa 200-250 °C. A questo punto il responsabile della tostatura, avendo chiaro l’obiettivo ed il materiale a disposizione - tipo di macchina e caffè crudo -, può procedere con tale operazione che inizia con una prima pulitura del caffè crudo mediante aspirazione, spietratura ed eliminazione delle impurità; segue la fase di cottura vera e propria e, una volta raggiunto l’obiettivo, si ha il raffreddamento ad aria del prodotto nell’adatto vascone. In quei 15-20 minuti in cui il caffè viene tostato, si hanno importanti e definitive trasformazioni:
- la residua pellicola del chicco viene essiccata ed aspirata;
- la componente acqua si riduce dal 10 al 1%;
- gli zuccheri si riducono dal 10 al 2% diventando caramellato e dando il tipico colore al caffè, inoltre, imprime il classico sapore amaro-dolce a seconda del grado di tostatura, dovuto anche alla carbonizzazione della cellulosa;
- i grassi e le proteine, pur riducendosi, si trasformano nei particolari aromi che ne caratterizzano l’aroma;
- gli acidi e le sostanze volatili tendono a scomparire dissolvendosi più è marcata la tostatura;
- il peso del singolo chicco di caffè diminuisce fino ad un massimo del 20 %, mentre la sua massa aumenta fino al 60 %;
- il tenore di caffeina, che a 170 °C. dovrebbe volatilizzarsi, in realtà diminuisce all’aumentare della temperatura ma in modo contenuto, perché a tale temperatura il chicco diventa pressochè impermeabile.

Tutte queste trasformazioni consentono di capire l’importanza e la cura che richiede tale operazione e quanto influisca sul prodotto finale. La tostatura più spinta imprime maggiori caratteristiche di amaro mentre se leggera, si evidenziano le caratteristiche di fruttato, acido ed erbaceo. La miscelazione, ovvero l’indiscussa arte di incastonare caffè diversi di origine e peculiarità, per ottenere un prodotto finale di alta qualità: classica tradizione dell’espresso all’italiana. In una miscela possiamo ritrovare da due a dieci ed oltre dieci tipi di caffè diversi. Non è detto che molte varietà di caffè in una stessa miscela possano significare più qualità, poiché tale finezza è data soprattutto dalla qualità iniziale dei vari tipi di caffè utilizzati, l’equilibrio e l’armonia con cui sono, appunto, miscelati. La miscela comunque, parte da un principio ispiratore, ovvero il voler ottimizzare tutte le caratteristiche positive, nascondendone i difetti, iniziando dalle proprietà più significative, sia dai caffè robusta che arabica. E quanto è più delicato tale equilibrio, poiché si utilizzano proporzioni maggiori di arabica, con abbassamento del tenore di caffeina ed un innalzamento degli aromi, la miscela sarà di elevata qualità.

Come miscelare i vari caffè, esistono due correnti di pensiero, aventi entrambi buone motivazioni. Una, afferma che la miscelazione di tutti o una prima parte dei caffè, debba avvenire al momento della tostatura, in modo tale che già in questa importante fase, i caffè, possano interagire ed influenzarsi a vicenda, evoluzione che certamente avviene. L’altra tesi, ritiene che i caffè debbono essere tostati singolarmente e poi miscelati successivamente, perché una tostatura simultanea di più prodotti, rischia di cuocere bene alcuni chicchi e non perfettamente quelli con caratteristiche diverse non ottenendone il massimo risultato. La miscela necessita di alcuni giorni di riposo, affinchè tutti i caffè che la compongono possano respirare assieme scambiandosi le reciproche qualità. Una sonda percepisce la temperatura del caffè durante la torrefazione, mentre un’altra può captare la temperatura al momento di sfornare il prodotto tostato: tali accessori sono inutili se regolati da mani inesperte, e senz’altro rilevano i dati che chiediamo loro, ma non possono assolutamente cogliere l’attimo migliore per sfornare la “cotta”. Il caffè, che ruota all’interno del tamburo caldo della torrefazione, al momento “perfetto ed ottimale” di cottura comunica con un lieve scricchiolio di essere “pronto”: tale espressione del caffè può essere percepita solamente da chi conosce perfettamente il linguaggio della tostatura. Ogni torrefazione caratterizza il proprio prodotti col grado di cottura ed il tipo di miscela. La miscelazione corretta dei differenti caffè è frutto di anni di sperimentazioni.

