Dolce come la mozzarella di bufala
di Gabriele Massa
"Rosigno, abitanti tre, due donne e un uomo, sono rimasti solo loro,
non sai se tenaci o rassegnati, in quello che può definirsi un paese fantasma,
popolato ormai solo da ricordi e suggestioni, spaccato di una civiltà
che muore affogata nel nuovo, ma che conserva una dignità fatta di cose
semplici e di una fragranza di antico"
Così scriveva il cronista del Mattino di Napoli il 30 maggio 1982, più
di vent'anni fa.
Rosigno, 29 dicembre 2002. L'ultimo sole dell'anno ci regala una splendida
giornata: siamo soli nel paese più solo del mondo. Sulla bella piazza,
quasi sul sagrato della chiesa settecentesca, un alberello ancora smilzo
e una targa ricordano Dorina che abbandonò il monastero per tornare al
paese ad accudire la madre, la cocciuta Dorina che, rimasta sola, non
se ne volle andare e si fermò fino all'ultimo, testimone ultima di un
fato terribile. Tutt'intorno è silenzio e l'occhio spia fra i viottoli
invasi dall'erba, tra case semidiroccate, una fontana austera e ancora
in funzione, più su qualche mucca al pascolo.
Siamo nel vasto comprensorio del Cilento, ora parco nazionale, aspro e
dolente, e Rosigno è chiamata la "Pompei del Novecento" perché fu abbandonata
poco per volta, dall'inizio del secolo scorso, per ordine dall'alto in
quanto minacciata da una frana. Della frana non v'è traccia, ma sopra
il borgo antico è sorta Rosigno nuova, informe come tutte i paesi costruiti
per forza. Il degrado del borgo antico è tanto nonostante il lavoro immane
di recupero iniziato dalla Pro Loco che ha allestito pure un piccolo museo
dei reperti rinvenuti nelle case abbandonate. Ma non abbandonate completamente,
perché alcune sono ancora adibite fortunatamente a ricovero. Il sole ci
conforta mentre il responsabile della Pro Loco, avvertito da non so chi,
arriva e ci apre il museo. All'uscita, vicino alla fontana stanno lavando
un autocarro, mentre una famigliola esce da un'auto appena giunta. Rosigno
è ancora viva. Scendiamo verso il mare alla ricerca di buoni formaggi.
Goethe e le bufale di Paestum
E' una bella mattina del 1787 e Wolfgang Goethe raggiunge i resti di Paestum.
Così descrive il luogo: "La mattina dopo, per tempissimo, trottammo per
vie impraticabili e qua e là paludose fino ai piedi di due belle montagne,
attraversando canali e ruscelli e incontrando bufali dall'aspetto di ippopotami
e dagli occhi selvaggi e iniettati di sangue". La zona era piuttosto acquitrinosa
e raggiungere i famosi Templi, testimonianza dell'antica colonia della
Magna Grecia e poi centro romano, non era impresa facile: era dominio
incontrastato delle bufale che amano l'acqua. E rimase tale per lo più
fino alla seconda guerra mondiale, quando, radiografando dall'alto la
zona, ci si accorse che le paludi nascondevano un patrimonio archeologico
dimostratosi poi di estrema rilevanza e che è andato ad arricchire il
grandioso museo di Paestum.
E così la bufala ha abbandonato i Templi e dallo stato brado è passata
agli allevamenti presenti attualmente in zona. Dal loro latte si ottiene
una mozzarella di alto livello qualitativo. Come la bufala sia arrivata
sulle coste del Cilento, a sud di Salerno, è storia complicata. Alcuni
affermano che sia stata introdotta in Italia dai Longobardi, altri che
sia giunta per mare. E' animale imponente, dalle corna affilate, dal manto
nero; è un bovino dotato di una forza straordinaria, che vive in simbiosi
con l'acqua per cui è chiamato dagli anglosassoni "water buffalo". Negli
allevamenti trovate solo femmine, perché di questa bestia interessa soltanto
il latte, mentre la carne non è ritenuta alimento usuale, non perché sia
peggiore di tante altre razze, piuttosto perché reca con sé il ricordo
delle paludi e quindi della malaria che vi imperversava. I maschi, eccezion
fatta per gli stalloni da riproduzione, vengono subito eliminati.
400 bufale
Sono a Capaccio, a pochi chilometri dai Templi di Paestum, e mi trovo
in visita all'azienda agricola biologica di Antonio Palmieri, la Tenuta
Vannulo. Nei recinti ci sono circa 400 bufale, suddivise per categoria:
le 240 adulte e quindi lattifere, le gravide e le bufalotte. Vivono all'aperto
e dopo aver sguazzato nell'acqua, essersi cibate del foraggio dell'azienda,
raggiungono i piccoli stabbi singoli sotto le tettoie per il riposo, in
attesa della mungitura. Ma prima di adagiarsi, ciascuna sul suo tappetino,
subiscono una doccia che elimina buona parte del fango.
