In un precedente intervento ho focalizzato l’attenzione sulla qualità dell’accoglienza e sul sistema economico stesso dell’enoturismo sudafricano, ora vorrei spendere un secondo articolo per raccontare il mio viaggio e quindi le degustazioni in alcune delle cantine già nominate qui su TigullioVino. La prima degustazione non poteva che essere a Groot Costantia, mega azienda a due passi da Città del Capo, a quanto pare la più antica del Paese. La degustazione è avvenuta al termine del tour guidato da un enologo all’interno della cantina, giro tra vasche e botti nel quale un medio conoscitore del mondo enoico non ha in effetti molto da imparare ma fa molto piacere vedere come la tecnologia anche qui sia soprattutto italiana e tedesca, le barrique francesi e i tappi (in questo caso rigorosamente in sughero) portoghesi.
La cosa più interessante è stato notare come sia del tutto normale a queste latitudini, o forse sarebbe meglio dire in questa cultura vinicola, parlare di lieviti selezionati (la parola autoctono ovviamente non è stata menzionata), utilizzo di vitigni internazionali in grado di adattarsi al suolo e alle condizioni climatiche per dare vita a blend che siano massime espressioni di un lavoro di unione e sperimentazione ecc. Lo stesso enologo ci ha quindi accompagnato nella sala di degustazione, con tanto di banchi simili a quelli di scuola, foglio con i vini (e relativi prezzi alla bottiglia), acqua e cracker salati. Abbiamo degustato Sauvignon Blanc 2011, Blanc de Noir (60% Merlot, 40% Cabernet Sauvignon) 2011, Shiraz 2010 e Gouverneurs Reserve (Cabernet Franc 37%, Merlot 33%, Cabernet Sauvignon 23% Malbec 7%) 2010. Vini ampi e ricchi, tutto sommato forse “semplici” nel loro essere accattivanti e apprezzabili con una certa facilità. Per finire l’esperienza è stato versato anche un Cape Ruby 2010 con la scritta “Port” solo sul foglio e non sull’etichetta per ovvi motivi, prodotto intenso e interessante.
La prima azienda visitata dopo lo spostamento a Stellenbosch, suggerita come le altre di zona dai nostri amici italiani che vivono e lavorano nel mondo del vino in Sud Africa, è stata la Neil Ellis. Qui addirittura ci è stata data la possibilità, visto che la mia ragazza non voleva rischiare di bere troppo di mattina, di pagare per una sola degustazione e così abbiamo fatto. Superato il bancone stile bar all’ingresso, la sala dedicata all’accoglienza è magnifica e si presenta con tavoli curati su cui erano predisposti fiori belli ma non profumati (sarà un caso?) come le camelie, e un camino acceso faceva da piacevole contrasto con la pioggia che scendeva fuori, per un’esperienza davvero interessante. Per circa 3,5 euro mi sono stati portati al tavolo ben sette vini (Groenekloof Sauvignon Blanc 2011, Stellenbosch Chardonnay 2011, Shiraz 2010, Pinotage 2009, Cabernet Sauvignon/Merlot 2009, Cabernet Sauvignon 2009 e Aenigma 2009).
Ricordo che il Pinotage è un vitigno tipico del Sud Africa realizzato incrociando uve Pinot Noir e Cisnaut mentre l’ultimo vino veniva descritto come “Bordeaux-style Blend”. Per quanto Neil Ellis ci fosse stata consigliata soprattutto per i bianchi devo dire che abbiamo apprezzato forse di più i rossi, buoni sicuramente Sauvignon e Chardonnay, non si può dire lo stesso dello Shiraz nel quale la tostatura si esprimeva a tinte troppo forti, il Pinotage e l’Aenigma sono stati davvero impressionanti per profumi e persistenza.
La seconda tappa a Stellenbosch ha riguardato un’azienda piccola e difficile da raggiungere, la Uva Mira. Qui sembra davvero di essere tra le colline italiane o francesi. Ci si inoltra per alcuni chilometri rispetto alla strada provinciale e si comincia a salire, fino ad arrivare ad una costruzione antica (per il Sud Africa) che domina le colline circostanti. L’accoglienza, eravamo gli unici visitatori in una giornata che stava mano a mano peggiorando per freddo e pioggia, è stata un po’ meno personalizzata ma alla fine ci è stato comunque assegnato il posto richiesto, ovvero sul divano di fronte al camino acceso! Fuori diluviava e ci siamo fatti portare un tagliere di formaggi, che si è rivelato essere piuttosto abbondante. Inutile dire che non abbiamo mandato indietro nulla, neanche i vini che tuttavia non ci hanno colpito particolarmente rimanendo nella media.
Le colline di Stellenbosch, oltre ad una breve visita alla cantina-museo Delaire di proprietà di un magnate dei diamanti e più simile a un resort di lusso che ad un’azienda agricola, e alla dirimpettaia Tokara, stessa tipologia, avrebbero offerto ancora tanto altro, come ad esempio gli Chardonnay di Delheim, i metodo Champenois di JC Le Roux o i rossi di Stark-Condé. Purtroppo però i tempi contingentati degli spostamenti non ci hanno permesso altre degustazioni vere e proprie (le bottiglie stappate a cena con gli amici e abbinate alla lingua di Kudu, una delle tante specie di antilopi del Sud Africa, non valgono…).
La prossima volta ci saranno insomma ancora tanti vini da assaggiare per scoprire magari le differenze tra le varie zone della regione di Stellenbosch, suddivisa in cinque aree: Greater Simonsberg, Stellenbosch Berg, Helderberg, Stellenbosch Valley e Bottelary Hills.
Arrivederci presto in Sud Africa!
Nato nel mondo del vino ho scelto il giornalismo, la comunicazione, come mia professione e passione principale. Poi, con il tempo e le esperienze, le...
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