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Vino in garage

Si pota un po'

di Luca Risso

MappaArticolo georeferenziato

Tra le forme di allevamento della vite, quella detta a spalliera è senza dubbio la più diffusa in ogni angolo del mondo. Secondo tale sistema la vite viene fatta crescere in filari più o meno lunghi, costituiti da pali di legno, cemento, acciaio o materiale plastico, su cui vengono fissati due o più fili di acciaio zincato posti in tensione attraverso pali più robusti posizionati alle estremità del filare. Su tali filari la vite può poi essere allevata attraverso diverse tecniche di potatura. Ci occuperemo qui solo del sistema denominato Guyot, dal nome di un maestro francese che lo mise a punto a partire dal 1868. La potatura a Guyot è semplice e facilmente applicabile a un piccolo vigneto familiare. Molto diffuso è anche il cordone speronato, che potete trovare ben descritto qui.

Alla base di ogni tecnica di potatura c’è la constatazione che la vite produce grappoli principalmente da tralci nati da legno dell’età di un anno. Supponiamo che in un certo momento della stagione invernale la vite si trovi nella situazione illustrata in figura. Senza domandarci ora come è arrivata in quella forma (lo capiremo dopo), osserviamo che essa presenta un fusto, che dal piede della pianta (punto del fusto a livello del terreno) arriva in modo più o meno verticale fino al primo filo della spalliera, posto più o meno a 70 cm da terra, e due rami, uno lungo ed uno corto.

Il ramo lungo è legato sul filo e si chiama “capo a frutto”. La sua lunghezza si misura in numero di gemme. Le gemme sono posizionate su nodosità del ramo poste a distanza regolare là dove l’estate precedente spiccavano le foglie. Da ogni gemma l’estate successiva cresceranno i nuovi tralci e dai tralci i grappoli. La lunghezza del capo a frutto è funzione di alcune importanti scelte agronomiche. Si definisce fertilità di un vitigno il numero medio di grappoli prodotti da un tralcio nato dalla singola gemma. La fertilità è variabile in funzione del vitigno e dei diversi cloni nell’ambito dello stesso vitigno. Siccome ogni vitigno è caratterizzato da un peso medio noto del grappolo, la lunghezza del capo a frutto in termini di numero di gemme determina la produzione/pianta richiesta all’impianto. In realtà la situazione è più complicata in quanto questo calcolo porta ad una produttività teorica massima, generalmente superiore a quella reale a causa della riduzione dovuta agli agenti atmosferici (grandine, siccità, ecc) e alle pratiche di diradamento. Inoltre non tutte le gemme del capo a frutto hanno la stessa fertilità. In alcuni vitigni come il nebbiolo, il ciliegiolo e la corvina le 2-3 gemme più vicine al fusto (gemme basali) non sono fertili e quindi producono tralci senza grappoli. Quindi la potatura dovrà essere più lunga. Per questi vitigni sono da evitare i sistemi a potatura corta (cordone speronato, alberello) Altri vitigni come il Merlot hanno una buona fertilità sia delle gemme basali sia di quelle apicali.

Il ramo più corto si chiama “sperone” o “capo a legno” e di solito porta due gemme partendo dalla gemma basale. Se il tipo di fertilità del vitigno lo consente, anche queste gemme possono produrre tralci con grappoli. Al momento della successiva potatura invernale il vecchio capo a frutto verrà completamente asportato; dei due tralci nati dalle due gemme dello sperone, quello inferiore sarà potato a due gemme per generare il nuovo sperone, mentre quello superiore sarà potato lungo e legato sul filo per generare il nuovo capo a frutto.

