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Fiasca del Pellegrino

di Maurizio Aguglia EssenzialmenteVino!...

MappaArticolo georeferenziato

 Da circa sei secoli giaceva sotto la sabbia, in balia delle forti correnti marine, nelle acque del canale di Favignana, stretto braccio di mare che separa la più grande delle isole Egadi e l’Isola Longa che chiude a Ovest lo Stagnone di Mozia. Questo lungo periodo non ha, però, intaccato quello che si può considerare come il più antico vino pervenutoci ancora allo stato liquido. 

Non si tratta propriamente di un'anfora, quella ritrovata da tre sub di Favignana (Pietro, Claudio e Andrea Catalano e Alberto Di Napoli) che si sono imbattuti nell’oggetto durante una battuta di pesca, bensì più precisamente di una bottiglia, o meglio di una “fiasca da pellegrino” in peltro (lega di stagno e piombo) con un tappo a vite, alta poco più di 27 centimetri. Ha il corpo globulare a profilo ovale schiacciato a guisa di borraccia; ha un collo cilindrico indistinto con filettatura per l'avvitamento del tappo. Sulla spalla sono presenti due passanti rettangolari, appena sporgenti, che servivano per inserirvi la cinghia che verosimilmente doveva essere in cuoio oppure in tessuto. Il piede della borraccia è basso e ad anello cavo con due finestrature rettangolari opposte in corrispondenza con quelle sulla spalla, anche queste funzionali al passaggio della cinghia. Da confronti con analoghi oggetti in maiolica e dalla cognizione che il peltro è un materiale che inizia a essere ampiamente utilizzato proprio in quel periodo pensiamo che si tratti di oggetto inquadrabile cronologicamente nel tardo quattrocento.
 
Probabilmente era la borraccia privata del capitano della nave, quella che egli teneva nella propria cabina con il vino da lui stesso scelto. Lo testimoniano la forma, simile appunto a una borraccia, e il fatto che probabilmente doveva avere una sorta di corda, realisticamente di cuoio, che permetteva di tenerla attaccata alla parete. 
 
Oltre all’indubbio valore dell’oggetto, per la sua rarità e per le sue caratteristiche storico-artistiche, l’interesse della scoperta sta nel contenuto della bottiglia, mantenutosi intatto per circa sei secoli. Dalle considerazioni del noto studioso di vini Giacomo Tachis sulla base delle analisi effettuate presso il Dipartimento di Chimica e Biotecnologie Agrarie dell'Università di Pisa si evince che si tratta di liquido alcoolico, quasi certamente vino: il più antico vino finora mai rinvenuto allo stato liquido. Si tratta di un vino che doveva essere di grande pregio, a giudicare dalla borraccia, e che può oggi confermare alcune ipotesi sui processi di vinificazione delle epoche più antiche, oltre a suscitare ovviamente una grande curiosità. Ciò che è già chiaro dalle analisi è che il pregio dell’oggetto era paradossalmente alla base dei problemi che quel vino dovette dare a chi lo beveva. Il contenuto metallico della lega, e in particolare il  piombo, con la quale era fatta la fiasca, produceva un micidiale cocktail che, alla lunga, poteva avere effetti letali per i consumatori. Ciò concorda con quanto sappiamo attraverso la storia di quell’epoca. E’ noto che si moriva di cosiddetto “saturnismo” dovuto proprio alla continua utilizzazione di liquidi inquinati da piombo e altri metalli. 
 
In base al verbale di recupero, la fiasca, venne rilevata il 7 Ottobre del 1999 e nel ’00 esposta al Vinitaly nel Padiglione Sicilia.
La fiaschetta del pellegrino si trova esposta in una teca dentro l’ex Stabilimento Florio di Favignana divenuto Museo – qui.
 

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