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          Esperta Mariella Belloni


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Vino Cotto
di Mariella Belloni

Vino tipicamente e tradizionalmente marchigiano, il vino cotto interessa particolarmente una ristretta zona enologica, quella del maceratese e di una parte del fermano. E' un vino forte , dal colore giallo ambrato con tendenza a sfumature nocciola , limpido e dal profumo fruttato, dal sapore in perfetto equilibrio fra acidità e dolcezza. La sua produzione è antichissima (ne parla già Plinio nel 70 d.C.) e fino ad un secolo fa era un momento significativo della vita campestre autunnale. La tecnica di vinificazione è altrettanto antica ed è rimasta sostanzialmente invariata.

Nelle Marche la sua produzione e il suo consumo sono ormai ampiamente diffusi, ma il paese che ha acquistato fama per la qualità di tale liquore è proprio Loro Piceno. Lo conferma anche il fatto che nei palazzi nobiliari e padronali, che fiancheggiano le caratteristiche vie del paese, si è sviluppata una interessante architettura in funzione della pigiatura dell'uva e della bollitura del mosto nelle voluminose caldaie di rame in una struttura in muratura alla cui base vi è lo spazio necessario per la legna da ardere.

Nonostante il successo fra enologi e degustatori, l'articolo 2 del C.P.R. del 12 febbraio 1985 ne vietava la commercializzazione, non considerandolo propriamente un vino. Tuttavia, dopo una battaglia durata anni, iniziata nel 1973 con l'interrogazione al Governo presentata dall'On. ascolano Renato Tozzi-Condivi, il vino cotto di Loro Piceno ha ottenuto finalmente il riconoscimento che meritava: con decreto ministeriale del 18 luglio 2000 è stato inserito nell'elenco nazionale dei prodotti tradizionali. Ciò significa che può continuare ad essere non solo prodotto, ma anche commercializzato.

Loro Piceno, paese che vanta la più alta qualità nella regione per la produzione del vino cotto, gli dedica ogni anno una festa ricca di manifestazioni: la rinomata Sagra del Vino Cotto.Iniziata nel 1948 come Festa dell'Uva con festeggiamenti semplici e popolari, con carri allegorici addobbati con viti e grano, è giunta oggi ad essere un avvenimento apprezzato a livello regionale. A questa tradizione è legata anche la Mostra Permanente del Vino Cotto, allestita nei suggestivi ambienti adiacenti al chiostro della Chiesa di San Francesco.

L'allestimento, pensato come un percorso della raccolta dell'uva all'invecchiamento del vino nelle botti, si apre con canestre in vimini e canne, cassette di legno e viunzitti, le bigoncette, che venivano usati per la raccolta delle uve durante lo velegnà, la vendemmia. Dopo la raccolta, l'ùa o era gettata nelle canà, recipienti a base rettangolare o quadrata di legno o in muratura dove veniva pigiata, oppure in una pigiatrice manuale come quella in mostra. Lo musto, il liquido così ottenuto, si raccoglieva in una secchia, la secchja, contenitore in legno con due doghe opposte più alte delle altre,da utilizzare come presa.Le scorze e i graspi erano messi ne lu trocchju, il torchio, per la seconda spremitura.

All'interno dell'allestimento è stata ricostruita in muratura, la fornacchiola, quel compleso di 'posto per far ardere un fuoco a legna' e soprastante caldaia in rame, utilizzati per cuocere il mosto, trasportato al suo interno con lu stanatu, attrezzo di rame con manico, come un grosso ramaiolo. Durante la lunga bollitura sulla superficie del liquido era passata la schiumarola, una ramina per schiumare il mosto.
Con la 'mbottatora, una sorta di grande imbuto, si riempivano le botti con il vino ancora caldo. Questa operazione veniva fatta con lu stanatu, o con le 'moderne' pompe meccaniche.


Mariella Belloni