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Prendila così, di Davide Cocco

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Home > Autori > Marketing > Schiscio è bello

Schiscio è bello

Prendila così

di Davide Cocco

Caro amico lettore, prima di iniziare la lettura di questo post fai partire questa canzone.

Dietro ogni prodotto dell’uomo c’è qualcuno che si fa il culo. E il proprio culo è sempre più grosso di quello del vicino. Lo so bene io, che faccio un lavoro di scrivania e sono circondato da persone che, grazie a dio, fanno ancora lavori manuali. Parlo di questo perché in questi giorni è nata una discussione su Facebook in merito a un post di Gianluca Morino su giornalisti e blogger e sui giudizi che riservano al vino.

Gianluca, titolare di Cascina Garitina, è produttore piemontese, nonché presidente del Consorzio Nizza, molto presente e attivo su internet e sui social network in particolare.
Su alcuni punti mi ritrovo anche d’accordo con quanto da lui espresso, ma ci sono alcuni passaggi che mi fa piacere commentare.
Scrive Gianluca:

Leggo, troppo spesso, scrivere giudizi perentori su alcuni vini e mi chiedo se non sarebbe meglio esprimerli in forma di pareri personali, giacchè di questo si tratta, senza che questo tolga il diritto di esprimerli.
Se a me non piace, non denigro un vino, perchè è figlio della terra, figlio di un progetto di vita ed è ciò che garantisce ad un territorio ed ai suoi abitanti l’economia per vivere e sopravvivere
”.

Partiamo dal primo capoverso. Qui la questione è duplice. Primo: spesso ci dimentichiamo una cosa: i giornalisti e i blogger sono persone, quindi esprimono un’opinione personale, a prescindere dal loro grado di preparazione e di autorevolezza. E il giudizio è figlio del background culturale e della sensibilità delle singole persone. È profondamente errato considerare oggettivo il giudizio di qualsivoglia persona.

Secondo: se ne parla da tempo, ma il concetto di “buono” è molto relativo (leggete a riguardo i papilli, ad esempio). Non esiste una metodologia, un approccio scientifico universalmente condiviso per giudicare dal punto di vista organolettico un prodotto alimentare. Ergo, ritorniamo nel campo della soggettività.
Il secondo capoverso invece contiene un assioma, largamente diffuso fra i produttori, profondamente errato. E mi spiego.

Al consumatore che spende il suo denaro per acquistare un prodotto o un servizio, non interessa quanta fatica ci sia dietro a un prodotto. Perché, tornando al vino, a un certo punto si troverà solo: lui e la sua bottiglia, lui e il suo bicchiere. E lì, in quel momento, emetterà un giudizio personale, mediato, ma basato esclusivamente sull’attimo.

Se un vino gli fa schifo di sicuro non penserà ai calli del nonno del produttore che si è spezzato la schiena per realizzare chilometri di muretti a secco con i basalti raccolti e trasportati a mano. Nè che gli agricoltori, e di conseguenza anche i viticoltori, sono gli ultimi difensori di un territorio destinato a lasciare spazio all’avanzata del bosco.
Ma soprattutto, ha pagato. E vuole un prodotto all’altezza delle sue aspettative e dell’importo esborsato, che anche a lui è costato fatica e sudore.

Farsi il culo non basta, ci vogliono i risultati.

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38 Commenti

Inserito da Giuliano Abate

il 12 luglio 2011 alle 14:00
#1
"Ma soprattutto, ha pagato. E vuole un prodotto all’altezza delle sue aspettative e dell’importo esborsato, che anche a lui è costato fatica e sudore."

Ecco, forse si dovrebbe partire - anche - da questo: non è che a volte queste aspettative le abbiamo gonfiate oltremodo? Non abbiamo - tutti noi attori a vario titolo della filiera - creato troppe suggestioni a fronte di un comprensibile :" mi piace, non mi piace" "E' buono, non è buono" ?

(grandiosa la versione del brano, grazie)

Inserito da Pamela Guerra

il 12 luglio 2011 alle 14:07
#2
Sono totalmente d'accordo e aggiungo: tutti abbiamo detto più di una volta nella vita "io pago, io pretendo", e il dirlo non denota mancanza né di rispetto né di sensibilità.
Ciascuno di noi, seduto alla scrivania o in piedi su un trabattello, si fa un mazzo e ha diritto di chiedere.
Forse, bisognerebbe far capire all'acquirente cosa può pretendere per una certa cifra e quali sono i limiti di una determinata categoria di prodotti: la costanza qualitativa che ci possiamo aspettare da un prodotto, figlio della terra è ben diversa da quella che ci possiamo aspettare da un prodotto industriale come un bullone.
Giudizi ed opinioni sono sinonimo, in quanto valutazioni soggettive; per rientrare nella sfera dell'oggettività bisognerebbe utilizzare parametri unici ed univoci per
Il giudizio, in quanto non semplice constatazione di fatto, ma espressione di un’opinione sulle qualità, il valore, il merito di persona o cosa, è sinonimo di parere, opinione, avviso.
Per rientrare nella sfera 'oggettiva' bisogna condividere parametri univoci di valutazione comunemente riconosciuti (i punteggi dei vini, per ex).

