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Esperto Gabriele Massa
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La D.O.C. "Capri" Tiberio il Giusto amava il vino di Capri e giudicava quello di Sorrento "mediocre aceto". Qualche secolo dopo quel perdigiorno di Norman Douglas lo insultò come solo lui sapeva fare quando era in preda ad una delle sue crisi isteriche: "Nell'interesse sia del paesaggio che la viticoltura sta rapidamente distruggendo, sia di quanti ancora bevono la nociva mistura di zolfo e aceto che si estrae dall'uva locale, c'è da rammaricarsi che la reputazione del vino di Capri sia durata oltre il suo limite legittimo e che la produzione del vero vino di Capri non possa essere lasciata in esclusiva ai distillatori del preparato napoletano relativamente innocuo che va sotto questo nome". Insomma, il riferimento è alla prima metà dell'Ottocento, l'Isola era già diventata un marchio di garanzia e nella capitale c'era chi ne approfittava per concludere qualche buon affare turlupinando il cliente. Il disciplinare prevedere per il bianco uve falanghina e greco con una presenza di quest'ultimo mai superiore alla metà. Nel bicchiere ci può essere anche un 20 per cento di biancolella, il tipico vitigno schitano mentre il rosso vuole solo piedirosso con una presenza minima di altri vitigni autorizzati in provincia di Napoli. La resa massima consentita per ettaro è di 120 quintali. La viticoltura vive i suoi fasti nelle zone di Migliera, Guardia e Damecuta nel comune di Anacapri, a Villa Jovis, Vervoto, Maruscella e Lo Fuosso nel comune di Capri. Alle falde del monte Solaro ci sono le radici terragne e contadine dell'Isola, la coltivazione è difficile perché le proprietà sono estremamente parcellizzate e, come in quasi tutta la provincia di Napoli, raramente sono più grandi di un ettaro, cioè niente. Non lontano da Marina Grande, in una delle poche zone pianeggianti, ci sono le altre vigne, più facili da coltivare con un problema di non poco conto: il sole va via presto, sin dalle prime ore del pomeriggio. Ecco allora la necessità di fare discorsi radicali e difficili: abbassare le rese per ettaro, cercare per quanto possibile di creare nuovi impianti moderni sapendo che qui la terra ha costi assolutamente proibitivi e le tentazioni sono davvero tante. Il primo produttore commerciale di vino, ci ricorda Marino Barendson in edito da La Conchiglia nel 1991, fu Gennaro Arcucci, un medico laureato a Salerno da cui Capri dipendeva amministrativamente, poi commissario bonificatore per conto della Repubblica Partenopea, il quale inventò Le Lacrime di Tiberio, contrapposizione laica al Lacryma Christi, e il Tiberino. Tornati i Borbone, finì impiccato dopo aver marcito un anno in prigione. Bisogna aspettare un secolo, anzi di più, perché fu nel 1909 che il Cavaliere Carlo Brunetti fondò la Cantina Isola di Capri nel centro di Anacapri in un ex monastero delle Vergini Teresiniane Calzate costruito nel 1683. Nel 1925, rimasto unico titolare, Brunetti decise di ribattezzare l'azienda Vinicola Tiberio, oggi condotta dai nipoti Lino, Carlo, Salvatore e Maria Laura Brunetti. |