Sorba, il frutto dei nonni e della pazienza
di Mario Liberto
Quando si parla di cose di altri tempi, ritorna alla mente l'immagine
di noi ragazzini avvinghiati tra le braccia dei nostri nonni. Lenti, pazienti,
premurosi, pieni di saggezza, capaci, con un solo proverbio, di lenire
ogni nostra piccola o grande amarezza. Ed è ai meno giovani che vengono
associati gli indimenticabili frutti del sorbo, prodotti che hanno perso
la loro "notorietà". Inizialmente aciduli, poi dolciastri, ed infine,
merito dell'attesa, il dolce sapore della maturazione. Questo frutto è
il simbolo della mitezza, del giusto tempo, della lenta e continua trasformazione.
In una società della terziarizzazione, dove il denaro detta i tempi della
vita, parlare di sorbe e tempi di attesa sembra anacronistico. Anche perché,
lo slogan di grandi e piccini è "tutto e subito".
Purtroppo, per questo frutto non è così. Sarà per questo che è stato dimenticato?
Sono in pochi a conoscerla, eppure, un tempo, la sorba era molto comune
tra pastori e contadini. L'albero, Sorbus domestica, questo è il suo nome
scientifico, lo si trova nei boschi e nelle radure, custodito, come un
antico tesoro, da alberi secolari d'alta taglia, anche se, questa pianta
in altezza può raggiungere 20 mt.
Il legno della pianta, di colore rosso scuro, pesante, duro è usato in
agricoltura per la costruzione di utensili, pali, paletti, ecc., ed è
anche ricercato dai tornitori e dagli incisori per opere di pregio. Il
tronco ha un portamento diritto, con rami espansi e ascendenti, mentre
la chioma è rada e globosa. La scorza è bruno arancio, squamosa e scabra,
mentre le foglie, sono caduche, a base arrotondata e margini dentati.
I fiori, ermafroditi, presentano un colore biancastro, riuniti in corimbi
cupoliformi. All'inizio dell'autunno sono sostituiti da pomi di forma
tondeggiante o piriforme. Le sorbe diventano commestibili solo quando
sono molto mature. Ne esistono diverse varietà: c'è la "sorba-mela" rossa,
grossa, meno aspra delle altre; quella "a pera" o "a zucchetta", di colore
bianco o rosso pallido. La raccolta avviene nei mesi di Settembre/Ottobre.
Per uso alimentare si dispongono su uno strato di paglia ad ammezzire.
Dopo alcune settimane assumono un colore bruno e diventano commestibili.
Plinio, nella sua opera "Naturalis Historia", riferisce che: "alcune di
esse sono tonde come mele; alcune aguzze come pere, altre ovate come son
certe mele, queste rinforzano tosto. Le tonde sono più odorose e più delicate
delle altre ed hanno sapore di vino".
Columella, nel suo "De re rustica" dà consigli sulla piantagione: ".le
sorbe piantale dopo la metà dell'inverno fino a metà febbraio". Sul modo
di conservarle continua: "…raccoglile a mano con diligenza e mettile in
piccoli orci spalmati di pece. Alcuni conservano molto bene il frutto
nel vino passito o nel vino cotto, aggiungendovi una specie di tappo di
finocchio secco dal quale le sorbe siano tenute bene in fondo". I Romani
apprezzavano la tenerezza e la dolcezza della sorba, soprattutto nella
preparazione di liquori. Ce ne parla Virgilio nelle "Georgiche" dove illustra
l'usanza di far fermentare questo frutto col grano, ottenendo la "cerevesia",
una bevanda alcolica simile al sidro. Apicio raccomanda un piatto caldo
e freddo con le sorbe. "Prendi delle sorbe, puliscile, pestale nel mortaio
e passale alla staccio. Snerva 4 cervella scottate, mettile nel mortaio
con una decina di grani di pepe, bagna di salsa e pesta. Aggiungi le sorbe
e amalgama, rompi 8 uova, aggiungi una tazza di Salsa. Ungi una padella
pulita e mettila sulla brace calda sopra e sotto. Quando sarà cotta cospargi
di pepe tritato fine e servi".
