Certificazione sensoriale, istruzioni per l'uso
di Manuela Violoni
Di certificazioni di prodotto ne esiste ormai una
quantità: certificazioni di processo, certificazioni etiche, certificazioni
biologiche. Ma si può certificare che un prodotto è buono? Sì, ed esistono
già diversi casi di notevole successo realizzati attraverso l'analisi
sensoriale. Non solo: è in discussione alla Camera una proposta di legge
per la salvaguardia delle autenticità certificate basata proprio sull'analisi
sensoriale, e proprio in questi giorni hanno fatto molto parlare le ultime
dichiarazioni del presidente della commissione agricoltura della Camera
Marco Lion, che l'ha presentata. Ma in cosa consiste la certificazione
sensoriale?
Bontà certificata
La certificazione sensoriale mira a garantire al consumatore che il prodotto
che sta comprando corrisponde a determinati requisiti sensoriali di base,
che ne definiscono la qualità e in alcuni casi la tipicità. Ma non è forse
vero che de gustibus non est disputandum? Ebbene, non più così tanto se
si ragiona in termini statistici. Il Centro Studi Assaggiatori in circa
150.000 test sul consumatore ha rilevato che, nonostante la variabilità
di gusti (che dipende da molti fattori fisiologici, sociali e personali)
ci sono alcune caratteristiche dei prodotti che sono universalmente apprezzate
e altre che determinano sempre il rifiuto. Questi parametri spesso cambiano
se, invece dei consumatori comuni, si interrogano gli esperti: i tecnici
ragionano infatti secondo criteri diversi, e spesso tendono a premiare
caratteristiche che il consumatore apprezza meno (ad esempio l'acidità
elevata nel caffè o nei vini) oppure a dare molti più peso ai difetti,
anche se così poco percettibili da non essere rilevati dalle persone comuni.
È chiaro che, nel garantire la piacevolezza, si deve considerare innanzitutto
il parere del consumatore, cioè colui che il prodotto dovrà poi comprarlo.
Ma allo stesso tempo non si può prescindere dal parere tecnico, perché
un prodotto con difetti sensoriali palesi non può comunque essere considerato
di qualità.
Come si fa?
Per garantire la qualità sensoriale bisogna fare ogni volta un test sul
consumatore? E come si fa a garantire che la qualità rimanga sempre costante
nel tempo? Occorre fare un panel di consumatori per ogni singolo lotto
prodotto? Certamente no. Se facessimo così, non solo i costi dell'operazione
salirebbero alle stelle, ma non avremmo neppure un numero di pareri sufficienti
per ottenere un riscontro rappresentativo del mercato. Per prendere il
caso dell'Espresso Italiano Certificato, bisogna considerare che sono
stati necessari oltre 5.000 test sui consumatori codificati su scheda:
cifre del tutto antieconomiche da replicare per ogni singolo prodotto.
La cosa diventa fattibile se si ragiona non per ogni singolo prodotto,
ma in termini di profilo sensoriale: se si riesce a determinare le caratteristiche
chiave che determinano la piacevolezza di un prodotto e a fissare dei
limiti per ogni parametro, poi sarà più semplice controllare se il prodotto
corrisponde ai requisiti o no.
La prima cosa da fare è quindi determinare dei modelli di qualità, e lo
si fa con un numero elevato di test su prodotti molto diversi: solo in
questo modo si ha una verifica rappresentativa. In questa fase si deve
interrogare il consumatore, che è il giudice finale in ogni caso, ma i
pareri da lui espressi vengono incrociati con quelli degli esperti: solo
i prodotti che passano all'esame di entrambi possono essere considerati
dei veri modelli di qualità.
In questo modo non otteniamo altro che una classifica tra prodotti in
base alla piacevolezza: il consumatore infatti ha dei suoi criteri di
qualità, ma non sa spiegarceli. Per ottenere un modello confrontabile
non solo con i prodotti analizzati, ma anche con quelli che devono ancora
essere prodotti, occorre estrarre un profilo sensoriale, cosa che può
essere fatta solo con un panel di giudici addestrati all'analisi sensoriale.
In questa fase vengono messi a confronto prodotti che hanno rappresentato
modelli di qualità e modelli di non-qualità per il consumatore, che vengono
descritti dal panel; attraverso correlazioni statistiche tra queste descrizioni
e gli indici di piacevolezza dei consumatori si giunge così a determinare
un profilo di ciò che per la maggior parte della popolazione significa
qualità. Questo profilo deve essere precisamente fissato e quantificato:
si decide cioè quali caratteristiche dovranno essere tenute sotto controllo
e per ognuna si decide quanto si deve percepire, stabilendo un minimo
e un massimo.