In questo modo la pianta si allungherebbe un pochino ogni anno, più o meno di un internodo (la distanza tra due gemme) ad ogni ciclo di potatura. Siccome l’altezza non deve superare quella del primo filo, occorre di tanto in tanto operare i così detti tagli di ritorno, ovvero tagli di legno vecchio. In pratica dal fusto della pianta nascono ogni anno da un particolare tipo di gemme dette latenti alcuni tralci che sono di solito improduttivi perché il fusto è costituito da legno più vecchio di un anno. Questi tralci si chiamano polloni e normalmente vengono eliminati nelle operazioni primaverili di cura del vigneto. Quando si ritiene che sia il momento di operare un taglio di ritorno, si lascia uno o più polloni fra quelli nati dal colletto (la cima del fusto, oltre il punto di innesto). Al momento della successiva potatura questi polloni potranno essere utilizzati per rinnovare uno sperone in un punto più basso, e tagliando l’anno successivo tutta la parte di pianta al di sopra del colletto. E’ bene che questi tagli di ritorno non siano maggiori di 10-15 cm, per non asportare troppo legno, fondamentale riserva di elementi nutritivi per la pianta, e per non correre il rischio di aprire la strada a pericolose malattie come il mal dell'esca.

Il sistema Guyot si presta a diverse varianti. Ad esempio può essere raddoppiato creando due capi a frutto legati alle due parti opposte del filo, e due speroni. In altri casi, poiché le gemme mediane del capo a frutto tendono a produrre tralci meno vigorosi, si cerca di stimolarle piegandolo ad archetto verso il basso. Quando il capo a frutto è doppio e piegato verso il basso il sistema prende il nome di  Cappuccina. Queste varianti derivano in genere da antiche tradizioni dettate dall’esperienza colturale di un determinato vitigno in un determinato territorio.

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22 Commenti

Inserito da Filippo Ronco

il 05 febbraio 2009 alle 14:18
#1
Ciao Luk, precisissimo e chiaro, complimenti. Mi dici perché hai scelto il metodo Guyot anziché ad alberello dal momento che coltivi quasi esclusivamente Merlot nel tuo vigneto e, da quanto leggo, nel Merlot le gemme basali sono comunque produttive ? Quel che mi chiedo è: non è più facile (e meno ingombrante) l'alberello ? Oh, un completo ignorante in materia eh !

Ciao, Fil.

Inserito da Luca Risso

il 05 febbraio 2009 alle 15:05
#2
L'alberello è effettivamente un ottimo sistema per vitigni con gemme basali fertili. Ho scelto però Guyot per due motivi. Il primo è che è il metodo usato in loco, e mi è piaciuto seguire l'esempio. Secondariamente l'alberello, che prevede poche gemme lasciate sulla pianta (3-4), da il meglio quando le situazioni pedoclimatiche sono molto severe (aridità, calore, vento, anzianità delle piante) e limitano fortemente il vigore della pianta; queste condizioni in verità a Carro non ci sono. Il rischio è quello che la vite scarichi su quelle poche gemme tutto il suo vigore giovanile privilegiando lo sviluppo fogliare e "dimenticando" di produrre grappoli.
Luk

Inserito da Tomaso Armento

il 05 febbraio 2009 alle 16:28
#3
Giusto o sbagliato, un grande detto dei contadini è: prima di decidere cosa fare guardati intorno e se non capisci chiedi (con relazione alla scelta di Luca di tenere il sistema di potatura già presente sul territorio).
Una precisazione, non è sempre negativo che la vite (come le altre piante all'inizio) scarichino su poche gemme tutto il suo vigore giovanile (tanto è vero che si parla di potatura di formazione e potatura di produzione), nel periodo giovanile 1-3 anni la pianta deve formare quell'architettura sulla base della quale si sviluppera l'impalcatura di cui si è parlato.
Non so quanto si sappia in giro: la Potatura è anche uno strumento usato per "sanificare" (Potatura curativa) piante malate, interventi di potatura più o meno drastici ("capitozzatura" a diverse altezze) possono influenzare positivamente la remissione dei sintomi in piante ammalate, ad esempio in vigneti dove è stata accertata inizialmente la presenza del legno nero.

