Assaggiatore o analista sensoriale ?
di Manuela Violoni
Come già in passato è avvenuto per gli "operatori
ecologici" e per gli "operatori scolastici", negli ultimi anni è diventato
di moda per molti degustatori chiamarsi "analisti sensoriali". Senza considerare
che il lavoro di un "analista sensoriale", più propriamente definito giudice
di analisi sensoriale, è sottoposto a regole molto più severe e, ahimé,
rigide rispetto a un assaggiatore: la percezione infatti è per buona parte
soggettiva, mentre i risultati dell'analisi sensoriale devono essere scientificamente
attendibili e affidabili e devono costituire una base di orientamento
certa e precisa per i produttori. E allora, cosa deve saper fare un giudice
di analisi sensoriale?
Never alone
A differenza del degustatore, il giudice di analisi sensoriale non lavora
quasi mai da solo: fa in genere parte di un Panel, o gruppo di assaggio,
che per la norma Iso deve avere minimo cinque componenti. Chi di loro
darà il verdetto? Nessuno: tutti i loro pareri, dati separatamente, concorrono
a formare la descrizione e la valutazione sensoriale di ciò che è stato
assaggiato. Questo avviene attraverso la statistica: solo in questo modo
si può ridurre la parte soggettiva dell'assaggio e tenere i dati più certi
e generalizzabili.
Questo diverso compito richiede dei requisiti specifici, che contrariamente
a quanto si crede riguardano solo in minima parte le capacità di percezione
fisiologica. Nell'addestramento di un giudice si fanno test di percezione
olfattiva, gustativa e tattile, ma la loro funzione è perlopiù di accertare
che l'aspirante giudice non sia anosmico o non abbia qualche altra preclusione
percettiva di cui magari non si è mai accorto: le vere qualità di un giudice
sono nel cervello, e in parte si acquisiscono con l'addestramento e la
pratica.
1. Motivazione
Senza motivazione non ci può essere un buon giudice di analisi sensoriale:
questo è un dato confermato sperimentalmente in molti casi. Ad esempio,
si verifica regolarmente che con prodotti buoni i giudici tendono a essere
molto più efficaci nel giudizio di quanto non lo siano con prodotti cattivi.
Se il giudice non è stimolato da ciò che assaggia, dalla curiosità di
saperne di più sui prodotti e dall'importanza attribuita al suo compito,
diventerà presto inservibile.
Una volta è capitato che venissimo chiamati perché un panel di acqua non
lavorava più bene. Il motivo? La noia: non ne potevano più di valutare
tutti i giorni acqua. La cura? Da quella volta in poi, ogni tanto il panel
si fa una sana sessione di analisi sensoriale del vino. Con risultati
decisamente positivi.
2. Capacità di analisi
"Di che cosa sa questo vino?" "Per me sa di vino, di che altro dovrebbe
sapere?" La prima volta che si cerca di spiegare a qualcuno il concetto
dell'assaggio o dell'analisi sensoriale si incorre spesso in reazioni
di questo genere. Descrivere una sensazione con parole a qualcun altro
è un compito molto complesso: nel caso del vino occorre saper trovare
quei tratti che lo differenziano da altri, e per fare questo occorre avere
in testa uno spazio campionario delle sensazioni che danno diversi vini
e di come possono cambiare. Oltre a questo bisogna sapere come esprimere
quei tratti, cioè trovare delle parole che esprimano esperienze comuni
alle altre persone e che possano descrivere per analogia quello che si
sente.
Quella di descrivere vini diversi con poche espressioni molto simili tra
loro è una lacuna in cui cadono anche molti degustatori professionisti,
come dimostrano ricerche condotte sul linguaggio delle guide e dei cataloghi.
Saper descrivere un prodotto è una capacità che dipende in parte dalla
ricchezza di espressione della persona, ma in parte si sviluppa anche
attraverso l'osservazione della varietà e della diversità sensoriale riscontrabile
nei prodotti e attraverso il confronto con altre persone.
3. Onestà intellettuale
In analisi sensoriale la cosa migliore è valutare d'istinto, ma ogni giudice
è in parte vittima del complesso dell'osservato: le sensazioni sono fuggevoli,
e non essendoci un metro tangibile su cui verificare il proprio parere,
l'insicurezza può tirare diversi scherzi e impedire al giudice di esprimere
le sue percezioni in modo immediato. È questo il caso in cui il giudice
può farsi influenzare da fattori esterni o dai suoi pregiudizi: per questo
il test si deve svolgere in determinate condizioni che impediscano condizionamenti
di qualsiasi tipo, come quelle che possono essere date dalla marca (i
test devono essere alla cieca, a meno che non si voglia esplicitamente
valutare anche l'impatto dell'immagine) oppure da altre persone (per questo
ogni giudice lavora individualmente con la sua scheda, contrariamente
a quanto accade nei focus group; e il panel leader deve evitare di influenzare
i giudici, come anche impedire che lo facciano tra di loro).