C O N F E Z I O N A M E N T O
Il caffè verde si conserva a lungo senza problemi, ma dopo essere stato torrefatto le sue caratteristiche gustative durano pochi mesi; per tale motivo, ed anche per il fatto che la tostatura varia da paese a paese, la torrefazione avviene nel paese consumatore. Se lasciato aperto, il caffè tostato perde gran parte delle sue qualità in quindici giorni, per cui il confezionamento è molto importante. Una volta torrefatto, il caffè è subito confezionato per conservarne le qualità più a lungo possibile. I chicchi tostati sprigionano però gas derivanti dalla combustione, dei quali le tecniche di confezionamento devono tenere conto per evitare che i contenitori scoppino. I produttori sono tenuti a riportare sulla confezione la data di scadenza e non quella di produzione, per cui se si vuole sapere la “data di scadenza”, occorre leggere tale datazione e sottrarre ad essa “diciotto mesi”, che è appunto il periodo di conservazione previsto dalla legge. Il caffè va conservato in un ambiente non troppo freddo né caldo e possibilmente non umido: la conservazione ottimale è tale quando ci si riferisce al mantenimento delle migliori caratteristiche organolettiche.

Per confezionare il caffè, si utilizzano quattro metodi:

- CHIUSURA NON ERMETICA - Trattasi in genere di sacchetti di caffè in grani, senza nessuna valvola. Si possono notare nella confezione piccoli fori che permettono ai gas che si sprigionano dai chicchi di uscire, ma anche all’aria di entrare. Il caffè così confezionato andrebbe utilizzato entro un mese dalla torrefazione e conseguente confezionamento.

- SOTTOVUOTO - Si crea il sottovuoto nel contenitore e, per evitare che i gas si sprigionino normalmente gonfino la confezione fino a lacerarla, si inserisce una piccola valvola unidirezionale che fa uscire i gas stessi, ma impedisce all’aria esterna di entrare. Tale sistema, molto usato per le confezioni di caffè in grani, consente al prodotto di mantenersi ottimamente per circa sei mesi.

- SOTTOVUOTO SPINTO - Viene tolta l’aria ai sacchetti o barattoli, che quindi sono chiusi ermeticamente, ma oltre all’aria presente, si aspirano anche gran parte delle sostanze aromatiche volatili e l’anidride carbonica che si sprigionano dai chicchi dopo la tostatura. Questo metodo si utilizza in genere per il caffè macinato, che si mantiene bene per circa tre mesi, anche se il degasamento impoverisce la miscela di molti aromi.

- PRESSURIZZAZIONE - Il caffè è confezionato in contenitori metallici a tenuta stagna molto resistenti, creando il sottovuoto ed immettendo gas inerti - azoto o anidride carbonica - con una bassa pressione: una valvola di sicurezza elimina eventuali eccessi di pressione dovuta ai gas sprigionati dal caffè. Questo metodo, più costoso, consente una conservazione prolungata, anche oltre tre anni, ed una migliore preservazione degli aromi volatili.

FASI DELLA PRODUZIONE DEL CAFFE’
-
R A C C O L T A
- L A V O R A Z I O N E
- TRATTAMENTO A SECCO TRATTAMENTO IN UMIDO
- - ESSICAMENTO SPOLPATURA
- SNOCCIOLATURA FERMENTAZIONE
- SETACCIATURA LAVAGGIO
- CAFFE’ NATURALE o NON LAVATO ESSICAMENTO
- SNOCCIOLATURA
- CAFFE’ LAVATO
- EVENTUALE SELEZIANATURA
- CONFEZIONAMENTO
- SPEDIZIONE
- EVENTUALE SELEZIONATURA
- MISCELAZIONE
- PRIMa oDOPO LA TORREFAZIONE
- TORREFAZIONE
- CONFEZIONAMENTO

D E C A F F E I N A T O
La caffeina, alcaloide delle famiglia delle purine, i cui effetti stimolanti sono noti da lungo tempo, può essere pericolosa soltanto se ingerita a dosi massicce ed a soli particolari individui. La decaffeinizzazione industriale fu inventata nel 1905 in Germania da Ludwig Roselius, dando così vita al “Caffè HAG”. Si possono utilizzare tre metodi per l’estrazione della caffeina dal caffè verde.

- DECAFFEINIZZAZIONE CHIMICA - Primo ed unico fino a qualche anno fa, ma in via di eliminazione, nonostante sia ancora il più diffuso: prevede l’uso di solventi chimici, ‘acetato di etile’, fissando il limite massimo di residui nel prodotto finito.

- DECAFFEINIZZAZIONE AD ACQUA - Prevede l’utilizzo di soluzioni acquose sature delle sostanze solubili del caffè ad eccezione della caffeina, all’interno delle quali viene immerso il caffè. La soluzione estrae ciò di cui non è satura, cioè la caffeina: in circa otto ore se ne estrae quasi il 98% ed a tale punto il caffè viene essiccato con aria calda.

