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Vini dal centro sud

La prima volta del Piglio

di Ugo Baldassarre

MappaArticolo georeferenziato

C’è sempre una prima volta per una docg, l’ennesima in questa pazza rincorsa al riconoscimento più ambito, una rincorsa che sembra non arrestarsi, anzi ha acquistato accelerazioni sempre più frequenti a partire dall’ultima OCM vino del 2008. E, in questa pazza corsa, c’è chi da tempo ha scommesso sui bianchi, come il Veneto con il Recioto di Gambellara o con i suoi Prosecco, oppure le Marche con il Verdicchio Riserva Castelli di Jesi. C’è poi chi, non avendo altro che rosso (ma è più giusto dire: “che rosso!”, con il punto esclamativo), come la Lucania - Terra dei Liki, aspetta, proprio in questi tempi, di veder impalmato il prezioso Aglianico del Vulture.

E, in questo panorama, cosa accade in una regione come il Lazio, per tradizione bianchista con tre vini bianchi su 4 in produzione, una regione resa celebre dall’Est Est Est segnalato dagli ebbri coppieri di Carlo V in quel di Montefiascone, o ancor più magnificata per il magico sgorgare del vino dalle fontane di Marino? In una regione in cui tutti i cultori del buon bere aspettano di cogliere le evoluzioni produttive di quel capolavoro della natura che è la Malvasia Puntinata, o in cui molti hanno puntato più facilmente su vini recuperati come il Cannellino, o sui prodotti di altri vitigni a bacca bianca come il Greco, la Passerina, il Grechetto o il Cacchione?

Ebbene, in questa bianca regione, tutti van pazzi per un rosso: il Piglio!
Ma vediamo di cosa stiamo parlando. Diciamo subito che si tratta di un vino che, pur non portando con sé particolari blasoni nel corso della sua storia, ha saputo imporsi, anche repentinamente, all’attenzione degli intenditori, conquistando cultori ed appassionati del nettare di bacco per le sue spiccate peculiarità organolettiche. Personalmente, da tempo mi ero reso conto di come non difettasse a questo rosso focoso, ricavato dal vitigno Cesanese con le due sottovarietà Cesanese d’Affile e Cesanese Comune, non solo il carattere, il nerbo e l’espressività, ma anche il corredo aromatico, il buon equilibrio di fondo ed una non comune piacevolezza di beva.

Con l’Anteprima di “Rosso Cesanese” del 18-21 marzo scorsi, ho quindi colto l’occasione per riassaggiare il Cesanese del Piglio, per la prima volta nella veste da “grande”, bardato finalmente nella tanto agognata fascetta rosa.
Tutta la storia della docg sottolinea l’eccezionale determinazione e la grande accelerazione impressa dal Consorzio di tutela del Cesanese del Piglio e, su tutti, la lungimiranza del suo pervicace presidente Paolo Perinelli.

Basti pensare che il Consorzio nasce solo sul finire del 2007 e già nell’agosto successivo ottiene il riconoscimento della docg, con l’emanazione del decreto 1/8/’08 recante il disciplinare di produzione. Le aziende che vinificano il Piglio in tutto sono 28, ma tra queste ben19, che peraltro svolgono lintera filiera produttiva , aderiscono al Consorzio, con un corrispettivo pari al 78% della produzione totale, e 7 vinificano nella cantina sociale.

L’area di produzione, molto esigua con appena 185 ettari vitati iscritti a Cesanese, si estende ai due comuni di Piglio e Serrone per intero, più alcune porzioni di territorio dei comuni di Acuto, Anagni e Paliano. E di questi 185 ettari più del 50% sono caratterizzati da nuovi impianti di Cesanese, messi a dimora quindi proprio in ragione delle prospettive future del rosso frusinate.

