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Viaggi enogastronomici
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Continua - Viaggio in Portogallo, Seconda parte di Luigi Bellucci Giovedì 22 settembre 2005. CARM e Mirandéla La solita bella giornata, la solita colazione in albergo, il saluto a Guarda (il viaggiatore pensa che così potrà ritornare in qualunque luogo visitato, se lo vorrà, senza che i luoghi se ne abbiano a male) e si riparte verso il Nord del Portogallo, verso Tras os Montes. Il paesaggio è deturpato in alcuni punti dagli incendi che hanno devastato varie regioni portoghesi nel corso dell'estate. Si vedono comunque anche molte rocce coperte di licheni, a testimoniare la purezza dell'aria di questi luoghi, non toccati dall'inquinamento. Le campagne sono ricche di colombaie bianche, di forma rotonda, con il tetto di mattoni rossi, che i contadini usavano un tempo come punti di accumulo dello sterco dei piccioni per la concimazione dei terreni circostanti. Ad Almendra ci aspetta Felipe per farci visitare la sua grande Casa Agricola Roboredo Madeira (CARM), oltre 200 ettari di uliveto, 200 coltivati a mandorli e quasi un centinaio a vigneto, in una proprietà di 1600 ettari. ![]() Il padre di Felipe ha iniziato questa attività in maniera intensiva solo cinque anni fa ma in così poco tempo la CARM è diventata un nome a livello internazionale per l'eccellenza dei suoi oli e per la bontà dei suoi vini. Felipe ci fa visitare il frantoio, dove le olive sono radunate il giorno stesso della raccolta e macinate prima di sera, in un processo che mira alla perfezione e alla grande qualità. È un suo giusto vanto la bassissima acidità degli oli prodotti (inferiore a 0,20), come testimoniano anche i numerosi premi raccolti sui mercati europei e americani. Nonostante l'impianto sia relativamente giovane, la CARM ha deciso di riconvertire la struttura del frantoio, sia per affrontare nuovi volumi, sia per migliorare ancora la qualità della produzione olearia. Gli uliveti comprendono circa 37000 piante che danno circa 30 chili di olive ciascuna, da cui lo scorso anno ha ricavato oltre 80.000 litri d'olio di eccellente qualità, esportato in tutto il mondo. La raccolta avviene sia per scuotimento, sia manualmente, da parte di una ottantina di lavoratori stagionali assoldati per la durata del raccolto. ![]() Dopo la visita al frantoio ci trasferiamo di qualche chilometro per visitare la cantina, anche questa di nuovissima concezione, con cisterne di acciaio inossidabile conservate al chiuso, in ambienti con grandi finestre di vetro per gli uffici, che possono però essere chiuse elettronicamente con un telecomando quando gli uffici sono vuoti, in modo che il locale resti al riparo dalla luce e soprattutto dal calore intenso delle giornate assolate. ![]() Sul piazzale esterno casse di uva matura, sana e profumata di vendemmia, aspettano di essere versate nella cisterna della pressa pneumatica che estrae dagli acini quella meravigliosa sostanza liquida, appiccicosa e zuccherina che diventerà vino. Il ciclo del vino è all'opera, i macchinari nuovi svolgono il loro compito e sono già pronte anche le barriques che ne accoglieranno una parte per l'invecchiamento. Una chicca personale a cui Felipe tiene in modo particolare e che ci mostra con grande entusiasmo è la sua acetaia, un locale fresco dove una ventina di barriques americane che hanno già contenuto i suoi vini per tre anni, custodiscono qualche migliaio di litri di purissimo aceto di vino, che lascia nel locale un gradevolissimo profumo. ![]() È già arrivata l'ora di pranzo e si risale in pullman per andare verso il ristorante, ma prima Felipe vuole farci visitare le rovine di Castelo Rodrigo, un maestoso maniero del XIII secolo, recintato da re Dionigi con mura di quasi tre metri di spessore. Il castello sorge su un picco da cui si vede tutt'intorno a 360 gradi, dalla Spagna fino alla valle del Douro, che divide le rocce granitiche di questa riva da quelle argillose che stanno sull'altra riva. Il castello è in fase di ristrutturazione e il viaggiatore ha constatato che non avverte più quella sensazione di desolazione e sconforto che lo aveva colpito durante la sua visita precedente. La produzione di olio in queste terre ha quasi del miracoloso se si pensa alla fatica che fanno