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Vini dal centro sud

Resoconto Anteprima Vitigno Italia 2005

di Ugo Baldassarre

MappaArticolo georeferenziato

Con l'anteprima dell'8 febbraio '05 presso la Mostra d'Oltremare di Napoli prende corpo finalmente il progetto "Vitigno Italia", che culminerà con la rassegna del 3, 4 e 5 giugno prossimi. Volutamente oggi adopero un termine non utilizzato neanche dagli stessi organizzatori, il termine progetto, giacché di questo si tratta. Infatti quando una manifestazione non rappresenta solo una rassegna o una mostra, ma vuole raggiungere anche uno scopo particolarmente ambíto, attraverso fasi articolate e contributi prestigiosi, non può che parlarsi di un progetto, di un'idea che si concretizza nel tempo e solo col tempo può produrre i suoi frutti.

Peraltro per chi, come me, ha accolto con scetticismo la notizia di un'ennesima manifestazione sul vino, temendo di doversi imbattere nella sterile iterazione di uno schema che rischia una precocissima obsolescenza, di uno stanco deja vu - con conseguente inutile dispendio di risorse economiche preziose - l'idea di tenere una tale manifestazione proprio nella mia città assumeva i toni di una scommessa assai difficile. Prima della presentazione dell'8 febbraio temevo insomma si trattasse di una sfida alle scelte imperanti in tema di produzione enologica, che non sarebbe stata condivisa se non da pochi e non significativi viticoltori e che avrebbe potuto lasciare solo effimere tracce della sua presenza.

E invece….invece, al cospetto di tanti e tali produttori d'eccellenza, tutti presenti all'anteprima e raccolti attorno a Chicco de Pasquale, patron della manifestazione, ecco che la pesante coltre di sospetti e dubbi preconcetti si è dissolta ed ha assunto forma concreta un progetto, un'ipotesi di lavoro assolutamente diversa dalla moltitudine di iniziative ed eventi che affollano il mondo dell'enologia italiana. Vitigno Italia indica un percorso, una scelta produttiva necessaria ed oramai improcrastinabile: la piena e completa valorizzazione del vitigno autoctono. In un panorama mondiale in cui i cosiddetti vitigni internazionali hanno fatto la fortuna anche di Paesi senza particolari tradizioni enologiche, come l'Australia, il Cile, il Sud Africa o la California, conferendo però a quei vini - a volte buoni, a volte anche ottimi - un gusto omologato e finendo col renderli troppo simili tra loro e quindi anonimi, il vero patrimonio inimitabile dell'Italia, la ricchezza da tutti invidiata è costituita dal vitigno autoctono. Il vitigno autoctono può rappresentare il plusvalore dell'economia vitivinicola italiana, l'elemento di caratterizzazione della nostra produzione.

Certo, queste riflessioni arrivano incredibilmente tardi. In un territorio come il nostro in cui vegetano rigogliose meraviglie varietali come il sangiovese, il nebbiolo, l'aglianico, il sagrantino, la malvasia, il catarratto e tante altre ancora, per tanto, troppo tempo molti e buoni produttori hanno preferito concentrare la propria attenzione sulla lavorazione dei vitigni d'oltralpe. E meno male che, proprio quando tanti anni fa questo fenomeno era quasi "di moda", il grande saggio Veronelli non si stancava di avvertire come la vera ricchezza della nostra produzione risiedesse nello straordinario patrimonio ampelografico, ricordando come gli stessi francesi riconoscessero la superiorità delle nostre uve che, per contro, venivano poi mortificate nella fase di trasformazione a causa della carenza di professionalità, dall'inadeguatezza di metodi e tecniche e dall'assenza di una qualsiasi politica del territorio.

Ebbene, a questo punto Vitigno Italia, riportando l'attenzione sul tema dell'autoctonia e della sua qualità, la sua scommessa l'ha già vinta, a prescindere da quale potrà essere il numero di visitatori che a giugno affollerà il Salone, perché ha creato un solco profondo dal quale difficilmente potrà discostarsi ogni dibattito serio sul vino italiano.
Tutti i commenti dei convenuti alla conferenza stampa di presentazione hanno messo in evidenza questo innegabile pregio della manifestazione, che finisce con l'essere anche un luogo di incontro e di riflessione qualificato e privilegiato. Anche il Ministro per le Politiche Agricole e Forestali ha sottolineato nel suo messaggio questo aspetto: "il miglioramento dei risultati economici e la competitività del nostro mercato passano necessariamente per la valorizzazione delle produzioni tradizionali di qualità", ha detto Gianni Alemanno. E non vi è dubbio che questo evento rappresenta, come vetrina del mercato vinicolo, una novità assoluta. "Vitigno Italia - sottolinea Franco Continisio, delegato AIS e direttore tecnico della mostra - è il primo ed unico esempio in tutta Europa di manifestazione monotematica incentrata sull'argomento del vitigno autoctono". Va sottolineato, peraltro, che Vitigno Italia, pur avendo scelto, abbastanza coraggiosamente, una location poco adusa a cose di vino, quale è Napoli, lungi dall'essere una campanilistica vetrina meridionale di prodotti a proprio uso e consumo, al contrario ha distribuito la commercializzazione degli spazi in modo equitativo, tanto da riservare i tre quarti degli stand proprio ai produttori del nord e del centro Italia.

