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Vino in garage

Vendemmia 2010: anche questa è andata

di Luca Risso

MappaArticolo georeferenziato

Anche questa volta è andata. Quest’anno non è stato facile. Non so nelle altre regioni, ma qui in Liguria è stata una annata un po’ da dimenticare. Inverno freddo, ritardo della partenza vegetativa, piogge estenuanti fino a Giugno, poi qualche giorno caldissimo, poi tantissima pioggia ad Agosto e ancora a Settembre. Ci sono zone dove l’uva è ancora lontana dalla maturazione (complici esposizioni così così o rese eccessive) ma già è pesantemente attaccata dalla botrite.

Anche il mio vigneto nonostante le cure amorevoli non è stato immune dai problemi, e qualche grappolo (pochissimi per fortuna) è stato aggredito dalla botrite e quindi dal marciume. Siccome la mia uva ancora non basta a raggiungere la famosa soglia dei 100 Kg, ho acquistato anche 50 Kg di Montepulciano pugliese, al prezzo di 70 centesimi al chilo. Erano tre cassette. Una in buone condizioni, due mezze ammuffite. Ovviamente i grappoli belli erano in cima alla cassetta.

In questi casi il nostro garagismo aiuta parecchio perché se è molto noioso diraspare a mano ogni grappolo, mi pare anche l’unico modo per eliminare gli acini ammuffiti o i grappoli marci nascosti dentro le cassette. Comunque alla fine quello che è finito sotto i miei stivali non era malaccio. Il pH era compreso tra 3 e 4 (vabbè, cartina tornasole) e il brix era 20 gradi abbondanti. Considerando che l'anno scorso con 19.5 sono arrivato a 13.5° di alcol, direi che almeno sotto questo aspetto siamo a posto.

L'uva diraspata a mano è stata pressata con i piedi in un catino e poi versata in un tino in resina. Sono stati necessari diversi passaggi. Da subito è stato aggiunto il metabisolfito, in misura di 8 grammi per un volume finale di 80 litri di mosto. Quindi il tino è stato chiuso con un coperchio e attualmente è lì che aspetta che parta la fermentazione. Non ho aggiunto lieviti selezionati, né additivi di sorta. Questi due punti (metabisolfito e lieviti) mi danno il destro per alcune considerazioni.


SO2


Questa è una annata dove è più che mai opportuno il suo utilizzo. Uve un po' approssimative significa alti livelli di ossidasi e laccasi, due enzimi potentemente ossidanti che la solforosa è in grado di inibire. Attenzione però a non abusare di essa. A parte l'ostacolo che comunque rappresenta alla partenza della fermentazione, un eccesso di solforosa è del tutto inutile. Nemmeno una molecola di SO2 aggiunta prima della fermentazione è destinata a rimanere “libera” (la forma utile) al suo termine. Infatti la fermentazione alcolica è una reazione a più fasi, e l'ultimo passaggio consiste nella riduzione in alcol dell'ossido di etilene (etanale).

Siccome l'etanale è forse la molecola con cui la SO2 si lega più facilmente, tutto l'eccesso di solforosa alla fine sarà assorbito da esso. Non solo, ma questa piccola riserva di zolfo, in alcune fasi successive dell'evoluzione del vino potrebbe addirittura essere disponibile alla formazione di mercaptani puzzolenti.


Lieviti

Si sente spesso dire che sull'uva sana non ci sono lieviti. Si tratta di una verità, ma accademica. Io conosco abbastanza bene il mondo accademico e mi vedo il nostro occhiuto ricercatore che prende un bel grappolo perfetto, stacca l'acino migliore, lo analizza e.... NON CI SONO LIEVITI!

Ma perché una bestia nata per vivere in un liquido zuccherino dovrebbe stare sopra l'arida superficie di un acino? Mistero. A questi ricercatori occorrerebbe un po' di pratica di vendemmia manuale, per vedere cosa arriva in cantina, quali nubi di moscerini seguano i carri con l'uva, che ammasso “vivente” sia una cassetta piena di uva. E badate, parlo non solo del 90% di robaccia che finisce nel 90% dei “cantinoni”, ma anche nei miei grappoli staccati con le forbicine per unghie, dove stacco uno a uno gli acini beccati, avvizziti, insomma faccio il possibile, ma mai e poi mai mi è capitato di vedere una vigna “perfetta”, con tutte le piante “perfette”, con tutti i grappoli “perfetti”, con tutti gli acini “perfetti”. La vita è così, si nutre di imperfezione.

