Sassicaia, storia e mito
di Pier Luigi Nanni
Il marchesato d'Incisa si estendeva dal Po al mare, governando le rive
del Belbo nel tratto che vanno dalle Langhe alla pianura di Alessandria,
a Rocchetta Tanaro, nell'astigiano: un feudo di oltre duecentocinquanta
chilometri, da sempre privilegiato, in quanto autonomo dai domini imperiali
e che poteva battere moneta propria.
Siamo nella storia medievale e rinascimentale, in cui il nome stesso,
Incisa, era sinonimo di elevata produzione vitivinicola già nota dall'epoca
imperiale romana. Lotte intestine ed i vari regnanti di Francia ma soprattutto
il Papato, siamo nel 1514, la rocca degli Incisa fu sopraffatta: sopravvisse
solo il ramo dei cugini dediti agli studi umanistici ed alla coltivazione
della vigna, attestandosi nella pacifica e tranquilla Rocchetta.
Della genealogia futura degli Incisa della Rocchetta, se ne ha nuovamente
notizie nel 1840, in Leopoldo, magistrato del Regio Governo Lombardo-Veneto.
Da sempre appassionato e dedito alla viticoltura, dà alle stampe preziosi
cataloghi in cui si riportano vitigni italiani e stranieri da lui stesso
raccolti e collezionati.
Si dovrà trascorrere ancora quasi un secolo per averli nelle cronache,
tramite Mario, lontano pro-nipote di Leopoldo.
Breve parentesi mondana. Nel 1930, Mario sposa Clarice della Gherardesca,
erede di una delle famiglie patrizie che da sempre hanno regnato in Maremma.
I novelli sposi proseguiranno alla selezione di purosangue da corsa, nella
tenuta di famiglia della Dormello-Olgiata, ma evidentemente nelle vene
di Mario, scorrevano i ricordi dei grandi vini dei predecessori, e così
ritorna nella proprietà della sonnolenta Bolgheri.
In pochi anni, dal 1944, la trasformerà in una moderna fattoria, facendo
si, che le dolci colline adagiate ai piedi della rocca di Castiglioncello
fino alla stupenda costa di dune e macchia mediterranea, possano essere
impiantate a quel "vitigno" che ha in sogno: terreni ideali per il cabernet
sauvignon, merito dei Salviati duchi di San Rossore, che gli diedero le
prime marze. Da questi primi impianti, discende il sassicaia, primo e
finora unica doc singola dell'enografia italiana.
Il vigneto è stato posto a dimora, come accennato, nel 1944, con mille
barbatelle, in una vallata sita a 350 mt. s.l.m. ed applicando rigorosamente
la metodologia della coltivazione francese: drastiche potature per ottenere
non più di 350 grammi di minuti grappoli per vite. Questi erano, a dir
poco, splendidi, ricchi di sostanze e compatti, che diedero un vino da
maturare nelle classiche barriques di rovere del massiccio centrale francese.
Mario Incisa il vino lo produceva esclusivamente per il consumo famigliare
ed amici. La vinificazione non era perfettamente corretta ma soprattutto
inadeguata alle peculiarità decisamente uniche di questo vino molto austero,
troppo diverso di quelli a base tradizionalmente di sangiovese e da sempre
degustati.
Amico del Barone di Rothschild, lo invitò ad esprimere un parere su questo
particolare cabernet sauvignon della Maremma: ammirevole ma selvatico,
scontroso.
Per niente scoraggiato da tale ed altri innumerevoli consensi non certo
lusinghieri, Mario impiantò un secondo vigneto in un'area ripida e sassosa
della tenuta, sempre nei pressi di Bolgheri, non a caso chiamata SASSICAIA:
nella denominazione, almeno era nato!! Ma il vino ottenuto era decisamente
troppo in anticipo sui tempi e stentò ulteriormente a farsi conoscere
ed apprezzare al grande mercato.
Il primo a comprenderne la grandezza, fu Luigi Veronelli nel 1974, che
si dimostrò entusiasta dell'annata degustata, quella del '68: il mito
del sassicaia era ufficialmente cominciato.
Altro fattore determinante, fu l'arrivo dell'enologo Giacomo Tachis, che
si occupò in toto, dalla coltivazione alla vinificazione ma soprattutto
della perfetta maturazione in barriques conservate nelle plurisecolari
cantine della magione.
Il successo però tardava ad arrivare ma nel 1978, finalmente giunse. Durante
una degustazione cieca tenutasi a Londra, si classificò primo davanti
ai trentatre migliori cabernet sauvignon di ogni nazione presentante,
diventando così un autentico oggetto di culto!
Dalle 3000 bottiglie dell'annata '68, si è passati alle 130000, di cui
il 60% venduto all'estero.
È prodotto da tre distinti vigneti distribuiti su 25 ettari, inoltre è
stato aggiunto il 20% di cabernet franc, che in Maremma esprime grande
personalità e complessità, quella morbidezza che nel sauvignon è lacunosa
e mancante.
Dalla prima presentazione del '68 ad oggi, in sole due annate - 1969/'73
- non è stato prodotto a causa le avverse condizioni climatiche. Caratteristiche
che ne determinano l'unicità in cui il sassicaia è riconosciuto, sono
la costante qualità e la particolare longevità che permetteranno di esprimersi
dopo "almeno" dieci anni, conservandosi così a lungo da sfidare ulteriormente
il trascorrere del tempo.
Ad un'asta tenutasi a Roma nel 1999, l'annata del '58 è stata battuta
a 3680000 delle vecchie lire, mentre una del '64 "solamente" a 3450000.
Le annate 1988- '90 e '95 sono introvabili e non hanno più prezzo sul
mercato.
Veronelli, nella personale lungimiranza, in poche e semplici parole lo
definisce "… rosso rubino cupo, riflessi granati, ben vestito e brillante,
bouquet fitto, contegnoso in sé, di non comune scontrosa eleganza, gusto
armonico ed elegante, completo, alto e caldo con insistito sentore di
tartufo, nerbo consistente nella stoffa ben strutturata, tannini dolci
e morbidi che lasciano un retrogusto persistente ed indimenticabile".
L'erede, Nicolo Incisa, degno prosecutore di tanta grandezza enoica spiega
che non presenta l'aggressività tipica di altrettanti grandi rossi, per
cui ben si adatta a molti piatti e non solo ai gustosi e saporiti classici
secondi. Grande azzardo ma da non escludere a priori, il sassicaia è abbinato,
e gradito, talvolta anche con succulenti portate di pesce nobile.
In ampi e luminosi calici per evidenziarne le rare sfumature e mi raccomando….
alla temperatura di 19-20°C stappato almeno due ore prima e decantarlo,
se di annata degna di essere già assaporato!
Poiché il mercato è disposto a pagarlo più caro di qualsiasi doc, è stata
disposta ed enunciata un'apposita legge per riconoscerlo: col decreto
ministeriale del 5 novembre 1994, è nato il "BOLGHERI SASSICAIA", prima
DOC riservata ad una sola azienda vitivinicola.
Pier Luigi Nanni
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