(complimenti per il brano :-) )

Inserito da Stefano Caffarri

il 12 luglio 2011 alle 14:31
#3
la premessa:
la fatica del produttore che produce non è di un'altra categoria, ma solo di un'altra specie rispetto a quella del consumatore: l'uno si spezza la schiena per produrre, l'altro si spezza la schiena per comprare il prodotto. Pari siam.
La tesi: allora chi produce qualcosa (poesia, musica, navi, areoplanini di carta, vino) nel momento in cui lo offre al pupplico per denaro o per diletto, lo sottopone al giudizio. E per far questo non è che possa fare la selezione preventiva: che so, presentare la navi ai soli navologhi.
Però una lezione dall'amarezza di Morino e dalla concione di COcco la possiamo trarre:
chi esprime un giudizio, caritatevolmente lo chiameremo parere, lo faccia con garbo e franchezza. Chi quel giudizio lo subisce, non confonda il suo prodotto con la sua persona.
E nel caso il giudizio non sia di suo gradimento, non chiami il complotto, ma risponda - con garbo e franchezza - nello stesso modo. Giudicando il giudice, criticando il critico: nel metodo, nel merido, nei modi, nelle modalità.
E' l'unico modo per accrescersi: fare tesoro delle critiche*.
Il resto è permalosìa acidula da anzianotti o autoerotismo socialista.

Inserito da Paolo Carlo Ghislandi

il 12 luglio 2011 alle 15:24
#4
Prima di qualsiasi altra considerazione : Ma che bel pezzo hai trovato, BRAVO !!!

Tornando a bomba sul tema quello che mi sento di dire è che i pareri negativi sono utili tanto quanto quelli positivi, come diceva qualcuno.. la lode ci infonde la forza per trasformare la critica in una opportunità di miglioramento.

Non dobbiamo però fare le “verginelle”, sappiamo come dato certo che, in virtù del fatto che di carne siamo fatti, ( e la carne è debole ) tanto o poco spesso accada non importa, dietro alla critica su un prodotto si può nascondere un attacco personale al produttore più o meno intenzionale.

Concordo sul fatto che quando immettiamo nel mercato un prodotto di consumo lo sottoponiamo al parere del mercato stesso e questo ci basti e ci stimoli, va messo anche in conto però, che ai nostri tempi dobbiamo essere pronti e sereni ad accettare che noi, produttori, diventiamo sempre più oggetto d'attenzione di un pubblico crescente.

Vale l'equazione secondo la quale più ci sforziamo anima e corpo di comunicare, più cresce proporzionalmente la visibilità della nostra persona stessa e con essa crescono estimatori e sostenitori tanto quanto gli oppositori, alcuni dei quali leali e trasparenti, altri più subdoli.

L'antidoto è da sempre la trasparenza, coerenza massima, lealtà verso tutti e rispetto anche di chi non la pensa come noi, con voglia di comprenderne le ragioni.

Rimango sempre fermamente convinto che l'intelligenza collettiva riesca a metabolizzare col tempo ogni cosa e che ne restituisca una sua visione più corretta, mediata da una ragione allargata e da un consenso meno estremistico.

Nel frattempo abbiate comprensione per noi produttori, non ci riusciamo proprio a vederlo solo come vino... per noi è molto di più..

Ciao,
Paolo

Inserito da Giancarlo Raccagni

il 12 luglio 2011 alle 15:34
#5
Leggo con interesse il bel post di Davide (che con il link alla canzone di Petra Magoni e Ferruccio Spinettii con me sfonda una porta aperta)e mi ritrovo per l'ennesima volta a fare una riflessione: quanto conta quello che c'è nella bottiglia e quanto quello che rappresenta quella bottiglia?

Tanto per riportare tutto a più pragmatici orizzonti, ricordo alcuni episodi in cui prima di assaggiare un vino sono stato messo al corrente di come quel vino fosse il frutto di tanti (ma meglio se fossero stati pochi, fa più eroe)uomini che si sono fatti culo e calli per mantenere in vita un vitigno che rischiava la scomparsa.

Ora se ritrovo quel culo e quei calli nella bottiglia dovrei gioirne?

Altro episodio medesima riflessione post-assaggio: vino frutto del conferimento di molti viticoltori che erano intenzionati ad abbandonare l'attività che era divenuta per loro poco redditizia ed in bottiglia mi ritrovo tanta anidride solforosa da stendere un elefante ... dovrei essere contento per i viticoltori??

Forse il mio commento esula dal tema del post in quanto il focus era centrato sul correttezza di alcuni giudizi da parte di presunti esperti ma credo il giudizio sia sempre e comunque soggettivo ed espressione di tante influenze subite e tra queste trovo che le storie di "culi e calli" in vigna abbiano un importante potere evocativo in grado di guidare chi esprime giudizi (sia esso il consumatore o il wine-blogger di turno).