le radici delle piante di olivo a farsi strada tra la terra e le grosse rocce che caratterizzano questo territorio portoghese. Nei punti in cui la strada è stata ricavata scavandone la roccia ai lati, si può chiaramente vedere come dalle rocce aperte e sezionate spuntino le radici degli olivi circostanti. Un'altra curiosa testimonianza dell'aridità di queste terre il viaggiatore l'ha avuta proprio visitando Castelo Rodrigo, dove da una spaccatura in un enorme masso, a ridosso del muro del castello, sta crescendo un ciliegio, già di due metri. Nel primo pomeriggio si arriva al ristorante, "O Lagar" - il frantoio -, dove ci aspetta un tipico pranzo portoghese con deliziosi piatti di baccalà condito con i tre oli di Felipe - CARM, Quinta do Bispado, Quinta das Marvalhas - e innaffiati con i vini adatti, sempre di Felipe - Douro Carm Rosè 2004, Castello d'Alba Douro Reserva 2004, Douro Carm rosso 2003, Quinta do Côa - tutti serviti nei loro giusti bicchieri da personale attento e cortese. Durante la visita al frantoio e poi al ristorante si sono uniti alla comitiva altri due ospiti di Felipe, il Señor Norberto e Señora, gestori del ristorante Casa Benigna (Comidas y Vinos) in Madrid (Benigno Soto N.9), che erano passati per portare un saluto ai loro amici. ![]() Alle cinque saluti e ringraziamenti e strette di mano hanno preceduto la risalita sul pullman e la partenza per l'ultima meta di questa giornata, Mirandéla. Il sole ancora alto e caldo, il viaggio tra strade di montagna strette e tortuose, l'abbondante pranzo hanno convinto il viaggiatore e buona parte del gruppo che era meglio abbassare lo schienale del sedile fino al limite massimo consentito e chiudere gli occhi per un sonnellino di un'ora abbondante. Al risveglio gli ultimi chilometri verso Mirandéla si snodavano tra verdi boschi e ridenti colline e si concludevano proprio sulle rive del Tua, attraversato nel punto di arrivo da un largo ponte romano, oggi passerella per chi, residente o turista, vuole rilassarsi passeggiando in un luogo incantevole, tra rive verdi, belle sculture e baretti di sapore quasi parigino. Il viaggiatore ha concluso la giornata passando e ripassando da una riva all'altra sul ponte romano, al chiaro di luna calante, mentre due bambini si rincorrevano vociando seguiti da un cane randagio, che, assetato, ha appoggiato le zampe anteriori sul bordo di una fontanella a zampillo e si è concesso una lunga bevuta. Venerdì 23 settembre 2005. Verso Porto La settimana sta finendo. Siamo già alla sexta feira. Oggi dopo la colazione si resta a Mirandéla per visitare l'Associazione degli Olivicoltori di Tras-os-Montes e Alto Douro. (AOTAD). L'associazione rappresenta 8000 aziende consociate, di cui alcune sono grosse cooperative, e i consociati sono circa il 30% di tutti gli olivicoltori portoghesi. L'olio DOP prodotto dai consociati è rappresentativo di due terzi del territorio coperto da ulivi (50000 ettari su 75000) e di 25000 singoli produttori. Gli impianti hanno un'età media tra 5 e 25 anni. Nella sala di presentazione c'è l'opportunità di degustare due oli. Il primo è ROMEU (www.quintedoromeu.com), prodotto da Clemente Menéres di Mirandéla, con frantoio a Jerusalem no Romeu. L'olio presenta aromi intensi e ricchi e ha caratteristiche di tipicità marcata. L'olio lascia la bocca molto pulita, con lievi note di astringenza e prevalenza della caratteristica amaro, su piccante e dolce. Le cultivar principali sono Verdeal, Madural e Cobrançosa, più alcune autoctone minori in bassissima percentuale. l'olio è ottenuto da un frantoio tradizionale e si decide di aggiungere al programma la visita all'azienda, per verificarne l'organizzazione, tanto è stato sorprendente per la sua eccellenza e gradito questo assaggio. Il secondo olio è il Val d'Ondel, prodotto da VIAZ - Moncorvo, con un'acidità dichiarata in etichetta di 0,4% e perossidi inferiori a 15. L'olio è buono, mostra una prevalenza della caratteristica piccante su amaro e dolce, e questo denota una ricchezza di fenoli, dovuti sia alle caratteristiche delle cultivar utilizzate, sia soprattutto alla scarsità d'acqua del territorio olivicolo portoghese. Terminate le degustazioni si va a visitare l'azienda Menéres. Ci accoglie il titolare João Pedro nel suo frantoio. Da fuori è una cascina come ce ne sono ancora nella