Dove siamo
Come dice il nome, si tratta di un'unità poderale che per la regione in cui si situa, la Toscana delle colline chiantigiane, significa generalmente una decina di ettari di terreno o poco più, includenti una casa colonica. I quasi dodici ettari del Podere Erbolo, situati nel comune di Gaiole in Chianti in provincia di Siena, comprendono ottocentocinquanta olivi, e viti in numero equivalente a uno specializzato di un paio di ettari. Il suolo è calcareo marnoso, dallo scheletro molto grossolano, l'esposizione è sudoccidentale e sudorientale e i dislivelli e le pendenze sono rilevanti. La sistemazione a terrazze rette da muri a secco è ancora presente e in larga parte integra e questa è la caratteristica che detta la prima delle regole del mio gioco. L'intenzione è infatti quella di restaurare completamente sia l'arredo murario e le opere idrauliche che lo accompagnavano (vasche e acquidocci), sia l'approccio colturale che caratterizzava il paesaggio mezzadrile di cui il podere è stato a lungo espressione. Il podere e la casa, meglio noti sul territorio col nome di "Salvino", furono acquistati da mio padre nella prima metà degli anni Sessanta e hanno rappresentato per gli anni a seguire la classica casa in campagna di una famiglia che viveva nella vicina città di Siena, dove passare un po’ di tempo soprattutto d’estate, e da cui ricavare un po’ di vino e di olio per il consumo familiare. La conduzione del podere prima che la mia famiglia l'acquistasse era in forma di effettiva mezzadria, tranne il fatto che il coltivatore e la sua famiglia non avevano mai vissuto nella casa colonica ma nella loro casa nella vicina Vertine. Così le cose rimasero, e con le stesse persone, anche dopo il nostro "arrivo". Questa circostanza, e il fatto che la casa non fu "ristrutturata" ma solo appena adattata a fornire il livello di comodità nel frattempo diventato minimo anche nelle campagne, non sono cose delle quali ha senso che io vada orgoglioso, ovviamente, perché non si dà logicamente il caso dei figli che sono orgogliosi dei genitori; ma sono tuttavia cose delle quali sono felice, e che hanno silentemente contribuito a insegnarmi uno dei punti per me fondamentali nell’approccio col mondo, con le cose, con la terra e con quel territorio: e cioè che non veniamo al mondo per riformarlo dalle fondamenta, o per insegnare a chi ci ha preceduto quanto più furbi o più saggi o più bravi noi siamo a fare cose che da che mondo è mondo sono sempre state fatte; bensì per fare del nostro meglio nel cercare di essere all’altezza e di capire i perché e i come, soprattutto nel non distruggere quello al cui essere abbiamo potuto contribuire per molto poco; e anzi nel cercare di preservare al meglio le cose in modo che riescano a sopravviverci, a sfiorare anche quelli che ci seguiranno.
Considerazioni di TigullioVino
Febbario 2007
Un vino di beva fresca e piacevole che potrebbe forse dare qualcosa di più in intensità al naso e proporre una migliore armonia in bocca, un poco ostacolata dalla sinergia tra acidità e tannino. Probabilmente, data l'altimetria del vigneto, le uve forse non erano fisiologicamente mature. Tra le operazioni che potrebbero contribuire ad ottenere un vino più armonico : ridurre i tempi di macerazione con le parti solide, fare la malolattica subito dopo la fermentazione ed evitare di usare botti di castagno.
Gennaio 2008
Filippo Cintolesi è quello che potremmo definire un microproduttore di qualità. Non solo oli Chianti Classico Dop eccellenti ma anche questi validissimi esempi di vini espressione tipica del territorio di provenienza. Dei veri "classici" sia pur non lo riportino ancora in etichetta. Un Chianti come lo si vorrebbe bere questo Salvino e di quelli che è sempre più difficile trovare in circolazione. Vero, gennuino, rustico il giusto quanto vere e schietta deve essere la stretta di mano del suo produttore. Frutto dell'assaggio congiunto di due campioni, questa degustazione è dedicata in particolare ad un campione di botte della vendemmia 2005. Mentre il Salvino 2004 è in effetti un po' scontrosetto, penalizzato in particolare da un tannino un po' verde non adeguatamente supportato dalla restante parte del sorso, abbiamo trovato il Salvino 2005 di maggior stoffa e struttura. Una componente dura che a differenza dell'annata 2004 trova nel millesimo 2005 maggior supporto di frutto. Il risultato è un sorso snello e piacevole nervoso quanto basta per renderlo intrigante, impreziosito da una ruvidità tannica ancora in evoluzione (del resto, sottolineo, stiamo parlando di un campione di botte). Invoglia di continuo alla beva tanto che la bottiglia si svuota rapidissimamente. La quarta chiocciola è in potenza già garantita.