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La qualità del vino e la termodinamica, di Enzo Zappalà

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La qualità del vino e la termodinamica

di Enzo Zappalà

Il secondo principio della termodinamica non lascia speranze: il calore può solo propagarsi da un corpo più caldo verso uno più freddo. Mettere il vino in un recipiente contenente ghiaccio allo scopo di raffreddarlo è quindi un’errata interpretazione della realtà. E’ vero, invece, il viceversa: è il vino caldo che trasferisce il suo calore al ghiaccio, riscaldandolo. Qualcuno potrebbe dire: “E cosa me ne frega? L’importante è che il risultato finale sia lo stesso”.

Tuttavia, identificare la reazione di A verso B con quella di B verso A è un modo di pensare decisamente scorretto. La differenza esiste e come. Se nella banale azione di inserire il vino nel ghiaccio può sembrare del tutto ininfluente analizzare in dettaglio questo fondamentale processo fisico, non lo è certamente per altri, più sottili e nascosti meccanismi, solo a prima vista privi di validità pratica.

Un recente studio che ho compiuto su centinaia di campioni, mi ha dato la certezza sperimentale di un’applicazione ancora sconosciuta ai più. Soprattutto a coloro che si fermano solo alle apparenze. Questo articolo è rivolto, allora, ai veri tecnici del vino, ai degustatori professionisti, ai giornalisti, agli stessi produttori , e - perché no? - agli appassionate e ai bevitori, l’ultimo insignificante anello della catena del vino.

Il concetto base su cui ho fondato la mia rivoluzionaria scoperta è la seguente: le parole non sono mai fini a se stesse e nemmeno i loro significati sia ufficiali che di uso popolare. Quando parlo di un vino freddo o caldo so benissimo qual è il loro significato fisico: la temperatura dei due campioni è diversa. In particolare il vino caldo ha una temperatura superiore a quella del vino freddo. Tuttavia, le parole “freddo” e “caldo” si usano spesso associandole a concetti ben più ampi e articolati. Soprattutto nel vino. Queste varianti o -se volete- deviazioni concettuali dovevano quindi avere anche un riscontro nella fisica più sofisticata.

Analizziamo con attenzione alcuni significati ormai entrati nell’uso quotidiano. Dire che un vino è caldo, è normalmente una prerogativa di carattere positivo. Vuole dire che è appagante, pieno, capace di trasmette sensazioni potenti ed emozionanti, che affascina il naso, il palato e il cuore; un vino che lascia un ricordo lungo e duraturo e dalle mille altre sfaccettature. Un vino freddo, identifica spesso un prodotto senza infamia e senza lode, rigido, banale, incapace di emozionare, e via dicendo. In parole molto più semplici, il primo è un vino veramente buono, il secondo, al massimo, mediocre.

Perché, allora, non cercare di quantificare questa differenza verbale così strettamente legata alle proprietà organolettiche del vino? Presto fatto. Ho diviso i miei campioni in due categorie: quelli “caldi” e quelli “freddi”, ossia quelli buoni e quelli cattivi, o -ancora meglio- quelli premiati dagli esperti e quelli non premiati. Una scelta che mi sembrava la più adatta.

Poi mi sono detto: “Se il secondo principio della termodinamica è esatto (e questo è ormai sicuro), il calore (inteso come bontà o eccellenza) doveva propagarsi verso il vino freddo (inteso come banale o mediocre)”.

In un unico recipiente, completamente isolato dall’esterno sia termicamente che visivamente, ho introdotto due provette affiancate, una contenente vino “caldo” e l’altra vino “freddo”. Dopo un intervallo di tempo leggermente variabile, ma mai superiore ai cinquanta minuti, ho aperto il contenitore e riassaggiato i due vini. Meraviglia delle meraviglie: erano diventati perfettamente comparabili! Fin qui una grande conferma del principio della termodinamica.