Mi ricordo lo studio di un problema da parte di un mio (giovane) ricercatore: si trattava di studiare il rumore di una lama circolare che taglia. Teoricamente non dovrebbe esserci rumore perché (sempre teoricamente) la lama non ha sollecitazioni trasversali, ma la teoria è un conto e la pratica un'altra cosa. Così è anche per i lieviti, di cui molti grappoli al momento della vendemmia sono pieni, anche se alcuni ricercatori magari non ci credono.

Questo non significa però che tali lieviti siano “indigeni”, grande panzana. Non so se i miei lieviti saranno di Carro, pugliesi o di qualche autogrill dove il camion si sarà pur fermato. E poi i lieviti sono animali peccaminosi che spesso copulano e perciò chissà cosa hanno fatto e generato nel frattempo. Però ci sono e di solito lavorano, e lavorano molto meglio se tenuti “in riga” dalla solforosa, che almeno elimina quelli più rompiscatole. Certo può capitare che ce ne siano di davvero rompiscatole, e allora occorre chiamare la cavalleria, ovvero i lieviti selezionati in grado di fare il lavoro che gli si chiede. E' questo il punto. Se si usano lieviti selezionati occorrerebbe sapere cosa si chiede loro, ciò per cui sono stati selezionati. Se si rinuncia a questa informazione per me tanto vale lasciar fare alla fermentazione spontanea.

Nel caso si usino lieviti selezionati però bisogna usarli bene! Ecco i consigli che ci da Angelo Mignosa, valente e appassionato Garagista toscano:

La crescita della popolazione del lievito in fermentazione è rappresentata dal numero di cellule in rapporto al tempo. L’evoluzione presenta tre fasi: latenza, crescita e fase stazionaria, e dipende dal ceppo di lievito, dal tipo di mosto e dalle condizioni di fermentazione. La fase di latenza , dipende dalla quantità e dallo stato delle cellule di lievito inoculate. Durante la fase di crescita le cellule si dividono ad intervalli regolari (secondo il proprio tempo di generazione) ed il tasso di crescita della popolazione è in rapporto al numero di cellule e del tempo di duplicazione.

La fase stazionaria si ha quando l'esaurimento delle sostanze azotate presenti nel mosto o l'accumulo di prodotti secondari nocivi (ad es. alcool) limita il tasso di crescita ed il numero di cellule vive resta costante. Nella vinificazione la parte maggiore della fermentazione è svolta dalle cellule nella fase stazionaria. Il rallentamento è dovuto alla bassa efficacia del sistema di trasporto degli zuccheri, regolato dalla disponibilità di azoto. Quando c'è una carenza di azoto assimilabile (soprattutto nelle prime fasi), la velocità fermentativa decresce e può portare ad una fermentazione stentata o ad un arresto.

E’ utile utilizzare in abbinamento ai lieviti degli attivanti a base di azoto per ovviare a partenze stentate o arresti fermentativi. Un rallentamento potrebbe esse anche dovuto all'accumulo di etanolo che ha degli effetti nocivi sulla membrana cellulare. L'alcool aumentando la permeabilità della membrana riduce la sua selettività, avviando una diminuzione del pH della cellula, fino alla morte della cellula stessa.

L'attività del lievito è fortemente influenzata dalla temperatura di fermentazione. I lieviti possono fermentare a temperature comprese trai 4° ed i 40°C. Le fermentazioni più veloci (ma non necessariamente le migliori dal punto di vista enologico) si ottengono operando tra i 25° ed i 35°C. La temperatura influisce anche sulla produzione di composti secondari, molto importanti per la qualità del vino. Oltre ad azoto, zuccheri e vitamine, il lievito necessita di ossigeno. In assenza di ossigeno una coltura di lievito potrà completare solo 2 o 3 generazioni ed è necessario garantire una adeguata disponibilità di ossigeno al lievito in moltiplicazione, attraverso rimontaggi e follature del mosto durante i primissimi giorni di fermentazione.