Inserito da Gianni Lovato

il 12 luglio 2011 alle 15:51
#6
Volevo dire la mia, ma ha detto quasi tutto il Vate (Stefano Caffarri).
Potrei solo aggiungere che, a volte nel corso di queste discussioni, si tende a mescolare il Mario con...chessoio...un conoscitore-sommellier-appassionato. La lingua dei folonaribollacavit-etcetera non è la stessa dei GilliMosnelGaritinaBeleCaselPojer-etcetera.
Scusami Pam, ma sì ci sono casi nei quali la differenza fra vino è bulloni non è poi molta :-( Ed i punteggi dei vini purtroppo aiutano più a farli diventare una cosa inanimata e facile da "manipolare" per scopi che poco hanno a che fare con la protezione del consumatore, a mio parere. (Parker docet)
Ovviamente c'è vino da e per tutti, ma c'è vino ed anche Vino. Sono due cose diverse e c'è del buono e cattivo dappertutto.
Perché non cerchiamo di limitare i nostri commenti ed opinioni, favorevoli o sfavorevoli ("con garbo e franchezza") e limitatamente ai casi dove ne vale veramente la pena?
Adesso tiratemi pure i sassi.

Inserito da Paolo Carlo Ghislandi

il 12 luglio 2011 alle 18:05
#7
@Giancarlo,
La tua domanda non ha una risposta facile.
La dura legge del mercato ci dice che quello che conta è che nella bottiglia ci sia quello che il cliente si aspetta di trovarci e per il quale è disposto a pagare una cifra.
Ecco perché esiste vino e vino e alla fine quello che conta è che il cliente ti dica "buono", in fondo esiste anche cliente e cliente.
E io aggiungo purtroppo esiste anche certo vino, certi clienti, certi produttori e certi critici .. LOL, ma perfortuna anche no
Ciao,
Paolo

Inserito da Gianluca morino

il 13 luglio 2011 alle 00:21
#8
Grazie Davide per avermi dato la possibilità di approfondire la mia riflessione su un palcoscenico ben più ampio del mio piccolo blog appena nato.

Secondo me, la puntualizzazione ,è esagerata essendo io uno dei primi sostenitori del fatto che alla fine di tutto è il consumatore a decidere mi piace /non mi piace.

Questo aspetto è quello che mi ha portato, con Monica Wineup, a realizzare #barbera2 nel modo che tutti conoscono, aprendo l'evento al consumatore finale e volendo fortemente realizzare la partnership con Barbera Festival di Plymouth che aveva i consumers come focus.

Il tema del mio post, secondo me, è leggermente diverso dal tuo commento e dalla direzione presa qui: non ho scritto che non accettiamo i giudizi personali e nemmeno che non accettiamo i giudizi negativi.

Ho fatto riferimento a commenti altamente offensivi e di cattivo gusto che, alcuni giornalisti o presunti blogger, sentenziano senza avere cognizione di causa sul produttore e sul vino.

A fronte di questi giudizi, io penso, che noi produttori dobbiamo farci sentire per non rischiare di lasciare credito a chi non ne ha mai acquisito sul campo.

Sui punteggi dei vini stendiamo un pietoso velo: un punto, un bicchiere, anni fa, determinavano il fatturato di una impresa. Inaudito solo pensarlo.


Ps: grande pezzo ma grande cd.


Inserito da Pamela Guerra

il 13 luglio 2011 alle 01:30
#9
Credo che un po' tutti abbiamo detto, con parole diverse, la stessa cosa: esistono vini diversi, consumatori diversi, aspettative diverse.
C'è chi si esprime con un semplice 'mi piace' e chi abbonda con la terminologia.
Il dato di fatto è che una volta uscito dalla cantina, il vino è suscettibile di giudizio: qualunque esso sia, utilizziamolo come sprone di crescita e miglioramento.
Come produttore mi aspetto di vendere alle condizioni che dico io, come consumatore mi aspetto di bere/assaggiare alle condizioni che dico io. Cerchiamo, tutti, di far sì che queste aspettative coincidano o, per lo meno, si avvicinino il più possibile.
In quest'ottica, secondo me, bisogna informare ed educare: questo è il compito dei produttori e degli operatori della filiera.

Riprendendo il commento di Gianluca, credo che il cattivo gusto e l'offesa a cui fa riferimento, derivino non dalla mancanza di competenza ma dalla mancanza di buona educazione: come dice Stefano, ci vuole garbo. I produttori non "devono farsi sentire per non lasciare credito a...": credibilità e autorevolezza si guadagnano sul campo, coi fatti. Se le guadagnano produttori, giornalisti e presunti blogger (neologismo?): tutti ce le guadagniamo (o no) quotidianamente.

E credo che il post di Davide non sia una 'puntualizzazione esagerata', ma solo la condivisione di un pensiero, di un'opinione espressa a voce alta; così come gli altri commenti.

Per precisare: citando il punteggio dei vino, non intendevo dire che quello fosse un metodo adatto per esprimere un giudizio, ma intendevo fare un esempio di strumento oggettivo di valutazione, in quanto unanimemente riconosciuto.

Inserito da Filippo Ronco

il 13 luglio 2011 alle 09:49
#10
Come mi insegnò quel grande maestro che è Virgilio Pronzati, "con educazione si può dire tutto". Il bello dei commenti è che i produttori hanno la possibilità di sostenere o viceversa contrastare quel che di loro o dei loro vini si dice in giro e quest'azione di integrazione è preziosissima, da un lato perché aumenta drasticamente le possibilità di interazione e relazione non solo con chi scrive ma soprattutto con chi legge, la seconda perché fa sentire l'azienda presente, vicina, la terza perché seleziona in parte il target a cui si desidera vendere e quindi anche il massimo prezzo potenziale possibile.


