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Il vino di Circe, di Linda Dell'Amico

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L'alterego del cibo

Il vino di Circe

di Linda Dell'Amico

"E' un tempio la Natura ove viventi pilastri a volte confuse parole mandano fuori; la attraversa l'uomo tra foreste di simboli dagli occhi familiari......."
da Corrispondenze, C.Baudelaire 1857


Il nome scientifico Atropa belladonna deriva da Atropos, la terza delle Parche che taglia il filo della vita; in greco atropos vuol dire crudele, inflessibile: basta infatti una decina delle sue bacche per provocare la morte.
Belladonna, giusquiamo e stramonio sono gli ingredienti principali dell'unguento delle streghe i cui principi tossici penetrano nell'organismo attraverso i pori della pelle e provocano un sonno profondo con sensazioni di irresistibili corse sfrenate in aria e danze frenetiche. Si utilizzano le radici e le foglie (Belladonna Folia, Belladonna Radix F.U.), possiede alcaloidi atropina, scopolamina, belladonnina, flavonoidi, acido clorogenico, scopoletolo e sostanze minerali.

Si tratta di una pianta molto velenosa la cui assimilazione può avere decorso letale; ha comunque diverse proprietà di spasmolitico intestinale, spasmolitico neurotropo parasimpaticolitico, antisudorifero, vagolitico, spasmolitico delle vie renali, favorisce l'espulsione dei calcoli, antiemetico, anoressante, spasmolitico del tubo gastro-enterico, antitabagico ed antinicotinico, antiacido, antisecretivo gastrico parasimpaticolitico.

La belladonna si usa nella cura della ipercloridria, nell'asma bronchiale e nel broncospasmo, nella calcolosi urinaria delle reni e della vescica e nella cura contro il tabagismo. Nell'antichità le bacche della pianta venivano spremute ed il succo serviva per dilatare le pupille degli occhi delle donne per renderli più brillanti. E' singolare che un'effetto che oggi potrebbe essere considerato poco desiderabile poichè causa offuscamento della vista, nel medioevo era visto come una virtù molto ricercata dal momento che la moda dell'epoca considerava più attraenti le donne che mostrassero delle pupille dilatate. La leggenda dice che le streghe si recassero ai sabba a cavallo di scope volanti che cospargevano con questi unguenti prodigiosi.

Tra gli studiosi è diffusa l'opinione che probabilmente le donne impiegassero su sé stesse i preparati a base di belladonna, e che i loro voli fossero allucinazioni provocate dalle erbe. Il nome volgare deriva dall'uso che in Italia ne facevano le dame: la belladonna, in forma di collirio, dilatava la pupilla, donando agli occhi un magnifico splendore. Gli inglesi l'hanno denominata la ciliegia cattiva, per la forma del frutto, noi belladonna dalla consuetudine cosmetica instaurata nel XVII secolo.

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Linda Dell'Amico, laureata nel 1999 a Genova in Scienze dell'educazione, con esperienza biennale nel settore psichiatrico. Attualmente Responsabile...

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