Ma vi era di più: i due vini NON erano entrambi “tiepidi” (ossia discreti), ma ugualmente eccellenti (caldi). Potete capire la mia sorpresa e la mia emozione. Partendo da una semplice verifica di una legge fisica, avevo scoperto una sua variante inaspettata. Ho subito trasformato la reazione in formule (che vi evito data la loro estrema complessità) e mi sono accorto che esisteva un parametro “gustativo” parzialmente occulto che giocava un ruolo fondamentale. Esso non rimaneva costante e si distribuiva equamente tra i due campioni. Sembrava una vera e propria violazione della conservazione dell’energia e ho dovuto sudare le quattro fatidiche camicie per venirne a capo. Alla fine ce l’ho fatta.

Il parametro gustativo era fin dall’inizio presente in entrambi i campioni (e quindi la quantità finale non era, in realtà, variata), ma sotto uno stato fisico diverso. In quello caldo era già espresso sotto forma di materia barionica osservabile e quantificabile, in quello freddo come materia non barionica (materia oscura?), non rivelabile con i nostri sensi e i nostri strumenti. Il trasferimento del calore gustativo trasformava la materia non barionica nella sua controparte “normale” e diventava, quindi, percepibile.

Evito i risvolti più tecnici, i risultati dei quali ho già inviato al CERN di Ginevra dato lo stretto legame che hanno per le future verifiche sul bosone di Higgs, la particella di Dio. Qui mi fermo ai risvolti enoici, molto più stimolanti per i lettori.

Qual è la conclusione di questo mio studio? Semplice e rivoluzionaria: se aprite due bottiglie di vino, una coralmente lodata, incensata e premiata e una sconosciuta, snobbata, trascurata, nel giro di poche decine di minuti, avrete due bottiglie entrambi eccellenti. Direi che le ripercussioni pratiche di questa conquista della Scienza sono enormi per il martoriato mondo del vino. Ogni vino sconosciuto (o almeno considerato tale) può facilmente trasformarsi in capolavoro assoluto.

La vicinanza fisica con un prodotto straordinario può influenzare pesantemente in senso positivo anche vini considerati precedentemente anonimi. Ovviamente bisogna mantenere le condizioni al contorno: recipiente isolato termicamente e psicologicamente, oltre che nascosto completamente alla vista (alla cieca, insomma).

Assisteremo a una rivoluzione nel campo delle degustazioni e della qualità intrinseche del vino? Forse, sotto altre forme e del tutto inconsciamente, si è già assistito a questo processo ai limiti della fisica conosciuta? Non so ancora dirvelo. Sono necessari altri esperimenti, sempre più sofisticati.

Posso solo dirvi che sono fiero di me: il velato alone di qualunquismo che sembrerebbe pervadere l’articolo è completamente annullato dal valore universale della ricerca in oggetto. Viva il vino e la sua qualità. Viva i vini super e il loro numero non più fisso e immutabile, che a volte poteva far pensare, ingiustamente, a improbabili forzature esterne. Fortunatamente, le leggi della fisica non mentono mai! Vanno solo comprese.

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2 Commenti

Inserito da Luigi Bellucci

il 20 agosto 2012 alle 15:10
#1
Grandissimo Enzo, con questa bella trovata, con cui sono in sintonia al 100 per cento!
Per i profani o per chi ha bisogno di una rinfrescata sul secondo principio (vedi Kelvin / Clausius - Sistema discreto / Sistema continuo) suggerisco questo banalissimo link: http://it.wikipedia.org/wiki/Secondo_principio_della_termodinamica
Buon Ombrellone e Buoni ASSAGGI

Inserito da Enzo Zappalà

il 20 agosto 2012 alle 15:19
#2
carissimo Luigi,
eh sì... sapessi com'è faticoso essere in ferie e continuare a dover "testare" assiduamente questa "peculiarità" sconosciuta della termodinamica. Chissà se le prossime guide ne saranno già influenzate, dato che sembra che molti produttori la stiano già utilizzando? Che ne dici di metterci insieme è fare la prima guida termodinamica dei vini d'Italia?
un abbraccio
Enzo

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Astrofisico per 40 anni, ho da sempre coltivato la passione per il vino e per il mondo che lo circonda. Vedo di traverso la seriosità che...

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