Non è raro trovare una bufala in attesa davanti ad uno stabbio occupato,
mentre tanti altri sono liberi: attende che l'intrusa se ne vada per potersi
riappropriare del giaciglio cui è affezionata. Si muovono con passo indolente,
ma non privo di eleganza, e seguono l'operaio che le chiama ciascuna col
suo nome. Si instaura un rapporto quasi umano tra il bovino e lo stalliere,
che tuttavia l'uomo non riesce a comprendere. Prima della mungitura vengono
ancora lavate affinché il latte non sia contaminato e sia integro il più
possibile. L'azienda infatti produce mozzarelle rigorosamente a latte
crudo e quindi la pulizia è di rigore.
Qui alla tenuta Vannulo rigorosi lo sono talmente tanto da essere presi
come esempio: mi dice infatti il direttore che gli uffici competenti delle
Asl del territorio impongono ai nuovi allevamenti le regole dell'azienda
di Palmieri. Dall'alto del locale della mungitura, sulle passerelle costruite
per ospitare le migliaia di visitatori che annualmente s'assiepano alla
tenuta, lo spettacolo è d'inconsueta bellezza.
Le bufale non ispirano timore, nonostante la possanza, e gli occhi non
sono affatto iniettati di sangue, come Goethe li aveva visti. Ispirano
mansuetudine e dolcezza. La dolcezza del loro latte.
Mozzarelle, gelati e yogurt
Alle nove del mattino le prime mozzarelle sono pronte, ancora tiepide
e grondanti latticello. Allo spaccio c'è già la coda, prendo il biglietto
e mi metto in fila per acquistare le mie mozzarelle prenotate il giorno
prima dalla gentile signora Cavaliere della Giacaranda di Castellabate,
cuoca sopraffina, proprietaria discreta e gentile di una struttura alberghiera
immersa nel verde. C'è tempo per una sosta nella vicina caffetteria, sempre
della tenuta Vannulo, per un cappuccino al latte di bufala oppure un gelato,
anch'esso di bufala. Qui si possono acquistare eccezionali yogurt interi
e cremosi budini, sempre di bufala.
Lo spaccio dà direttamente nel laboratorio artigianale dove si fanno le
mozzarelle e le ricotte. Il giorno prima avevo assistito al rito della
mozzatura: un operaio tiene una palla di pasta filata tra le mani, un
altro operaio ne stacca due porzioni mozzandole tra pollice e indice.
Si tratta di gesti silenziosi ed aerei, una specie di danza delle mani.
Le mozzarelle vengono quindi gettate nell'acqua fredda per la formatura.
Le ho assaggiate appena raffreddate: una sinfonia di gusti leggeri, una
pasta piacevolmente filante che schioccava sotto i denti. E una lunga
dolcezza.
Il caseificio Vannulo lavora esclusivamente il latte prodotto dall'azienda
e vende direttamente, tramite lo spaccio, tutta la sua produzione. Insomma,
o si viene a Capaccio oppure niente. La vista all'azienda merita il viaggio
e comprende anche una sosta nel museo delle contadinerie e, se siete fortunati,
potete anche assistere ad incontri culturali o gustare mostre di pittura
nelle due sale approntate nella restaurata villa settecentesca dirimpetto
il caseificio.
Come si fa la mozzarella artigianale
La mozzarella è un formaggio fresco a pasta filata e necessita quindi
di una particolare tecnica di produzione. Il latte viene cagliato con
caglio di vitello intorno ai 36-38°C, per 30-40 minuti; la massa caseosa
così ottenuta viene tagliata dapprima in cubi e dopo una mezz'ora viene
rotta in piccoli granuli con la ruotola. Segue la maturazione della cagliata
sotto siero, intorno ai 46°C: questa operazione è fondamentale per la
buona riuscita di tutta la trasformazione del latte in formaggio e si
prolunga per alcune ore, fin a quando la pasta è pronta per la filatura.
La cagliata matura viene quindi allontanata dal siero, tagliata a strisce
e aggiunta di acqua molto calda, oltre i 70°C: a questo punto viene tirata
a mano, ovvero filata. Segue la mozzatura e il mantenimento della forma
in acqua fredda. La fase della salatura che un tempo avveniva dopo il
raffreddamento, oggi si compie per lo più impiegando acqua salata durante
la filatura.
Le mozzarelle vengono conservate nel loro liquido di governo e devono
essere consumate entro 36 ore, come mi consiglia tassativamente il signor
Antonio Palmieri. E non devono essere conservate in frigorifero perché
il freddo distrugge il delicato equilibrio strutturale della pasta filata
fresca. Anche se, per la legge italiana, trattandosi di un formaggio fresco,
la sua conservazione durante la commercializzazione deve avvenire fra
i 4 e i 10 °C.
Quante mozzarelle ci sono in commercio?
