Anche questa volta è andata. Quest’anno non è stato facile. Non so nelle altre regioni, ma qui in Liguria è stata una annata un po’ da dimenticare. Inverno freddo, ritardo della partenza vegetativa, piogge estenuanti fino a Giugno, poi qualche giorno caldissimo, poi tantissima pioggia ad Agosto e ancora a Settembre. Ci sono zone dove l’uva è ancora lontana dalla maturazione (complici esposizioni così così o rese eccessive) ma già è pesantemente attaccata dalla botrite.
Anche il mio vigneto nonostante le cure amorevoli non è stato immune dai problemi, e qualche grappolo (pochissimi per fortuna) è stato aggredito dalla botrite e quindi dal marciume. Siccome la mia uva ancora non basta a raggiungere la famosa soglia dei 100 Kg, ho acquistato anche 50 Kg di Montepulciano pugliese, al prezzo di 70 centesimi al chilo. Erano tre cassette. Una in buone condizioni, due mezze ammuffite. Ovviamente i grappoli belli erano in cima alla cassetta.
In questi casi il nostro garagismo aiuta parecchio perché se è molto noioso diraspare a mano ogni grappolo, mi pare anche l’unico modo per eliminare gli acini ammuffiti o i grappoli marci nascosti dentro le cassette. Comunque alla fine quello che è finito sotto i miei stivali non era malaccio. Il pH era compreso tra 3 e 4 (vabbè, cartina tornasole) e il brix era 20 gradi abbondanti. Considerando che l'anno scorso con 19.5 sono arrivato a 13.5° di alcol, direi che almeno sotto questo aspetto siamo a posto.
L'uva diraspata a mano è stata pressata con i piedi in un catino e poi versata in un tino in resina. Sono stati necessari diversi passaggi. Da subito è stato aggiunto il metabisolfito, in misura di 8 grammi per un volume finale di 80 litri di mosto. Quindi il tino è stato chiuso con un coperchio e attualmente è lì che aspetta che parta la fermentazione. Non ho aggiunto lieviti selezionati, né additivi di sorta. Questi due punti (metabisolfito e lieviti) mi danno il destro per alcune considerazioni.
SO2
Questa è una annata dove è più che mai opportuno il suo utilizzo. Uve un po' approssimative significa alti livelli di ossidasi e laccasi, due enzimi potentemente ossidanti che la solforosa è in grado di inibire. Attenzione però a non abusare di essa. A parte l'ostacolo che comunque rappresenta alla partenza della fermentazione, un eccesso di solforosa è del tutto inutile. Nemmeno una molecola di SO2 aggiunta prima della fermentazione è destinata a rimanere “libera” (la forma utile) al suo termine. Infatti la fermentazione alcolica è una reazione a più fasi, e l'ultimo passaggio consiste nella riduzione in alcol dell'ossido di etilene (etanale).
Siccome l'etanale è forse la molecola con cui la SO2 si lega più facilmente, tutto l'eccesso di solforosa alla fine sarà assorbito da esso. Non solo, ma questa piccola riserva di zolfo, in alcune fasi successive dell'evoluzione del vino potrebbe addirittura essere disponibile alla formazione di mercaptani puzzolenti.
Lieviti
Si sente spesso dire che sull'uva sana non ci sono lieviti. Si tratta di una verità, ma accademica. Io conosco abbastanza bene il mondo accademico e mi vedo il nostro occhiuto ricercatore che prende un bel grappolo perfetto, stacca l'acino migliore, lo analizza e.... NON CI SONO LIEVITI!
Ma perché una bestia nata per vivere in un liquido zuccherino dovrebbe stare sopra l'arida superficie di un acino? Mistero. A questi ricercatori occorrerebbe un po' di pratica di vendemmia manuale, per vedere cosa arriva in cantina, quali nubi di moscerini seguano i carri con l'uva, che ammasso “vivente” sia una cassetta piena di uva. E badate, parlo non solo del 90% di robaccia che finisce nel 90% dei “cantinoni”, ma anche nei miei grappoli staccati con le forbicine per unghie, dove stacco uno a uno gli acini beccati, avvizziti, insomma faccio il possibile, ma mai e poi mai mi è capitato di vedere una vigna “perfetta”, con tutte le piante “perfette”, con tutti i grappoli “perfetti”, con tutti gli acini “perfetti”. La vita è così, si nutre di imperfezione.
Mi ricordo lo studio di un problema da parte di un mio (giovane) ricercatore: si trattava di studiare il rumore di una lama circolare che taglia. Teoricamente non dovrebbe esserci rumore perché (sempre teoricamente) la lama non ha sollecitazioni trasversali, ma la teoria è un conto e la pratica un'altra cosa. Così è anche per i lieviti, di cui molti grappoli al momento della vendemmia sono pieni, anche se alcuni ricercatori magari non ci credono.
