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          Esperto Luciano Rigo


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Anche i bianchi Italiani sanno invecchiare bene !
di Luciano Rigo

Può sembrare il titolo un poco maldestro di una delle tante indagini Istat sullo stile di vita dei maschi Italiani, ma si tratta semplicemente di una piacevole constatazione sulla numerosa e sempre più crescente produzione di vini bianchi capaci non solo di resistere negli anni, ma anzi, di migliorare. Incominciai ad interessarmi al vino, verso la fine degli anni 80, sentir parlare di un bianco complesso, strutturato, adatto all'invecchiamento era quanto mai raro. Esistevano qua e là delle eccezioni, ma si trattava di piccole realtà conosciute da pochi estimatori, o da addetti ai lavori con esperienza internazionale, che di tanto in tanto si dilettavano nell'impari confronto con le importanti e blasonate produzioni d'oltralpe.

Il vino bianco Italiano per definizione era quello da bere giovane, con bassa gradazione, profumi semplici, immediati, e difficilmente arrivava al secondo anno d'età senza perdere equilibrio e senza acquisire quello sgradevole sapore marsalato che il precoce processo ossidativo gli conferiva.
Vini bianchi carta; così erano definiti, o più semplicemente, come si usava nei ristoranti, vini da pesce, senza colore, senza identità, che i ristoratori ti propinavano se il menù era prettamente marinaro, quando ti andava bene potevi scegliere tra fermo o frizzante. Verso la metà degli anni 90, le cose incominciarono a cambiare, sempre più aziende decisero di affiancare alle produzioni tradizionali, quelle di vini bianchi più strutturati e longevi, la tecnologia, applicata sia in vigna che in cantina certamente ha contribuito, ma fondamentale è stata l'evoluzione della cultura enologica in Italia, sia da parte dei produttori, che dei consumatori.

Oggi in commercio si possono trovare con facilità grandi vini bianchi, provenienti da tutte le regioni d'Italia, da cantine famose ma anche da quelle poco note o sconosciute, da vitigni autoctoni o internazionali; certamente non possiamo ancora rivaleggiare con certi Chablis e Montrachet della Borgogna, o Riesling, Gewurztraminer e Pinot Gris dell'Alsazia, e neanche con gli altri Riesling, quelli prodotti lungo il corso del Reno, in Germania, che riescono ad esprimersi al meglio solo dopo 20 o 30 anni, ma siamo su ottimi livelli e possiamo ancora migliorare. Al contrario di quello che si pensa, non sono pochi i vitigni da cui si possono trarre vini bianchi longevi, basti pensare che anche con l'uva cortese, ritenuta poco idonea fino a qualche anno fa; aziende note, nella zona del Gavi, hanno ottenuto risultati più che soddisfacenti, e nelle loro cantine si trovano bottiglie con millesimo 1990!

Proprio a conferma dei risultati raggiunti fino ad oggi, lo scorso anno a Manforte d'Alpone, in provincia di Verona, si è svolta la prima edizione di " Tutti i colori del bianco ", interessante e istruttivo convegno sulle potenzialità d'invecchiamento del vino bianco, durante il quale, sono intervenuti produttori, agronomi ed enologi affermati, che di fronte ad un pubblico di operatori del settore e giornalisti, hanno raccontato attraverso dibattiti e confronti, le ricerche e le esperienze fatte. Riassumendo i diversi interventi, sono emersi diversi di fattori, che sono indispensabili per produrre grandi vini bianchi, che vado ad elencarvi in maniera semplice, e sono: La ricerca dei terreni ideali, molto adatti sono quelli con un'elevata mineralità, di origine vulcanica per esempio. Utilizzare impianti mirati e cloni che hanno dato grappoli spargoli e poco produttivi, tenendo sempre presenti le caratteristiche del vitigno; sono da preferire i vigneti vecchi. L'irrigazione in fase vegetativa va fatta solo quando è necessario. Avere rese basse, possibilmente ottenute con la potatura invernale invece che con diradamenti successivi. Le uve devono arrivare alla maturazione fisiologica ottimale. Massima attenzione durante tutte le fasi della vendemmia, anche durante il trasporto, l'uva deve arrivare in cantina perfettamente sana. Pressatura soffice, per evitare un rilascio eccessivo di sostanze come catechine e antociani, che sono le prime cause d'ossidazione. Mantenere il ph basso, ma la mineralità elevata. Pulizia statica dei mosti, utilizzando la tecnica del freddo. Temperatura di fermentazione controllata. Affinamento del vino sui lieviti. Fermentazione e affinamento non richiedono un recipiente specifico, barrique, botte di legno grande, cemento o acciaio non incidono sulla longevità.

Al convegno ha fatto seguito un'eccezionale degustazione di vini bianchi da 10 a 39 anni d'invecchiamento! Le aziende che hanno proposto i propri vini, erano 134, provenienti da tutta la penisola, ognuna ha messo a disposizione 2 bottiglie dello stesso vino, di 2 annate differenti, con una clausola, il millesimo più recente doveva essere al massimo il 2003; tra i vini più apprezzati compaiono: Gewurztraminer 1996 di Hofstatter - Verdicchio 1995 di Villa Bucci - Soave classico la Rocca 1993 di Pieropan - Alto Adige Pinot Bianco 1993 della cantina di Terlano - Vernaccia di san Gimigniano 1993 di Panizzi - Gavi Pilin 1990 di Castellari Bergaglio - Soave Classico 1988 le Lave di Bertani - Pinot Bianco Collio 1987 di Buscemi - Chardonnay 1985 delle tenute Ambrogio e Giovanni Folonari e Gewurztraminer Alto Adige 1967 di Aldo Grai.

La tecnologie e l'evoluzioni in campo enologico sono state determinanti, sotto ogni aspetto, dalle tecniche di coltivazione, alle pratiche viticulturali; la chimica applicata all'enologia ha migliorato le tecniche in cantina, nella stabilizzazione e nel controllo dei vini; è ormai raro trovare grossi difetti, e che dire dei lieviti selezionati? Ormai ogni produttore sa qual è meglio utilizzare per il proprio vino, e anche nelle fasi d'imbottigliamento, la tecnologia, ha dato il suo apporto, facendo diminuire la manodopera, abbassando così i costi di produzione, quindi ben venga, ma senza dimenticare l'importanza fondamentale del territorio, che se fortemente vocato come quello Italiano, riesce a dare un prodotto di qualità unica, a prescindere da qualsiasi innovazione.


"Un vino buono si può fare ovunque; ma uno grande no " Michel Rolland.


Luciano Rigo