"La produzione basata sui vitigni autoctoni rappresenta una scelta di marketing mirata e vincente ed il binomio tradizione = innovazione si conferma l'unico spunto per un economia competitiva in Europa", questo il commento del professore Raffaele Cercola, ordinario di marketing aziendale presso l'Università Federico II di Napoli e presidente dell'Ente Mostra d'Oltremare. E che questa scelta sia ampiamente condivisa è dimostrato non solo dalla presenza degli oltre 150 produttori che da ogni parte d'Italia s'incontreranno a giugno a Napoli negli stand della Mostra, ma anche dall'interesse riscontrato in un foltissimo numero di buyers internazionali, che confermano il crescente interesse dei compratori nei confronti dei vini italiani da vitigno autoctono.

"I programmi di acquisto del nostro vino all'estero, per il biennio 2005/2006, confermato da circa 15.000 contatti telefonici con operatori settoriali - spiega de Pasquale - dimostrano come le nostre esportazioni del comparto potranno contare soprattutto su quel tipo di prodotto". Inoltre, proprio per gli acquirenti stranieri ci sarà a disposizione un apposito booking office, con il compito di organizzare le visite per gli operatori stranieri presso le cantine dei produttori nella settimana successiva alla manifestazione.
Di assoluto riguardo anche il novero dei soggetti che hanno inteso aderire al progetto Vitigno Italia: Slow Food, l'Associazione Nazionale Movimento Turismo del Vino, la Guida Vini Buoni d'Italia, l'Associazione Nazionale Donne del Vino, l'Associazione Nazionale Città del Vino, tanto per citarne alcuni.
Alla conferenza stampa ha fatto seguito una degustazione che fedelmente ha anticipato quello che sarà il percorso che a giugno si potrà fare tra gli stand, un percorso che idealmente attraversa tutta l'Italia, dal meridione al nord o viceversa: ci sono infatti solo due ingressi obbligati, a Nord o a Sud, e di lì spetterà al visitatore di scegliere di percorrere il suo viaggio virtuale attraverso l'Italia del vino nell'una o nell'altra direzione. Lungo il percorso sarà possibile soffermarsi presso tre diverse enoteche: l'enoteca del nord, l'enoteca del centro e l'enoteca del sud. Qui il visitatore, grazie all'assistenza tecnica di sommelier, enologi e tecnici, potrà approfondire la propria conoscenza su tematiche e caratteristiche specifiche della vitivinicultura italiana.

Vale la pena spendere ancora due parole sull'anteprima di degustazioni, che ha offerto un'immagine, forse irripetibile, di un'equipe coesa di produttori del sud e del nord, gli uni accanto agli altri inorgogliti nell'effettuare la somministrazione in prima persona. Personalmente ho potuto riassaporare l'ampiezza, la complessità e la struttura di alcuni piemontesi di grande piglio, come il Barolo 2000 Pio Cesare o il Barbaresco Martinenga 2001 Tenuta Cisa Asinari dei Marchesi di Gresy, o la conferma di certi toscani, come il Brunello di Montalcino 2000 Castello Banfi, assai prossimo all'eccellenza dell'annata 1998, e capace di grandi margini evolutivi.
Tra i toscani, una spanna su tutti il Carmignano 2001 Villa di Capezzana, un vino - dal quale mi sono dovuto separare con vero dispiacere -, dal profumo intenso, elegante, speziato e piacevolmente penetrante; alla bocca morbido, di grande equilibrio, con tannini vivi e non pungenti, buona acidità, retrogusto lunghissimo, finale speziato e fruttato di more e amarene mature.
Tra le sorprese "padane" va sicuramente annoverata la Malvasia dei Colli Piacentini Donna Luigia dell'azienda agricola Torre Fornello, una vera esplosione di aromi - un vino da "inspirare" - che fa da preludio ad una finezza e morbidezza non comuni in un bianco.
Non tradiscono le aspettative neanche realtà consolidate del sud, quali il Biancolella Frassitelli 2003 di Mario d'Ambra, il Pietraincatenata 2003 presentato da Luigi Maffini, un bianco IGT Paestum di buona stoffa. Tra i campani offrono forse meno di quanto abbiano promesso, invece, il Fiano 2003 di Terredora ed il Pallagrello bianco Le Serole di Terre del Principe.
Tra le restanti realtà del sud, buone le prove alla degustazione del "don Luigi" di Di Majo Norante, del "solito" Cerasuolo di Vittoria anno 2003 di Planeta e del Rosso del Conte di Tasca d'Almerita 2001. Citazione a parte merita, tra i "sudisti", il Falcone Castel del Monte Riserva 2001 di Rivera: un vino entusiasmante, di grande complessità, austero e fine. Un'eleganza, quella del Falcone, che va aldilà di quanto si possa aspettare da un vino che, pur non provenendo da monovitigno, esprime in modo esemplare il connubio perfetto, quasi la fusione, di due splendidi autoctoni, il Nero di Troia ed il Montepulciano: veramente sopra le righe.


Fonte news: TigullioVino.it

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Napoletano, 48 anni nel 2007, studi scientifici prima, di giurisprudenza poi. Il lavoro, ormai quasi trentennale, di funzionario amministrativo e...

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