I lieviti Saccharomyces cerevisiae sono in grado di sviluppare l'attività fermentativa nell'intero intervallo di pH che riguarda il vino. Tuttavia a pH alti (ambiente basico) la competizione dei microrganismi indigeni nei suoi confronti può essere maggiore, a pH basso (acido) invece l'efficienza del lievito si riduce . Le operazioni prefermentative devono rendere il mosto più "ospitale" per i lieviti del genere Saccharomyces e devono essere anche realizzate nel minor tempo possibile, in modo da limitare lo sviluppo della flora indigena.

Sebbene la presenza di microrganismi sia scarsa sulle uve in vigneto, durante le operazioni che precedono l'inoculo di lievito può facilmente verificarsi una notevole proliferazione di lieviti, batteri e muffe. Spesso nei mosti pronti per l'inoculo si trovano popolazioni indigene per numero dominanti sulla quantità di lievito che ci si appresta ad inoculare, questa condizione può compromettere seriamente la qualità del vino futuro, a causa della comparsa di numerosi composti indesiderati che tali microrganismi sono capaci di produrre.

E' fondamentale arrivare alla fermentazione alcolica con un mosto che abbia una carica microbica indigena la più bassa possibile. L’azione della SO2 in questi casi può essere determinante per far prevalere i lieviti sulle popolazioni indigene di microrganismi . Affinché l'inoculo di lievito selezionato sia efficace è necessario inoculare un numero di cellule da 20 a 100 volte superiore alla popolazione indigena già presente nel mosto.

Se il rapporto tra ceppo selezionato e lieviti indigeni è inferiore, è possibile che il primo non riesca a dominare la fermentazione. L’inoculo dei lieviti deve avvenire garantendo una differenza di temperatura fra il lievito reidratato ed il mosto non superiore ai 10°C. Se il mosto è troppo freddo si farà un'acclimatazione del lievito aggiungendo gradatamente al lievito reidratato una uguale quantità di mosto freddo, e dopo 20-30 minuti si aggiungerà alla massa.

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23 Commenti

Inserito da Massimo Scanferla

il 24 settembre 2010 alle 10:01
#1
Ottimo come sempre. Tienici aggiornati! Ciao, Massimo

Inserito da Michele

il 24 settembre 2010 alle 10:55
#2
In soldoni se non ho capito male , spiega che i lieviti selezionati vanno inoculati con un certo criterio e determinati passaggi per reidatrare e acclimatare nel modo giusto , altrimenti sono inutili.
Inoltre bisogna cercare di far passare minor tempo possibile per evitare che la flora indigena si moltiplichi sovrastando e rendendo vana la presenza dei selezionati.
Ho capito bene?
@Luca
Se non sbaglio, quindi, non sei favorevole all'aggiunta di additivi quali lieviti, batteri lattici,e cosi' via..

Inserito da Luca Risso

il 24 settembre 2010 alle 11:31
#3
@Michele
Non sono né favorevole né contrario. Sono scelte e in quanto tali è meglio se sono consapevoli.

Luk

Inserito da Angelo Mignosa

il 25 settembre 2010 alle 14:53
#4

@Michele,

è importante che l'azione dei lieviti si avvii al più presto così da scongiurare l'attività di altre popolazioni di organismi presenti nel mosto.

Un'azione 'bloccante' sulla proliferazione degli indesiderati è data dalla SO2.

I lieviti selezionati sono più resistenti e sopportano meglio l'ambiente solfitato, ma attenzione a non esagerare con la solforosa altrimenti si inibisce anche l'attività dei lieviti inoculati( ne ho fatto un'esperienza diretta con la vinificazione in bianco, fermentazione bloccata per 5 giorni ! )

Sull'uso o meno dei lieviti , sono d'accordo con Luk, non ha ragione d'essere pro o contro, è una scelta che va fatta consapevolmente rispetto agli obiettivi che ognuno si propone.
Inoltre se il problema è mantenere una logica e approccio "nature" ovvero rispettare le caratteristiche varietali delle proprie uve, si possono usare lieviti con questa specifica caratteristica, e che non "aggiungono" nulla al vino in termini di aromi e sentori.
Io dopo lunghe riflessioni,una giusta dose di informazioni e documentazione, ho deciso già dallo scorso anno di usarli.