Il sistema di analisi sensoriale
A questo punto abbiamo un modello preciso di quali caratteristiche deve
rispettare un prodotto per essere certificabile. Manca l'ultima fase:
controllare che il prodotto rientri nel profilo. Questo controllo deve
essere effettuato regolarmente, perché la qualità garantita deve essere
mantenuta nel tempo. Per poter fare questo occorre uno strumento che può
essere formato all'interno dell'azienda produttrice o del consorzio: il
sistema di analisi sensoriale. Il sistema si compone di cinque elementi
fondamentali:
- Panel leader - È centro motore del sistema:
progetta i test e stila i piani sperimentali, recluta, forma e guida
i giudici, sovrintende all'esecuzione dei test ed elabora i dati ottenuti,
interpreta i medesimi ed emette i report.
- Panel - È il gruppo di giudici che valuta sensorialmente
i prodotti. Nel caso della certificazione sensoriale i componenti del
panel devono ricevere una formazione da giudici qualificati, che può
durare un paio di giornate in cui ricevono le basi cognitive con le
quali si svolge la percezione e apprendono a utilizzare schede di assaggio.
Questa formazione iniziale si integra di continuo a ogni seduta di valutazione,
in cui i giudici vengono valutati statisticamente per la loro efficacia.
- Elaborazione dei dati - È l'insieme delle risorse
per determinare statisticamente l'affidabilità, l'attendibilità e l'esaustività
dei test, nonché l'efficacia dei giudici, ma anche di giungere a una
sintesi dei dati e all'estrazione dell'informazione latente.
- Sistema organizzativo - È l'insieme della norme
e della documentazione che agevolano la progettazione e l'esecuzione
dei test e garantiscono il loro corretto svolgimento, consentendo il
controllo dell'intero processo.
- Locali di svolgimento - È l'ambiente dove si
svolge la valutazione, che deve rispettare determinati criteri di idoneità
all'analisi sensoriale.
Questi cinque elementi formano il sistema che può essere impiegato costantemente
per verificare la rispondenza di ogni prodotto a un profilo sensoriale
stabilito e ottenere la certificazione sensoriale.
Certificazione sensoriale significa omologazione?
In realtà no, perché i profili sensoriali sono studiati in base al tipo
di prodotto e possono essere anche molto larghi. È il caso dell'Espresso
Italiano Certificato, il cui profilo sensoriale di conformità può corrispondere
a caffè a tostatura medio-intensa come quelli del centro-sud Italia come
anche ai caffè di tostatura più delicata del nord del paese. Tutto ciò
che fa il profilo sensoriale in questo caso è solamente assicurare che
siano presenti in buona misura alcune caratteristiche considerate indispensabili
dal consumatore (l'aroma tostato, la ricchezza olfattiva, il corpo), che
altre caratteristiche siano tenute entro certi limiti (acidità, amaro)
e che siano assenti caratteri che determinano il rifiuto (astringenza,
odori negativi).
Altri profili sono fatti proprio per salvaguardare la varietà sensoriale:
prendiamo il caso dell'Aceto Balsamico di Modena, che ha adottato un profilo
di certificazione volontaria che varia a seconda della tipologia. Il problema
del balsamico di Modena era che, con gli stessi ingredienti e lo stesso
disciplinare, si potevano ottenere prodotti del tutto diversi dal punto
di vista organolettico e del prezzo: cosa che disorientava il consumatore,
il quale tra l'altro, in mancanza di indicazioni precise, si trovava spesso
a usare sulle fragole un tipo di aceto adatto all'insalata, con delusione
sua e danno d'immagine per il produttore. La soluzione è stata di adottare
quattro diversi profili sensoriali contrassegnati da una, due, tre o quattro
foglie, tutti di buona qualità secondo i test sul consumatore ma che dessero
un'idea chiara del tipo di densità e di dolcezza che si trova nella bottiglietta.
In altri casi ancora si è scelto un profilo in grado di garantire non
solo l'accettabilità del prodotto, ma anche la tipicità. Per il Valcalepio
rosso Doc ad esempio (Valcalepio è la prima Doc in Italia certificata
sensorialmente) tra i requisiti sensoriali richiesti c'è anche un elevato
livello di aromi di ciliegia marasca, tratto caratterizzante di quel vino.
La certificazione sensoriale, insomma, deve essere fatta in modo da non
appiattire la varietà e l'identità dei prodotti, ma da garantire al consumatore
l'esperienza e il piacere che si aspetta dall'assaggio di un determinato
cibo o di una bevanda, offrendogli più tranquillità nella scelta.
Per saperne di più
Luigi Odello, Analisi sensoriale: l'approccio facile, Centro Studi
Assaggiatori, Brescia 2004
Luigi Odello, "Tipicità e analisi sensoriale, presto una legge" in L'Assaggio
17/2007
Manuela Violoni
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