Fil.

Inserito da Davide Cocco

il 13 luglio 2011 alle 10:34
#11
@Gianluca ho estrapolato alcuni passaggi dal post, perché erano quelli che mi interessavano di più. Ma ho anche detto che altri erano condivisibili. Convengo con te sul garbo e sul modo di dire le cose.
La mia intenzione era però di allargare il discorso, perché alcune prese di posizione dei produttori mi trovano spesso in disaccordo.
Soprattutto il fatto di trincerarsi troppo spesso dietro le sofferenze e le fatiche per produrre a un bicchiere di vino. Che non metto in discussione e non contesto in nessun modo. Ma un vino deve essere buono. Il punto di partenza dev'essere quello, a prescindere dal culo, dal cornoletame e dalla gobba del nonno.
Sani.davide

Inserito da Luigi Gagliardini

il 13 luglio 2011 alle 15:06
#12
Mi sorprende il cinismo di chi dice semplicemente che il vino deve essere buono, visto che come tutti sembrano concordare, la bontà del prodotto deriva da considerazioni spesso soggettive.

Per conoscere un vino non si può prescindere da chi l'ha lavorato, dalla vigna, "dal culo, dal cornoletame e dalla gobba del nonno" perchè il vino in bottiglia, volenti o nolenti, è tutto questo, e per giudicare bene bisogna conoscere.

Da quello che ho capito, il rammarico di Gianluca Morino sta proprio nel bisogno dei produttori di difendersi spesso da opinioni che, seppur pacificamente soggettive, rimangono comunque gratuite nelle loro critiche distruttive.

Inserito da Davide Cocco

il 13 luglio 2011 alle 15:46
#13
Mi spiego meglio, Luigi. Quando dico "buono" intendo buono per me.
Per il resto sono d'accordo con te. Ma non mi piace quando si usano il "culo, il cornoletame e la gobba del nonno" come paravento per le critiche. O per giustificare i difetti. A quel punto no, non ci sto.
Sani.davide

Inserito da Luigi Gagliardini

il 13 luglio 2011 alle 15:55
#14
@Davide: Allora siamo d'accordo su tutto ;)

Inserito da Gianluca morino

il 13 luglio 2011 alle 18:15
#15
E' proprio quello il punto Luigi "nel bisogno dei produttori di difendersi spesso da opinioni che, seppur pacificamente soggettive, rimangono comunque gratuite nelle loro critiche distruttive".

Mi sono messo nei panni dei produttori ai quali erano dedicate le recensioni (bada bene sunto di diverse testate anche americane) e per solidarietà ho scritto il mio pensiero.

C'è un limite a tutto credo, soprattutto alla diseducazione.

Soprattutto quando vedo recensioni fatte da personaggi che, nemmeno lontanamente, conoscono il vino o l'azienda di cui stanno parlando (parlo con dati alla mano).

Capisco benissimo che i nostri vini, una volta prodotti ed usciti sul mercato, siano in balìa dei più svariati commenti e giudizi; è normale, fa parte del gioco.

Non capisco invece quando il giudizio, soggettivo/distruttivo, viene utilizzato per colpire direttamente un produttore od una azienda.

Pamela ho capito ciò che intendevi: alla fine è l'unico metodo ma chiaramente è stato usato in modo sbagliato. #punteggi







Inserito da Magda Beverari

il 13 luglio 2011 alle 20:03
#16
hi hi hi... presunti blogger... culo cornoletame e dalla gobba del nonno...

"Per conoscere un vino non si può prescindere da chi l'ha lavorato, dalla vigna, "dal culo, dal cornoletame e dalla gobba del nonno" perchè il vino in bottiglia, volenti o nolenti, è tutto questo, e per giudicare bene bisogna conoscere." concordo


"In quest'ottica, secondo me, bisogna informare ed educare: questo è il compito dei produttori e degli operatori della filiera." concordo

c'è il vino bevanda e il vino racconto-amore-poesia-storia-sofferenza-paura-intesa-sole-stagioni-ricchezza-povertà-seduzione-erotismo-terra-lavoro-gioia-dolore-relazione-dialogo-simbolo-messaggio - pioggia-neve-legno-fiori-mani-piedi-profumi-riposo-viaggio- [...] TEMPO
- il vino bevanda può fare schifo, soprattutto quando costa molto poco, passo e chiudo.

Inserito da Davide Cocco

il 14 luglio 2011 alle 13:07
#17
Perdonami, Magda, ma non ho capito cosa vuoi dire.

Ciao.davide

Inserito da Luigi Gagliardini

il 14 luglio 2011 alle 18:42
#18
E' da poco che sono nel mondo del vino, da anche meno tempo nel mondo del vino 2.0.

Devo comunque constatare non senza un minimo di divertimento che anche in Italia si fanno guerre di religione su tutto, dalla politica al calcio fino al vino. Probabilmente è anche a questo che Morino si riferisce.