Giusto ieri ho svinato il rosso e sono abbastanza soddisfatto.
Dopo 6 giorni di macerazione ho trasferito dal tino alle damigiane un bel vino pulito al naso, un bel colore rosso acceso, buoni profumi, giusta acidità.....ciò che conta è soddisfare le nostre aspettative e fare un sano prodotto.

Inserito da lamberto tosi

il 25 settembre 2010 alle 16:30
#5
Da ricerche condotte in diverse università italiane ed estere si evince che i lieviti che conducono le fermentazioni spontanee non si trovano sugli acini ma in cantina, nei contenitori, nelle tubazioni, nell'ambiente. Una prova condotta a Bordeaux 3 anni fa dimostra che in una cantina in cui per 10 anni si erano utilizzati lieviti selezionati e successivamente si era passati alle fermentazioni spontanee, a tre anni di distanza dall'ultima vendemmia con inoculo selezionato, erano ancora i lieviti selezionati a condurre le fermentazioni in cantina.
A proposito della solforosa, sono d'accordo che l'etanale è un ottimo accettore di SO2 ma dalle analisi che si fanno a fine fermentazione si scopre sempre una quota di solforosa libera e totale anche se non si è aggiunta SO2 all'inizio della fermentazione. Questo perché quasi tutti i lieviti sono produttori di SO2 che gli deriva dalla metabolizzazione delle proteine contenenti Zolfo quali la Cisteina. Ciò rileva anche che è forviante pensare di produrre, come oggi pare molto di moda, vini senza solforosa dato che la ritroviamo lo stesso alla fine della fermentazione. Un ultima annotazione: l'eccesso di solforosa è sicuramente nocivo soprattutto alla salute ma non è quasi mai il responsabile diretto degli odori di ridotto dei vini: il principale fenomeno che induce una riduzione dei solfati a solfuri con successiva formazione di tioli volatili è principalmente la carenza di ossigeno nel mezzo a cui si affianca come dice lei una cattiva alimentazione azotata dei lieviti.
Questo solo per maggiore chierezza.

Inserito da Luca Risso

il 25 settembre 2010 alle 18:13
#6
@Lamberto

Se ne sentono un po' di tutti i generi. Esistono anche eminentissime ricerche che dimostrano esattamente il contrario di quello che sostieni, come i famosi lavori di Zambonelli, Mortimer e Polsinelli che qui cito e di cui se vuoi posso fornirti copia.

http://www.springerlink.com/content/v526154125489123/
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10229949

Mi pare evidente che sia fondamentale il tipo di ambiente ove una ricerca viene effettuata. Che sull'uva ci siano lieviti capaci di determinare una fermentazione spontanea mi pare fuori discussione, almeno secondo la mia esperienza. Al lato pratico però il tipo di ambiente, ovvero di cantina in cui avvengono le fermentazioni ha certamente la sua importanza, e tutte le cantine sono diverse.

A me piace immaginare una cantina con attrezzature di vinificazione pulite, lavate da una vendemmia all'altra, ben asciugate e possibilmente in inox. Parliamo di ciò che c'è a monte dell'eventuale inoculo, e quindi pigiadiraspatrici, pompe, torchi, e ovviamente i tini. Ma SE (e ripeto SE) queste attrezzature sono ben tenute, lavate e custodite (cosa che non è effettivamente scontata) da un anno all'altro un lievito può sopravvivere solo in forma di spora, che è una forma meno vitale di un lievito "fresco" e che in presenza di un lievito di ceppo differente può riprodursi per via sessuata e originare una famiglia incrociata tra le due. Quindi anche parlare di lieviti "di cantina" come una famiglia immutabile e predefinita è ulteriormente sbagliato.
E' invece tipico che all'interno di una stessa campagna di vendemmia, che nelle grosse cantine può durare settimane, sia il primo lievito che prende il sopravvento che poi conduce tutte le fermentazioni, in quanto da una pigiatura all'altra, da una fermentazione all'altra la pulizia delle attrezzature è meno profonda.