Oltre a questo, esistono dei sistemi per verificare anche a posteriori
se un giudice si è espresso con onestà intellettuale. Il primo criterio
è quello della ripetibilità, che si verifica facendo assaggiare un prodotto
due volte all'insaputa dei giudici: in questo caso si controlla che le
valutazioni date siano non identiche, ma per buona parte simili. Il secondo
criterio è quello della discriminazione: se infatti un giudice dà la stessa
descrizione a tutti i vini che assaggia, è facile che la ripetibilità
sia alta, ma il suo giudizio non sarà utile a capire i prodotti. Per questo
si valuta anche la capacità di dare descrizioni ben diverse a prodotti
diversi.
4. Modestia e disciplina nel lavoro di gruppo
Il giudice di analisi sensoriale, rispetto al degustatore, esce dal ruolo
di chi sotto i riflettori esprime il suo verdetto inappellabile e si presta
a diventare, alla pari con altri giudici, parte di uno strumento di misurazione
scientifica. Per ottenere questo bisogna che ogni componente del Panel
accetti di mediare il proprio parere con quello degli altri: ogni giudice
viene infatti valutato per la sua collimazione, cioè la capacità di esprimere
giudizi in accordo con il resto del gruppo. Mettiamo infatti che nella
valutazione di un vino un giudice dica che è acidissimo, un altro che
non sente affatto acidità: come farò a sapere in effetti come era quel
vino?
Per ottenere un panel collimante è necessaria una base di addestramento
comune e una certa quantità di lavoro svolto insieme, come per una squadra
di calcio che deve raggiungere l'affiatamento. Ma anche questo può non
bastare, perché ognuno di noi ha una tendenza del tutto personale a valutare
in un certo modo: in tutti i gruppi di assaggio, ormai lo si sa per esperienza,
c'è un certo numero di persone di manica larga, altre di manina corta
e altre che hanno sempre paura di sbilanciarsi. Per questo motivo, all'inizio
di ogni test si fa una "taratura", in cui ognuno legge i propri giudizi
e cerca di aggiustare il proprio modo di valutare in base alla media di
tutto il panel. Interiorizzare questo modo di lavorare richiede l'umiltà
di mediare le proprie posizioni con quelle del resto del gruppo.
Come si forma un giudice?
C'è da dire che di giudici di analisi sensoriale esistono molti livelli,
e ognuno ha titolo a eseguire un determinato tipo di test. Il primo livello
previsto dalla norma Iso è quello dei giudici inesperti: qualsiasi persona
può eseguire ad esempio test di accettabilità, come avviene nei test sui
consumatori. In questo caso chiaramente ci vuole un numero molto alto
di persone per ottenere dati affidabili, e i risultati che si possono
ottenere si limitano a confronti di piacevolezza (molto interessanti,
però, per stabilire il gusto di determinate fasce di pubblico e per stabilire
quali prodotti vi corrispondano meglio).
I giudici iniziati, invece, sono quelli che secondo la norma Iso hanno
partecipato almeno a una sessione di analisi sensoriale, pur non avendo
avuto formazione specifica. Se c'è un panel di giudici già formati, ad
esempio, è possibile incorporare pian piano nuovi membri, che con l'esperienza
del lavoro di gruppo imparano a lavorare bene; però è necessario avere
un nucleo di giudici formati.
Altro è il caso dei giudici ordinari: si tratta di persone che hanno avuto
una preparazione sull'assaggio, come può essere un sommelier o un enologo,
ma devono acquisire il metodo specifico dell'analisi sensoriale.
Con 8 ore di formazione si può diventare Giudice Addestrato: il primo
gradino del percorso, in cui si fanno tutte le prove di idoneità sensoriale
(visiva, olfattiva, gustativo-tattile) oltre ad altre psicologiche e sull'uso
delle scale. Con questa preparazione vengono addestrati a eseguire test
tesi a stabilire le differenze sensoriali tra più prodotti analoghi, ma
non sono ancora in grado di misurare le loro sensazioni e ottenere il
profilo sensoriale di un prodotto. Questo si fa con una formazione di
16 ore, in cui si diventa Giudici Qualificati. Qui la capacità di misurare
le sensazioni su scale è fondamentale, e viene controllata con prove pratiche
di analisi sensoriale eseguite con metodi di complessità crescente.
Ma la formazione è solo l'inizio: è con la pratica che si perfeziona la
capacità di ogni giudice di dare buoni risultati in un panel. Per questo,
dopo aver dato prova in un certo numero di test di saper dare giudizi
attendibili, si diventa giudici esperti. Se poi si ha o si acquisisce
competenza specifica in una determinata merceologia si può diventare giudici
esperti specializzati. È un percorso affascinante in cui, volendo, non
si finisce mai di acquisire conoscenze e scoprire nuove sensazioni: ma
è soprattutto un metodo che cambia la prospettiva con cui percepiamo il
mondo circostante e la qualità dei prodotti che consumiamo. Non è raro
che, dopo un'esperienza simile, si vedano chiaramente i difetti tecnici
delle bibite che prima ci piacevano tanto o che non si sia più in grado
di bere caffè cattivo: inconvenienti del mestiere.
Manuela Violoni
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