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In tutti i sensi, l'analisi sensoriale di Manuela Violoni - Archivio articoli
Archivio articoli
Analisi sensoriale : rovesciare la logica dell'assaggio di Manuela Violoni Quando dico che lavoro al Centro Studi Assaggiatori, la prima immagine che viene in mente a chi mi ascolta è di me col bicchiere in mano. In realtà chi fa analisi sensoriale ha molto più a che fare con i grafici di statistica che non con il bicchiere, perché l'analisi sensoriale parte da un presupposto: una persona non può da sola rappresentare il gusto di milioni di persone, foss'anche il Naso del Secolo. L'assaggio scientifico L'analisi sensoriale è diversa dalla degustazione perché si basa sul metodo scientifico sperimentale. Ecco le sue regole di base. 1. La valutazione non viene fatta mai da una persona sola, ma da un gruppo: minimo cinque giudici per la norma Iso, ma normalmente di più. Se il gruppo deve essere rappresentativo dei consumatori, i giudici possono anche essere migliaia. Non per forza devono essere riuniti quando assaggiano. 2. L'assaggio viene fatto secondo un piano sperimentale, che isoli le variabili che si vogliono osservare rispetto ad altre che possono influenzare i risultati. Ciò significa che non posso far assaggiare un vino in una cantina buia e uno all'aperto, se lo scopo è un confronto tra i due vini. Ogni caratteristica dell'ambiente circostante modifica la percezione di ciò che si assaggia, e occorre tenere il tutto più possibile costante. Il piano di assaggio va studiato per ridurre al minimo le influenze tra il prodotto che si assaggia prima e quelo che si assaggia dopo. Importantissimo: se ciò che si vuole testare è il prodotto in sé, questo va assaggiato assolutamente alla cieca. Ogni marchio, bottiglia, indizio visivo che può distorcere l'informazione va nascosto. 3. Ogni giudice si esprime individualmente su una scheda, e i risultati vengono sintetizzati attraverso la statistica. Questo è l'unico modo per evitare che il membro più carismatico del gruppo imponga la sua visione su quella degli altri, come può avvenire nei focus group, ed è anche l'unico modo per avere dei parametri di attendibilità sui risultati. Attraverso la statistica viene anche controllato se ogni giudice dà valutazioni simili allo stesso prodotto presentato due volte, se il suo parere è coerente col resto del gruppo, se usa correttamente la scala di valutazione e se riesce a rendere le differenze percepibili tra un prodotto e l'altro. 4. I risultati del test non sono assoluti, ma sono riferibili a un determinato gruppo di prodotti, a una determinata popolazione, con un determinato margine di errore. Quanto i risultati saranno generalizzabili dipende dal piano di campionamento. Inoltre ogni test ha una soglia di attendibilità, sotto la quale i risultati non vengono accettati come validi. Per ottenere risultati attendibili il controllo statistico si estende ogni volta alla scheda impiegata, ai valori di sintesi dei risultati e ai singoli giudici. Chi deve valutare un vino ? È parere comune, specie nel mondo del vino, che per valutare un prodotto ci voglia un esperto, perché il consumatore può essere ingannato e ha bisogno di essere educato, mentre l'esperto ha una percezione più fine e può anticipare come dovrebbe essere il gusto del mercato. Occorre però considerare che l'esperto, specie il tecnico, ha una percezione completamente diversa rispetto al consumatore, perché ragiona in termini di pregi e difetti, e in molti casi ha mostrato la tendenza a rilevare in maniera esagerata difetti che dalle persone comuni non vengono neppure percepiti. Non solo: a volte premia caratteristiche sgradite al consumatore. Capita con i torrefattori: sapendo che i caffè più pregiati, fruttati e floreali, si valorizzano tostandoli in modo leggero, allora premiano l'acidità, che si ha più spiccata con questo tipo di tostatura. Ma un'acidità così elevata nel caffè è qualcosa che ai consumatori proprio non piace. Esiste anche il caso contrario, cioè quando il difetto condannato dall'esperto costituisce per il consumatore un valore. Luigi Odello racconta di quando fu scoperto il sistema per eliminare il riato dal caffè. Il riato è l'odore di tappo, che si sviluppa se il caffè è attaccato da microorganismi. Quando questo sistema fu proposto ai torrefattori che lavoravano con il mercato della ex Jugoslavia, questi non lo vollero: il caffè i loro clienti lo volevano proprio così, anzi acquistavano apposta le partite di verde riato. E chi non ha mai sentito decantare il vino del contadino, che proprio perché magari è un po' acetoso "si può stare sicuri che è genuino, al contrario di quello industriale" (???) È quindi evidente la qualità percepita non esiste, perché tutti percepiamo in modo diverso e, salvo alcune basi biologiche comuni a tutti, la percezione è relativa. Si può parlare piuttosto di valori, che ogni cultura, ogni gruppo sociale, ogni individuo attribuisce a determinate sensazioni. Così l'odore del gorgonzola, che per noi risulta così interessante e per molti goloso, per i giapponesi a primo impatto è solo odore di latte andato a male, ben lontano da qualsiasi idea di qualità percepita. Per l'analisi sensoriale non basta dire che un prodotto è buono, ma occorre dire per chi è buono, e ad assaggiare deve essere un gruppo di persone rappresentativo di quelle cui il prodotto è destinato. Nel caso delle certificazioni sensoriali, il prodotto sensorialmente garantito è quello che piace in primis ai consumatori, ma anche agli esperti, perché deve essere privo di difetti percepibili: per ogni