Se si dice che in Italia ci sono 60 milioni di ct, aggiungo che oggi più che mai ci sono anche 60 milioni di enologi.

E, in generale, in pochi si risparmiano opinioni definitive e categoriche su tutto.

Evidentemente, è una questione culturale: siamo fatti così.

E viva l'Italia!

Inserito da Magda Beverari

il 14 luglio 2011 alle 23:13
#19
@DAVIDE: semplicemente che, se prendiamo il vino semplicemente come sostanza liquida da bere allora ci si può sprecare in giudizi di ogni genere (come ad esempio quando mi è capitato di bere una cocacola tarocca, faceva proprio orrore), se invece il vino è considerato qualcosa di più, i giudizi vanno espressi con garbo, discrezione, rispetto e considerazione del lavoro altrui. Ci sono purtroppo però dei vini per i quali il termine bevanda è un eufemismo, soprattutto quando parliamo di industria ;) Spero di essere stata più chiara nell'esprimere la mia opinione. :-)

...@luigi: si, questione culturale, non cambieremo mai!

Inserito da Davide Cocco

il 15 luglio 2011 alle 00:48
#20
@Luigi io faccio parte dei bevitori, più che degli enologi. E comunque è colpa del caldo :)

@Magda non farei il lavoro che faccio se non la pensassi come te. Troppo comodo però, ogni volta che arriva un giudizio negativo, accusare il critico di incompetenza e tirare fuori la storia della fatica e del sudore

P.S. a proposito di industria, come ho già scritto su FB, anche dietro il tavernello ci sono agricoltori che hanno una storia e si fanno il culo. Non dimentichiamolo :)

Inserito da Luigi Gagliardini

il 15 luglio 2011 alle 08:32
#21
@Davide: il mio ultimo commento non era riferito a te, ci mancherebbe. Era più una riflessione personale di tipo generale.

E' vero che anche dietro il Tavernello c'è chi si fa il cosiddetto, se è per questo credo ci sia anche dietro la Coca-Cola. Anzi, credo ci sia dietro ad ogni cosa. Magari, permettendomi un po' di sano qualunquismo, quelli che non si fanno il cosiddetto e guadagnano sulle spalle degli altri stanno in luoghi più istituzionali.

Però, diciamo che ci sono delle differenze tra cosiddetto e cosiddetto. E sono d'accordo con te che il cosiddetto non giustifica tutto.

Inserito da Luigi Bellucci

il 15 luglio 2011 alle 16:30
#22
Che bel pezzo e che bella discussione!
Di Gianluca ho ancora una bottiglia di AMIS 1997 che ogni volta che mi viene alle mani trovo sempre un valido motivo per berla in una occasione migliore. Se Filippo decide di venirmi a trovare, magari con Gianluca, è la volta buona che ce la beviamo ... alla salute dei critici!
Concordo con Virgilio, grande maestro, sul rispetto del lavoro di tutti e sull'educazione nel giudizio, che è obiettivo per il momento e per le condizioni in cui si fa l'assaggio e on deve essere mai assoluto.
Davide dice "ci vogliono i risultati". Ma quali sono i risultati per chi fa vino? Concordo in questo con l'amico Alberto Mazzoni: il miglior risultato è che alla vendemmia successiva il vino dell'anno precedente sia stato tutto venduto.
A proposito di punteggi dei vini mi piace ricordare questa esperienza vissuta poche settimane fa. Assaggiamo un vino premiato con Medaglia d'ORO al Concours Mondiale de Bruxelles 2011. Lo porto al naso e, ad occhi chiusi, associo quegli aromi a un bel pezzo di formaggio di fossa. Ora mi chiedo, dopo avere appurato che non era un problema di quella bottiglia, che cosa abbia voluto premiare quella giuria se non l'eccentricità di quel vino, non certo la tipicità o l'armonia. E se a Bruxelles succede questo, chi garantisce l'oggettività del punteggio? Vero Pamela?
In definitiva credo che sia per il vino, sia per l'olio, il consumatore finale impari da solo a riconoscere un prodotto "buono" da uno "non buono", tenendo al più le guide come un suggerimento per "qualcosa di nuovo da assaggiare", non certo la Bibbia del vino.

Inserito da Enzo Zappalà

il 17 luglio 2011 alle 15:34
#23
mettamola così...
spezzarsi la schiena e avere i calli è condizione necessaria ma non sufficiente per fare un vino buono. Mi spiego meglio. Se un produttore riesce a passare giornate piacevoli in vigna, senza faticare quando è il momento (e capita sovente che le condizioni lo impongano) è IMPOSSIBILE che faccia un buon vino. Tuttavia, anche chi si spezza la schiena, ecc., ecc. può benissimo fare un vino cattivo. E' necessario farsi il mazzo, ma ciò non è sufficiente. Non basta prendere un pennello e una tela e imbrattarla con gran fatica se non si è un artista: il risultato sarà deludente...

