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Bottiglia in fuga, di Enzo Zappalà

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Bottiglia in fuga

di Enzo Zappalà

Lei, quella povera e spaventata bottiglia non ci voleva stare! Doveva fare qualcosa, andarsene, cercare di nuovo quelle emozioni che certe sue vecchie colleghe le avevano raccontato con un filo di voce e di nascosto da sguardi indiscreti. Aveva avuto la sfortuna di nascere nel momento peggiore, dopo che l’ultima, severissima legge era appena stata varata ed immediatamente attuata.
Era passato parecchio tempo da quando si era cominciata la lotta all’ultima goccia di sangue, ops … di “vino”. All’inizio era stato proibita la sua assunzione in quantità pericolose per la guida. Il livello iniziale era abbastanza logico, un paio di bicchieri anche abbastanza pieni. Poi però si era pensato a lungo nelle alte sfere decisionali. Stavano crescendo gli stupri, le violenze gratuite, i pestaggi dei barboni e degli “stranieri”, la crisi economica, l’aumento dei prezzi. Tutte cose che era difficile risolvere e che i mass media non volevano mollare, come cani con un succoso osso tra le fauci.

I tentativi di risollevare vecchi argomenti diversivi (cani assassini, fine del mondo, influenze “volanti”, mucche un po’ svitate, ecc.) per spostare la bramosia dei mass media, non riuscirono a fare abbastanza presa su un mondo che ormai voleva qualcosa di più duro, sanguinario, alla portata di tutti. Vi era sempre la droga, ma … gli interessi in gioco erano altissimi e toccavano anche personaggi “intoccabili”. Meglio non calcare troppo la mano e presentare le droghe pesanti come tristi malattie da seguire con grande attenzione e comprensione. Non peccatori, quindi, i drogati, ma solo malati. Ed anche i delitti fatti in preda allo “sballo” dovevano in fondo essere compresi. Si doveva trovare un capro espiatorio che non facesse troppo male ai potenti, che colpisse soltanto le persone normali e che fosse facilmente individuabile.

Lo slogan vincente fu trovato in fretta: “chi beve non guida e chi guida non beve”. Divenne subito anche una semplice e drastica legge. Le punizioni furono severissime, ben superiori a quelle degli altri crimini che era troppo difficile combattere. I potenti poi non ne erano toccati direttamente: loro avevano autisti, auto blu, che li potevano scorazzare a destra e a manca. E poi ben pochi tra loro conoscevano anche solo lontanamente le emozioni di un grande e vero vino. No, a loro di solito venivano rifilati intrugli prodotti da altri potenti (faceva molto fine fare il vino …) e non piangevano se potevano o non potevano bere quelle controfigure del nettare di bacco. Questa linea di tendenza, sfociata presto in una serie di leggi sempre più restrittive, si notava benissimo nella cronaca dei giornali e negli articoli sui tragici incidenti automobilistici: “un'altra vittima dell’alcol: giovane studente falciato da un automobilista ubriaco.” Questo era il titolo ricorrente.

Nei primi tempi si poteva anche leggere, molto più in piccolo, la sequela degli eventi: “il giovane assassino è stato trovato con due chili di cocaina purissima che avrebbe dovuto portare ad una festicciola tra amici. Aveva ingurgitato una razione mostruosa di pasticche ed aveva ancora la siringa in una mano (nell’altra il cellulare). La velocità al momento dell’impatto è stata calcolata in 220 all’ora. La pioggia assassina ha fatto il resto … E poi il tasso alcolico, di ben 0,05 superiore al limite consentito, non poteva lasciare scampo”. Ma in breve tempo si pensò di abolire il testo e lasciare solo il titolo. Il nemico, il diavolo, il mostro del ventunesimo secolo era stato scelto! D’altra parte, i produttori di vino non erano una fetta importante dell’elettorato e si potevano anche tartassare, così come gli enotecari ed i ristoratori. Erano state fatte accurate ricerche statistiche a riguardo. Trovato il capro espiatorio era meglio colpire con durezza e continuità.
Tolleranza zero era stato il secondo passo. Ma ancora una volta l’italiano aveva ingoiato il rospo e si era in breve rassegnato (accendeva la televisione e trovava emozioni forti che gli facevano dimenticare il piacere perduto).