Inserito da Mirco Mariotti

il 05 febbraio 2009 alle 23:10
#4
Be', le precisazioni di Tomaso sono molto oppurtune. Esiste anche una via di mezzo piuttosto nota qui in Romagna, si tratta del cosiddetto "candelabro", inventato dall'agronomo Remigio Bordini. Si tratta di un guyot modificato in formazione, che in pratica fa somigliare la pianta ad un alberello... provo a vedere se ho delle foto, poi magari ve le mando... ;-)

Inserito da Paolo Carlo Ghislandi

il 12 febbraio 2009 alle 15:19
#5
Un complimento a Luca per la chiarezza e completezza espositiva e ottimi anche i contributi seguenti da Mirco ( bello l'avatar ) e Tomaso ( verissimo ciò che dici )

Tuttavia ( e te pareva strano ) nella mia zona i contadini hanno sempre lavorato a spalliera con potatura Guyot ed io avevo incominciato così, ma ben presto mi sono reso conto che potevo ottenere un dupice vantaggio passando al cordone speronato basso.

Duplice perchè con impianti ad elevata densità potevo gestire il vigneto con risparmio di tempo e manodopera abbastanza significativi ( -30% ) e poi la "pulizia" e l' "ordine" che ti consentono una rapida visualizzazione dello stato di salute.

Inoltre speronando basso c'è più "omogeneità" nella distribuzione della linfa ( almeno questa è la mia sensazione ) e, rispetto al Guyot, penso di poter affermare per la mia esperienza, le maturazioni fenoliche sono più omogenee..

L'Alberello è e rimane secondo me il sistema più romantico di allevare la vite, ma onestamente, è anche il più massacrante e disumano, soprattutto in certe zone.

Ciao
Paolo

Inserito da Luca Risso

il 12 febbraio 2009 alle 15:27
#6
@Paolo
Tutto vero, ma pensa a quanto è "didattico" il Guyot.
;-)
Luk

Inserito da Paolo Carlo Ghislandi

il 12 febbraio 2009 alle 15:41
#7
Capisco cosa intendi, fra l'altro io ti sto invidiando un pò perchè da me in vigna ancora non ci si entra se non per fare danni.. e sembra che il tempo non conceda tregua...

Inserito da Tomaso Armento

il 12 febbraio 2009 alle 19:08
#8
Anche qui a Rocca Grimalda non sene parla di entrare in vigna se non per far dei danni...sigh se non si scioglie manco a marzo si riesce...

Tornando a bomba, per poter scegliere il cordone speronato devi aver la fortuna di avere impianti giovani, io come ha visto anche Luk, ho tutte viti vecchie quindi come sono restano.

Sarei cuiroso però di approfondire il discorso, perchè il mio enologo mi ha sempre parlato del guyot come migliore metodo per vini di qualità (dove i costi non sono tra gli obiettivi), infatti lui ha piantato una vigna di cabernet che per stare "sul prezzo" ha messo cordone speronato, ma sulla barbera (suo cavallo di battaglia) tiene guyot.

Inserito da Luca Risso

il 13 febbraio 2009 alle 07:05
#9

Inserito da Luca Risso

il 13 febbraio 2009 alle 10:37
#10
Ancora questo video e poi basta :-)
Didatticamente molto interessante, spiega le difefrenze tra Guyot e Cordone Speronato (qui doppio e chiamato Cordon Royat). Purtroppo in inglese!

http://www.youtube.com/watch?v=Ut3u0G0Aw8o

Luk

Inserito da Paolo Carlo Ghislandi

il 13 febbraio 2009 alle 11:21
#11
@ Tomaso,
Si, come dice tu, occorrono vigne giovani ed infatti le mie sono tutte state impiantate da me ( tranne quella del '26 che, infatti è un Guyot.
Non è una scelta finalizzata alla mera riduzione dei costi, ma anche alla maggiore efficenza nelle operazioni.
Con questa tecnica, puoi aumentare la densità di impianto e pure l'estensione senza dover ricorrere all'aumento di prestazioni di manodopera esterna, che come ben sappiamo tutti, non ha esattamente la stessa sensibilità che ha il vignaiolo verso le sue creature vegetali ..
Io che le ho entrambe rilevo che a livello qualitativo non ci siano sostanziali differenze, mentre devo dire che a livello di prevenzione malattie il cordone è più "esente", non so, si mantiene più sano.. ma sono sensazioni personali intendiamoci. Sul cordone infatti faccio meno ricorso ai trattamenti.

@ Luk,
Grazie per le dritte.. ;-))

Ciao
P.