Eppure molti lo fanno (vedi l'arte moderna che è diventata per lo più fenomeno economico e mediatico) e trovano sempre qualcuno che per qualche ragione è pronto a incensare qualsiasi vino, basti che dia un ritorno economico anche trascurabile. Questa situazione è generale nel mondo di oggi... Nel campo del nettare di Bacco, le cose seguono le regole. Dice il post: anche i giornalisti dicono cose soggettive. Allora mi chiedo: quanto differiscono da un qualsiasi consumatore? Quanto le loro recensioni sono realmente frutto del bagaglio culturale e quanto basate su interessi perticolari che vanno dagli euro sonanti, agli inviti, alle bottiglie, ecc., ecc. Almeno il consumatore (anche se non è esperto) paga la sua soggettività e può giustamente decidere quale sia per lui il vino buono e il vino cattivo. Molto più difficile è fare altrettanto (e accettarlo supinamente) quando si vuole mostrare di esprimere giudizi "ufficiali", senza pagare nemmeno la bottiglia. Questo è il vero problema del vino, a parte i calli e le schiene... Troppa gente vuole dimostrarsi esperto senza averne le capacità e le competenze. E spesso, purtroppo,certe farneticazioni mirate possono intaccare la credibilità di un vino e del suo artefice.

Ormai lo sappiamo, il consumatore è spesso lo stesso che accetta tutto ciò che viene detto dagli "esperti", siano televisivi che di riviste, guide, blog, blig, blag enoici. Se i critici e gli esperti calassero di un ordine di grandezza (da 100 a 10)le cose andrebbero certamente meglio. Oppure sbaglio?

Inserito da Gianluca morino

il 18 luglio 2011 alle 08:06
#24
"Molto più difficile è fare altrettanto (e accettarlo supinamente) quando si vuole mostrare di esprimere giudizi "ufficiali", senza pagare nemmeno la bottiglia. Questo è il vero problema del vino, a parte i calli e le schiene... Troppa gente vuole dimostrarsi esperto senza averne le capacità e le competenze. E spesso, purtroppo,certe farneticazioni mirate possono intaccare la credibilità di un vino e del suo artefice."

Che dire, Enzo, hai centrato il problema perfettamente. "Farneticazioni mirate" e "senza averne le competenze" era il mio focus.

Questo è il problema del vino al quale, noi produttori, abbiamo contribuito facendo, in passato, troppo silenzio.

Ora con i blog, i social network ed altri mezzi possiamo e DOBBIAMO dire la nostra, possiamo e dobbiamo educare il consumatore perchè è il nostro patrimonio da difendere.


@LUIGI: "toi bitome àn sel gùst!" per la mia bottiglia di Amis 1997. Scritto così mi sa che non si può proprio resistere al tuo invito, e se passi a trovarmi ho magnum antecedenti da aprire...

Sono concorde con te e con Alberto Mazzoni che alla fine conta averlo venduto tutto, quindi aver trovato il consumatore giusto per il proprio prodotto.

Inserito da Enzo Zappalà

il 18 luglio 2011 alle 08:51
#25
caro Gianluca,
purtroppo, troppo spesso, gli esperti o pseudo-tali tendono solo e soltanto a svolgere analisi sensoriali del liquido contenuto nel bicchiere. E' l'unica cosa che possono tentare di fare, copiando, allineandosi alla massa o cercando di essere sempre e comunque controcorrente. Devono emergere, farsi notare in un sistema che sta centuplicando coloro che sanno tutto e capiscono tutto. Nessuno di questi, però, ha mai capito cos'è il VINO. Non prova emozioni ricordando la sua storia, la scienza che c'è dietro, il legame stretto e indelebile con la Natura, le emozioni di una chiaccherata con chi il vino lo fa realmente. Non mette mai in conto un valore aggiunto del vino che è parte integrante delle sensazioni che sa scatenare: l'emozione di un contatto umano, di antiche e nuove storie, di un sorriso aperto e di una pacca sulla spalla. Non conosce cos'è l'amicizia del vino che, spesso e volentieri (almeno per me), può cambiare drasticamente la sensazione finale della degustazione. Non centra niente con la valutazione organolettica? E chi se ne frega! Il vino deve essere emozione e il piacere di una nuova amicizia, di una nuova scoperta, di una piccola ed enorme realtà contadina e umana non è forse anch'esso un emozione mentale e fisica? E allora, basta con i freddi giudizi concentrati in punteggi aridi che vorrebbero sintetizzare la storia stessa dell'uomo. Una nuova e antica prova dell'arroganza dell'essere umano e della sua assoluta mancanza di umiltà.
Non per niente la battaglia ironica (quasi sempre) contro questa visione stantia e ripetitiva è il motivo portante dei miei articoli e dei miei libri. Ma, sicuramente, danno un po' di fastidio (non certo in questo sito grazie all'apertura mentale di Fil) e molti preferiscono chiudere gli occhi e far finta di niente, continuando nel loro gioco di celebrazione mutua: io parlo di te così tu parli di me e siamo bravi tutti e due... Sapessi quanti ne esistono anche nel mondo della Scienza....

Inserito da Filippo Ronco

il 18 luglio 2011 alle 09:30
#26
@gianluca @enzo

Dette così però sembrano solo accuse generiche e qualunquiste verso un intero mondo. Avete qualche esempio concreto da portare?

Ciao, Fil.

Inserito da Gianluca morino

il 18 luglio 2011 alle 10:24
#27
Certo che no caro Filippo, dato che riguardano aziende e colleghi che conosco, non è nella mia etica fare nomi e cognomi.