Piglio e Piglio Superiore, quando la differenza non è questione di sfumature...
Dalla degustazione di ben 25 campioni, molti dei quali imbottigliati da poco o appena prelevati dalla vasca, di cui descrivo in appresso, sorgono spontanee alcune riflessioni, di carattere generale. Innanzitutto, tra le tipologie prese in esame, i vini-base, le Riserve e il Piglio Superiore, esiste una sostanziale scollatura, un’evidente divaricazione degli aspetti organolettici, soprattutto per quanto concerne la parte gustativa: nelle Riserve, ma ancor più nella tipologia Superiore, la parte morbida, alcolica e polialcolica è assolutamente preponderante, al punto da relegare in secondo piano altri aspetti come fragranza, acidità o mineralità. Ne risulta in certo senso compressa, se non a volte mortificata, anche la franchezza del frutto, che invece con grande regolarità si inserisce tra i vari marcatori nella degustazione del vino-base.
E’ quasi come se ci trovassimo di fronte a due diversi vini: da un lato le basi, caratterizzate da grande equilibrio, dal frutto schietto, anche se a volte un po’ crudo, con aromi varietali sempre in linea e terziari mai invadenti, sapori coerenti alla bocca, con acidità da vendere e tannini giovani ma già arrotondati a dovere. Dall’altra parte, in una posizione decisamente lontana se non opposta, c’è il Cesanese Superiore, in cui la bocca si gonfia, il frutto in parte si scompone per lasciare spazio agli estratti, ad una materia più grassa e invadente, in cui i terziari suggeriscono lunghe calde carezze del legno, in cui il finale bruciante soggioga la gola.

Orbene, con questi vini, a prescindere dall’enorme differenza con i vini-base e, quindi, dal conseguente e frequente rischio di cadere in un’incoerenza di massima, va detto che, in assoluto, chi riesce ad azzeccare altre caratteristiche come acidità mineralità e dinamicità di bocca, non può che tirarne fuori dei capolavori assoluti. Viceversa, chi non riesce a bilanciare l’aggressività dell’alcol con i giusti contrafforti, rischia di produrre un vino privo di vera identità.

C’è poi da chiedersi perché. Perché, per qual motivo il Piglio, soprattutto nelle tipologie Riserva e Superiore, è volutamente confezionato con tali effetti carezzevoli o, addirittura, così caldo da spingerlo spesso oltre i 16 gradi e mezzo di alcol? Certo, la cucina locale suggerisce matrimoni particolarmente “focosi”, ma questi vini non lo sono forse anche troppo per pietanze come il capretto, la trippa, le “recaglie”, gli gnocchi al maiale o ancor più per il pancotto, per la cicoria piccante o per il coniglio alla ciociara?

Un’altra possibile spiegazione, che ho sentito porre quasi a mezza voce da qualche collega degustatore, è quella che suggerisce una similitudine del Piglio Superiore con il blasonato Amarone: fare un vino così spinto per poterlo identificare come l’Amarone del Sud, come l’alternativa calda e morbida, eccezionalmente calda e morbida, da proporre sul mercato. Anche se i numeri del Piglio, con 450mila bottiglie prodotte, di cui la stragrande maggioranza è venduta nei mercati interni, smentiscono decisamente questa tesi.

Ma, comunque sia e senza porci troppi perché, quel che resta è la certezza di un vino – o forse è meglio dire un “doppio vino” o un vino “double face” – che oggi assurge con ogni merito all’Olimpo dei grandi, dotato di caratteristiche eccezionali e dalle grandissime potenzialità e, in qualche caso, con esemplari che già attualmente ne rappresentano le migliori espressioni, capace di puntare all’eccellenza assoluta del panorama enologico nazionale.


Degustazioni di Cesanese del Piglio

I campioni esaminati, quasi tutti appena imbottigliati o appena prelevati dalla vasca, hanno riguardato, con qualche eccezione, tutti vini della vendemmia 2008, la prima appunto della nuova docg. Tra i campioni, la maggior parte sono della tipologia Superiore, molti sono Riserve ed uno è Riserva Superiore.


Degustazioni Cesanese del Piglio base ‘08

Cesanese del Piglio, Pileum – Diverse sensazioni floreali e di ciliegia fresca fanno da preludio ad una bocca semplice, essenziale e ben composta, di buona acidità, con sostanziale equilibrio con le parti morbide e con un finale caldo e giustamente tannico.

Cantine Terenzi – Gran bel naso, ampio, con diverse sfumature di sentori fruttati e fragranti. La bocca si rivela invece un po’ scivolosa e scarna.

Agape, Petrucca e Vela – Colore appena sfumato nel granato, anche un po’ opaco. Al naso segni di ossidazione confermano il sospetto visivo; alla bocca tornano sensazioni di frutta fin troppo matura, passata di pomodoro.

Priore, La Visciola – Colore rubino scarico; naso un po’ dolce, con pulite sfumature di sughero fresco e qualche nota eterea. Alla bocca sorprende per la spalla acida, ha discreta materia e gira bene; il finale è discretamente lungo, corretto, con bel ritorno di note fruttate.

