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La scelta del vignaiolo: un successo completo, di Enzo Zappalà

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La scelta del vignaiolo: un successo completo

di Enzo Zappalà

Sono appena passate le 11 del mattino quando i primi produttori valicano il cancello superiore del Castello del Potentino. E’ l’ora di inizio della degustazione dei vini delle aziende scelte dagli stessi vignaioli secondo una struttura piramidale, come già raccontato qui: www.tigulliovino.it/dettaglio_articolo.php

La scena che li accoglie è ben lontana da quella delle solite, infinite, degustazioni a cui sono abituati a partecipare. Una “cucciolona” di alano (Minerva) dall’alto dei suoi 80 cm di altezza sta divertendosi con un bimbo di due anni che ben poco si cura della stazza enorme del compagno di giochi. Il Sole, un poco dispettoso, sta illuminando con calore e affetto la scena, mentre abbandona imbronciata e cupa la vetta dell’Amiata. I vignaioli sembrano quasi sorpresi dall’ambiente che li accoglie a braccia aperte, con strana e inaspettata semplicità.

Alcune casse vengono poggiate a terra e dalle tasche dei produttori escono le macchine fotografiche. I colori sono stupendi; la vera da pozzo rinascimentale, i merli, la loggia e la cappella sembrano aver invertito la freccia del tempo. Intanto Minerva e Flavio (il suo bellissimo e biondissimo piccolo “amico”) continuano a giocare imperterriti.

E’ già successo un piccolo miracolo: normalmente sono i vignaioli a essere fotografati nelle innumerevoli esibizioni pseudo-seriose, stampandosi sul volto sorrisi di circostanza. Oggi, 22 aprile 2012, al castello del Potentino, succede il contrario. La consuetudine e l’abitudine lasciano il passo alla novità. Quando entrano nella salone della degustazione, perfettamente allestita, i volti sono sorridenti, comunicativi, distesi. Charlotte e il fratello Alessandro, i padroni di casa, capiscono subito che la loro fatica organizzativa ha avuto successo e i loro timori, per una manifestazione fuori dai binari della “routine”, stanno evaporando tra un “ciao!” e un “benvenuta/o!”.

Il vero scopo dell’evento è intuito da tutti, immediatamente. Scaricate le bottiglie, i vignaioli cominciano a chiacchierare tra loro. Chi non si conosceva è già diventato amico più che collega. Si fanno confronti, si raccontano le rispettive scelte di vigna e di cantina, si spiega perché un certo terreno preferisce quel vitigno e non un altro. Non c’è competizione né ansia commerciale. Sono tutti liberi di sfogarsi, di chiedere e di esprimere dubbi e certezze. Le bottiglie rimangono spesso sole, ma sembrano felici di vedere i loro artefici finalmente allegri e rilassati. Sanno di essere frutto di passione, di tentativi, di speranze e a volte di errori. Ognuna di esse, però, esprime una personalità indiscussa. L’obiettivo più importante è stato raggiunto: non può esistere concorrenza tra prodotti che illustrano nei minimi dettagli il carattere di chi li ha creati.

“Terroir”, parola abusata, logora, banalizzata, acquista, oggi, un ben altro significato, fatto di intuito, di fantasia, di conoscenza profonda della terra e della pianta. No, quella parola troppo spesso fraintesa fa parte di un altro mondo, spesso fasullo. Oggi significa più semplicemente e compiutamente “spirito”, “spirito del vino”. Non è solo terreno e clima, ma è sintesi completa di Natura e di essere umano. Le bottiglie lo capiscono, si rallegrano e sembrano anch’esse chiacchierare tra loro senza invidia e gelosia: ognuna è se stessa, diversa dalle altre, portatrice di un messaggio unico e irripetibile. Non vi è nemmeno bisogno che qualcuno versi il vino nel bicchiere. Si può fare da soli e poi unirsi al produttore che è lì poco distante e sta assaggiando un altro vino, un altro mondo.

L’evento si è basato, sicuramente, su una scelta casuale, dovuta alla soggettività di chi sceglie e viene scelto. In parte, questo è vero. Tuttavia, dopo molti assaggi, si intuisce che vi è un legame sottile, ma fortissimo tra le varie bottiglie. Le caratteristiche sensoriali sono diversissime (e ci mancherebbe altro), ma lo spirito dominante è sempre lo stesso, ed è plasmato da autenticità e sincerità, schiettezza e umiltà. I possibili difetti dovuti all’annata e a mille e uno intoppi della fatica di un anno, non vengono nascosti da sotterfugi o da correzioni artificiose. Gridano la libertà di esprimersi insieme ai vertici assoluti che spesso li accompagnano. Niente da fare: chi meglio dei produttori stessi capisce quell’opera meravigliosa che è il vino? La prova è tangibile, nel naso, nel palato, nella mente e nel cuore.

Anche i “tecnici” del mondo del vino, invitati all’evento, se ne rendono conto. A volte non riescono a esprimere a parole quell’anomala diversità e somiglianza. Vini azzardati e fuori dal coro? Oppure troppo autentici e fuori moda? Non è facile descriverli. Troppo tannino, poca dolcezza, eccessivo vigore? Ma è proprio così? O non è forse la riscoperta del vero spirito del vino, di un arte vecchia di millenni? L’Amiata, monte etrusco, forza naturale dormiente, sembra sorridere e una nuvoletta impalpabile gli disegna una smorfia ironica sul volto. E’ meglio farsi trascinare dall’emozione e dai volti sempre più sereni dei partecipanti. La festa è riuscita in pieno, forse è andata perfino al di là delle intenzioni.

Sono giù le due quando ci si sposta al buffet, anch’esso ricco di cose semplici, arcaiche, umili, come il paesaggio circostante. La degustazione continua, ma ormai dominano i piccoli gruppetti, seduti all’ombra della loggia, che chiacchierano di tutto e di più. Le ore passano e vi è poca voglia di andarsene. Poi lo scambio di bottiglie, la promessa di incontrarsi “fuori” dagli appuntamenti obbligatori, il “salve” iniziale è diventato una pacca sulla spalla, un abbraccio.

Charlotte e Alessandro sono commossi e sicuramente orgogliosi del loro tentativo riuscito in pieno. Un orgoglio gentile, però, senza volontà di dimostrare qualcosa a qualcuno. E’ il piacere di vedere la passione, l’amicizia, la fatica riprendere il controllo delle menti troppo spesso trascinate dalle regole del mercato e da un mondo pieno di frasi fatte e di convinzioni imposte, come atti di fede, dall’esterno.

Una grande degustazione, un’idea geniale, un inizio di qualcosa di più ampio e articolato? Sicuramente sì. Ma bisogna anche pensare a lungo, riflettere, valutare attentamente, senza rischiare di scivolare verso i soliti logori binari della “normalità”. Nella mia mente di astronomo, sento che la piramide può lentamente cambiare e trasformarsi in qualcosa di più completo. Ce lo insegna l’Universo. Lui non ha un centro, non ammette posizioni privilegiate. La piramide deve chiudersi su se stessa, diventare un piccolo universo, il “vero” universo del vino.

Grazie Charlotte, grazie Alessandro, grazie simpatici e autentici vignaioli, grazie vecchio saggio monte Amiata! Arrivederci al prossimo anno…

Per trovare i nome dei partecipanti alla splendida e gioiosa festa, potete andare sul sito:
www.lasceltadelvignaiolo.blogspot.it

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Astrofisico per 40 anni, ho da sempre coltivato la passione per il vino e per il mondo che lo circonda. Vedo di traverso la seriosità che...

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