Scende sfarzosa dall’altopiano della Sila, tra selvagge cale ed incorrotti passaggi silvestri, una fertile collina che dolcemente precipita in acqua, diffondendo nell’aria leggera, l’intenso profumo dei gelsomini, il deciso alito del pino laricio, ed il soave soffio della delicatissima primula palinuri. La quint’essenza di un gusto antico, ancora presente e rimasto inalterato che può ancora essere assaporato in questo luogo traboccante di luce e di calore.
Oinotroi, proprio a stigmatizzarne il naturale legame tra la terra ed il suo frutto primario, ricca sede di sorgenti e di fiumi sgorganti dalle viscere della roccia bruna e dal fecondissimo suolo. Tra le varie tesi dirette a definirne i confini, la più restrittiva vuole che l’Enotria, sia collocata tra il fiume Lao a nord, ad est dall’altopiano della Sila, a sud dall’istmo di Catanzaro. E proprio in questa porzione di Calabria, che i singolari aspetti pedoclimatici, unitamente al suolo calcareo e sabbioso, consentono di allevare piante autoctone in purezza, nel rispetto dell’ambiente ed a sviluppo vegetativo limitato, con bassa redditività per unità di superficie.
La gran parte delle piantagioni ha una ubicazione collinare che, proprio per effetto dell’inclinazione del suolo, favorisce un superiore drenaggio, un maggiore impatto dei raggi del sole e conseguentemente una migliore maturazione dei frutti.
Grande vantaggio per la gente locale, verrebbe da dire, che possono ben godere di questi prelibati frutti che la natura offre. Eppure, sin dalle origini antiche, il vino calabrese è ricordato quasi esclusivamente come oggetto di traffici commerciali, e non fu mai destinato ad essere consumato dagli abitanti locali.
La vinificazione in purezza di singolari specie autoctone, consente di rinvenire in Calabria, prodotti di esclusiva trasformazione enologica e idonei ad esprimere al meglio i caratteri tipici del terroir. Un aspetto interessare da rilevare è rappresentato dalla tecnica prediletta del ricorso all’assemblaggio dei vini di diversi vitigni in combinazioni talvolta tradizionali e talora inconsuete. Ciò può apparire una controtendenza rispetto a quanto accade in molte altre regioni d’Italia, in cui v’è il massimo impegno all’affermazione della identità del vino prodotto da uno specifico vitigno ed a non relegarlo a mero vino da taglio. In un visione siffatta, dunque, come quella della produzione enoica calabrese, ciò che fa la differenza è il lavoro nel suo complesso, la cura del terreno, la forma di allevamento, il trattamento in cantina, le differenti scelte di affinamento del prodotto finale e le percentuali delle componenti utilizzati per la mistura.
Conclusa la lunga premessa, e senza alcuna pretesa di completezza, possiamo adesso addentrarci nel caratteristico mondo di questa calabra delizia per conoscerne i frutti e carpirne i segreti. E proprio qui, a dispetto della arcaica notorietà del Greco bianco di Calabria, base classica di produzione dei vini bianchi calabresi, eccellenti risultati, in nulla manchevoli ad altri vini nazionali, sono stati raggiunti dalla lavorazione dei vitigni a bacca nera.
Ho inteso, così, assecondare una mia personale preferenza per la potenza polifenolica dei “rossi”, spero da molti altri condivisa, limitando il mio studio solo a quattro vitigni che, tra le circa venti varietà a bacca nera, sono attualmente ancora coltivati, e presenti esclusivamente o quasi esclusivamente, in questa Regione, escludendo viceversa, quelli che, seppur concorrendo nella preparazione dei vari blend e pur acquistando caratteri organolettici e varietali tipici del luogo di produzione, sono soltanto alloctoni.
In questa prospettiva, apre le fila del nostro approfondimento, sicuramente, il GAGLIOPPO o GALLOPPO che marca tutta o quali la produzione rossa della Calabria, prevalentemente nelle provincie di Catanzaro e Cosenza.
È il principale vitigno a bacca nera ed ha sicure origini greche come tanti altri vitigni coltivati in Calabria. È narrano in alcuni testi antichi, che grappoli di Gaglioppo erano offerti in premio ai vincitori, a conclusione delle competizioni sportive organizzate dagli Elleni nel VII secolo a.C..
La sua maturazione è medio-tardiva ed il suo grappolo, spesso spargolo, si presenta di forma conica con estremità appuntita. La bacca ha buccia spessa e molto pruinosa di colore nero - rossastro.