campagna lombarda, a due piani, con qualche portone a semicerchio, scalini di pietra, qualche vite che si arrampica lungo i muri. Un arco a volta ombreggiato introduce nel cortile interno, dove João Pedro ci mostra orgoglioso una straordinaria pianta di vite che si innalza dal centro di un'aiola rialzata, con un tronco di quaranta centimetri di diametro e dopo due giri a serpentina all'altezza di tre metri, si spande tutto intorno a fare ombra al cortile; ma la cosa straordinaria non sono tanto le dimensioni quanto il fatto che questa pianta è ancora una vite precedente all'introduzione della vite americana, dovuta alla fillossera che a fine '800 praticamente distrusse la vite in Europa. Ci mostra orgoglioso anche la fotografia del suo collaboratore che dal 1937 lavora in azienda come maestro frantoiano e lo descrive come una persona di grande laboriosità e iniziativa. Visitiamo poi il frantoio, pulitissimo e perfettamente efficiente e dal cortile possiamo anche vedere le cataste delle corteccie delle piante da sughero che costituiscono un altro dei proventi dell'azienda insieme al vino e al vino di Porto. Ci propone anche, se di nostro interesse, di visitare, lì vicino, sulla strada per Vila Verdinho, la cantina dove stanno lavorando le nuove uve della vendemmia per ottenere vino e Porto. Anche questo casolare possiede un fascino magico e dà una sensazione di grande serenità. È situato sopra una piccola collina, è circondato da una strada in terra battuta e tutta la facciata ha il colore dell'oro, che contrasta con il rosso del tetto, il verde degli alberi e delle vigne che lo circondano. l'esterno è circondato da una copertura di vite che sale lungo il muro e si estende, a tre metri d'altezza, per due metri sulla strada sterrata che gira attorno alla casa. L'edificio è lì dal 1874 ed è il fiore all'occhiello della produzione vinicola dei Menéres. All'interno del recinto, nel cortile, alcuni pesci rossi nuotano in una grande vasca quadrata di granito, mentre gli operai stanno scaricando le ceste ricolme di uva matura che diventerà prima mosto, poi, dopo la fermentazione, vino e, per la quantità concessa dal disciplinare, vino di Porto, con l'arresto della fermentazione mediante alcool. I principali vitigni (castas in portoghese) da cui si ottengono questi vini sono Touriga National, Tinta Roriz e Touriga Franca, più altri in quantità molto minori. Poi visitiamo il grande salone con pavimento di legno del secolo scorso e copertura anche di legno, ancora efficiente e utilizzato, dove vi sono ancora credenze, mobili e attrezzi come non se ne vedono più se non in qualche museo contadino. Sotto al salone vi sono le cisterne per la fermentazione e lo stoccaggio del vino e un locale a grotta in cui sono conservate in bella vista le bottiglie in invecchiamento. Prima di congedarci ci fa assaggiare un Porto bianco del 2000, spillato da una piccola cisterna in acciaio, che ha una ricchezza aromatica e un corpo degni di un grande vino. Prima di abbandonare questa magnifica realtà il viaggiatore nota la scritta (in rosso) sul muro esterno della casa gialla: CASA MENÉRES - ADEGA de MONTES MEÕES. Lasciamo Mirandéla dopo il pranzo (insalata mista e una fiorentina di un chilo tenerissima e cotta alla perfezione, patate fritte e macedonia) e ci dirigiamo verso Valpaços, dove ci aspettano i rappresentanti della Cooperativa, una delle più grandi realtà olivicole portoghesi. La cooperativa è nata nel 1951, per iniziativa di un gruppo limitato di olivicoltori. Oggi conta oltre 2000 soci e produce 1,3 milioni di chili di olio di oliva di buona qualità (il loro prodotto di punta è il Rosmaninho) venduto in diversi confezionamenti (0,5 - 1 - 2 - 5 litri). La produzione di punta assorbe fino a 4000 quintali nelle 24 ore, con potenzialità di 8000, e si avvale di macchinari e impianti italiani (Pieralisi di Jesi). La produzione dell'olio è concentrata tra metà novembre e fine febbraio. La capacità di stoccaggio dell'impianto è di 1,6 milioni di litri. Prevedono di superare i 2 milioni di chili entro tre anni. La struttura della cooperativa è nuovissima e impiega 13 persone a tempo pieno. Il gruppo visita velocemente il cortile esterno dove arrivano le olive, le macchine a due fasi, la zona di stoccaggio, il laboratorio di analisi, la sala convegni che può ospitare