La sorba, in dialetto zorba o sorva è legata ad espressioni dialettali
tipicamente siciliane. Nelle leggende popolari la sorba matura è considerata
un portafortuna. Tutto merito delle sue intense e brillanti sfumature
rosse, che si credeva avessero la magica virtù di allontanare povertà
e miseria. E ancora oggi, i boschi di sorbo sono ritenuti propizi per
la caccia, perché riserva di abbondante selvaggina. Un vecchio detto ricorda:
"cu lu tempu e cu la pagghia maturano li zorbi" (col tempo e con la paglia
maturano le sorbe), volendo con ciò indicare che certe decisioni hanno
bisogno di tempo per "maturare". Il colto ed intrigante Alexandre Dumas,
consigliava di mangiarle - quando raggiungono una condizione intermedia
tra la putrefazione e la maturazione, stato che chiamava - di mezzo -.
Egli invitava, inoltre, a maturazione completata, di - preparare un sidro
che è molto rinfrescante - .
In Sicilia è notoria l'espressione "zorbi salati", risposta delle massaie,
alla domanda cosa c'è da mangiare, quando sono interrotte durante le loro
faccende domestiche. La colorita espressione sta ad indicare che in casa
c'è poco o nulla da mangiare. Quando invece, in altre occasioni, si risponde
"sti zorbi", l'esclamazione va riferita ai testicoli maschili. State attenti
a non consumare le bacche di sorba quando non sono perfettamente mature;
in questo caso, infatti, gli zuccheri possono trasformarsi in alcool,
provocando una certa euforia in chi ne fa uso. Stefano Giacchino, cultore
del mondo forestale, sostiene che la sorba può essere conservata in due
modi: lasciandola ammorbidire per qualche tempo su un letto di paglia
o "alla sicana" incastrate in un rametto di salicone o di salice in modo
da formare un grosso grappolo. Inoltre, fa menzione di un ecotipo di sorba
presente nei monti Sicani, detta "natalina", leggermente più grossa della
varietà comune. Di colore rosso, così chiamata, poiché giunge a maturazione
nel periodo natalizio".
Questo frutto ha delle proprietà veramente eccezionali. Il medico greco
Galeno, lo prescriveva come rimedio contro la dissenteria, infatti, sono
diuretiche, astringenti, antinfiammatorie, lenitive, in questo caso, è
consigliabile utilizzare frutti ancora più acerbi. Questa sua capacità
medicinale deriva dal fatto che possiedono dei particolari principi attivi:
sostanze peptiniche e tanniniche, acidi organici (specialmente acido sorbico,
malico, citrico e tartarico), sorbitolo (o sorbite). Con le sorbe si possono
ottenere ottime marmellate e, previa fermentazione, anche bevande alcoliche.
Per prolungare la loro disponibilità, le sorbe possono essere essiccate.
La polpa dei frutti maturi può essere utilizzata per fare ottime maschere
detergenti, tonificanti e riacidificanti per pelli precocemente invecchiate,
astringenti e lenitive sulle pelli irritabili.
In campagna "non si butta mai niente". Infatti, le foglie e la corteccia
di questa pianta, grazie al loro elevato contenuto in tannino, venivano
impiegate nella concia delle pelli.
Come astringente intestinale, viene preparato un decotto con i frutti
essiccati, (5 grammi in 100 ml di acqua). Si consiglia il consumo di una
o due tazzine al giorno. In erboristeria il frutto viene ad oggi utilizzato
per le sue proprietà regolatrici della circolazione venosa. Forse i vecchi
hanno ragione, le cose buone lo diventano con l'attesa, lasciando che
il tempo le maturi e le trasformi, come l'insegnamento di questo piccolo
frutto, che ci richiama il proverbio: "cu lu tempu e cu la pagghia maturano
li zorbi".
Mario Liberto
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