Nell'ampia gamma dell'enologia trentina, territorio ove predominano le grandi montagne, il Teroldego Rotaliano prende il nome da quel triangolo di terra denominato Campo Rotaliano a nord di Trento, zona ove ha trovato l'ambiente più favorevole.
L'origine del nome "Teroldego" è quanto mai controversa, che sia l'origine dell'uva "Terodola" o che derivi dal tedesco "Tiroler Gold" (oro del Tirolo) poco importa; è un gran vino che si è affermato grazie alle sue peculiari caratteristiche organolettiche che gli hanno meritato l'appellativo di "Principe", un prodotto che è simbolo di tradizione e attaccamento al territorio.
Il Teroldego dà notizia di sé verso la fine del secolo XVII nell'opera di uno storiografo dell'epoca che pubblicò "Trento con il Sacro Concilio et altri Notabili"; sempre nello stesso periodo il Teroldego è nominato nei documenti degli scambi commerciali.
I sistemi di vinificazione, dapprima un po' rozzi, via via si perfezionarono e allorquando si decise di eliminare dalla fermentazione alcolica i raspi dei grappoli si cominciò a conoscere il vino più vicino all'attuale, più elegante e apprezzabile.
Come tanti altri vitigni patì l'attacco della filossera che fu superato come per altro in quasi tutta Europa con l'innesto su ceppi americani ed in breve tempo si riuscì a tornare agli antichi splendori per il "Vino Principe".
Dicevamo della zona, il Campo Rotaliano comprende i comuni di Mezzolombardo, Mezzocorona e Grumo di S.Michele all'Adige, tutti in provincia di Trento sulle zone alluvionali del torrente Noce protette mirabilmente a nord dalla cornice delle grandi montagne.
Dall'esame visivo apprezziamo un'ottima brillantezza nel colore rosso rubino intenso con tendenze al granato con l'invecchiamento; all'esame olfattivo si presenta con un profumo caratteristico dei vini di "montagna", fragranze fruttate che ricordano piccoli frutti di bosco; in bocca rivela un piacevole fondo leggermente tannico, giusta acidità fissa, gusto secco e deciso, elegante con lieve fondo amarognolo e mandorlato.
Si abbina felicemente con i piatti importanti di carne della cucina regionale, anche con cacciagione e selvaggina, con formaggi semistagionati; da giovane lo servo a 18°C., invecchiato lo stappo un'ora prima del consumo (o lo travaso in caraffa) e lo propongo a 20-22°C.
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