Colleticchio Corte dei Papi, Colletonno - Rubino vivace, di media intensità; naso fruttato, essenziale, ma di bella persistenza e, soprattutto, di grande franchezza e corrispondenza varietale. Lievemente scarno l’estratto, ma assai gustoso alla bocca, con grande equilibrio tra note morbide ed acidità. Finale in linea, franco, con tannini al punto giusto.


Cesanese del Piglio Riserva

Dives, Marcella Giuliani – dall’aspetto violaceo, si presenta con impatto vinoso, spezie e profumi di visciole. Grande spalla acida, discreto spessore alla bocca; finale particolarmente caldo.

Colle Vignali, Terre del Cesanese – granato intenso alla vista, si presenta all’olfatto con aromi sopiti di frutta, di spezie e qualche bella nota tostata. Alla bocca è gustoso, di grande acidità, con bel ritorno di frutto nel finale, discretamente tannico. Elegante, complesso, armonico.

Piglio Etichetta Oro, Cantina Sociale del Cesanese – Discreto, anzi delicato al naso, ma con grande pulizia e correttezza varietale, qualche accenno a terziari di legno, ma niente più. Alla bocca il tessuto è lievemente sottile, con tannini appena tracciati; il finale è amarostico con ritorno del frutto e discreta sensazione pseudocalorica.

Cru Civitella, Casale Verde Luna – Il naso, particolarmente complesso, presenta una bella e inusuale variante fruttata, con prugne e more, oltre a sfumature balsamiche, cacao e legno tostato, liquirizia e spezie. La bocca, in cui si ripresenta subito il frutto scuro, è grassa ma non statica, con finale caldo e tannico.

Tellures, Petrucca e Vela – Granato opaco, con diffusi aspetti olfattivi di ossidoriduzione e frutta macerata. Viene da pensare che questo vino, in linea con la base dello stesso produttore, sia volutamente “maderizzato”.

Bolla di Urbano, Pileum – Il naso è complesso e si spinge dai piccoli frutti di bosco, visciole ed amarene, fino alle spezie a nuances calde e balsamiche. Alla bocca è gustoso e compatto, con trama fitta e regolare, pulito in tutta la beva, con bel finale caldo e lievemente tannico.

Romanico, Coletti Conti – Rubino carico e vivace, al naso presenta belle sfumature di frutta scura e compatta; l’ampio bouquet racconta di un sapiente uso del legno, con spezie, liquirizia e calde note balsamiche. Alla degustazione spiccano acidità, sapidità e tannini, che bilanciano in perfetto equilibrio le note calde e morbide. La materia è succosa, quasi grassa, ed il tannino, disegnato con cura, si distribuisce mirabilmente durante la beva. Il finale è piacevolmente caldo, proporzionato. Armonia ed eleganza per questa Riserva, in assoluto la migliore.

San Magno Riserva 2007, Colletonno – Buon naso, corretto e lineare, ricco di sfumature fruttate e di terziari, appena appena boisé. La bocca è piena e grassa, senza vuoti ma lievemente ferma, manca un po’ di spalla. Senza difetti, ma con pochi pregi.

Torre del Piano, Casale della Ioria – Grande franchezza e linearità sono le note distintive di questo Cesanese all’esame olfattivo, con riconoscimenti di frutti di bosco, more e visciole, qualche nota floreale e ammiccamenti dolci e balsamici. Alla bocca, non particolarmente spessa, si apprezza una buona acidità e tornano gustose note fruttate di ciliegia nera. Il tannino, piuttosto acerbo, non ne vuole ancora sapere di esser domato.


Degustazioni Cesanese del Piglio Superiore

De Antiochia Araldica, Cantina Sociale del Cesanese – Al naso è poco intenso e persistente, con riconoscimenti soprattutto fruttati e qualche lieve sentore speziato. Di buona acidità, è tuttavia piuttosto statico, con un evidente vuoto al centro della beva. La notevole sensazione pseudocalorica finale lo rende alquanto sbilanciato.

Civitella Pure, Casale Verde Luna – Rubino con riflessi granati, lievemente scarico di intensità. Il naso è un po’ avaro, con sfumature vinose e minerali. Alla bocca, nel complesso gustosa, non sempre la tensione sorregge la beva, di tanto in tanto fa capolino qualche piccolo vuoto. Il retrogusto è franco e giustamente amarostico, caldo e piacevole.

