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Quando un vino si arrabbia, di Enzo Zappalà

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Quando un vino si arrabbia

di Enzo Zappalà

Anche i vini hanno un’anima, dei sentimenti e una grande volontà di esprimersi al meglio. Quello che riporto è un accorato sfogo di uno dei più grandi bianchi italiani, figlio di un territorio unico e stupefacente, il Roero. Le sue parole le ho raccolte durante uno struggente tramonto in cui il Monviso sembrava accogliere il Sole per il suo sonno notturno e le candide Rocche ne tracciavano i confini. Quello che segue è frutto solo del mormorio proveniente dalle vigne ed io ho solo trascritto ciò che sentivo, senza alcun intervento personale. Sono però sicuro che lo stesso sfogo sia condiviso da molti altri vini bianchi italiani.

Uffa! Sembra proprio che nessuno riesca o voglia capirlo. Eppure anche noi vini bianchi abbiamo un sacco di aspirazioni e un profondo desiderio di vivere il più a lungo possibile. Chiamatelo istinto di conservazione, se volete, ma è sicuramente qualcosa di molto più complesso e articolato.

Voi, carissimi appassionati, critici, giornalisti, degustatori, ecc., ecc., non siete i soli a sperare in una vita lunga e felice. Se i nostri fratelli “rossi” sono in parte riusciti a ottenere questa sacrosanta rivendicazione etica e sociale, magari grazie all’autorevole voce dei loro tannini, noi stiamo ancora combattendo una battaglia troppo spesso persa in partenza. E ci dispiace vedere come in altre nazioni i nostri cugini abbiano raggiunto lo scopo già da parecchio tempo. Ci dà soprattutto fastidio vedere i loro risolini di derisione nei nostri confronti. Mamma mia, che rabbia il mellifluo sorriso di un “sancerre” o la falsa compassione di un “riesling” renano! Non lo sopportiamo proprio…

Io, in particolare, mi sento sempre estremamente depresso proprio per il carattere fiero, scontroso e poco prevedibile che mi contraddistingue. Questa peculiarità la riassume il mio stesso nome, “Arneis”, che in dialetto piemontese si riferisce proprio a una persona estrosa, volubile, dalle reazioni inaspettate. Figuratevi quindi la rabbia che mi sale fino al collo della bottiglia quando sento parlare di me come se fossi un agnello vicino alla Santa Pasqua. “Va bevuto subito, da giovane, quando i suoi sentori di frutta e di fiori si esprimono al meglio”. Questa è la frase ricorrente che sento giungere da ogni parte, sia dai consumatori sia da molti professionisti del mestiere. Mi verrebbe quasi voglia di essere uno spumante per scaricargli addosso tutta la mia violenza. In realtà qualcuno è riuscito a diventare spumante, ma non ha certo risolto il nostro problema esistenziale.

Le motivazioni per questo stupido pregiudizio nei miei confronti (che è condiviso però da tanti fratelli di altre regioni italiane) sono pretestuose e vanno dalla mia scarsa acidità ai sentori di frutta che spariscono in fretta, dal mercato internazionale alla radicata usanza italiana di bere i vini bianchi quando sono ancora immaturi. Accidenti, cosa devo sentirmi dire! E pensare che ho già dato prove meravigliose della mia capacità di durare nel tempo. Non pochi hanno potuto assaggiare qualche mia bottiglia, dimenticata in cantina, che è sopravvissuta anche per più di vent’anni e sono stati travolti da sensazioni impensabili e imprevedibili. In certi casi, quando sono stato assaggiato alla cieca, si sono fatti paragoni con cugini altisonanti.

Ci sarebbero quindi tutte le premesse per essere considerato vino di ben altra importanza e lignaggio, ma poi tutto finisce con qualche bella parola, un po’ d’imbarazzo e si ritorna alle frasi fatte. I miei stessi artefici devono chinare il capo e accettare questo triste destino. In fondo il mercato è mercato, i gusti sono gusti e non si può pretendere che diventino tutti dei Don Chisciotte con le cantine piene di vini invenduti perché giudicati ormai vecchi e stanchi.