gruppo viene stilata la classifica di piacevolezza in base all'assaggio, e le due classifiche vengono incrociate. Questo sisema è alla base ad esempio dell'Espresso Italiano Certificato e della certificazione volontaria AIB dell'Aceto Balsamico di Modena, basata sulla classificazione a foglie. Perché percepire è relativo ? Ognuno percepisce la realtà in modo diverso, pur avendo organi di senso che funzionano allo stesso modo. Perché? Gli organi di senso sono solo la punta dell'iceberg: i dati da essi rilevati vengono trasmessi al cervello sotto forma di impulsi elettrici, proprio come accade in un computer. Il cervello, il nostro processore, riceve la bellezza di 11 Mb al secondo da elaborare: una quantità spropositata. Allora attiva dei sistemi, per così dire, di compressione, che permettono di tenere presente l'informazione utile e di tenere latente quella in sovrappiù. Ma quale informazione è utile? Per ogni luogo, per ogni gruppo sociale, per ogni individuo i criteri cambiano in base a circa 13 fattori diversi. Gli eschimesi, nel "comprimere" l'esperienza della neve, ricordano ad esempio se questa è farinosa o in scioglimento, tanto che hanno parole diverse per indicarla: ciò che per noi è solo un particolare estetico, per loro significa poterci camminare o no, ed è un fattore con cui fare i conti tutti i giorni. Ognuno di noi ha, per così dire, un software diverso per comprimere, che si è affermato con la selezione naturale. Come possiamo allora generalizzare un'esperienza e dire, ad esempio, se un vino sa di fieno o no? Questo dipende soprattutto dagli aspetti comuni dell'esperienza di ognuno, per cui devo presupporre che le persone cui parlo abbiano annusato del fieno e abbiano associato quell'odore a quel nome. Meno l'esperienza è comune ("sa del fieno di mio nonno in Piemonte"), meno potrò generalizzarla. Riappropriarsi dei sensi Riappropriarsi dei sensi significa poter scegliere cosa consumare facendo a meno dei discorsi che ci stanno intorno, o meglio, assumendo uno spirito critico rispetto a quallo che ci viene detto. Noi conosciamo il mondo sia attraverso l'esperienza sensoriale sia attraverso i discorsi che altre persone hanno creato sulla realtà, dalla teoria della gravitazione universale alla descrizione di un vino in etichetta. Anche la marca e la confezione di un vino sono discorsi, fatti magari con linguaggi diversi (es. figurativo). Un famoso produttore di un noto liquore mi raccontava di un test sui consumatori che aveva fatto in azienda, con il prodotto alla cieca e palese: su una scala 0-10, il livello di gradimento si alzava da tre a sette quando si poteva vedere l'etichetta. Il punto di partenza per riappropriarsi dei propri sensi è dire: i miei organi di senso sono proprio come quelli di tutti gli altri, e ho diritto di pronunciarmi su cosa per me è buono e cosa no. Da qui a essere capace di descrivere ciò che si sente, è soprattutto una questione di conoscenza del funzionamento dei sensi e di esperienza sensoriale: provare prodotti diversi e cercare di capire dove stanno le differenze; far caso all'odore del gelsomino e dell'erba falciata quando capita di sentirli, e così via. Riappropriarsi dell'uso consapevole dei propri sensi dà due grossi vantaggi. Innanzitutto conoscere gli indizi per anticipare se qualcosa ci piacerà o no: è comune l'idea che più la crema del caffè è spessa e più il caffè è buono, ma pochi sanno che invece è più importante guardare la superficie (se la grana non è liscia e compatta, probabilmente il caffè è amaro, felpa la lingua e sa troppo di tostato). Altro vantaggio è il sapere con quali criteri orientarsi nella ricerca di ciò che piace di più: sapere ad esempio se da mettere sul gelato devo cercare un aceto balsamico più scuro o più denso (che non è la stessa cosa). Ce n'è anche un terzo: affrancarsi dai preconcetti e dalla soggezione intellettuale per cui, se un vino mi piace ma non è tra i superquotati dagli opinion leader, sono io che ho gusti volgari. Ognuno sa che cosa è buono per lui e gli dà piacere, millenni di evoluzione naturale lo garantiscono: a volte è solo questione di sperimentare che esiste il più buono, di sapere che esistono dei criteri per ottenerlo e di capire come trovarlo. È quello che faremo in questa rubrica: non faremo affermazioni su cosa è buono, ma andremo a scoprire dei criteri affidabili per conoscere cosa piace a chi. I produttori e i consumatori hanno bisogno di informazioni chiare Per ogni prodotto la vera prova del nove è il mercato, dove si svolge la grossa selezione naturale. Il grande dispendio di tempo e di denaro che questo comporta porta però a cercare dei metodi per fare, per così dire, le prove generali prima. L'analisi sensoriale è nata proprio dalla necessità di avere in poco tempo il parere dei consumatori e averlo sapendo con che margine di sicurezza rispecchierà il responso del mio mercato. I nuovi test ad alta utilità informativa permettono non solo di fare questo, ma anche di fissare dei criteri per permettermi di non dover più fare ogni volta un test sui consumatori, ma conoscere in anticipo le tendenze del suo gusto: intendo il gusto fisiologico, che è molto più stabile delle mode e delle influenze di pubblicità e opinion leader. Per approfondire : Luigi Odello, Analisi sensoriale: l'approccio facile, Centro Studi Assaggiatori, Brescia 2004 http://www.assaggiatori.com/index.php?q=node/89 Manuela Violoni - Luca Falciati, "Il sistema sensoriale: dallo stimolo alla percezione", in L'Assaggio 6/2004, Centro Studi Assaggiatori, Brescia. http://www.assaggiatori.com/index.php?q=node/35 Manuela Violoni |