Luk

Inserito da Massimo Scanferla

il 27 settembre 2010 alle 12:10
#7
Io non ho tutte queste conoscenze scientifiche, però faccio una riflessione terra terra: dalle mie parti conosco contadini che da decenni producono vino per decine di ettolitri senza usare nessun additivo. Ripeto: NESSUNO. Non usano SO2, se parli di lieviti pensano che ti riferisci a quelli per fare le torte, di filtri conoscono solo quello dell'olio e dell'aria della macchina, ecc... Vi posso assicurare che il loro vino è più che dignitoso se consumato in tempi non eccessivi (inetndo un consumo annuale che finisce quando è pronto il vino della vendemmia successiva). Allora confrontando questa realtà con le teorie che avete scritto, e di cui non ho motivo di dubitare, non faccio altro che fortificare due mie convinzioni: la prima è che cercherò di usare sempre il minor quantitativo possibile di SO2; la seconda è che farò a meno dei lieviti fino a che sarò soddisfatto del mio vino. Questa è la filosofia che mi ispira...

Inserito da Mirco Mariotti

il 27 settembre 2010 alle 21:26
#8
Discussione interessantissima, ben oltre il concetto di hobby... bravi! ;-)
Ma questa SO2... tutti ci concentriamo sull'aspetto antisettico, e il resto? Tipo: azione antiossidante, facilitante la defecazione, estraente del colore...
Avete mai misurato la vostra SO2 al termine della fermentazione? Quanta ne rimane rispetto a quella aggiunta? Senza "pulizia" del mosto e senza controllo della temperatura di fermentazione, praticamente zero... I lieviti tollerano alla grande la SO2, e per esperienza fermentano benissimo anche con 90 mg/l; molto diverso il discorso dell'azoto.
I garagisti che mi fanno analizzare i loro vini non usano alcun coadiuvante, ma il 95% di questi vini sono impresentabili!
Allora dove sta il segreto? Anno dopo anno mi sto convincendo che il vero problema sono i residui dei trattamenti, le uve biologiche che vinifico fermentano alla grande da sole...

Inserito da Pietro Repetto

il 27 settembre 2010 alle 23:39
#9
Ciao a tutti!
Leggo con interesse tutti i commenti sull'utilizzo dei lieviti selezionati e sulla SO2.
Per quanto riguarda il primo argomento sono d'accordo con quello che dice Luca e vorrei aggiungere il libro "Guida all'uso dei lieviti selezionati in enologia", sempre di Zambonelli e di Tini, Castellari, edito da Calderini - Edagricole. Inoltre penso che la regolarità della fermentazione offerta dall'inoculo e la velocità di inizio della fermentazione (senza dover aspettare giorni, in cui il vino bianco ossida parecchio) ne giustifichino l'utilizzo.

Per quel che riguarda la solforosa, concordo con Angelo sul fatto che l'azione antiossidante, soprattutto in vini di garage che soffrono di questo problema, sia più importante di quella antisettica.

Sui vini "naturali" dei contadini non vorrei dare un giudizio troppo duro, quindi mi astengo...!

'notte. Pie'

Inserito da Luca Risso

il 28 settembre 2010 alle 07:02
#10
Mi raccomando, ricordate anche le puntate precedenti!
http://www.tigulliovino.it/dettaglio_articolo.php?idArticolo=3545
:-)
Luk

Inserito da Massimo Scanferla

il 28 settembre 2010 alle 12:40
#11
Vorrei chiarire il mio pensiero: sulla solforosa mi fido di quello che leggo e quindi la utilizzo, anche se con la tendenza di usare sempre la quantità minore possibile (eseguo una prova all'aria per verificare lo stato del vino prima dei travasi e decido la quantità tra dosi massime e minime indicate). Le mie perplessità sono tutte rivolte verso i lieviti selezionati. Posso assicurare che i vini che ho assaggiato sono dignitosissimi vini da pasto (non ho parlato di amarone o barbaresco, vini da incecchiamento o vini affinati in barrique, ecc.). Per questo ribadisco che comincerò ad usarli se e quando comincerò a non essere completamente soddisfatto del mio vino. Non ho quindi deciso di non usarli, semplicemente voglio doverne sentire l'esigenza