Inserito da Tomaso Armento

il 13 febbraio 2009 alle 11:44
#12
Paolo,
concordo con te che la manodopera esterna è un aspetto quantomai delicato, tanto è vero che si è sempre detto l'occhio del padrone ingrassa il cavallo!

Circa il metodo di allevamento del vigneto vs stato sanitario possono inluenzare anche altri aspetti, non da poco anche la posizione: mi fido al 100% di quello che dici tu solo che non avendo le due alternative apprendo da te come dal mio enologo che, peraltro, ha diversi ettari di barbera del 1915.

Sul cordone speronato ci sono diversi studi che mi incuriosiscono....

Inserito da Paolo Carlo Ghislandi

il 13 febbraio 2009 alle 14:51
#13
@ Tomaso,
Forse l'unica verità è che trattandosi di natura non c'è una verità, è come crescere dei figli, non c'è una formula vincente, se non quella della cura e dell'amore che ci porta inevitabilmente a fare scelte in subordine al creare semplicemente le migliori condizioni affinchè il frutto esprima il meglio di se stesso.. naturalmente !

Inserito da Paolo Carlo Ghislandi

il 13 febbraio 2009 alle 14:51
#14
@ Tomaso,
Forse l'unica verità è che trattandosi di natura non c'è una verità, è come crescere dei figli, non c'è una formula vincente, se non quella della cura e dell'amore che ci porta inevitabilmente a fare scelte in subordine al creare semplicemente le migliori condizioni affinchè il frutto esprima il meglio di se stesso.. naturalmente !

Inserito da adriano gardin

il 11 febbraio 2010 alle 08:40
#15
Buongiorno,
ho letto avidamente tutti gli articoli sul vino fatto in garage (quello che faccio io).
Sei anni fa ho impiantato un centinaio di viti merlot che tento di allevare con sistema Guyot e l'anno scorso ho fatto la mia prima vendemmia, ottenendo un vino discreto, considerando la zona in cui abito (altissimo Piemonte).
Adesso, si approssima l'ora della potatura, ma ho diversi dubbi su come procedere. Ne elenco alcuni sperando che qualche anima pia mi dia qualche consiglio.

1) so che bisogna lasciare uno sperone con due gemme; ma bisogna partire dalla gemma basale, quella che si trova proprio all'inserzione dello sperone nel tralcio, o questa non si conta.
2) sullo sperone che ho lasciato l'anno scorso, succede spesso che la prima gemma (quella che dovrebbe formare lo sperone quest'anno) abbia prodotto un tralcio molto più vigoroso di quello superiore, che dovrebbe formare il capo a frutto. Che faccio? Tengo comunque il tralcio superiore anche se più debole o utilizzo l'altro senza lasciare lo sperone?
3) ho anche una pergola, sempre con merlot, potata anch'essa con sistema Guyot, cioè con un solo capo a frutto più sperone. Quante gemme, mediamente, si lasciano sulo tralcio? L'anno scorso ne ho lasciate 6-7 ma ho avuto una vegetazione molto rigogliosa con un ritardo notevole della maturazione rispetto ai filari; devo lasciare più gemme senza diradare?
Scusate la lungaggine; avevo postato la stessa domanda su un forum, ma senza avere nessuna risposta. Forse sono domande sceme. Se è così ditemelo.
Grazie.

Inserito da Luca Risso

il 11 febbraio 2010 alle 10:24
#16
Ciao Adriano
:-)
Tieni conto che la teoria è una cosa e la pratica un'altra.
1-Si, si conta anche la gemma basale tenendo conto delle possibili disomogeneità che descrivi al punto 2.
2-Se il tralcio superiore ha il numero di gemme sufficiente si, senz'altro. E' per questo che ora cerco di mantenere almeno un pollone tra quelli nati dal colletto, per avere comunque la possibilità di scegliere altri tralci per rinnovare capo a frutto e sperone.
3-Tecnicamente, se è una pergola non è Guyot :-) Non vedo a cosa serva lo sperone. La pergola esige una potatura più lunga. Direi un paio di capi da 10 gemme. Comunque è normale che maturi dopo rispetto alla spalliera. Potrai comunque diradare i grappoli al momento giusto (invaiatura).

