Per un annetto il Garagista ha parlato di vino con pochi accenni allo specifico territorio in cui bazzica, e cioè la Valle del Fiume Vara. Andrei eccessivamente fuori dal seminato se incominciassi a parlare dei borghi rotondi , di Varese Ligure, della Valle del Biologico dei musei e di altra roba che in rete si può trovare agevolmente da fonti ben più autorevoli della mia. In fondo si tratta solo di un grande polmone verde ricco di testimonianze storiche, borghi medioevali ben conservati, e tradizioni gastronomiche come quasi in ogni regione italiana.
Anche sotto il profilo enologico, è stato già scritto qualcosa dal sottoscritto.
Interessante mi sembra però approfondire la questione dei vitigni autoctoni, e in particolare dell'uva Butiggiasca, ancora presente sporadicamente nei paesi di Buto e Montale. Si tratta di un'uva con buccia debolmente colorata, capace di dare buone gradazioni e a maturazione abbastanza precoce, come tendenzialmente erano quasi tutte le uve della zona.
Nei comuni di Sesta Godano e Carro è presente un'uva con le stesse caratteristiche chiamata Seraxina, anche se non è chiaro se si tatti della stessa cultivar o meno. Nel libro “Buto, la storia il folclore e..” a pagina 40 si descrivono i prodotti dell'agricoltura di quel paese nei tempi passati, e a proposito della viticoltura si legge “Tipi d'uva: albarola, pignola, merella, clintu, seraxina, monferrato (dolcetto) bottigliasca, tintoretta, negrone”. Qui sembrerebbe trattarsi di due varietà diverse, anche se è possibile che l'autore abbia riportato due nomi diversi con cui era noto lo stesso vitigno. Vengono citate inoltre altre varietà, alcune facilmente identificabili, altre sconosciute.
Le piante rimaste di questi vitigni sono spesso vecchissime e probabilmente presto scompariranno a vantaggio dell'oramai diffuso e acclimatato Ciliegiolo.
La foto è una rappresentazione plastica di questa evoluzione, dove si vede un ceppo centenario di Seraxina fotografata a Carro, affiancata da una giovane pianta di Ciliegiolo che probabilmente ha riempito una fallanza. Sarebbe molto bello se qualche esperto di botanica e genetica della vite prelevasse alcuni campioni di queste vecchie piante, per classificarle e conservarle almeno in qualche allevamento sperimentale prima che spariscano definitivamente!
Il mio interesse per il vino è cosa relativamente recente. Risalgono a ottobre 2001 i miei primi due post per chiedere informazioni sul...
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Inserito da Riccardo Francalancia V. S.
il 18 febbraio 2010 alle 18:20ti consiglio di rivolgerti al Professor Giancarlo Scalabrelli dell'Università di Pisa, che cura molti progetti si conservazione del germoplasma viticolo e di recupero dei vitigni autoctoni e "dimenticati".
Dovresti trovarne la mail sul sito del corso di laurea in Viticoltura ed Enologia e di tranquillamente che ti mando io.
Riccardo.