Inserito da Emilio Simone

il 28 settembre 2010 alle 22:05
#12
Ciao a tutti,

Più ci si addentra in questo campo più ci si rende conto che prima avvengono le cose e meglio e' ad iniziare dalla fermentazione.
L'inoculo dei lieviti garantisce partenze immediate senza dovere aspettare giorni. Chiaramente se le produzioni si riferiscono a qualche decina di chili d'uva si è sempre più disposti e favorevoli a lasciare tutto in mano agli "indigeni" ma le cose iniziano a cambiare quando le produzione salgono di qualche quintale, ma può anche dipendere dagli obiettivi che ci prefiggiamo.
Si possono scegliere i lieviti che più vanno bene per le nostre uve c'e solo l'imbarazzo della scelta, ma anche senza sapere tutto questo, quello che più conta per optare a questa scelta sono le partenze immediate e le fermentazioni complete.

ciao Emilio

Inserito da Daniele Armino

il 29 settembre 2010 alle 19:07
#13
Ciao Luca, rieccomi quà a romperti i maroni...Domenica 26/9 abbiamo vendemmiato, diraspato a mano e naturalmente pigiato l'uva. Son venuti fuori circa 2 quintali e mezzo di mosto (70% uva bianca e 30% uva nera).Non avendo le uve totalmente mature , ho aggiunto circa 6 lt. di mosto concentrato. Naturalmente ho fatto del mio meglio a scegliere gli acini migliori, comunque ho aggiunto subito dopo pigiato 25 grammi di metabisolfito. Da lunedì mescolo la vinaccia con un bastone follatore......ma della fermentazione nemmeno l'ombra. Sarà per le basse temperature ??????? Bohhh. Cosa dovrei fare secondo te? Ti ringrazio in anticipo........e a presto

Inserito da Luca Risso

il 29 settembre 2010 alle 20:46
#14
@Daniele
Attenzione! Il mosto concentrato potrebbe essere "mutizzato", cioè già fortemente addizionato di SO2. I 25 grammi che hai aggiunto potrebbero essersi sommati a una dose già presente.
Il mosto è già un po' colorato? Se ha già una bella sfumatura rosata, ti consiglio di svinare, travasare per togliere i depositi, e continuare la fermentazione come se fosse un bianco, magari facendo anche un inoculo di lieviti selezionati.
Auguri!
Luk

Inserito da Daniele Armino

il 29 settembre 2010 alle 22:48
#15
Si' in effetti il mosto era già un po' colorato (l'ho messo sia per il colore, sia per alzare un po' i gradi alcolici di uno 0,6 - 0,7% visto che le uve non erano del tutto mature), ma quell'omino del consorzio agrario non mi ha detto nulla. Comunque domani vado a dargli un'occhiata e al limite faccio come hai detto tu. Se non è partita, devo per forza aggiungere i lieviti e svinare???? Oppure c'è un'altra soluzione???? E i lieviti.....quanto costano????? Ti ringrazio per ora...Speravo almeno di migliorare qualcosa ......e invece mi sa che mi sono rivolto a delle persone molto INCOMPETENTI, visto che prima di aggiungere il mosto abbiamo parlato di tutto, naturalmente anche della solfitazione che avevo già fatto sul pigiato..ciao Luca a presto