PS
sei pronto per il Garage Wine Contest?

Luk

Inserito da Luca Risso

il 11 febbraio 2010 alle 10:30
#17
Tornando al punto 2, se invece il tralcio superiore è inutilizzabile usa pure quello inferiore, allevando sucecssivamente come detto un pollone per il rinnovo dello sperone.
Questo viedo un po' spiega:

http://www.youtube.com/watch?v=eqS5Tp3h8A0

Luk

Inserito da Luca Risso

il 11 febbraio 2010 alle 12:16
#18
Scusa ancora (ho finito :-) ) vedo che ho usato anche io il tralcio della gemma basale...

http://www.youtube.com/watch?v=YtaggTpXsrU

Luk

Inserito da adriano gardin

il 11 febbraio 2010 alle 16:44
#19
Grazie mille Luca, adesso ho le idee un po' più chiare.
Per tentare di giustificarmi, a proposito della pergola, devo dire che prima di mettere a dimora le viti, avevo fatto un breve corso di viticultura, (ma come hai detto bene tu, un conto è la teoria e uno la pratica, ed in più non conoscevo ancora le problematiche che si incontrano nell'allevamento della vite) dove si diceva che si poteva allevare la pergola copiando il sistema Guyot, e quindi lo sperone, lasciato sotto la piega del fusto, serviva a rinnovare il capo a frutto che veniva steso poi sui fili della pergola, proprio come si fa sui filari. Devo dire anche che la produzione l'anno scorso non era male, solo, come detto, tralci lunghi anche 3-4 m. (dovevo accorciarli?) e una principio di peronospora su qualche grappolo dovuto, penso, alla difficoltà di irrorare bene le foglie con i mezzi che ho.
Grazie ancora.
Ciao.
PS
no, non sono pronto per il GWC, non posso certo competere con voi :-))

Inserito da Luca Risso

il 11 febbraio 2010 alle 19:51
#20
Caro Adriano,
guarda che qui di Cottarella non ce ne sono!! :-)
Puoi almeno provarci!
Luk

Inserito da Massimo Scanferla

il 01 aprile 2010 alle 15:03
#21
Ciao a tutti,
mi sono appena iscritto al sito. Ho trovato incredibile scoprire che non solo l'unico "marziano" che passati i 30 scopre la passione per la coltivazione della vite e per farsi il vino in casa. Abbonato dal nulla a "vita in campagna" e dopo aver comprato e straletto il libro di Corazzina "la coltivazione della vite", ho piantato a novembre 2007 un piccolo vigneto vicino a Padova. Si tratta di 118 piante, 24 di cabernet franc e il resto merlot (sono le uve più diffuse nella mia zona) per ottenere un unico uvaggio. Le ho comprate da VCR di Rauscedo. Questo è il terzo anno, il primo in cui otterrò una prima quasi vera produzione. Coltivo a guyot il cabernet e a cordone speronato il merlot; in realtà con qualche idea, ma più che altro con spirito "sperimentale", perché dalle mie parti i pochi "vecchi" che hanno ancora i vigneti, usano solo la casarsa, per cui non trovo "fonti di ispirazione"; anzi, mi è capitato di fare io da "maestro" a gente che coltiva da 50 anni... In questa prima fase, comunque, non ho trovato grosse difficoltà; quello che dovrò approfondire, invece, è la fase di vinificazione, cosa ancora in via embrionale. La prima volta ho usato uva clinton di un amico senza nessun prodotto, invece l'anno dopo ho comprato l'uva e ho usato il kit della Vebi. Mi piacerebbe avere un vostro commento su questi kit.
Non mancherò di partecipare con futuri commenti. Ciao a tutti

Inserito da Luca Risso

il 01 aprile 2010 alle 15:15
#22
@Massimo
Marziano non me lo aveva ancora detto nessuno!
:-)
Bè, sei nel posto giusto; hai appena letto la puntata n°1. Leggi anche le successive e vedrai che stringi stringi i kit servono a poco se non si capisce a cosa servono le varie sostanze, e che tutto sommato solo il metabisolfito è davvero indispensabile.
Luk

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