L’interesse stava scemando … bisognava rinvigorire l’assalto. Presto fatto: studi di una nota casa farmaceutica avevano scoperto che “l’alito di una persona che ha bevuto nelle quattro mura di casa emette lentamente vapori saturi di una certa molecola sconosciuta che invade ed inquina l’aria fino a 20 metri di distanza, anche giorni dopo e con intatta violenza. Ragion per cui chi vuole bere un bicchiere di vino deve poi restare isolato a casa per almeno una settimana, senza uscire e senza avere contatti con il mondo esterno”.

Qualche leggero problema sorse con il lavoro: non si poteva prendere sempre le ferie ogni volta che si voleva gustare un po’ di quel terribile mostro liquido. Se si era in balia della droga si era considerati malati e quindi bastava un documento medico, ma se si era “ubriachi” si era criminali e quindi non c’era scampo. Molti tra i più efferati peccatori furono licenziati, con grande piacere di svariate industrie che avevano trovato il modo di togliersi dai piedi lavoratori che pretendevano salari così alti da riuscire ad arrivare a fine mese. E poi in tal modo il secondo panfilo per la giovane nipotina del celebre magnate con gravi problemi di “export” era assicurato anche quest’anno, sfruttando adeguatamente i contributi statali. I mass media calcarono talmente la mano che presto molte coppie ben collaudate, in cui però la moglie o il marito erano astemi, chiesero il divorzio per crudeltà mentale e per attentato alla salute da parte di uno dei due partner. Infatti era indubbio che se il bere era ormai etichettato come un peccato mortale per chi ne faceva un uso indiscriminato, non si poteva assolutamente chiudere gli occhi sull’alcol passivo.  Gli effluvi che trasportavano quella maligna molecola potevano colpire duramente i familiari, i bambini, gli animali di compagnia, innocenti vittime del peccatore o della peccatrice. Non parliamo poi dei tragici effetti causati da chi si recava nei luoghi pubblici o nei giardini: se preso in fragrante la pena era terribile e impietosa e sarebbe stato condannato per genocidio di massa.

Qualcuno avrebbe potuto chiedere: “perché non vietiamo la produzione del vino?”. In effetti, la domanda non sarebbe stata del tutto stupida. Bisognava però pensare che, come per il tabacco (un po’ “triste” per essere passato in secondo piano), anche la vendita del vino rendeva qualcosa ai potenti, attraverso le tasse che erano salite sempre più ed alle multe stratosferiche che venivano elargite a destra e a manca. D’altra parte chi mai aveva imposto alle automobili un blocco della velocità per non farle superare i fatidici 130 all’ora? A questo punto il vino iniziò a circolare solo in ambienti ristretti, frequentati da sovversivi e rivoluzionari. Le bottiglie che si mostravano in pubblico venivano guardate troppo spesso con occhi di odio. Dopo un tragico incidente sulla strada, la TV non si avventava immediatamente e ripetutamente sulla solita e ben evidente macchia di sangue, ma su una bottiglia, meglio se rotta, trovata vicina all’automezzo od alla vittima. Poco importava che fosse lì magari da anni o che qualcuno ce l’avesse messa a posta.

Ecco perché la nostra povera bottiglia di vino voleva fare qualcosa per uscire da quel mondo di proibizione e di linciaggio morale e materiale. Doveva scappare, emigrare, trovare qualcuno che non la guardasse con odio o che la bevesse con circospezione ed ansia. Decise però solo dopo l’ultima irruzione di quel gruppo di facinorosi, seguaci di una setta “analcolica”. La nostra bottiglia, non si sa come, era riuscita a passare inosservata per miracolo, nascosta dietro una credenza rovesciata a terra. Della cantina, delle botti e del vino era rimasto ben poco ...

No, era proprio ora di scappare all’estero. Con l’aiuto di qualche alcolizzato nascosto nelle campagne riuscì a passare in una nazione vicina. La accolsero abbastanza bene e vide che molte persone e relative bottiglie sorridevano al suo passaggio e si fregavano allegramente le mani. Ancora una volta li avevamo aiutati con spirito veramente “europeo”. Chi non ricordava infatti i vecchi tempi del metanolo, dei NAS nelle cantine ed al Vinitaly, degli intrugli infettati dal merlot , ecc., ecc ? Viva L’Italia!