Io sono sul web in modo continuativo solo da un anno ma questo non mi ha impedito di leggere certe cose quindi sono sicuro che chi, come te è un esperto, non abbia bisogno di indicazioni.

Il mio post ed il post qui di Davide non avevano certo lo scopo di rivelare nominativi e recensioni che, tra l'altro, sono visibili a tutti in rete.

Buon lavoro


Inserito da Enzo Zappalà

il 18 luglio 2011 alle 10:28
#28
caro Fil,
basta leggere qua e là e vedere la supponenza e l'arroganza che si evincono da molti blog e cose simili. Non ti sembra che ci sia una proliferazione enorme di esperti del vino? E cosa trovi se non i soliti commenti seguiti da numeretti vari e giudizi spesso drastici? Possibile che ci siano così tanti esperti?

Ben raramente si trasmette amore per il vino, voglia di farlo conoscere per la sua vera essenza e -magari- cercare di difenderlo. Esempio classico: nessun giornalista (tranne tu e acquabuona) ha condiviso la battaglia sacrosanta contro l'etilometro. E comunque NESSUNO è sceso in campo direttamente. Ti sembra questo un segno di amore verso il vino? Comunque ognuno fa quello che la coscienza e le capacità gli impongono.

Ancora diversa è la situazione delle guide e dei commenti che scaturiscono dopo le degustiazioni più ufficiali. Giudizi perentori e -molto spesso- ben diversi tra loro: l'annata 2007 è da buttare in quel di La Morra. Ma, anche, ottima annata, elegante e duratura. E mille altri così. Queste frasi fatte, ripetitive e a volte facenti parte di un gioco al massacro che lascia un segno notevole sul mercato (su questo ho varie prove concrete)provengono da personaggi che si definiscono esperti. Ma chi lo dice? Hanno conseguito diplomi specialistici? Hanno frequentato scuole particolari di degustazione, oltre ai soliti, anche ridicoli, esami AIS e cose del genere? Hanno titoli di studio e esperienza internazionale? Hanno scritto articoli fondamentali per il vino?

Per pubblicare un articolo scientifico devi essere un ricercatore, avere un titolo di studio adeguato e subire la revisione di altri esperti. Nel mondo del vino tutto ciò non esiste. Basta solo autodefinirsi esperti e cominciare a esprimere giudizi, meglio se tutti diversi tra loro (in molti casi) o tutti uguali se si parla di mostri sacri intoccabili. Nessuno pretende che il vino sia scienza, ma che almeno non si nasca esperti dall'oggi al domani e che si possa sapere la carriera professionale (vera) di tanti guru che impazzano sul web e sulla carta stampata.

Se poi tutto è soggettivo (anche tra i professionisti) e i giudizi possono essere anche opposti, quale differenza esiste tra un semplice consumatore e un ipotetico esperto? Tutti, dico tutti, potrebbero dare voti, commentare un vino e scrivere articoli che si referenziano uno con l'altro per sostenere un enorme castello di carte.

No, caro Fil, c'è molto che non va e troppe somiglianze con la cultura odierna: tutti sanno tutto di tutto e senza dimostrare dovutamente le proprie capacità professionali. Troppo facile....

Inserito da Filippo Ronco

il 18 luglio 2011 alle 11:00
#29
@Gianluca @Enzo
Se vogliamo dire che nel mondo ci sono cose che non vanno diciamolo, è un po' generico ma saremo sempre tutti d'accordo. Fare nomi e cognomi non va contro l'etica a mio modo di vedere, contro l'etica va - sempre a mio modo di vedere - emettere giudizi su un'intera categoria senza fare distinguo. E dire, "ci sono certi che" è un po' come dire "c'è una certa magistratura", cioè non serve a niente. Ormai dovreste conoscermi, io sono un sanguigno, pane al pane e vino al vino. Se no, direi che abbiamo già detto tutto ed è poco produttivo proseguire la discussione in modo generico.

@Gianluca
Io non sono un esperto di niente. So qualcosina, accumulo esperienze ma definirmi esperto è davvero un omaggio che non posso accettare ;) Sono uno che s'informa e con gran passione ma niente di più, gli esperti sono altri. Ci sono siti che leggo con piacere, altri meno, ci sono maestri di discreta umiltà in giro ma sapete cosa? In ogni caso ci sono i commenti a riportare in carreggiata chi dovesse farla fuori dal vaso quindi, dove sta il problema? Da perdere hanno solo coloro che straparlano perchè la rete non perdona la mediocrità. Starei sereno, insomma. :)


Ciao, Fil.

Inserito da Enzo Zappalà

il 18 luglio 2011 alle 11:55
#30
caro Fil,
condivido la tua conclusione e in fondo la pensiamo nello stesso modo. dSai che anch'io non ho paura di uscire allo scoperto... Ho qualche dubbio sul fatto che il consumatore che legge non si crei idee sbagliate che alcuni commenti cercheranno forse di smentire, ma che possono facilmente essere accolte con accuse e magari messe in ridicolo o giù di lì... Chi cura il blog ha comunque il coltello dalla parte del manico. Ziliani insegna (tanto per non far nomi!).