Inserito da Antonio Traficante

il 30 settembre 2010 alle 00:01
#16
ciao a tutti, anche quest anno ci riprovo. a differenza dell anno scorso, dove l uva era arrivata dalla puglia con aggiunte da stregone mea culpa, domenica scorsa, cambio di rotta, sono andato a vendemmiare con un amico, renato, a vigliano d asti. la mattina era fredda, 7 gradi circa alle 8.00, e per l occasione abbiamo iniziato con una colazione a base di pane, affettati, focacce e vino, di produzione propria, offerti dal gentilissimo proprietario dell azienda che ci ha ospitato. giuseppe e la sua famiglia ci hanno condotto sui filari di un dolce pendio gia' assolato, dove tutti insieme abbiamo raccolto le uve de la barbera. inizialmente pensavamo di raccogliere almeno tre quintali, alla fine erano 420 kg.... e cosa fai lasci il tuo raccolto? no di certo. disposte le uve nelle cassette le abbiamo caricate in un furgoncino e dopo i saluti e il dovuto... siamo tornati in quel della brianza dove viviamo.... abbiamo pranzato a casa e ci siamo messi all opera nella mia cantina. dopo aver disposto due recipienti idonei, gia' lavati ed asciutti e posizionato una vecchia macina a manovella, abbiamo iniziato con l-entusiasmo della splendida mattinata, a macinare a mano tutta l uva. al termine abbiamo proceduto ad eliminare a mano quanti piu' raspi possibili. chiaramente non e' stato possibile asportarli tutti anche xke' su consiglio di un carissimo parente della zona dell aglianico del vulture, produttore di un buon vino da cantina, i raspi vanno lasciati macerare con gli acini schiacciati. si puo' anche non essere d accordo, ma a me piace quel tipico sapore del vino del sud, piu' forte. coperti i recipienti "i tini" sono stati lasciati a riposare. nel tardo pomeriggio di oggi rincasato la sorpresa mi ha colto, i cappelli naturalmente sono emersi ed ho inziato il primo rimescolamento...
lascio a voi tutti la liberta' delle scelte, lieviti mosto e quant altro, probabilmente utilizzero' la solforosa solamente dopo la torchiatura, per i soliti consigli esterni, ma un pensiero mi prende... ma non siamo forse garagisti? siamo partiti, almeno per quanto mi riguarda, per trovarci nella semplicita' di una passione x il vino quanto piu' naturale. ed io qui rimango...
non contesto nessuno ma questo e' il mio pensiero.ad ognuno le sue scelte.
buon lavoro a tutti. ciao

Inserito da Luca Risso

il 30 settembre 2010 alle 06:48
#17
@Antonio
Certamente, ma si cerca solo di fare le cose al meglio, rimanendo minimali le attrezzature e la tecnologia. Nel tuo caso bene i raspi sulla barbera, poverella di tannini, non bene (secondo me) mettere la solforosa dopo la torchiatura, rendendo più difficile una fermentazione malolattica che invece aiuterebbe l'acida barbera.

Luk

Inserito da Luca Risso

il 30 settembre 2010 alle 07:08
#18
@Daniele
Non ti preoccupare, i lieviti non costano molto.
Luk

Inserito da Angelo Mignosa

il 30 settembre 2010 alle 11:56
#19
riflessione ad alta voce:

noto dai vari commenti una sorta di accezione negativa data all'uso dei lieviti, e allo stesso tempo il prevalere dell'equazione garagista=nature.
Non sono molto d'accordo.
La maggior parte dei produttori di vino utilizzano lieviti, la stragrande maggioranza, e ne comprendiamo di certo la ragione considerato che trattandosi di aziende le stesse devono poter garantire obiettivi economici e di budget, senza scommettere tra produrre sciroppo d'uva o vino.

Il controllo della fermentazione, affinché questa avvenga correttamente, in tempi adeguati e con risultati altrettanto validi per la finalità del prodotto, è un elemento fondamentale per i professionisti, ma credo debba esserlo altrettanto per noi dilettanti.

Penso che, al di là della dimensione economica, la delusione di ottenere un prodotto non rispondente in pieno alle nostre aspettative ( e quelle degli amici e parenti !) ,dopo un anno di fatiche, cure e attenzioni, debba essere scongiurata.

Pertanto se siamo consapevoli che attraverso l'uso dei lieviti, senza forzature tecniche, puntando sempre al rispetto delle caratteristiche varietali, evitando di scimmiottare i grandi produttori, utilizzando sempre e comunque i nostri limitati mezzi di garagisti, si possono ottenere prodotti genuini, gradevoli, stabili, che soddisfano le nostre aspettative, allora perché non utilizzarli.
Ho provato in più occasioni la frustrante attesa della partenza della fermentazione, così come ottenere vini non proprio gradevolissimi ( …unica consolazione da proporre agli amici: “però genuini” ) .
L’approccio “tecnico” proposto da questo splendido forum creato da Luk, con il contributo dei tanti amici produttori e garagisti appassionati, offre un vantaggio, almeno continua ad offrirlo a me, per aiutarci a costruire con consapevolezza il “miracolo” del vino.
Non comprendo pertanto le resistenze e l’avversione di molti per tutte quelle attenzioni “tecniche” che possono aiutarci a produrre qualcosa di piacevole e soddisfacente.
Meglio: non lo comprendo fintantoché qualcuno non mi chiarirà il perché non utilizzare i lieviti selezionati, preferendo rischiare uno stop o l’avvio di collaterali evoluzioni e ottenere prodotti finali mediocri nella migliore delle ipotesi.

