Tignanello, il vino, uno stile
di Pier Luigi Nanni
Alla fine degli anni '60 i Marchesi Antinori presero coscienza che, produrre
grandi rossi da invecchiamento nell'area storica del Chianti Classico,
diventava sempre più difficoltoso, in quanto dovuto soprattutto ai canoni
istituiti dal Senatore Bettino Ricasoli ed alle tradizioni tramandate
da oltre un secolo.
Troppi parametri diversificati erano subentrati da allora: innanzitutto
il fattore climatico, in quanto non più continentale ma tendente al "caldo",
con inverni miti ed estati torride ed umidi, modificando così il ciclo
biologico della vite e non solo. I metodi di allevamento della vite, l'uso
di anticrittogamici, concimazioni chimiche e, determinante, la selezione
clonale delle uve stesse, sempre più trascurata ed insufficiente, in quanto
inadeguata per produzioni di qualità.
Nel 1970 gli Antinori, con l'enologo Giacomo Tachis, decisero che era
giunto il momento di valorizzare il "terroir" inerente l'area produttiva
sita tra le valli della Greve e della Pesa, poste a sud di Firenze, e
da sempre conosciuta ed ufficializzata come Chianti Classico. La Tenuta
Tignanello, sita nella località omonima, vanta storicità che gli stessi
Antinori, vinificatori dal 1385, ne sono lusingati, in quanto aggiunge
lustro al personale e nobile casato. Lo storico Carocci, nel 1892, descrive
il luogo "…pittoresco e degno di tutto il territorio del comune di San
Casciano Val di Pesa e sorge sulla sommità di un colle". La villa padronale
del '500, costruita su antecedenti fondamenta del 1346, apparteneva ai
Buondelmonti. Nell'arco dei secoli, la tenuta passa di mano in mano ai
vari nobili locali fino a quando divenne proprietà dei Medici e poi definitavene
degli Antinori alla metà del XIX° sec. Pur non essendoci documentazioni
che accertino la produzione di vini, storicità e tradizioni nonché usi
locali ne avvalorerebbero tale attività.
La proprietà, 350 ha., ne consta 147 vitati di cui 50 che, prossimamente,
saranno interamente impiantati a sangiovese ottenuti da una rigorosa selezione
utilizzando solo i cinque cloni migliori ed idonei, indispensabili per
la base del tignanello: diverranno 277115 le viti che contribuiranno a
produrre questo vino unico e particolare. Le piante sono disposte ad 80
cm. l'una dall'altra in filari distanti tra loro 2,30 m. onde facilitare
l'esclusiva e rigorosa vendemmia manuale. Il terreno è costituito principalmente
da argille, roccia di galestro e superficialmente viene posto l'albarese,
tipica pietra calcarea che sbriciolata, non permette la crescita di erbe
infestanti, consentendo così al grappolo l'avvicinamento al terreno favorendo
un maggior irraggiamento acquisendo così una maturazione più equilibrata
e completa. Ciò permette al sangiovese di mantenere inalterate le peculiarità
e di acquisire tannini morbidi per un vino ricco di complessità e struttura
nel rispetto del "terroir".
Il 1970, di 20000 bottiglie, fu la prima produzione ma era, praticamente,
il "Chianti Classico Villa Antinori Riserva" con la dicitura "Vigneto
Tignanello", in quanto tale vino è nato come Chianti Classico poiché,
oltre al sangiovese, erano presenti canaiolo nero ed i bianchi trebbiano
e malvasia toscana.
Fu Piero Antinori a decidere che era necessario un cambiamento, ma cambiare….
"cosa"?
La composizione delle uve, riducendo le percentuali delle due tipologie
bianche che, pur ammorbidendo un vino naturalmente sgarbato, lo rendevano
"debole, leggero e scarico di tonalità". Successivamente, modificare la
vinificazione, approfondendo l'allora semisconosciuta fermentazione malolattica
che, nella complessità evolutiva, aiuta ad esprimerne le caratteristiche.
Passo conseguente, la metodologia della maturazione e l'invecchiamento
che avverrà esclusivamente nelle barriques di allier, nuove, e non più
nelle capienti, vetuste e storiche botti padronali. Ancora, la maturazione
non più prolungata a tanti, troppi mesi da rendere il vino "duro e scontroso",
ma da 16 a 24 mesi con affinamento in bottiglia almeno per ulteriori dodici
mesi, consentendo così un'evoluzione lenta e costante di peculiarità che
solo il tempo può esprimere.
L'anno successivo, il 1971, sono state completamente eliminate le uve
bianche, adottando così definitivamente i cambiamenti enunciati in precedenza:
ciò ha determinato che tale vino non si possa più definire e tanto meno
chiamare Chianti, per cui, ufficiosamente era nato il TIGNANELLO, acquisendo
l'esclusivo nominativo della tenuta e del vigneto.
Le annate del '72, '73 e '74 non sono state prodotte e si riprenderà con
quella del '75 eliminando anche il restante canaiolo e sostituito con
contenute percentuali di cabernet sauvignon e del franc: vitigni eclettici
da rendere il duro e prepotente sangiovese, morbido ed accattivante nei
profumi floreali ed erbacei con aromi di morbidi tannini e finale di spezie
dolci, rara personalità. Tale connubio tra vitigni così diversi, rende
il tignanello un grande rosso nell'universalità enologica.
La nascita ufficiale del tignanello risale però al 1974.
Gli Antinori invitarono ad Orvieto, nel Castello della Sala, Luigi Veronelli
che, entusiasta di tale vino, consigliò all'anfitrione Piero "…di chiamarlo
con naturalezza e semplicemente col nome del vigneto, poichè la denominazione
di origine con cui fino allora riconosciuto, non aveva più importanza
ed era assolutamente superflua, in quanto non più identificabile".
Il tignanello è la massima espressione di territorialità che un vino può
esprimere: la collina, la tenuta ed il vino stesso, sono tutelati dall'esperienza
e dall'amore per la viticoltura dal Casato del Marchesi Antinori, che
vantano ventisei generazioni in Val della Pesa. Maestoso rosso rubino,
cupo, con delicate e brillanti sfumature purpuree tendenti al granato
se giustamente maturo e perfetto dopo una decina d'anni. Profumo complesso
ed evoluto, non solo ottenuto dalle barriques che conferiscono un leggero
ma dosato aroma di legnosità unito a raffinata tostatura, bouquet lungo
e penetrante di fiori appassiti, soprattutto viola, frutta rossa molto
matura, cotta ed in confettura, inoltre, anche dei piccoli prodotti del
sottobosco, etereo ed ampio dalla morbida fragranza con nota di spezie
dolci e finale sottilmente erbaceo. Al palato, elegantemente scontroso
ma armonioso ed equilibrato, sapido dai dolcissimi e maturi tannini, profonda
consistenza e struttura possente da lasciare un retrogusto deciso e memorabile.
Non solo piacevole da maritare alla classica e saporita cucina toscana,
ma anche perfetto con altre innumerevoli e gustose portate quali, carni
rosse e stagionati formaggi.
Assaporarlo in ampi e luminosi calici a 18-20°C avendo cura di decantarlo
almeno due ore prima: attimi indispensabili per magnificane le preziose
rarità!
Pier Luigi Nanni
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