La migliore è senz'altro la "Mozzarella di Bufala Campana", protetta dalla
Dop europea. La sua produzione è limitata a tutta la Campania (province
di Napoli, Benevento, Caserta, Salerno) e al basso Lazio (province di
Roma, Frosinone e Latina). Va da sé che il latte di bufala impiegato deve
essere in purezza. Accenniamo brevemente a questo latte, usato intero
nella fabbricazione della mozzarella. La sua percentuale di grasso è circa
il doppio di quello vaccino e varia da 6,5 a 9; anche la concentrazione
proteica è più elevata e s'assesta sul 3,5-4,5. Un latte quindi sostanzioso,
cremoso e molto dolce, sia per il lattosio presente, sia per i grassi
così copiosi.
Esiste poi la "Mozzarella di latte di bufala", dove i puntini devono essere
sostituiti con un nome di fantasia o la ragione sociale o il marchio.
Deve essere prodotta con latte bufalino senza restrizioni geografiche:
in pratica può essere prodotta in tutta Italia. La più diffusa in commercio
è la "Mozzarella" tradizionale, ottenuta per lo più da latte vaccino in
tutta Italia; in massima parte è un prodotto commerciale. Occorre considerare
inoltre il "Fior di latte", una mozzarella di latte vaccino di cui si
è richiesta recentemente la Dop. L'area di produzione, così come dovrebbe
essere delimitata dalla Dop, comprende la Basilicata, la Campania, la
Calabria, la Puglia e parte del Lazio. Cito, per completezza, la Mozzarella
per pizza, ovvero il Pizza Cheese, un formaggio a forma di mattonella,
da tagliare a fette, a basso contenuto di umidità (e quindi adatto per
la pizza) e di grassi (e quindi figlio delle diete odierne). Comunque,
per una pizza che si rispetti, usate il Fior di latte; contrariamente
alla moda imperante, la Mozzarella di bufala non è il top, perché cede
troppa acqua rendendo acquosa la pizza.
Profilo sensoriale della Mozzarella di Bufala Campana
La caratteristica principale della mozzarella è la freschezza, quindi
si debbono privilegiare le note odorifere e aromatiche legate al latte
e alla sua coagulazione e un colore bianco, translucido e leggermente
perlaceo o porcellanato. Si taglia con un coltello a lama liscia e di
media altezza: la pasta, piuttosto compatta, può presentare una leggera
slegatura a strati imputabile alla tecnica di filatura attraverso la quale
si ottiene la mozzarella. La pellicola superficiale che a mo' di buccia
difende la pasta sottostante deve allontanarsi con un distacco abbastanza
netto. I profumi sono più intensi trattandosi di latte di bufala: il leggero
acidulo, la panna, il muschiato, talvolta la marcita.
In bocca si valutano i sapori, gli aromi e la struttura della pasta. La
mozzarella di bufala è molto dolce, con sensazioni aromatiche lunghe che
rimandano al muschio e al sottobosco. C'è una nota selvatica nella mozzarella
Vannulo, apprezzabile a maggior ragione da chi è stato in azienda, a contatto
con gli animali. Ho assaggiato questa mozzarella appena fatta: ho apprezzato
la fragranza di bocca, fatta di aromi tenui ma complessi e di ottima masticabilità.
Due parametri usati per determinare la tessitura della pasta della mozzarella
sono la gommosità e la durezza. Io sostituirei la gommosità, che l'assaggiatore
vede sempre con brutto occhio, con l'elasticità e la durezza, che il consumatore
medio non riuscirebbe a spiegarsi, con la croccantezza. La pasta filata
della mozzarella deve presentare un certo grado di elasticità legata alla
compattezza: ciò fa si che in bocca la pasta offra una discreta resistenza
all'azione dei denti. Una pasta all'inizio poco solubile che poi, piano
piano, si arrende ai succhi salivali e all'azione congiunta di denti e
lingua.
Nel finale di bocca e nel retrogusto emergono sensazioni fruttate, tutt'uno
col dolce dei grassi del latte e del coagulo scottato.
Ricetta : Crostini di Mozzarella di Bufala Campana
Ingredienti per 4 persone:
1 Mozzarella di Bufala Campana di circa 300 g;
8 fette di pan carrè;
4 acciughe salate;
1 pomodoro maturo e sodo;
olio d'oliva extra vergine, origano, pepe, sale.
Tempo di preparazione: 15 minuti
Tempo di cottura: 20 minuti
Materiale occorrente: una padella, una placca da forno
Scaldate a fuoco vivo abbondante olio d'oliva dentro una padella: fate
dorare le fette di pan carrè da una parte sola. Levatele e sgocciolatele,
quindi deponetele su di una placca da forno con la parte dorata rivolta
verso l'alto. Tagliate la mozzarella a fettine e il pomodoro a striscioline;
lavate le acciughe salate, asciugatele bene e diliscatele ottenendo due
filetti. Deponete le fettine di mozzarella sul pane e sopra di esse il
pomodoro e le acciughe (mezza per ogni crostino). Passate un filo d'olio,
cospargete di origano, salate e pepate; mettete quindi in forno preriscaldato
a 180 °C per una ventina di minuti.
Servite caldo.
Vino consigliato: Fiano di Avellino D.O.C.G. "VILLA RAIANO"
Gabriele Massa
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