Inserito da Massimo Scanferla

il 30 settembre 2010 alle 13:52
#20
@Angelo
Parlo per me: tu dici che vale la pena usarli per aiutare la fermentazione nell'ottica di ottenere un prodotto finito soddisfacente. Allora ti rispondo con un'altra domanda: se uno non ha mai riscontrato fermentazioni stentate ed è contento del proprio prodotto, perché usarli? Io ho già scritto in una precedente nota che non escludo di usarli in un futuro, però, ripeto, voglio sentirne l'esigenza. Perché, per quanto poco, è sempre un qualcosa in più che viene aggiunto all'uva e che "altera" la genuinità del proprio vino. Mi rendo conto che è più un discorso "romantico" che tecnico, ma credo di non essere il solo ad avere la speranza che le proprie uve abbiano le potenzialità per potercela fare da sole... Poi, chiaramente, è ovvio che se avessi quantità da produttore ragionerei diversamente... Senza nessuna polemica e nel rispetto di tutti i punti di vista. Ciao

Inserito da Angelo Mignosa

il 30 settembre 2010 alle 14:48
#21
@Massimo,

è evidente che il tuo caso rappresenta un'eccezione, invidiabile da parte mia per certi versi.
La risposta alla tua domanda è pertanto scontata considerato che sei soddisfatto dei risultati e oltremodo anche coerente con il tuo approccio romantico, approccio che ritengo valga per la maggior parte di noi garagisti, a prescindere dall'uso o meno dei lieviti o altre tecniche a supporto.
La mia osservazione del post precedente assume un significato se collocata in un contesto di insoddisfazione e risultati mediocri, spesso rovinosi. Nutro una passione immensa per il mondo del vino, al quale dedico buona parte del mio tempo libero , dalla vigna alla cantina, e desidero riuscire con il tempo a soddisfare un'aspettativa qualitativamente accettabile, accettabile sia ben chiaro nulla di più, senza uscire dai binari del dilettantismo puro.
Però ribadisco che l'uso dei lieviti così come le altre attenzioni "tecniche" suggerite dai saggi di questo forum nulla tolgono alla mia idea,altrettanto romantica, del fare vino.

Inserito da Maikol Pieruccioni

il 03 gennaio 2013 alle 11:20
#22
Buongiorno Luca,
volevo porti questa domanda,anche se forse il post non è adatto e comunque siamo fuori stagione,
DATO CHE QUESTO ANNO ERA IL PRIMO PER LA PRODUZIONE DEL MIO PICCOLO VIGNETO..
HO LASCIATO TROPPI GRAPPOLI DI SANGIOVESE E NON HA MATURATO.
MI DICONO DEGLI ESPERTI CHE I PRIMI ANNI DOVREI LASCIARE AL MASSIMO 2 GRAPPOLI PER CEPPO,
e negli anni al massimo 4-5 grappoli,te cosa ne pensi?
Avendo altre 25 piante di Merlot e 20 di cabernet(andranno in produzione il prossimo anno)
non ne verrà veramente poco di Vino con queste rese(ordine di una ventina di litri)

Grazie tanto e scusami, sono giovane e poco esperto

Maikol

Inserito da Luca Risso

il 03 gennaio 2013 alle 11:25
#23
...dipende dal terreno da come è nutrita la pianta ecc. ecc. In genere è vero, soprattutto con il sangiovese, considera un paio di Kg di uva per pianta
Luk

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Luca Risso

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Il mio interesse per il vino è cosa relativamente recente. Risalgono a ottobre 2001 i miei primi due post per chiedere informazioni sul...

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