- DECAFFEINIZZAZIONE CON ANIDRIDE CARBONICA - Il caffè è inumidito con acqua e vapore fino a raggiungere il 40-50 % di umidità, successivamente viene posto in un estrattore all’interno del quale il prodotto è portato alla temperatura di 60-75 °C ed immerso in un flusso di anidride carbonica alla pressione di 130-180 atm. che estrae la caffeina. Per potersi definire e chiamare decaffeinato, la legge prevede che la percentuale di caffeina non deve essere superiore alla soglia dello 0,06 %.

Recentissime ricerche da parte di alcuni scienziati brasiliani, avrebbero scoperto una pianta naturale di caffè decaffeinato, ovvero la prima “Coffea Arabica Decaffeinata”. Se tale pianta sarà commercialmente produttiva, il caffè così prodotto naturalmente decaffeinato, potrà fare la comparsa sul mercato tra 5-6 anni: se non sarà possibile, occorrerà incrociarla con altre piante ed attendere almeno quindici anni prima che venga commercializzato. Già in passato sono stati fatti numerosi tentativi di creare piante che producessero caffè naturalmente decaffeinato, ma i risultati non stati conformi alle attese.

C A F F E’ & S A L U T E
Data la diffusione del caffè nel mondo, da sempre si sono succeduti studi sugli effetti di questa bevanda sull’organismo umano. Un momento decisivo per lo studio medico del caffè, fu il triennio 1970-’72, in cui si tenne il simposio biofarmacologico sul caffè, la “19^ Conferenza Internazionale sulla Scienza del Caffè”, organizzata dall’Association Scientifique International du Cafè. Per tre anni si raccolsero dati ed analisi a livello scientifico ed internazionale, sfatando molte credenze. Da allora gli aggiornamenti sulla materia hanno perfezionato la conoscenza scientifico-medica con alcuni punti fermi. Il caffè non è indispensabile alla natura umana, ma molte sue sostanze hanno effetti benefici sull’organismo. Considerato come un prodotto nervino perché la sostanza che dona più influssi è un alcaloide conosciuto universalmente come caffeina. Si rileva che una tazzina di espresso contiene dai 60-100 mg. di caffeina, un decaffeinato 2-5 mg. mentre una tazza da 150 cc. ottenuto con infuso, 90-130 mg.

Anche se la caffeina è una sostanza solubile in acqua e non si accumula nell’organismo, ma viene metabolizzata ed eliminata rapidamente, è importante sottolineare che, a differenza di ciò che si pensa comunemente, l’espresso non è più ricco di caffeina degli altri: questo è dovuto sia ai tempi di estrazione più brevi, che alla qualità di caffè utilizzata per ogni tazza, cioè 6-7 gr. contro i 10-15 gr. L’espresso contiene quindi meno caffeina anche di un caffè preparato con la moka, con la napoletana o altro sistema. Molte persone sono convinte che un espresso lungo faccia meno male di uno ristretto perché più leggero, niente di più errato!! E’ vero che un caffè lungo ha gusto più leggero in quanto è più diluito con acqua, ma è anche vero che contiene più caffeina dovuta all’estrazione prolungata, con in più maggiori sostanze cerose che possono renderlo meno digeribile. Sul contenuto di caffeina incide chiaramente anche il tipo di miscela utilizzato: una tazza di sola arabica avrà meno caffeina di una con la sola presenza rilevante di robusta. Innanzitutto non porta ad assuefazione, anche se non è consigliato l’abuso.

Agisce beneficamente al cuore, potenziando il tono arterioso, migliorando la circolazione coronaria e non alterando la pressione. Anche l’apparato respiratorio, i polmoni, beneficiano delle qualità del caffè potenziandone la dilatazione dei bronchi, inoltre, aiuta a combattere l’asma, cura l’apnea neo-natale. A livello di muscolatura, riduce la stanchezza e migliora il coordinamento dei movimenti. Stimola i nervi vasomotori aiutando e facilitando la digestione: è sempre positivo, oltre che per il piacere, una tazzina di caffè dopo aver mangiato. Stimola la produzione della bile al fegato e la contrazione della cistifellea. Ma il più importante effetto della tazzina di caffè avviene a livello cerebrale e nervoso, poiché provoca un risveglio delle facoltà mentali, allontana la sonnolenza, la noia, la stanchezza non solo fisica ma anche quella psichica, potenzia la capacità mnemonica e dell’apprendimento, la concentrazione ed attenua cefalee ed emicranie, ma soprattutto…. Il caffè stimola il più importante dei nostri sensi: il gusto della vita!!!

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Pier Luigi Nanni

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