Questo non significa però che tali lieviti siano “indigeni”, grande panzana. Non so se i miei lieviti saranno di Carro, pugliesi o di qualche autogrill dove il camion si sarà pur fermato. E poi i lieviti sono animali peccaminosi che spesso copulano e perciò chissà cosa hanno fatto e generato nel frattempo. Però ci sono e di solito lavorano, e lavorano molto meglio se tenuti “in riga” dalla solforosa, che almeno elimina quelli più rompiscatole. Certo può capitare che ce ne siano di davvero rompiscatole, e allora occorre chiamare la cavalleria, ovvero i lieviti selezionati in grado di fare il lavoro che gli si chiede. E' questo il punto. Se si usano lieviti selezionati occorrerebbe sapere cosa si chiede loro, ciò per cui sono stati selezionati. Se si rinuncia a questa informazione per me tanto vale lasciar fare alla fermentazione spontanea.
Nel caso si usino lieviti selezionati però bisogna usarli bene! Ecco i consigli che ci da Angelo Mignosa, valente e appassionato Garagista toscano:
La crescita della popolazione del lievito in fermentazione è rappresentata dal numero di cellule in rapporto al tempo. L’evoluzione presenta tre fasi: latenza, crescita e fase stazionaria, e dipende dal ceppo di lievito, dal tipo di mosto e dalle condizioni di fermentazione. La fase di latenza , dipende dalla quantità e dallo stato delle cellule di lievito inoculate. Durante la fase di crescita le cellule si dividono ad intervalli regolari (secondo il proprio tempo di generazione) ed il tasso di crescita della popolazione è in rapporto al numero di cellule e del tempo di duplicazione.
La fase stazionaria si ha quando l'esaurimento delle sostanze azotate presenti nel mosto o l'accumulo di prodotti secondari nocivi (ad es. alcool) limita il tasso di crescita ed il numero di cellule vive resta costante. Nella vinificazione la parte maggiore della fermentazione è svolta dalle cellule nella fase stazionaria. Il rallentamento è dovuto alla bassa efficacia del sistema di trasporto degli zuccheri, regolato dalla disponibilità di azoto. Quando c'è una carenza di azoto assimilabile (soprattutto nelle prime fasi), la velocità fermentativa decresce e può portare ad una fermentazione stentata o ad un arresto.
E’ utile utilizzare in abbinamento ai lieviti degli attivanti a base di azoto per ovviare a partenze stentate o arresti fermentativi. Un rallentamento potrebbe esse anche dovuto all'accumulo di etanolo che ha degli effetti nocivi sulla membrana cellulare. L'alcool aumentando la permeabilità della membrana riduce la sua selettività, avviando una diminuzione del pH della cellula, fino alla morte della cellula stessa.
L'attività del lievito è fortemente influenzata dalla temperatura di fermentazione. I lieviti possono fermentare a temperature comprese trai 4° ed i 40°C. Le fermentazioni più veloci (ma non necessariamente le migliori dal punto di vista enologico) si ottengono operando tra i 25° ed i 35°C. La temperatura influisce anche sulla produzione di composti secondari, molto importanti per la qualità del vino. Oltre ad azoto, zuccheri e vitamine, il lievito necessita di ossigeno. In assenza di ossigeno una coltura di lievito potrà completare solo 2 o 3 generazioni ed è necessario garantire una adeguata disponibilità di ossigeno al lievito in moltiplicazione, attraverso rimontaggi e follature del mosto durante i primissimi giorni di fermentazione.
I lieviti Saccharomyces cerevisiae sono in grado di sviluppare l'attività fermentativa nell'intero intervallo di pH che riguarda il vino. Tuttavia a pH alti (ambiente basico) la competizione dei microrganismi indigeni nei suoi confronti può essere maggiore, a pH basso (acido) invece l'efficienza del lievito si riduce . Le operazioni prefermentative devono rendere il mosto più "ospitale" per i lieviti del genere Saccharomyces e devono essere anche realizzate nel minor tempo possibile, in modo da limitare lo sviluppo della flora indigena.
Sebbene la presenza di microrganismi sia scarsa sulle uve in vigneto, durante le operazioni che precedono l'inoculo di lievito può facilmente verificarsi una notevole proliferazione di lieviti, batteri e muffe. Spesso nei mosti pronti per l'inoculo si trovano popolazioni indigene per numero dominanti sulla quantità di lievito che ci si appresta ad inoculare, questa condizione può compromettere seriamente la qualità del vino futuro, a causa della comparsa di numerosi composti indesiderati che tali microrganismi sono capaci di produrre.
E' fondamentale arrivare alla fermentazione alcolica con un mosto che abbia una carica microbica indigena la più bassa possibile. L’azione della SO2 in questi casi può essere determinante per far prevalere i lieviti sulle popolazioni indigene di microrganismi . Affinché l'inoculo di lievito selezionato sia efficace è necessario inoculare un numero di cellule da 20 a 100 volte superiore alla popolazione indigena già presente nel mosto.
Se il rapporto tra ceppo selezionato e lieviti indigeni è inferiore, è possibile che il primo non riesca a dominare la fermentazione. L’inoculo dei lieviti deve avvenire garantendo una differenza di temperatura fra il lievito reidratato ed il mosto non superiore ai 10°C. Se il mosto è troppo freddo si farà un'acclimatazione del lievito aggiungendo gradatamente al lievito reidratato una uguale quantità di mosto freddo, e dopo 20-30 minuti si aggiungerà alla massa.
Il mio interesse per il vino è cosa relativamente recente. Risalgono a ottobre 2001 i miei primi due post per chiedere informazioni sul...
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Inserito da Massimo Scanferla
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