oltre 300 persone comodamente sedute, la parte amministrativa, il bar. Alla fine della visita si procede alla degustazione di sei campioni di olio predisposti dai nostri ospiti sopra un tavolo nella sala stoccaggio e imbottigliamento. Gli oli sono ancora validi, nonostante abbiano iniziato la loro evoluzione verso la ossidazione, con aumento dell'acidità e dei perossidi. Il gruppo lascia Valpaços e prende la strada di Murça, la città famosa per l'enorme scrofa di granito simbolo di fertilità e augurio di prosperità a chi la tocca, per il miele, la salsiccia, il formaggio di capra e per la Cooperativa agricola dos Olivicultores de Murça, dove arriva alle cinque del pomeriggio. La struttura della cooperativa assomiglia molto a quella di Valpaços, però questa si differenzia per volumi più bassi (circa un quarto) ma per una maggiore cura del design delle confezioni e del marketing dei prodotti. La sala di accoglimento dei clienti ha un catalogo dei prodotti in bella mostra, con caratteristiche chimiche degli oli (acidità tra 0,2% e 0,4%) e prezzi di ogni confezione, dai 4,75 Euro al litro della confezione da 5 litri, agli 11 Euro al litro del prodotto migliore, il Galheteiro. Le confezioni proposte sono due da mezzo litro, una da tre quarti, una da litro e un garrafão da cinque litri. La Cooperativa ha vinto numerosi premi come produttore di olio nel 1996, 1997 e una medaglia d'argento al concorso di Los Angeles (OliveOils of the World 2004". La cooperativa esporta circa il 15% della propria produzione, principalmente verso la Francia e Macao, sfruttando la struttura di marketing dei produttori del vino Porto. Mentre si procede alla degustazione di tre campioni di olio, ci tengono a informarci che la nuova bottiglia da 0,5 litri è di design italiano e ricorda un piccolo fiasco con manico di vetro, è chiusa con la ceralacca e porta un bugiardino al colletto con le caratteristiche chimiche e organolettiche dell'olio contenuto. Un piccolo campione dell'olio della cooperativa, con i depliant dei loro prodotti, è donato come ricordo ad ogni componente del gruppo. Infine si riparte da Murça senza che il viaggiatore abbia potuto constatare l'efficacia della carezza alla scrofa, né abbia potuto assaggiare il miele, la salsiccia, il formaggio di capra. D'altra parte il tempo è crudele e non consente di fare tutto quello che si vorrebbe e quindi il viaggiatore e il suo gruppo devono scegliere se visitare i paesi più interessanti oppure arrivare a destinazione e la scelta in questi casi è forzatamente obbligata. Si riparte dunque verso Porto, la seconda città del Portogallo, terra di lavoratori, mentre quelli di Lisbona giocano, quelli di Coimbra cantano, quelli di Braga pregano. Dopo le otto di sera siamo a Porto. Il viaggiatore e il suo gruppo hanno deciso di cenare sulla riva destra del Douro, nel cais di Ribeira, al primo piano del ristorante Filha da Mãe Preta, in una sala con blocchi di granito alle pareti e azulejos, con vista sul Douro dai bassi finestrini ad arco. Il locale è molto elegante. Si cena con gli antipasti già predisposti sulla tavola e vino bianco, a seguire una fumante pentola di trippe alla maniera di Porto, con fagioli e riso bianco di contorno e vino tinto della regione del Douro. Una breve salita in ascensore e una passeggiata tra i marciapiedi della città alta portano la piccola comitiva al Caffè Majestic dove si chiude la giornata davanti a una bottiglia di Vintage 1985, religiosamente versata da un sommelier in camicia bianca e abito nero, dopo un accurato e attento travaso, alla luce di una candela a contrasto, nella caraffa con tappo di vetro, sorbendolo a piccoli sorsi, seduti sugli antichi banchi di legno e pelle decorata, che profumano di storia e di antico, allineati lungo le pareti del locale. Gli specchi sopra le panche sentono il peso del tempo come le macchie sulla pelle dei vecchi, i vetri molati delle pareti divisorie interne creano giochi di luce e di riflessi, il vociare allegro di quattro ragazze che devono birra qualche tavolo più in là creano un'aura come di magia che viene interrotta dal cameriere che ci ricorda, a mezzanotte e venti, che il locale doveva chiudere a mezzanotte. Usciamo nella notte fresca con ancora in bocca il sapore di quel Vintage 1985. ...il viaggio continua : Vai alla Terza parte |