Inserito da Giuliano Abate

il 18 luglio 2011 alle 11:57
#31
@Gianluca
Concordo sul farli i nomi e non solo per i motivi esposti da Filippo.
Ho bisogno di capire quale sia il tuo limite tra un giudizio poco elegante è un attacco personale perchè anche di questo si parla: di come leggiamo, e mediamo attraverso il nostro stato d'animo, le parole.

Ciao Giuliano

Inserito da Filippo Ronco

il 18 luglio 2011 alle 12:35
#32
Anch'io lo chiedevo esattamente per quello Giuliano, per capire il metro di valutazione e vedere se sono d'accordo o meno.

Fil.

Inserito da Luigi Bellucci

il 18 luglio 2011 alle 19:55
#33
@Gianluca la tua proposta è molto invitante.
Se @Fil ci sta potremmo vederci da me a Chiavari per una piccolissima verticale ... magari accompagnata da "taglierini al ragù di carne" (il pesto con i rossi non ce lo vedo) e da una pentola di "stoccafisso accomodato" ... dal 3 agosto in poi.
Qualche posto in più ce l'ho se vogliamo allargare l'invito a chi è ineressato alla "verticale". L'unica condizione è che il tempo sia bello perchè saremo sulla terrazza.

Inserito da Filippo Ronco

il 18 luglio 2011 alle 20:00
#34
Porco cane, parto il 30 luglio e torno il 16 agosto.
Il 23-24 sono impegnato ma altre date libero :)


Fil

Inserito da Stefano Caffarri

il 19 luglio 2011 alle 08:27
#35
Bene. Quindi posso parlare solo se sono un'autorità. Quello che non mi è chiaro è come faccio a diventare un'autorità se non parlo fino a quando qualcuno mi legittima a farlo.
E chi sarà il mio giudice? e sulla base di quale metro? e in quale sistema di riferimento?
io credo che l'internet ci regali una opportunità importante: la formazione infinita. Un esame continuo, feroce, impietoso di quello che facciamo, non mediato dalla compiacenza, dall'amicizia, e dall'indulgenza; un esame che spesso diventa uno stimolo a migliorare, approfondire, indagare il proprio "output". Potrei citare un'esperienza personale sulla birra: offese sanguinose sono servite a cercare di capire un mondo conosciuto in modo superficiale e disattento, a comprenderne sfaccettature e modalità, e a scriverne con maggiore attenzione, non ancora competenza.

Gli esempi servono, e così come apprezzo chi si firma con nome e cognome, trovo che la citazione con nome e cognome sia legittima quando usata con criterio.

Oggi su Fazzabù si scrive così di una descrizione che ho fatto di un vino che mi è piaciuto molto:
"la recinzione su sti "appunti di gola" fa un pò cagare!! la pera cotta, giusto per restare in tema!! la madorla ricca di latte!! ma è amara come il chinino!! un buchè eccezionale come quello del mantonico ispira le pere cotte!! ma che caz...!!!"

Che cosa dovrei fare ora? andare impettito a raccontare le mie notti passate a diteggiare piatti e bicchieri? contare le bottiglie bevute? la seccatura che infliggo alla mia famiglia quando mi astraggo in un mondo parallelo nelle rare cene insieme per raccontare quella roba che ho nel bicchiere? ma al tizio lassù freguntubo dei miei polpastrelli consumati e dei miei occhi appannati, a lui interessa che quelle parole a lui non dicono nulla, anzi, lo infastidiscono. Io so che non si può piacere a tutti, ma cercherò di capire perchè; se mi interessa piacere anche a quel lettore o se sono tetragono ai giudizi negativi perchè sono convinto di fare quello che mi interessa fare. DI certo tengo il cervello in moto, e mi faccio delle domande.
E avere dei dubbi è un valore - a mio avviso - non negoziabile.

Inserito da Enzo Zappalà

il 19 luglio 2011 alle 08:32
#36
caro Stefano,
meno male che esistono persone serie come te. Non per niente ho detto di ridurre il numero dei "pontificatori" di un ordine di grandezza e non di annullarli del tutto...

Inserito da Filippo Ronco

il 19 luglio 2011 alle 18:43
#37
Con riferimento all'argomento del post, segnalo l'interessante dibattito sviluppatosi nei commenti a questa degustazione: http://www.vinix.com/degustazioni_detail.php?ID=2705


Ciao, Fil.

Inserito da Mirco Mariotti

il 19 luglio 2011 alle 19:38
#38
Pensando a Virgilio Pronzati do ragione a Filippo Ronco e a Stefano Caffarri che è stato tanto succinto quanto esplicativo. Da collega capisco però anche la posizione di Gianluca Morino, per un semplice motivo che da tanto ribadisco: mi piacerebbe sapere chi fra coloro che scrive pubblicamente i suoi pareri sui vini degustati ha mai lavorato almeno per una vendemmia in cantina. A mio modesto parere basterebbe un'esperienza di tal genere per giungere comunque ad una pacatezza dei toni come auspicato appunto da Stefano Caffarri. Le stroncature fini a se stesse, come dice Filippo, lasciano sempre il tempo che trovano...
Ciao

Mirco

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