Come già anticipato, il Gaglioppo è un vitigno base per la produzione di quasi tutte le DOC di Calabria, nella tipologia rosso e rosato, tra i quali appunto Cirò, Donnici, Lamezia, Melissa, Bivongi ecc. Questo vitigno viene, sovente, associato ad altre varietà sia rosse che bianche tra cui al Greco bianco e nero, alla Malvasia bianca e nera nella preparazione dei vari blend. Dall’anima di questa gemma nera, si estrae un vino rosso rubino intenso e vivace, con vinosi effluvi che col tempo si evolvono in un ricco corredo olfattivo, floreale e fruttato, complesso, con odorosa frutta rossa in confettura, spezie e tocchi balsamici.
Dopo l’affinamento in barrique assume un bouquet di profumi terziari in cui è predominante il sottobosco, il tabacco, il cuoio e le spezie dolci. Al palato è fresco, delicatamente sapido e moderatamente secco per i tannini morbidi e rivestiti.
Altro rosso base è il MAGLIOCCO, per anni confuso con il Galloppo dal quale si distingue e si caratterizza per una serie di elementi. Luigi Veronelli, stesso, nel fondamentale volume Catalogo Bolaffi dei Vini del Mondo del 1968, scrive dei vari Cirò prodotti in Calabria e ne conferma la confusione concernente i due vitigni calabri utilizzando erroneamente il termine Magliocco quale sinonimo di Gaglioppo.
Il termine “magliocco” significa “nodo strettissimo” ed è riferito alla particolare conformazione del grappolo. Altri appellativi utilizzati come sinonimi del Magliocco sono il Guarnaccia, il Lacrima nera, l’Arvino e nei pressi di Scilla è denominato Nocera.
Il suo grappolo, spargolo, ha dimensioni medie e forma conica con buccia spessa, pruinosa e di tono molto scuro propendente al nero. Questa perla nera calabrese, offre alla vista un colore rubino con riflessi violacei e sprigiona al naso delicati sentori di frutti rossi. Custodisce il suo succo netti sentori di fragola, che svela all’olfatto assieme a soffi di amarena ed accennate note speziate. Ha media struttura e moderata gradazione alcolica. Il vino prodotto da questo vitigno è molto meno tannico rispetto al Gaglioppo, ma di colorito più intenso e con più attenuata freschezza. Oggi ne possiamo distinguere due principali varietà con caratteristiche pressoché identiche: il magliocco dolce ed il magliocco canino, quest’ultimo, in particolare, per la produzione della DOC Savuto.
Così come il Gaglioppo, anche il Magliocco è un vitigno a maturazione tardiva. Ha un frutto la cui bacca possiede buccia spessa e pruinosa. L’elevato tenore di polifenoli lo rende un vino adatto all’invecchiamento.
A seguire, possiamo trovare in Calabria il vitigno GRECO NERO appartenente alla numerosa famiglia dei GRECI di cui ne troviamo in regione differenti varietà.
Localmente conosciuto come Grecu Niuru, se ne distinguono due diverse varietà: il Greco Nero di Verbicaro, anche detto Mantonico nero italico, coltivato soprattutto nella zona di Verbicaro e Scalea nella Calabria nord occidentale, e il Greco Nero di Sibari coltivato più est della regione.
Si è già accennato, infatti, come non regni in Calabria, molta chiarezza in ordine alla precisa identificazione dei vitigni coltivati spesso confusi nelle loro originarie denominazioni. Tuttavia quello che è certo è che tutti derivano dai vitigni importati dai coloni ellenici.
Alcune indagini genetiche ed ampelografiche hanno confermato che il Greco nero sia un vino esclusivamente calabrese non imparentato con alcun altra varietà di vitigni conosciuti. Esso è coltivato prevalentemente nelle provincie di Catanzaro e Crotone dove è anche definito Maglioccone.
È un vitigno a maturazione tardiva utilizzato per assemblaggi con altri rossi autoctoni. È un vino dotato di grande morbidezza dal colore rosso rubino carico.
Concludendo la nostra libera digressione tra i gioielli enoici di Calabria, per molti blend prodotti da aziende vinicole calabresi, è utilizzato anche il CASTIGLIONE; un vitigno a bacca nera ed a maturazione tardiva, anch’esso presente in molte parti di questa regione sia sul versante ionico che tirrenico. Esso è coltivato, particolarmente, a Reggio Calabria per la produzione dell’ IGT Scilla.
I suoi grappoli sono abbastanza grandi con forma conica allungata e l’acino anch’esso di forma allungato è di colore scuro tendente al porpora scuro.
Il Castiglione è una pianta coltivata in purezza abbastanza resistente alle avversità climatiche ad agli attacchi di agenti patogeni.
Il vino che se ne ricava, generalmente utilizzato per assemblaggi ad altri rossi, si presenta di un colore rosso rubino intenso, seppur di non particolare ricchezza, quanto a suo corredo olfattivo. Alla beva sprigiona una decisa freschezza ed una moderata tannicità.
[Foto credit: Davide Ceva su Vinix]
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