Casal San Marco, Antiche cantine Mario Terenzi – Colore che vira al granato. Odori di frutta appena troppo matura, lievemente cotta o macerata. Anche al gusto, in linea con le impressioni olfattive, la slegatura non si ricompone e ritornano i sentori tipici dei vini conciati. L’acidità, così come il tannino, è decisamente spiccata e lascia ben sperare per una futura armonizzazione delle componenti.

Santa Felicita, Cantina Martini – Colore rubino scuro, con presenza di lacrime e archetti alla roteazione del calice. Gli aromi sono assai franchi e diretti, piccoli frutti neri di bosco, qualche riconoscimento vegetale – soprattutto bacche di ginepro e carrubo – e diverse note speziate. Denso e compatto alla bocca, quasi masticabile, possiede buona dinamicità e discreta acidità. Finale caldo e tannico.

Hernicus, Coletti Conti – Gran bel naso, con qualche idrocarburico di troppo, ma con belle note speziate e balsamiche. Alla bocca possiede buona spalla acida, il tessuto è ben compatto. Il grande equilibrio di massima caratterizza tutta la beva ma il finale, davvero bruciante, finisce per vanificare ogni altro aspetto.

Sero Nero, Rapillo – L’olfatto è caratterizzato da sentori di frutta matura, confettura di amarene e lamponi, con sfumature eteree e idrocarburiche. Alla bocca la tensione gustativa è interrotta da qualche momento di vuoto; il finale, caratterizzato da un buon ritorno del frutto, vede ben presto l’avvento della sensazione prevaricante dell’alcol.

Tenuta della Ioria, Casale della Ioria – La sensazione olfattiva, complessa e ricca di riconoscimenti, è perfettamente suddivisa tra i primari, caratterizzati da riconoscimenti di frutta matura, violetta e ribes, e aromi terziari da maturazione in legno, con calde note di balsami, spezie e vaniglia. Alla bocca l’ingresso è dolce, la struttura è imponente e compatta, grassa e senza sbavature, di grande dinamicità. Il finale, caldo e avvolgente, è assistito dal vigoroso ritorno di croccanti tannini. Il più equilibrato nella tipologia Superiore.

Cesanese del Piglio Superiore Riserva ’08 Vigne Nuove, Emme – Sentori soffusi, che stentano a venir fuori dal bicchiere, ma estremamente lineari, puliti, con tutti i marquers varietali del caso. Alla bocca è decisamente ammiccante, con quel po’ di ruffiano che caratterizza i vini decisamente morbidi. Anche il tannino è ben addomesticato; buon equilibrio, finale corretto.

Armonia, Vigne Sugamele – Naso piuttosto inusuale, che coniuga note amaricanti e frutta sciroppata, aromi vegetali e sfumature idrocarburiche. Anche la bocca si disunisce facilmente tra la componente acida-quasi acidula ed il finale caldo aggressivo.

Colle Forma, Terenzi – Anche qui la componente idrocarburica aggredisce subito al naso e finisce per ricacciare in basso il frutto e tutto il resto. Alla degustazione questo vino si rivela in linea con le premesse: sensazione di frutta macerata, trama con qualche buco, soprattutto nella seconda metà della beva. Finale decisamente caldo, tannino ancora da sgrossare.

Cesanese del Piglio Superiore Pileum – Naso ben fatto, composto, con note fruttate franche e piacevoli, e note calde tostate, da sapiente uso dei legni. Alla bocca il vino è pieno e grasso, ha solo un attimo di rallentamento al centro, mentre sui bordi è ben sorretto dall’impalcatura di una notevole acidità. Anche il finale è caratterizzato dall’equilibrio, e per quanto concerne la nota calda, piuttosto discreta, e per quanto riguarda i sottili tannini.

Alagna, Marcella Giuliani – Bel colore, porpora vivido. Molto franco, direi giovane o allegro al naso, con riconoscimenti tutti orientati ai piccoli frutti neri del bosco, more e mirtilli, a sensazioni vinose, ed a curiose “effervescenze minerali”, come di pietra focaia, zolfanello o pirite. Anche alla bocca c’è corrispondenza con le note fruttate e con sensazioni retrolfattive piacevolmente amarostiche. Equilibrato e corretto alla beva, questo vino si completa con un finale giustamente tannico e in cui la sensazione alcolica è perfettamente dosata.

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Ugo Baldassarre

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Napoletano, 48 anni nel 2007, studi scientifici prima, di giurisprudenza poi. Il lavoro, ormai quasi trentennale, di funzionario amministrativo e...

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