Basterebbe invece capire e conoscere dove nasco per risvegliare nelle persone un ben differente rispetto verso di me. Avete mai visto, appassionati e professionisti, la travolgente complessità delle mie colline? Avete mai ammirato quei monumenti pietrificati della forza della natura che sono Le Rocche? Avete mai toccato, annusato, schiacciato quel misto di sabbia, arenaria, marna, ghiaia, gesso che compone il terreno dove le mie radici vanno a cercare il proprio nutrimento? Vi siete mai accorti di quanto il suolo cambi non solo da un versante all’altro, ma anche da una vigna all’altra e addirittura da una pianta all’altra. Se sono un “arneis”, ci sarà ben un motivo? La mia vitalità, la mia apparente scontrosità, la mia volubilità e la mia fantasia sono frutto di quella magnifica e variegata terra che è il Roero. Dove potete mai trovare un castagno immenso e secolare a braccetto con un fico o una vigna risplendente a fianco di un alberello di pino selvatico, ricordo indelebile dei faticosi e sconvolgenti cambiamenti geologici del territorio? Qui, solo qui, nel Roero! Ed io ne rappresento l’anima più profonda e vera. E non me ne voglia il mio caro fratello rosso che di problemi ne ha già tanti per il solito trito e scontato confronto con i “signori” di Langa.

No, non sono solo profumo di pesca, di pera, sentore di mandorla, ho ben altro in serbo nel mio bagaglio sensoriale. Non assomiglio al sauvignon, ho altre frecce nel mio arco. Però, accidenti, datemi il tempo di dimostrarvelo! Se avete conosciuto il Roero, dovreste aspettarvelo e non cercare sempre di correre come v’impone la vita sempre più stressante di questi tempi. Rilassatevi, godetevi i nostri struggenti paesaggi e abbiate un po’ di pazienza. Insomma, fidatevi di me.

Sì, è vero, dopo i primi due anni sembro spegnermi lentamente. Ma quest’apparente apatia è solo una trasformazione. Sono entrato in una crisalide e sto per diventare farfalla. Attendete il miracolo e poi sarete veramente deliziati. Dapprima i profumi di frutta si trasformeranno in profumi più complessi e variegati che toccano le erbe selvatiche di pianura e di montagna. Basta visitare le Rocche e la loro mutevole flora per capirne il motivo. Poi quel sentore di mandorla leggermente amaro, che sembra identificarmi come una fedina penale, si evolverà in una mineralità inaspettata e sempre più tagliente. Non vi meraviglierete allora che la sapidità arrivi a sfiorare gli agrumi. Vi sembrerà impossibile che sia lo stesso vino, pronto, festoso, beverino, ma in fondo banale che avevate assaggiato qualche anno prima. E allora ecco che i paragoni con ben più celebri vini d’oltralpe vi verrà naturale. Fate passare gli anni e vi troverete allibiti di fronte a un 2001 di una freschezza entusiasmante, a un 1991 ancora da urlo che sembra provenire dalla Mosella, o addirittura a un 1983 commovente e struggente per le sue note diffuse d’idrocarburi.

Solo allora capirete quanti infanticidi avete commesso fino ad adesso. Quanti giovani avete ingoiato prima che potessero dimostrare la loro vera natura. E farete veramente contenti i maestri di vigna che queste cose le sanno benissimo e non aspettano altro che voi apriate finalmente gli occhi. Anche voi, ristoratori ed enotecari, datemi una mano! Non cercate di nascondermi quando compio i primi due anni, ma proponetemi con le giuste parole, create abbinamenti che valorizzino le mie peculiarità che hanno solo bisogno di tempo. Farete contento questo stravagante “arneis” che vi sta parlando col cuore, i suoi artefici, ma soprattutto i consumatori e gli appassionati. Fate capire che si può essere grandi sia prima che dopo la trasformazione che avviene nella crisalide e che per assaporare il meglio è bene dare tempo al tempo.

La mia terra, devastata da antiche rivoluzioni geologiche, ricostruitasi mille volte, violentata da eventi immani, è sempre stata capace di attendere con pazienza il ritorno della pace e della tranquillità. La sua frutta, i suoi prodotti agricoli, il suo miele unico, i suoi paesaggi sempre nuovi, riposanti e sconvolgenti nello stesso tempo ne sono una dimostrazione. E le Rocche ne rappresentano la storia. Milioni di anni sono ancora leggibili tra i suoi dirupi giallastri, un libro aperto sull’evoluzione geologica del nostro pianeta. Basta avere gli occhi per leggere e per capire, dimenticando la fretta. Comprenderete che da questo splendido territorio poteva solo nascere un “arneis” come me, imprevedibile e scontroso, a cui bisogna però credere ciecamente.

Lasciatemi vivere e invecchiare: vi prometto che non ve ne pentirete!

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Astrofisico per 40 anni, ho da sempre coltivato la passione per il vino e per il mondo che lo circonda. Vedo di traverso la seriosità che...

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