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4 Commenti

Inserito da Paolo Carlo Ghislandi

il 26 febbraio 2009 alle 11:41
#1
Riflettevo proprio ieri sera davanti ad una bottiglia delle mie quanto tutta questa comunicazione sull'alcool stia facendo passare il concetto che la bevanda alcoolica sia di fatto una droga e che assumerne è comportamente riprovevole.
Il vino si degusta, si beve a tavola, non si assume come una qualsiasi sostanza !
Occorre prestare attenzione alle parole, soprattutto da parte di chi le usa per mestiere !
Stesso vale per i distillati e così via..
Io credo che chi beve per sballare si guarda bene dal scegliere prodotti di elevata qualità perchè non è il gusto o il piacere che va ricercando, ma solo l'alcool.
Già solo pretendendo di fare una bella distinzione fra prodotti da sballo e no ci sarebbe maggiore giustizia.

Oh, oggi ho assunto un caffè ed una brioche, 10 cl di acqua e 10 cl di spremuta, ma a pranzo assumerò anche altre sostanze quali 100 gr di carne e 100 gr di verdure accompagnate da 25 cl di vino rosso..

Bah, ....

Ciao
Paolo

Inserito da Enzo Zappalà

il 26 febbraio 2009 alle 11:47
#2
perfettamente d'accordo Paolo. Chi si ubriaca e poi guida ad alta velocità non sa nemmeno cosa sia il vino, soprattutto quello "buono". per lui importa alcol+pasticche+velocità+stupidità..ed il cocktail è fatto!!

Inserito da Paolo Carlo Ghislandi

il 26 febbraio 2009 alle 12:23
#3
La prossima volta che leggo sul giornale che usano il termine ASSUMERE scrivo al direttore pregandolo di specificare in quale forma e contesto, sennò quella che fa non è informazione ma disinformazione di carattere terroristico !

Inserito da Giancarlo Cipriani Noce

il 23 luglio 2009 alle 11:19
#4
Solo ora mi sono reso conto di quanto e quanto bene il gentile amico Zappalà abbia centrato il grosso problema nel quale é incorsa la nostra vicina Grande Nazione che, europea come noi, civile come noi e di lunga storia alimentare ed enologica come noi, ha deciso di commettere la follia di darsi leggi quasi proibizioniste iniziando una campagna di folle demonizzazione della povera, negletta Bottiglia (mi si scusi la maiuscola). In detta Nazione (che non nomino per pura carità cristiana) ormai, non vi é che gemere e stridor di denti e gli esuli - come fatto acutamente notare dall'autore - traversano nottetempo le nostre frontiere e la Nostra Patria li accoglie generosamente con tetrapack di lambrusco e trebbiano a titolo di primo soccorso.
Certo la follia di una classe dirigente astemia può trascinare alla disgregazione ed alla rovina un Popolo già grande e felice e che ora, nella morsa della Grande Crisi se vuole passare una serata allegra deve guardare le comiche di Stanlio & Ollio !

Felici noi che, rappresentati da integerrimi (ma NON SANTI), sappiamo che gli spacci o bouvettes (credo si dica così)dei luoghi nei quali le nostre leggi vengono esaminate, discusse a lungo e modificate - se del caso - prima di essere approvate, detti spacci dunque sono SEMPRE aperti e distribuiscono, oltre agli altri generi di conforto, VINI E LIQUORI a prezzi giustamente "politici" ed a tutte le ore onde i legislatori possano con l'ausilio degli stessi rafforzarsi, rilassarsi e meglio meditare e decidere.
Questa infatti é la ragione per la quale a noi é stata risparmiata la furia Bottiglioclastica e di ciò ringraziamo gli spacci (o bouvettes) e la loro generosa, affezionata clientela.

O mi sbagio ?

Cioè le bouvettes sono sì sempre aperte e distribuiscono ALCOLICI a tutte le ore.
Tutto il resto, però, é sbagliato e la terribile realtà é che i nostri legislatori possono legiferare bevendo a tutte le ore ed in tutte le quantità (virtualmente anche eccessive), e bevendo o comunque potendo bere promulgano le leggi Bottiglioclastiche e sostanzialmente sempre più proibizioniste.

E noi qui a guardare le comiche di Stanlio & Ollio !

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Astrofisico per 40 anni, ho da sempre coltivato la passione per il vino e per il mondo che lo circonda. Vedo di traverso la seriosità che...

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